Merdaset affonda col suo ridicolo e ladro boss

L’effetto Berlusconi su Mediaset

Utili in calo, il titolo crolla. Sulle tv pesa la sconfitta politica del premier e la fine delle leggi ad aziendam. Nel terzo trimestre i profitti ridotti a soli 2,2 milioni. Pubblicità in calo, ma la Rai va ancora peggio

Il crollo del titolo Mediaset in borsa

Nel giorno più duro per i Btp, i mercati hanno affossato anche i titoli targati Berlusconi. Le quotazioni di Mediaset, più volte sospesa per eccesso di ribasso nel corso della giornata, sono precipitate perdendo oltre il 12 per cento. Per gli investitori le fortune delle tv del Biscione si è strettamente legate al destino politico del premier-azionista. Se Berlusconi affonda, allora anche il suo gruppo, finora protetto dal governo, rischia grosso. E poi c’è la questione dei conti, che ormai da mesi non vanno affatto bene in casa Mediaset. Andiamo con ordine.

La relazione trimestrale presentata ieri conferma che l’azienda televisiva viaggia con il motore ingolfato. Gli utili sono scesi al livello più basso degli ultimi dieci anni. Le cose vanno peggio rispetto al 2009, ai tempi della recessione e anche in confronto al 2001, dopo l’attentato alle torri gemelle. Nei tre mesi chiusi a settembre i profitti di Mediaset si sono ridotti al

lumicino, solo 2,2 milioni di euro, e da gennaio il risultato netto del gruppo si è ristretto del 13,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010. Aumentano i debiti (1,8 miliardi a settembre contro 1,6 miliardi di fine 2010), mentre i ricavi non crescono più: fermi a poco di 3 miliardi, proprio come nei primi nove mesi dell’anno scorso. Tutta colpa del mercato degli spot che rallenta il passo. Le difficoltà dell’economia si fanno sentire sugli inserzionisti grandi e piccoli che tirano il freno. E così la raccolta pubblicitaria in Italia perde il 3 per cento rispetto al periodo tra gennaio e settembre del 2010. Sono risultati a dir poco deludenti anche se la Rai, con un calo ben superiore al 5 per cento della raccolta, riesce a fare molto peggio del suo principale concorrente.

Per i vertici di Mediaset non è una gran consolazione battere la tv pubblica. Succede sempre così: quando il mercato tira, il gruppo berlusconiano cresce più del colosso pubblico. Se invece la pubblicità perde quota, ecco che i risultati della televisione di stato si sgonfiano più in fretta di quelli dell’azienda presieduta da Fedele Confalonieri. Questo è lo scenario degli ultimi dieci anni, con Berlusconi al governo (salvo la breve parentesi di Romano Prodi) che controlla Media-set e sceglie i manager delle reti di Stato. L’era del conflitto d’interessi sembra però molto vicina alla fine ed è proprio questo che preoccupa i vertici delle tv berlusconiane.

Che succede se una prossima maggioranza di centrosinistra provvederà a smantellare l’impalcatura di leggi e leggine “ad aziendam”, a cominciare dalla famigerata Gasparri, che hanno fin qui garantito il predominio di Mediaset sul mercato televisivo? Se cambierà il vento della politica che ne sarà dei grassi utili del gruppo con base a Cologno Monzese? Non è da escludere, ragionano gli analisti, neppure una legge che fissi nuovi tetti alla raccolta pubblicitaria, rimettendo ordine su un mercato squilibrato a favore del concorrente privato. Un provvedimento come questo potrebbe trasformarsi in una vera mazzata per i bilanci delle televisioni berlusconiane. Gli investitori in giro per il mondo temono il peggio ed è soprattutto per questo motivo che negli ultimi 12 mesi, in coincidenza con le crescenti difficoltà politiche di Berlusconi, la quotazione delle sue tv ha perso oltre il 50 per cento.

Nei mesi scorsi, in agosto e in settembre, la capogruppo Fininvest e poi anche la Holding italiana seconda controllata direttamente da Berlusconi, hanno approfittato dei prezzi di saldo per comprare in Borsa titoli Mediaset per un valore di circa 25 milioni. Questi acquisti però non sono di certo sufficienti per rilanciare la quotazione. Anche perchè, nei ragionamenti degli investitori, sul futuro del gruppo gravano, oltre a quelle politiche, anche le incognite legate agli equilibri tra i due figli di primo letto del premier, cioè Marina e Piersilvio entrambi già attivi nelle aziende paterne, e i tre eredi (Barbara, Eleonora e Luigi) nati dal matrimonio con Veronica Lario. La trattativa sul divorzio si sta trasformando in una battaglia legale dagli esiti imprevedibili. Un aspetto tutt’altro che secondario nel confronto tra i legali delle due parti riguarda le garanzie patrimoniali che la madre ha chiesto per i tre figli più giovani del Cavaliere. Per un gruppo che naviga a vista tra incertezze di ogni tipo non è proprio il massimo non sapere neppure chi comanderà nei prossimi anni.

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