TAV, Troie Arraffatrici Velenose, ANDATE A CAGARE E BASTA RUBARE SOLDI, SOGNI, E TERRITORI!

Valsusa, militante cade da traliccio: gravissimo. Caselli: “No Tav prendano distanze da violenza”

Con 24 ore di anticipo rispetto al previsto, sono iniziate le operazioni di allargamento del cantiere dell’alta velocità Torino-Lione. Il Legal Team: “Emergenza democratica”. Luca Abbà, storico attivista, si arrampica su un palo della luce e cade folgorato da 10 metri di altezza

Sono gravissime le condizioni di Luca Abbà, 37 anni, l’attivista no tav caduto da un traliccio allabaita Clarea, in attesa dell’inizio degli espropri inVal Susa. Era insieme a una decina di militanti. Ha subito traumi da caduta e ustioni gravi da folgorazione ed è stato trasportato con l’elicottero al Cto di Torino dove i medici lo hanno intubato, sedato e posto in coma farmacologico. In serata probabilmente verrà trasferito in terapia intensiva. Intanto la Procura della Repubblica di Torino ha aperto un’inchiesta sull’incidente e in Val Susa arriverà il pm Giuseppe Ferrando per le indagini.

Intanto i No Tav occupano l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, nei pressi di Bussoleno, e dopo la Statale 25 bloccano la carreggiata che porta verso l’Alta Valsusa e il tunnel del Frejus. E la questura ha giocato d’anticipo e 24 ore prima del previsto, ha inviato gli agenti a presidiare l’area di “interesse strategico nazionale” del cantiere dell’alta velocità Torino-Lione a Chiomonte (Torino) in vista dei lavori di allargamento e quindi degli inevitabili espropri di terra. Alberto Perino, leader del movimento che si batte contro la realizzazione della Tav, l’aveva detto sabato durante la marcia da Bussoleno a Susa: “Martedì cominceranno gli espropri”. E così è stato.

°°° Ma basta con questa stronzata delirante e pericolosa! E’ un’opera inutile, costosissima e mazzettara. Perché non fate funzionare i treni che ci sono già e sembrano diligenze dell’800?!
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Si riparte con la mafia, grazie Silvio!

INCHIESTA/ IL DOPO TERREMOTO (Repubblica)
Abruzzo, l’uomo che ha avviato i lavori è legato ai prestanome di Ciancimino
L’Aquila, le amicizie pericolose
all’ombra della prima new town

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Un depliant che illustra la new town

case

L’AQUILA – Nel primo cantiere aperto per ricostruire L’Aquila c’è un’impronta siciliana. L’ha lasciata un socio di soci poco rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini di alta mafia.

I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano, qui a Tagliacozzo, il “tesoro” di Vito Ciancimino.

Comincia da questa traccia e con questa ombra la “rinascita” dell’Abruzzo devastato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un caso da manuale, una vicenda di subappalti e di movimento terra, di incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è diventato da qualche giorno “materia d’indagine” – un’informativa è stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale antimafia – ma l’intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da carte e atti di pubblico accesso.

Partiamo dall’inizio. Dai fatti, dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di questo primo lavoro per il terremoto d’Abruzzo. Partiamo dalla statale 17, la strada tortuosa e alberata che dall’Aquila passa per Onna, il paese che non c’è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima delle venti “piccole città” promesse da Berlusconi agli aquilani per la fine di novembre – sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare fra i 13 mila e i 15 mila sfollati – che è stato dato il via in pompa magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima “new town”. È qui che hanno alzato il primo cartello: “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto Ts”. Ed è qui che l’imprenditore Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l’amico degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo.

Dante Di Marco ha 70 anni, ha amicizie importanti in tutto l’Abruzzo, è residente a Carsoli che è un piccolo paese fra l’Aquila e Roma. L’appalto per rosicchiare la collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento – è là sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri antisismici – è stato aggiudicato da un'”associazione temporanea di imprese”. La capogruppo era la “Prs, produzione e servizi srl” di Avezzano, la seconda ditta era la “Idio Ridolfi e figli srl” (anch’essa di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione per il G 8 dell’aeroporto di Preturo), la terza era la “Codisab” di Carsoli, la quarta era l’impresa “Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl” di Tagliacozzo e la quinta l'”Impresa Di Marco srl” con sede a Carsoli, in via Tiburtina Valeria km 70.

L’impresa Di Marco è stata costituita nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130 mila euro, l’amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore unico – Dante – risulta come socio fondatore della “Marsica Plastica srl” con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto: un socio della “Marsica Plastica srl” ha praticamente inaugurato la ricostruzione.

Quest’impresa, la “Marsica Plastica srl”, è molto nota agli investigatori dell’Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c’era l’abruzzese Achille Ricci, arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo. C’era Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno dei “pizzini” del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante), che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino. C’era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del “tesoro” di Ciancimino fuori dalla Sicilia.

Il 22 settembre del 2006, nello studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata costituita anche un’altra società, l'”Ecologica Abruzzi srl”. Fra i suoi soci ci sono ancora alcuni della “Marsica Plastica srl” (la moglie di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del 2009 per il riciclaggio del famigerato “tesoro” di don Vito. Erano due società, la “Marsica Plastica” e l'”Ecologica Abruzzo”, che con la “Ricci e Zangari srl” – se non ci fosse stata un’inchiesta del Gico della finanza e i successivi arresti – avrebbero dovuto operare per la produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.

Ecco come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l’imprenditore che ha vinto il primo sub appalto per la ricostrizione dell’Aquila: “Ho presentato una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono entrato nel consorzio di imprese, che cosa c’è di tanto strano?”. A proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: “Quella gente io nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così, per fare il mio lavoro di movimento terra”. E consiglia: “Chiedete in giro chi è Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui”.

Proprio con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl. Sono insieme dal 2006 – e con loro c’è pure il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti per appalti sanitari – nella “Rivalutazione Trara srl”, quella ha comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno e un antico zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti. Come quello di Bazzano, l’opera prima della ricostruzione. Per il governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino, era un’occasione da non perdere.

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New town (ultima minchiata)

Per avere un quadro dei danni ci vorranno tre mesi
di Roberto Rossi inviato a L’Aquila

A Coppito, all’interno della Scuola della Guardia di Finanza, centro operativo della Protezione civile, si fa la conta. Geometri, architetti abilitati, ingegneri, tutti in fila per assumere il ruolo di “verificatore”. Molti volontari, in parte precettati, saranno loro ad analizzare la stabilità degli edifici rimasti in piedi. La ricostruzione dell’Aquila e il destino di oltre 25mila sfollati e senza tetto passa attraverso il loro grado di giudizio. Guido Bertolaso ne ha promessi 1400. La Provincia ne ha calcolati 700. Fino a ieri, comunque, erano in 600. Cartine alla mano, andranno a censire gli immobili a gruppi di due. 50 squadre sono già operative. Se sarà possibile, se i vigili del fuoco daranno il via libera, già da oggi. Altrimenti si aspetteranno i funerali di Stato in programma domani.

Il loro compito, però, si presenta arduo. L’Aquila si è sbriciolata. Sotto colpi di costruttori senza scrupoli e leggi mai applicate. «Vorremmo – ha spiegato il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, ieri in visita – che la città fosse un modello di cantiere sicuro. Basterebbe applicare le norme vigenti». Già, ma quali? In Italia le norme antisismiche, che il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta vorrebbe rafforzare nel Consiglio dei ministri di oggi, sono state completamente riviste nel 2005, subito dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia, ma mai entrate in vigore. Da allora hanno avuto tre proroghe – due sotto il governo Prodi, una sotto il governo Berlusconi -, che ne hanno rimandato l’applicazione al giugno del 2009. Fuori tempo massimo.

Nel frattempo ci si è arrangiati come si poteva. Approfittando della lacuna normativa, tra le regioni italiane ha prevalso il fai da te. Alcune, come il Friuli Venezia Giulia, l’Umbria le Marche o anche il Piemonte, che ha bassi livelli di rischio, nel migliore dei modi. E cioè con l’aggiornamento delle carte sismiche o l’approvazione di regole e prescrizioni per la realizzazione degli edifici, scuole, ponti, capannoni. Altre invece hanno manifestato vistosi ritardi. Tra queste l’Abruzzo e in particolare l’Aquila la cui Provincia aveva un budget di appena trenta mila euro da dedicare alla Protezione civile.

ACQUA PASSATA

Ma quella è acqua passata. Oggi si pensa a dare una nuova vita a chi l’ha persa in dieci secondi. Secondo i calcoli della Provincia ci vorranno tre mesi per censire tutti gli immobili privati. In questo lasso di tempo, ammesso che la tabella di marcia venga rispettata, si dovranno trovare i fondi necessari per affrontare la ricostruzione vera e propria. Quanto serve? Per ora in pochi azzardano cifre. Sabato la regione a Pescara proverà a fare due conti con i costruttori. C’è un riferimento non troppo lontano nel tempo che può aiutare a capire: il terremoto dell’Umbria e delle Marche del 1997. Per rimettere in piedi piccoli paesi come Colfiorito o Sellano, per ricostruire la basilica di San Francesco ad Assisi, si impiegarono 4,3 miliardi di euro. In dieci anni tutti gli sfollati tornarono nelle loro case. Rispetto al terremoto dell’Aquila, però, sono le dimensioni a non collimare. Per quanto violenta la scossa del ’97 colpì una zona tutto sommato poco abitata. Ma oggi è diverso.

Oggi forse il governo rivede le normative mentre lo spettro della “New Town” si aggira per le tendopoli.

All’estero nessuno pensa più alle new town perché sono state un fallimento: non sono né città né campagna. Anche dal punto di vista sociale non funzionano. Non bastano un laghetto o un giardino per fare una città. Massimiliano Fuksas, architetto, 7 aprile

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