I reati di B. e della sua cosca per coprire altri suoi reati…

Francesco Grignetti per La Stampa
Quando sono caduti in disgrazia, Flavio Carboni & soci, fu una gara a prenderne le distanze. Resta famosa la battuta di Berlusconi sui «quattro pensionati sfigati». All’opposto i magistrati di Roma che vogliono mandare la P3 sotto processo ritengono che fosse una inquietante associazione segreta, retta da Denis Verdini e Marcello Dell’Utri.

Flavio CarboniFlavio Carboni

Questa P3 era dunque vicina o lontana dal cuore del potere? L’interventismo degli uomini di Flavio Carboni in Cassazione, ad esempio, per far trasferire un processo tributario a carico della Mondadori dalla temuta sezione tributaria alle Sezioni Unite, ha lasciato nei guai l’ex presidente della

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Altro che polverone! Ecco un’intercettazione di dell’utri e Carboni

“Marcello parla a nome di Cesare”

 

“Marcellus” (così lo chiamano) Dell’Utri è costantemente informato di tutte le attività

Riinusconi

b-riina
NICCOLO’ ZANCAN (la Stampa)
ROMA
«Marcello». «Marcellus». «Marcellone nostro». «L’amico che sta a Como». Se c’è un Cesare sopra ogni pensiero della P3, e per i carabinieri «quel Cesare» è il premier Silvio Berlusconi, c’è un uomo che sembra più alto in grado negli incontri e nelle telefonate di tutti i giorni. O almeno riconosciuto come tale dalla presunta associazione segreta. Quell’uomo è Marcello Dell’Utri. «È andata strabene! Ho fatto io un intervento abbastanza determinato! L’altro l’ha fatto Denis altrettanto chiaro. E infine Marcello, come sempre è stato… Ci ha messo la sua … Tutto bene! Benissimo! Non poteva andare meglio!». Così il faccendiere Flavio Carboni commenta un incontro a casa Verdini per perorare la causa dell’eolico. Dove l’ordine delle pressioni sul governatore Ugo Cappellacci – convocato per l’occasione – non sembra casuale. Dell’Utri condivide tutti i programmi, secondo gli investigatori. Lavora per il business da impiantare in Sardegna. Si impegna per candidare Cosentino in Campania. Si informa sull’affaire Lodo Alfano. Ma non sempre va «strabene». Anzi. E infatti c’è una telefonata che è quasi un piano di riscossa. Quando il geometra Pasqualino Lombardi si sfoga con Carboni, preoccupato per le difficoltà incontrate nell’influenzare la Suprema Corte: «Abbiamo già fatto una brutta figura nel riguardo di alcuni amici. E questo non va bene… Nunn’è cosa. Allora il 27 e il 28 fissiamo un appuntamento con Marcello con il quale chiariremo tutti i rapporti presenti e futuri…».

Lui parla anche a nome del Cesare…
Ci sono appuntamenti nell’ufficio di Dell’Utri a Milano. Incontri al «Grand Hotel de Milan». Riunioni operative ai Circoli del Buon Governo di via del Traforo a Roma. Marcello ha i rapporti. Come spiega Carboni ad Arcangelo Marino, mentre discutono delle candidature in Campania: «Verdini ci deve dare una mano insieme al Marcello, il quale parla anche a nome del Cesare. Capito?». Pare che spesso ci sia un problema di informazioni da far arrivare: «Beh soddisfattissimo – esulta Carboni – credo che sia già arrivata nelle stanze di Cesare… I tribuni hanno già dato la notizia».

La P3 lavora duro. «L’amico Marcello» deve essere informato direttamente. Sul tentativo di condizionare la Corte Costituzionale lo chiama Flavio Carboni: «Io sto procedendo, credo che potrà avvenire ciò che si è detto». «Sì, sì, sì». «Anche Denis ha capito che non è proprio come sembrava, ecco…». «E mo’, infatti. Sì, sì. Comunque è stato un ottimo incontro». «Ecco, questa è la parola che mi fa più piacere. Va bene, amico mio…». Dell’Utri chiosa: «Benissimo, aspetto».
L’avvicinamento ai giudici fallisce, la sentenza boccia il Lodo Alfano. Ma Pasqualino Lombardi non si arrende, chiama Dell’Utri per rassicurarlo: «È andata male, eh». «Eh sì, ho sentito. Dobbiamo vedere quali sono le motivazioni». «E certo, ci saranno… Poi si leggeranno. Va bene, andiamo avanti. Qua non ci può fermare mai più nessuno, non vi preoccupate, andiamo avanti».

Adesso tocca al presidente
Il 9 ottobre 2009 Carboni e Dell’Utri discutono della candidatura di Nicola Cosentino a governatore della Campania. L’inizio della telefonata è coperta da un omissis. Poi parla Carboni: «Questa feccenda di Cosen… di Nicola…». Dell’Utri lo gela: «Quella cosa lì non è così scontata, purtroppo sembra… Ancora non è decisa, però siccome il premier va a Benevento domenica… Allora lì si incontreranno e si chiarirà la cosa». Difficile capire a chi alluda Carboni quando risponde: «Mah, vabbé caro, vabbene. Perché uno di questi qui di Milano, a parte quelli che conosciamo, tifa. E ne volevo parlare…». Dell’Utri però sembra capire bene: «Sì, lo so, ma possiamo far ben poco, lì ormai tutto si è fatto da parte nostra… Senza nulla trascurare… Adesso dipende solo da questo incontro di domenica con il presidente».

I dardi di noia
Marcello Dell’Utri ogni tanto sembra distante. Dopo una riunione a casa Verdini, ancora per il business dell’eolico, si confida con Flavio Carboni. «Pronto Marcello, buonasera». «Ehi, Flavio carissimo….». «Ti ho visto un po’… Avevi un viso affaticato, ero dispiaciuto, molto…». «È che spesso la gente è noiosa». «Questo è anche vero, e tu sei sensibile a questi dardi di noia». «Sono terribili, sono». «Però comunque mi pare che sia stata utile». «Non utile, preziosa vorrei dire».

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“La P3 agì su mandato di Formigoni”

Nell’informativa dei carabinieri
spunta il governatore lombardo:
“Il gruppo fece pressioni per lui
alla corte di appello di Milano”.
Per riferirsi a Berlusconi veniva
usato lo pseudonimo “Cesare”

MILANO (la Stampa)
Su mandato del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l’associazione che faceva riferimento a Flavio Carboni chiese esplicitamente al presidente della corte di appello di Milano Alfonso Marra di «porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista riconducibile al governatore dalle elezioni regionali 2010». È quanto emerge da un’informativa del 18 giugno scorso dei carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci di Roma stilata nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P3.

Parlando dell’attività svolta dall’associazione, i militari dell’Arma – è detto nella informativa – definiscono emblematica la «vicenda che ha visto protagonista il neo presidente della corte di appello di Milano». «Non appena Marra – proseguono i carabinieri – ha ottenuto, dopo un’intensa attività di pressione esercitata dal gruppo (ed in particolare da Pasquale Lombardi) sui membri del Csm, l’ambita carica, i componenti dell’associazione gli chiedono esplicitamente, peraltro dietro mandato del presidente Formigoni, di porre in essere un intervento nell’ambito della nota vicenda dell’esclusione della lista “Per la Lombardia”». Al riguardo, i carabinieri citano una telefonata del primo marzo 2010 di Formigoni all’imprenditore campano Arcangelo Martino nella quale chiede: «Ma l’amico, l’amico, l’amico Lombardo, Lombardo lì, Lombardi è in grado di agire».

In una nota Cesare delle informative dei carabinieri della Capitale si parla anche di Berlusconi. «Lo pseudonimo utilizzato dai soggetti per riferirsi al Presidente del Consiglio – riferisce l’Arma – era “Cesare”». Nel documento in nomignolo di “Cesare” è usato più volte dagli indagati. Potrebbe essere una millanteria, un modo per accreditarsi. Gli inquirenti, sul punto, mantengono il più stretto riserbo. Comunque tra le telefonate intercettate ce n’è una del 2 ottobre 2009 in cui il giudice tributarista finito in carcere, Pasquale Lombardi, dice a Nicola Cosentino «che la settimana prossima – scrivono gli investigatori – dovrebbe incontrare tale “Cesare” che lo stesso sarebbe rimasto contento per quello che loro stanno tacendo per la questione Lodo Alfano per il 6 ottobre». Il contenuto della telefonata intercettata dagli uomini dell’Arma, nella quale è Lombardi a riferire a Cosentino della soddisfazione di ’Cesarè (e non viceversa), fa riferimento all’attività esercitata dal gruppo del quale fa parte, secondo l’accusa, l’uomo d’affari Flavio Carboni, per condizionare i giudici della Consulta sul provvedimento del Guardasigilli, poi bocciato dalla stessa Corte Costituzionale nell’ottobre scorso. Nel corso della telefonata Lombardi dice a Cosentino: «Lui è rimasto contento per quello che gli stiamo facendo per il 6, allora giustamente che diceva Arcangelo lui ci deve dare qualche cosa e ci deve dare te e non adda scassà o cazz». Nell’informativa i carabinieri scrivono che «appare evidente che con queste parole il Lombardi vorrebbe far intendere al Cosentino che la sua candidatura a presidente della Regione Campania è stata da loro richiesta nel corso della riunione quale contropartita per l’operazione Lodo Alfano».

b.manette

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