Marchionne: “Le piramidi esistono perché in Egitto non c’era la Fiom”

Certo, Minchionne, ma c’erano gli schiavi che lavoravano sotto le scudisciate degli sbirri per 14 ore al giorno e morivano a migliaia ogni settimana. Tu però non sei un faraone, sei solo un incapace arrogante che fa  machinette di merda e… che fa rima con faraone: UN COGLIONE!

L’ULTIMO MODELLO  FIAT

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Il presidente è un coglione.

Un ubriaco è nei pressi di Palazzo Chigi e inizia a gridare: “Il presidente è un coglione! Il presidente è un coglione!”. Rapidamente, compaiono due poliziotti che lo prendono e lo riempiono di botte, poi lo trascinano verso il cellulare. Il povero ubriaco allora implora: “Ma io non mi riferivo al presidente del consiglio!”. “Adesso non cercare di prendere per culo, stronzo. Sappiamo bene chi è il coglione, qui”.

b.facciadaculo

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P.TORRES.Ma il sindachetto beniamino scarpa, è un coglione o un asino incapace?

L’ultima delusione dei cassintegrati all’Asinara

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Se arrivi a Porto Torres e scendi verso il mare per il viale principale, non puoi non vederla: è una bandiera tricolore di 35 metri quadri, con la sigla del centocinquantenario dell’unità d’Italia, i numeri – 1-5-0 – in blu. Solo che a cucirla e ad affiggerla, sulla facciata della torre moresca simbolo degli operai della Vinyls (da 406 giorni sono in lotta per difendere il loro posto di lavoro), non è stato qualche ufficio del cerimoniale, ma Marisa, la madre di una famiglia di lavoratori dell’azienda chimica. Se vedi quella bandiera lo capisci subito: qui il tricolore ha quattro colori. Rosso, verde, bianco e rabbia. Rabbia per l’ultima beffa: cento milioni di euro promessi in pompa magna e che mancano all’appello

La Vinyls è uno dei cuori dell’industria chimica nazionale, una testa in Sardegna, una a Ravenna e un’altra a Porto Marghera. Ed è sull’orlo del fallimento, dopo un anno di impianti fermi, gestione commissariale, stipendi e casse integrazioni. Questa storia è stata forse la più forte, nell’anno in cui l’Italia è salita sui tetti, e lo è diventata per l’inventiva dei suoi lavoratori, che prima hanno occupato la torre aragonese di Porto Torres impavesandola con le bandiere, e poi l’isola dell’Asinara, inventandosi il “l’unico reality reale, purtroppo”. L’anno scorso l’Isola dei cassintegrati, ospitata da Michele Santoro, ha persino superato lo share dell’Isola dei famosi. All’inizio c’era una trattativa con una società araba, la Ramco, ma non se ne fece nulla.

Il ministro Claudio Scajola ebbe l’idea di dimettersi proprio il giorno in cui si sarebbe dovuto chiudere l’affare. Dentro la torre, istoriata con un’annata di carta stampata, fa bella mostra un foglio con le condizioni poste da quella società. Tutte disattese. E Scajola era così informato da collocare Porto Torres in un’altra provincia (“A Olbia”). Il suo successore, Paolo Romani è sbarcato sull’isola a dicembre tra grandi sorrisi e ha annunciato che c’era un nuovo compratore: la Gita holding. Una finanziaria svizzera, sconosciuta per tutti, ma credibile per il ministro: “Ho verificato di persona la sua attendibilità”. E poi una battuta destinata a non essere scordata: “Sarei davvero un pirla se venissi qui ad annunciarvi una cosa che non c’è, non trovate?”.

La trattativa ritorna sull’altalena. Il 10 febbraio gli operai capiscono che non si quaglia e danno un nuovo strappo. Tino Tellini, uno dei leader della protesta si imbraca come può, e sale con due compagni  – Emanuele Manca e Marco Olia – sopra una ciminiera del petrolchimico. Si sfiora il dramma. Il vento è forte, la struttura della canna fumaria è pericolante. Scuote la testa, oggi, Tino: “E’ stata una follia, ballavamo come fuscelli, avremmo potuto morire”. Ma sulla Nuova Sardegna quel gesto acquista un senso: “Romani si impegna, operai giù dalla torre”.

A metà febbraio sembra che il miracolo si stia per compiere: la Gita Holding firma un contratto preliminare d’acquisto. Entro due mesi provvederà a una capitalizzazione di dieci milioni di euro, pagherà gli stipendi, riavvierà gli impianti. Lieto fine? “Se non ne avessimo viste di tutti i colori – spiega Stefano Masperi, della Cgil – avrei pianto”. Ha fatto bene a non piangere. I due mesi scadevano venerdì scorso, e le banche hanno informato che i soldi promessi non sono arrivati. Altri due operai – Roberto Quartu e Alberto Tedde – sono tornati sulla ciminiera, questa volta imbullonati e con tanto di tenda canadese. Dopo due giorni interviene di nuovo il ministero: i soldi arriveranno. Ma per ora nessuna novità.

All’Asinara è rimasto un presidio simbolico: quello di Pietro Marongiu, affettuosamente detto “il tiranno”. Un anno e due mesi sono tanti: qualcuno si è trovato un lavoro, qualcuno ha litigato, sono stati scritti due libri, sono state fatte lezioni all’università sul caso mediatico, ci sono stati giorni meravigliosi come il primo maggio e delusioni feroci. Occupazioni dell’aeroporto, botte con la polizia, persino una spedizione a Porto Rotondo, per bruciare una bandiera delle Cayman contro gli evasori. Un anno e due mesi è un tempo che ti può distruggere la vita. Ma il grosso del gruppo dei lavoratori Vinyls è rimasto unito. Avevano piantato delle croci, sul prato davanti al porto, ora le hanno tolte e hanno messo una lapide feroce con Scajola: “Questa lapide è il simbolo della morte del lavoro a Porto Torres”. In città qualcuno ha persino affisso manifesti contro di loro, dicendogli di “tornarsene a casa”. L’ultima tegola è stato l’annuncio dell’Eni: “Entro ottobre chiuderemo anche il petrolchimico”.

Il sindaco Beniamino Scarpa mi parla dopo una lunga attesa: “Sa perché? Ho ricevuto i cittadini che chiedevano l’aiuto dei servizi sociali. Tutti. Ma ormai non basta nemmeno un pomeriggio”. Un tempo chiedevano lavoro. Adesso “ci sono madri che piangono e ti ripetono: mi faccia avere almeno una bombola del gas”. I due centri della Caritas sono intasati. Ormai è caduta la barriera del pudore. “Se non si avviano i lavori per la bonifica che sono promessi da anni, con 500 milioni di stanziamenti, ma mai autorizzati dal Ministero dell’Ambiente sarà una catastrofe”. E’ sera. I lavoratori dela Vinyls sono di nuovo nella torre, in una assemblea, l’ennesima, con dirigenti nazionali della Cgil. Tellini è breve, asciutto drammatico: “Si rischia una catastrofe sociale”. Tutti ad aspettare questi benedetti soldi. Che forse arrivano e forse no.  E il tricolore sventola di rabbia.

Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2011

°°° QUESTO SCARPA, il sindachetto, è un cambiacasacca inutile. Lo conosco da oltre 10 anni. Gli ho proposto un mio progetto che avrebbe azzerato la  disoccupazione e rilanciato l’economia di tutta la zona. Dopo che si è seduto sulla poltrona si è sempre negato al telefono. Bisogna spazzarla via questa manica di poltronisti inutile che hanno devastato la Sardegna da 60 anni!

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