La stampa oggi… deprimente

Apri i giornali e vedi che esistono ancora i pirati. E rapiscono marinai italiani! Ma dove cazzo sono Tremal-Najk e Sandokan? Ma chi l’ha scritto questo film nel 2009? Ma soprattutto: chi cazzo ha messo due ebeti come burlesquoni e frattini al posto degli eroi della mia gioventù?
Una coppia di spostati tedeschi, pure giovani, va ad Aosta a mangiare la pizza… come il mondo sa, è ad Aosta che si deve mangiare la pizza. A Napoli, semmai, ci vai per gustare la fonduta… accompagnato da Apicella che fa tintinnare il suo sonaglio. PerBach! Lo sanno tutti. Ma questi due non vanno da soli, naaaaa: ci vanno coi tre figlioletti di lei. Dice la mammina: «Non potevamo sfamarli, così li ho abbandonati». Giustamente. Mica da un ciabattino, li hanno mollati in una fornita pizzeria! Poi, dicono “Usciamo a fumare” e spariscono. Non hanno pagato il conto, ma hanno lasciato una sontuosa mancia: tre bambini! Potevano farsi dare il resto in capperi e acciughe. Mollano i bambini e scappano. E come scappano? Con un’Apixedda!!! Minca. Bonnie & Clyde si staranno rivoltando nella tomba. Ibra vuole mollare l’Inter: “Voglio provare qualcosa di nuovo” dice. E c’è bisogno di scappare? Trombati la de filippi e il suo moglio: come fanno tutti quelli che vogliono fare carriera in tv e al festival di Sanscemo e non rompere i coglioni all’uomo moderno!
Marchionne litiga col commissario Ue, Verheugen… Ma come cazzo fai a litigare con uno che si chiama come una minaccia pesante?! Quello, già come si presenta: TI SPETTINA!
Minorenne ucciso, in due in manette:
«Accoltellato e sepolto in giardino»
Due italiani hanno ucciso malamente questo ragazzo croato e sono stati arrestati. Giustamente. Primo, perché non sono rumeni. Secondo, perché hanno seppellito la vittima in giardino. Ben gli sta! Se lo seppellivano in salotto, non li avrebbero mai presi. Certo… sarebbe stato un lavoraccio: smontare il pavimento in cotto, scavare, seppellire, riptistinare le mattonelle, pulire, lucidare… No, no. Meglio che li abbiano catturati. Almeno si riposano.
Ancora sangue e attentati in Iraq:
bombe in una moschea, 60 morti

Muoiono come le moschee in quel cazzo di Iraq. E poi l’assassino era Saddam…
Ma anche in Abruzzo non scherzano: Nuove scosse Grasso: vigilare sulla ricostruzione. Speriamo che non ricostruiscano come avevano costruito. Magari finisce di crollare tutto in pieno G20 e speriamo che burlesquoni venga beccato dai crolli senza il casco da scemo. Almeno gli sfollati saranno in pari. E l’Italia si potrà finalmente rialzare.
Napolitano, nuova difesa della Carta «Resistenza vive nella Costituzione»
Beh, bossi e burlesquoni ci si puliscono il culo con la bandiera, figuriamoci con la Carta. Ma che vuoi difendere? Riempila di vetrini!
A Vigevano, sacrestano con svastica, la diocesi: pronti ad agire.
Ad agire come? Deporteranno a Dachau tutti i bigotti?
A Frosinone, Ragazzino si lancia da una finestra
della sua scuola al terzo piano: morto. Morto? Cazzo… strano!
E pensare che fino a un metro dal suolo non si era fatto un cazzo.

Amici, e questo era solamente il Corriere della serva!!! Ma come cazzo li fanno i titoli questi qui?

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I Dimenticati

Balsorano, tra gli sfollati che aspettano una casa dal 1915
di Marco Bucciantini

Quando Lucia scendeva dal paese vecchio verso la valle tenendosi alla sottana della madre, sentiva sempre i vecchi preoccuparsi per quelle case aggrappate alla terra della Marsica. In quei giorni, Giovanni Giolitti supplicava gli interventisti di evitarsi guai con l’Austria. Nessuno fu ascoltato, Balsorano venne giù, l’Italia entrò in guerra, Lucia finì in questa casa bassa e quadrata, fatta di mattoni forati e cemento, costruita simile ad altre duecento dal Corpo reale del genio civile. Aveva sette anni. Adesso ne ha 101, un dente solo, nel mezzo alla bocca sempre sorridente, un filo di peluria bianca sul mento, una memoria intermittente ma affidabile. “Crollava tutto, mamma prese in braccio mia sorella più piccola, e mi tirò fuori di casa a pedate. Corremmo giù per la collina e ci salvammo. Fossimo passati per la strada saremmo morti: si sbriciolò, inghiottì tutti”. Il terremoto del 13 gennaio del 1915 cancellò la vita nella terra dei cafoni di Silone. Il cuore del Fucino cessò di battere, la morte sghignazzò per ore, ovunque, scrisse il sindaco di Tagliacozzo (altro paese di queste mezze montagne) in una lettera disperata al ministro dell’Interno. Fra i marsicani, se ne salvò uno ogni dieci. Questo fu il dazio anche di Balsorano, paese in odore di Ciociaria. I paesi dalla montagna furono spostati a valle, vicino alla ferrovia, sul greto dei fiumi. I pochi sopravvissuti furono sistemati nelle baracche costruite in fretta, provvisorie ma tenaci, solide.

Un secolo “tampone”
Quelle baracche sono ancora la casa di settanta marsicani. Alcuni la tengono per appoggio, vivendo altrove per lavoro (Roma, Frosinone, Avezzano). I più ci vivono: l’Italia che sanguina all’Aquila ha ancora ferite aperte ovunque e deve costruire la casa agli sfollati del 1915. Il sindaco Francesca Siciliani giusto sabato scorso, 24 ore prima della tragedia che ha straziato l’Abruzzo, ha incontrato l’assessore ai Lavori Pubblici della Regione “per chiedere di accelerare il recupero urbanistico di questa zona”. Per chiudere, dopo 94 anni, una parentesi aperta per un attimo. In questo paese, una parentesi è per sempre. Sono casette di 40 metri quadri circa, una camera da letto è di sei metri quadri, ma le famiglie hanno aggiunto qualcosa, davanti, di lato, dietro, dove c’era spazio. “Qui ci stiamo in sette”, ci fa accomodare Luigia Tuzzi, uno dei cognomi cardini di questo paese di tremila abitanti: o si chiamano Tuzzi, o Buffone, o Razzauti. Tetti bassi che d’estate le trasformano in un forno. Qualcuna ha ancora il cesso all’esterno. Ogni vent’anni (nel 1959, nel 1979, nel 1999) si sbloccano i finanziamenti per un’edilizia popolare che permetta di abbattere questi monumenti al terremoto, o meglio, alle infinite ricostruzioni, qui come in Belice, in Irpinia, a Messina. Ma l’ultima volta su 74 appartamenti 20 rimasero sfitti: la gente non si muove. Per affetto, per abitudine, perché sono anziani e preferiscono queste case rasoterra. E perché dovrebbero andarsi a pagare un affitto, basso, risibile, ma qui si fanno i conti: lavoro ce n’è poco, qualcosa nell’edilizia, la Tuzzi Costruzioni ha assorbito molti ragazzi e li ha portati sulle ferrovie in Lombardia.

Monumenti d’Italia
Santina legge il calendario delle messe e si prepara per quella delle quattro e mezzo. Luigia è incerta se stendere il bucato. Guarda il cielo cambiare colore, lascia i panni nella tinozza. Anche le baracche cambiano colore: i Razzauti le hanno dipinte di rosso acceso, e hanno le finestre di alluminio. I Tuzzi mantengono le persiane di legno e l’intonaco grigio. La giovane Jessica (Buffone) passeggia in tuta, annoiata, “non so che fare, non studio da sei anni, non c’è lavoro”. I suoi genitori hanno ereditato la casa dai nonni: in molti se la tramandano, come unico bene da lasciare. Altri la vendono. Il gruppo di Luigia (lei, il marito, il padre che guarda una piccola tv, lo zio allettato, il figlio) ha acquista la casa per 150 mila lire, 35 anni fa, da una famiglia che si trasferì nelle case popolari.“E mo’ duve te-n-r’ueeè”: e adesso dove vai, dice Michele, vedovo, che spazza la strada. Anche lui – sono cinque famiglie in tutto – si è comprato la baracca da altri compaesani. A loro il comune dovrà dare una piccola somma d’esproprio, se e quando riusciranno a sistemarli altrove. Le campane annunciano la messa del giovedì santo. Don Riccardo sta preparando la predica, fa un cenno cortese per negarsi, ha un naso d’altri tempi. Due bar chiudono la piazza sugli angoli, c’è il pronto soccorso, ci sono le scuole fino alle medie, un campo di calcio spelacchiato, ragazzi che prendono a pallonate il Municipio, la caserma. C’è un paese vero, con una ferita indelebile. Quando le campane tacciono, comincia a piovere.

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