FOREIGN PAPI

FOREIGN PAPI – LA STAMPA ESTERA NON MOLLA LA PRESA SU BERLUSCONI – L’AMERICANO “THE NATION” METTE IN FILA LA D’ADDARIO E IL PIZZINO DI PROVENZANO: “UNO STAGIONATO DONGIOVANNI CHE NASCONDE ANCHE COSE PEGGIORI” – L’“IRISH TIMES”: VESCOVI TROPPO TIMIDI NELLA

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Si riaprono le indagini

Ripartono le indagini sulle stragi di mafia. Sullo sfondo dell’intrigo gli 007: uno di loro era presente in parecchi luoghi dove esplosero le bombe

Falcone e Borsellino, inchieste riaperte

caccia ad un agente segreto sfregiato

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

La strage di Capaci

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CALTANISSETTA – Nessuno conosce il suo nome. Tutti dicono però che ha “una faccia da mostro”. è un agente dei servizi di sicurezza. Lo cercano per scoprire cosa c’entra lui e cosa c’entrano altri uomini degli apparati dello Stato nelle stragi e nei delitti eccellenti di Palermo.

Diciassette anni dopo si sta riscrivendo la storia degli attentati mafiosi che hanno fatto

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Noi sappiamo, e siamo in tanti

Salvatore Borsellino: mio fratello sapeva della ”trattativa”

“Mio fratello era stato sicuramente informato dagli organi istituzionali della trattativa in corso tra mafia e Stato, perche’ erano in mano sua…

…le indagini sull’assassinio di Falcone e sulla mafia in Sicilia. Non poteva non esserne informato”. Cosi’ Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992 in via D’Amelio commenta le nuove rivelazioni sul patto tra Stato e mafia fatte da Massimo Ciancimino.
Borsellino e’ intervenuto a ”24 Mattino” su Radio 24. ”Sostengo dal 1997 – ha aggiunto Borsellino – che il motivo dell’accelerazione della eliminazione di Paolo sia stato il fatto che lui si era messo di traverso rispetto a questa trattativa nel momento in cui ne fu informato, e questo avvenne al ministero dell’Interno il primo luglio 1992. A quel punto era necessario, per poter continuare a condurre la trattativa, eliminare l’ostacolo principale, Paolo Borsellino, ed eliminarlo in fretta”. Ciancimino jr. ha detto che una copia del famoso ‘papello’ era nella cassaforte di casa sua a Mondello ma i Carabinieri durante una perquisizione evitarono di controllare: ”C’e’ da chiedersi il perche’ non sia stata aperta quella cassaforte – ha detto Borsellino – Credo che sia lo stesso motivo per cui dopo l’arresto di Riina e’ stato lasciato incustodito il suo rifugio, finche’ squadre della criminalita’ organizzata hanno potuto ripulire la casa e prelevare la cassaforte, nella quale c’erano cose che non dovevano venire fuori. Ciancimino non e’ un pentito – ha detto Borsellino – ma uno che vuole salvare il salvabile, quel famoso tesoro del padre di cui evidentemente gli hanno sequestrato solo una minima parte. Ora ha scelto di collaborare e sta dando un validissimo contributo, ma per patteggiare la sua impunità”.
Infine una battuta sulla ricorrenza di quest’anno, il 19 luglio: “Quest’anno ho voluto rompere con le manifestazioni avvenute negli ultimi 17 anni quando ci hanno continuato a imporre i funerali di Stato che rifiutammo nel 1992 – ha detto Borsellino – Ancora ce li impongono con ‘autorità’ che vengono in Via D’Amelio, mettono corone, pronunciano discorsi spesso ipocriti. Faremo invece una manifestazione in cui se qualcuno si dovesse presentare, e spero che non lo faccia, a mettere corone e pronunciare discorsi di circostanza, sara’ accolto da un mare di persone che avranno in mano un’agenda rossa. Quell’agenda rossa di mio fratello sparita dalla macchina poco dopo l’attentato”.

Adnkronos

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Si riparte con la mafia, grazie Silvio!

INCHIESTA/ IL DOPO TERREMOTO (Repubblica)
Abruzzo, l’uomo che ha avviato i lavori è legato ai prestanome di Ciancimino
L’Aquila, le amicizie pericolose
all’ombra della prima new town

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Un depliant che illustra la new town

case

L’AQUILA – Nel primo cantiere aperto per ricostruire L’Aquila c’è un’impronta siciliana. L’ha lasciata un socio di soci poco rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini di alta mafia.

I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano, qui a Tagliacozzo, il “tesoro” di Vito Ciancimino.

Comincia da questa traccia e con questa ombra la “rinascita” dell’Abruzzo devastato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un caso da manuale, una vicenda di subappalti e di movimento terra, di incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è diventato da qualche giorno “materia d’indagine” – un’informativa è stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale antimafia – ma l’intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da carte e atti di pubblico accesso.

Partiamo dall’inizio. Dai fatti, dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di questo primo lavoro per il terremoto d’Abruzzo. Partiamo dalla statale 17, la strada tortuosa e alberata che dall’Aquila passa per Onna, il paese che non c’è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima delle venti “piccole città” promesse da Berlusconi agli aquilani per la fine di novembre – sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare fra i 13 mila e i 15 mila sfollati – che è stato dato il via in pompa magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima “new town”. È qui che hanno alzato il primo cartello: “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto Ts”. Ed è qui che l’imprenditore Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l’amico degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo.

Dante Di Marco ha 70 anni, ha amicizie importanti in tutto l’Abruzzo, è residente a Carsoli che è un piccolo paese fra l’Aquila e Roma. L’appalto per rosicchiare la collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento – è là sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri antisismici – è stato aggiudicato da un'”associazione temporanea di imprese”. La capogruppo era la “Prs, produzione e servizi srl” di Avezzano, la seconda ditta era la “Idio Ridolfi e figli srl” (anch’essa di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione per il G 8 dell’aeroporto di Preturo), la terza era la “Codisab” di Carsoli, la quarta era l’impresa “Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl” di Tagliacozzo e la quinta l'”Impresa Di Marco srl” con sede a Carsoli, in via Tiburtina Valeria km 70.

L’impresa Di Marco è stata costituita nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130 mila euro, l’amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore unico – Dante – risulta come socio fondatore della “Marsica Plastica srl” con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto: un socio della “Marsica Plastica srl” ha praticamente inaugurato la ricostruzione.

Quest’impresa, la “Marsica Plastica srl”, è molto nota agli investigatori dell’Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c’era l’abruzzese Achille Ricci, arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo. C’era Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno dei “pizzini” del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante), che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino. C’era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del “tesoro” di Ciancimino fuori dalla Sicilia.

Il 22 settembre del 2006, nello studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata costituita anche un’altra società, l'”Ecologica Abruzzi srl”. Fra i suoi soci ci sono ancora alcuni della “Marsica Plastica srl” (la moglie di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del 2009 per il riciclaggio del famigerato “tesoro” di don Vito. Erano due società, la “Marsica Plastica” e l'”Ecologica Abruzzo”, che con la “Ricci e Zangari srl” – se non ci fosse stata un’inchiesta del Gico della finanza e i successivi arresti – avrebbero dovuto operare per la produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.

Ecco come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l’imprenditore che ha vinto il primo sub appalto per la ricostrizione dell’Aquila: “Ho presentato una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono entrato nel consorzio di imprese, che cosa c’è di tanto strano?”. A proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: “Quella gente io nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così, per fare il mio lavoro di movimento terra”. E consiglia: “Chiedete in giro chi è Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui”.

Proprio con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl. Sono insieme dal 2006 – e con loro c’è pure il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti per appalti sanitari – nella “Rivalutazione Trara srl”, quella ha comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno e un antico zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti. Come quello di Bazzano, l’opera prima della ricostruzione. Per il governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino, era un’occasione da non perdere.

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