COLIAMO A PICCO. Grazie, silvio…

Crisi, allarme Ocse per l’Italia Giù il pil, più deficit e disoccupati

PARIGI – L’Ocse stima una profonda recessione quest’anno per l’Italia, con un Pil in calo del 5,3% e una ripresa nel 2010 a 0,4%. E’ quanto emerge dal rapporto sull’Italia nel quale si evidenzia che “tutte le previsioni sono soggette a una forte incertezza“. L’analisi dell’organizzazione rileva che il paese soffrirà di un forte incremento della disoccupazione (“che potrebbe raggiungere il 10% entro la fine di quest’anno”) anche nel 2010, il che determinerà un calo dei consumi. Allarme grave anche per il deficit, che “raggiungerà il 6% del Pil nel 2010, mentre il debito pubblico supererà il 115% e continuerà a crescere, nonostante un certo sforzo di consolidamento fiscale”, per tendere al 120%.

I consumi accuseranno un calo del 2,4% per restare poi fermi l’anno prossimo mentre gli investimenti fissi a fine 2009 crolleranno del 16% (-20,2% per macchinari ed equipaggiamenti) per tornare a crescere di appena l’1,3% nel 2010. Particolarmente negativo anche l’andamento del commercio estero: le esportazioni scenderanno del 21,5% (-0,7% nel 2010) e le importazioni del 20,2% (-0,2% nel 2010).

Rispetto alle previsioni pubblicate lo scorso 31 marzo, oggi l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica rivede le stime sul Pil a -5,3% nel 2009 (da -4,3%) e +0,4% nel 2010 (da -0,4%). L’aumento dell’impatto negativo è dunque bilanciato da qualche nota più ottimistica. “La recessione italiana ha sorpreso per la sua ampiezza – osserva il rapporto – ma grazie alla relativa solidità dei bilanci delle famiglie e delle imprese, la ripresa potrebbe essere più robusta che altrove“.

Quanto alle banche italiane finora hanno ben sostenuto il primo impatto della crisi e non hanno avuto bisogno di aiuti, “ma avranno probabilmente necessità di ulteriori mezzi propri man mano che la recessione si aggrava. Bisogna continuare gli sforzi per ricapitalizzarle, di preferenza con finanziamenti privati, sul mercato interno o all’estero, ma senza escludere l’iniezione di capitali pubblici”.

L’Ocse ricorda che l’Italia, inoltre, sconta i “lenti progressi nell’introduzione delle riforme strutturali per migliorare la competitività dei servizi e l’efficienza della pubblica amministrazione“. Dunque vede con favore le misure anticrisi che, “nonostante il limitato spazio di manovra”, sono state introdotte dal governo italiano, ma raccomanda che “nel lungo periodo la performance economica può essere migliorata con riforme macroeconomiche e strutturali”.

Quanto al federalismo fiscale, “potrebbe essere difficile da perseguire. L’introduzione del meccanismo del federalismo fiscale al momento attuale può porre difficoltà ed è importante che abbia un forte sostegno politico e regionale“, afferma l’organizzazione, dando comunque atto che “le linee base della legge, in particolare il finanziamento della spesa essenziale da parte delle entrate centrali su una base standard dei costi e un trasparente meccanismo di suddivisione delle entrate basato sull’Iva e sulla capacità di introito fiscale, sono sane“. Secondo l’Ocse, inoltre, “una nuova tassa locale, in parte basata sul valore delle proprietà di case, sarebbe altamente desiderabile dal punto di vista del federalismo fiscale“.

L’Ocse non sembra essere favorevole agli incentivi italiani per l’acquisto dell’auto varati ad inizio 2009. “Il sostegno all’industria dell’auto rischia di provocare una allocazione squilibrata di risorse“. L’Ocse afferma che gli incentivi sono stati, probabilmente, motivati dalle preoccupazioni che gli aiuti decisi da altri paesi potessero penalizzare i produttori nazionali.
(17 giugno 2009)

°°° Da profano, mi salta agli occhi una cosa terribile: l’Ocse fa i suoi conti basandosi sul fatto che noi abbiamo un GOVERNO NORMALE!!! Invece qui abbiamo un dittatorello del cazzo, malavitoso e incapace, e una serie di suoi domestici buoni solo per farne sapone: da alfano alla brambilla, dalla gelmini a maroni, da calderoli alla carfregna… gente che non potrebbe amministrare nemmeno un condominio di pollai!

poverta

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I veri fannulloni

In calo la produttività in aula. Migliore la performance
della Camera, dove c’è seduta da lunedì a giovedì
Al Senato si lavora solo 10 giorni al mese
Il record di aprile: 7 ore in una settimana

di CARMELO LOPAPA

ROMA – Tre giorni di lavoro a settimana. Non uno di più, qualche volta meno. Come nell’ultima di aprile, quando gli onorevoli senatori hanno varcato l’ingresso di Palazzo Madama martedì 28 alle 16,30 per chiudere i battenti già l’indomani, mercoledì 29, alle 20,08. Per non dire della seconda settimana di aprile, quella che ha preceduto la Pasqua, al lavoro solo il mercoledì 8, poi trolley e via, tutti a casa in vacanza per tornare 13 giorni dopo, il 21. Ad ogni modo, negli ultimi due mesi il pallottoliere ha segnato una media di 10-11 giorni lavorativi al mese, con minimi storici da 7 ore d’aula, come in quell’ultima settimana di aprile.

Sarà pure l’età media più alta, ma la questione si pone perché, a scorrere il timing delle sedute della Camera alta, si scopre che la campanella non suona mai prima del martedì pomeriggio e il giovedì mattina quasi sempre si chiude. Settimana corta, cortissima. Certo, c’è l’attività delle commissioni, ma la media di lavoro settimanale (come si riscontra nella tabella in alto) è quella che è. E, sebbene nel periodo preso in esame, marzo-aprile, siano stati approvati al Senato importanti ddl, dal testamento biologico al federalismo, i dati stridono con quelli dello stesso periodo alla Camera.

A Montecitorio, da marzo, il presidente Gianfranco Fini ha introdotto la cosiddetta “settimana bianca”, per consentire ai deputati di lavorare sui rispettivi territori. Ha compensato tuttavia allungando le restanti tre settimane: aula già dal lunedì e fino al giovedì sera. Anche lì, c’era la promessa di prolungare fino al venerdì mattina, ma finora è accaduto solo nell’ultima settimana di marzo, con pochissimi deputati presenti per interrogazioni e interpellanze. La media resta tuttavia almeno di quattro giorni a settimana e 16 al mese.

Al Senato il presidente Renato Schifani aveva provato a suonare la sveglia. “Al di là delle richieste di modifica del regolamento, si possono disciplinare meglio i lavori dell’aula in modo da lavorare qualche ora in più durante la settimana”. Era il 2 ottobre scorso e già allora – 4 mesi dopo l’inizio della legislatura – i numeri lasciavano a desiderare, sebbene non si fossero toccati picchi negativi di queste ultime settimane. La presidenza si scontra tuttavia con l’andazzo generale.

“Aumentare l’attività può essere un obiettivo condivisibile, ma smentisco che esista un caso Senato – sostiene Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo Pdl – Anzi, in questi mesi la nostra assemblea si è ritrovata in anticipo sul lavoro, rispetto alla Camera. Andiamo più veloci e abbiamo approvato in prima lettura ddl che ancora attendono la seconda a Montecitorio. Disponibili a una razionalizzazione dei lavori, alla riforma dei regolamenti, ma anche quella deve essere bicamerale”.

E invece il problema esiste, eccome, a sentire i Democratici che sollevano il caso. “Si lavora meno del dovuto e si lavora male – sostiene Luigi Zanda, vicecapogruppo Pd – La nostra proposta di riforma del regolamento consentirebbe un salto in avanti, sia nel numero di sedute che nella qualità del lavoro. Chiediamo che si lavori almeno 4 giorni alla settimana, 3 nelle commissioni, 1 in aula, perché il problema è non trasformare l’aula in una semplice macchina approva-decreti. Purtroppo, col “porcellum”, i parlamentari di maggioranza sono esecutori della volontà dell’esecutivo e il Parlamento in questa legislatura è un ufficio “disbrigo” del governo. Unica missione, trasformare in legge i decreti. I poteri ne risultano stravolti: l’esecutivo fa le leggi, le Camere eseguono ordini”.


°°° A parte le varie zanicchi e de michelis che vanno a rubarsi 40mila euro al mese (oltre a benefit e pensioni d’oro) in Europa, ecco gli schiavetti senza spina dorsale del mafionano come vengono beneficiati in cambio del loro servilismo. E io pago!

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I SENATORI E I DEPUTATI DESTRONZI.

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