Pil, il Centro Italia traina la ripresa. In calo la crescita del Nord Ovest. Lega, TIE’!

Pil, il Centro Italia traina la ripresa
In calo la crescita del Nord Ovest

Il Nord-Ovest arretra, il Centro avanza, il Sud fa qualche piccolo miglioramento ma rimane ampiamente la macroarea meno produttiva e meno ricca del Paese: è quanto emerge dallo studio pubblicato oggi da Confcommercio, che analizza il Pil delle Regioni italiane negli ultimi anni.
http://www.repubblica.it/economia/2010/08/23/news/confcommercio_studio-6445780/?ref=HREC1-5

°°° Ma tutte le ciance di bossi e degli altri trogloditi della pedania? Sarei curioso di leggere i dati della Puglia di Vendola, confrontati con la devastazione del delinquente incapace fitto…

maroni1

 

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Avanti così

Santus: «Sono finiana ma non posso votare Pdl»

È stata presidente del “Comitato per Fini premier”, capolista di An alle ultime comunali di Torino, scrive sul “Secolo d’Italia” ed è tra i promotori di “Farefuturo”, la fondazione del presidente della Camera. Insomma è, come lei stessa precisa, una «finiana di ferro». Eppure Daniela Santus, docente di Geografia Culturale all’Università di Torino, alle europee voterà Ivan Scalfarotto, candidato del Pd nella sua circoscizione (Nord Ovest).

Lo ha anche scritto in una lettera che ha spedito ad alcuni amici, rassicurandoli sul fatto che da parte sua non c’è «nessuno spostamento a sinistra»: «Io sono sempre la stessa, le mie idee sono quelle di sempre, sulla stessa linea del presidente Gianfranco Fini. Ma è proprio per questo motivo che non posso votare Pdl. Un partito che è l’incarnazione del premier Silvio Berlusconi». In particolare, la docente di Geografia culturale punta il dito contro la riforma Gelmini, la mancanza di rispetto della Costituzione, la vicenda Englaro, la poca difesa della laicità dello Stato.

Raggiunta al telefono, Daniela Santus conferma che quella lettera non è uno scherzo. «Se Fini fosse stato candidato avrei votato lui, chiaro. No, a mio parere non c’è nessuno nella lista del Pdl che rappresenti le sue idee. Sì, ho scelto Scalfarotto, un voto alla persona, non al partito. Perché? Ho fatto un po’ di ricerche sul periodo precedente alla sua candidatura (perché sappiamo quanto valgano le promesse fatte in campagna elettorale) e ho visto che si è speso per la laicità dello Stato, per il diritto di tutti a non essere discriminati in base al proprio genere o al proprio orientamento sessuale, per il rinnovamento della classe politica». E poi c’è il fatto che Scalfarotto, «come me, fa parte dell’associazione Luca Coscioni, e non ha avuto paura a prendere le distanze dalla dalemiana equivicinanza e dichiarare che sta con Israele».

È proprio dai tempi del viaggio di Fini in Israele che la Santus si è avvicinata all’attuale presidente della Camera. Gli scrisse anche che aveva «un sogno», cioè «un Kadima italiano costruito dalle migliori menti italiane, di destra e di sinistra». Racconta: «Lui mi rispose di suo pugno che avrebbe partecipato volentieri ad un simile progetto. Da allora tra noi c’è, spero sia anche lui d’accordo, una bella amicizia intellettuale». Dice che al congresso fondativo del Pdl l’ha visto «molto solo» e che lei continua a sperare nella nascita del Kadima italiano «magari sotto la guida di Gianfranco Fini».

Superfluo domandarle che cosa ne pensi di Berlusconi. Un po’ perché risponde «volevo Fini premier, non basta?». Un po’ perché ribadisce che non voterà Pdl proprio perché è «l’incarnazione» del capo del governo.

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la crisi che “non c’è”…

Ecco la crisi che non c’è: colpito un italiano su due Il 60% ha ridotto le spese

Ecco la crisi che non c’è. Quella che Berlusconi e Tremonti hanno tante volte smentito, quella che non c’era, ma già sarebbe finita secondo il governo di destra. Ora il Censis certifica che un italiano su due, il 47,6% per la precisione, è stato colpito «concretamente» dalla crisi, quasi il 40% ha subito perdite nei propri investimenti, mentre il 30% ha registrato una riduzione del reddito e, in generale, circa il 60% ha cercato di ridurre i consumi, senza grandi differenze tra chi è intervenuto sulle spese in generale e chi solo su quelle voluttuarie. In compenso però i consumatori si sono riconciliati con l’euro.

È questa la fotografia del Belpaese scattata dal Centro di statistica nazionale nel suo “Diario della Crisi”. Ancor più dei consumi, si è contratta la tendenza, già assai modesta in Italia, a indebitarsi: nei primi tre mesi dell’anno il ricorso al credito al consumo è diminuito del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in modo particolare sono calate le richieste di finanziamento per l’acquisto di autoveicoli e motoveicoli (-22,9%), nonchè per gli elettrodomestici (-9,1%).

Uno degli effetti più imprevedibili della crisi è stato però quello di aver avviato una fase più rilassata nel rapporto tra gli italiani e l’euro. Il mondo dei salariati a reddito fisso ha conosciuto una piccola rivincita su tutti coloro che erano riusciti a speculare con la moneta unica. Grazie a un’inflazione sostanzialmente ferma, al calo dei mutui e dei prezzi del carburante, spiega il Censis, vi è stato un recupero del potere d’acquisto di questa categoria. Quando infatti si chiede agli europei se la moneta unica abbia contribuito a mitigare gli effetti della crisi, il 53% degli italiani risponde di sì, contro il 41% degli spagnoli, il 40% dei francesi e il 34% dei tedeschi (dati Eurobarometro). «Il momento di difficoltà – sottolinea il Censis – è innegabile, ma una lettura indistinta della situazione, come quella oggi più diffusa, rischia di suscitare un disorientamento generalizzato e controproducente ai fini di un’auspicabile reazione collettiva. Per il momento la crisi si presenta a ‘mosaicò, è concentrata soprattutto in alcuni focolai, ci sono cioè settori produttivi, territori e categorie di soggetti più esposti e sotto pressione di altri».

La percentuale di italiani che dichiara di non sapere cosa fare davanti alla crisi è raddoppiata da gennaio a oggi, passando dall’8,1% al 16%, quelli che taglieranno i consumi sono saliti dal 22,2% al 35,6%. Significativa è la crescita di chi guarda al maggiore impegno lavorativo come reazione alla crisi. Ma la paura di regredire emerge soprattutto dalle previsioni che gli italiani fanno riguardo all’uscita dalla crisi: per il 68,3% di essi non è affatto vero che sia stato toccato il fondo, ma ritiene anzi che il peggio debba ancora arrivare (un timore che è più forte nel Centro-Sud che nel Nord-Ovest).

Emerge comunque la volontà di reagire alla paura dell’impoverimento cercando conferme nella capacità di acquistare prodotti che in qualche modo gratifichino. La spesa che dà soddisfazione, che permette di sfuggire la sensazione di impoverimento, senza spendere molto (un oggetto per la casa con un bel design, o un bene di consumo di prima qualità, magari in offerta): le vendite di questa tipologia di prodotto sono aumentate dell’1,4%. Comprare molto spendendo poco, il discount, i prodotti generici (che rappresentano il 13% del mercato), percentuale che è destinata a crescere; sfruttare gli incentivi economici, non solo quelli statali, ma anche gli sconti e le offerte speciali: il valore di queste vendite è aumentato del 5%. La spesa etica, prodotti ecologici o a basso impatto ambientale; il valore della praticità, ad esempio i cosiddetti prodotti ortofrutticoli di “quinta gamma”, cioè quelli già lavati e tagliati, sono gli unici del comparto alimentare che hanno aumentato le vendite (+5%). Ma anche il ritorno alle tradizioni, sempre nel settore alimentare: tengono i prodotti locali, i Dop/Igp, ma anche alcuni prodotti per la cura del corpo. Prevale la voglia di risparmiare, con le auto Gpl, o i prodotti a basso consumo energetico.

I prodotti tecnologici “funzionano” solo se hanno un contenuto di innovazione,e quindi soddisfano il bisogno di essere all’avanguardia (per esempio passare dal telefonino allo smartphone). Gli incentivi che hanno prodotto effetti positivi sono stati quelli che hanno saputo rispondere simultaneamente alle diverse richieste di nuovi valori aggiunti da parte dei consumatori. È il caso delle automobili dove gli aiuti del governo hanno spinto all’acquisto di auto ecologiche e che consumano meno, ma che, al tempo stesso, dimostrano il proprio personale non impoverimento. Anche sugli elettrodomestici gli ecoincentivi hanno fatto leva su di un meccanismo analogo: i frigoriferi a basso consumo energetico, già da tempo incentivati, sono passati da una quota di mercato del 12% ad una del 44%, pur in presenza di un aumento del 37% dei costi.

Anche in questo caso, aver sostenuto il risparmio, l’ambiente e l’innovazione, ha aiutato un intero settore a “tenere”, con 100 milioni di fatturato aggiuntivo per tutta la filiera.

IL TONFO DELL’ITALIETTA DI BURLESQUONI:

caduta2

fottiti

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POllice verso

L’atomo non scalda gli italiani
la maggioranza resta contraria

Un sondaggio Eurispes rivela che il 45,75% della popolazione non vuole il ritorno del nucleare: “Pericoloso e non risolve”

ROMA – La campagna governativa per il ritorno al nucleare per il momento non ha fatto breccia nel cuore degli italiani. Malgrado l’attivismo del presidente del Consiglio e del ministro delle Attività produttive Claudio Scajola nel sostenere la necessità di costruire il prima possibile nuove centrali atomiche, una larga maggioranza di cittadini rimane comunque contraria. A confermare l’ostilità che la rivolta del 2003 contro il sito di stoccaggio per le vecchie scorie radioattive progettato a Scanzano Jonico aveva già indicato in maniera molto chiara, è ora un sondaggio svolto dall’Eurispes nell’ambito del Rapporto Italia 2009.

Analizzando attraverso un questionario scritto un campione di 1.118 persone rappresentative dell’intera popolazione nazionale, l’istituto di ricerca ha rilevato una percentuale di contrari al ritorno del nucleare pari al 45,75%. La quota di favorevoli si ferma invece al 38,7%, ma in realtà andrebbe ulteriormente ridimensionata visto che ben l’8,2% di questi “sì” è vincolato al fatto che le nuove centrali vengano edificate lontano dalla loro zona di residenza.

Scavando tra le motivazioni del “no” all’atomo, l’Eurispes ha verificato che per il 27,3% il rifiuto è dettato dai rischi che tale scelta comporterebbe, mentre un 18,4% non ritiene l’atomo una soluzione rapida per risolvere i problemi connessi all’energia. Tra i favorevoli, invece, l’orientamento prevalente (30,1%) è quello di chi giudica il nucleare una buona soluzione per porre rimedio alla crisi energetica.

L’installazione di centrali nucleari sul territorio vede soprattutto contrari i residenti nell’area del Nord-Ovest (49,5%), nel Meridione (47,9%), nelle regioni centrali (47,2%) e nel Nord-Est (45,7%). In controtendenza invece le Isole, con una maggioranza di favorevoli (50%).

Il Rapporto Eurispes ha sondato poi anche la percezione degli italiani sulle problematiche ambientali in generale. Stando alle risposte fornite dal campione intervistato, l’emergenza numero 1 è quella dei rifiuti, con il 30,8% delle segnalazioni. Le preoccupazioni immediatamente successive sono quelle legate al riscaldamento globale (24,8%), l’inquinamento atmosferico (19,9%) e questione energetica (16,4%).

°°° Preoccupanti le scimmiette decerebrate delle isole al 50%. Tutto dovuto all’assoluta DISINFORMAZIONE.

nucl

accordo-sul-nucleare

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coglione

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