Esempio da seguire

La ricetta di Noceto: giochi, sport, teatro come alternative
Dopo il suicidio del 12enne che aveva visto un’esecuzione sul piccolo schermo
Nel paese che ha spento la tv
“Così salviamo i nostri bambini”

di STEFANIA PARMEGGIANI

Nel paese che ha spento la tv “Così salviamo i nostri bambini”

NOCETO (PARMA) – Lo decisero 13 anni fa. Quasi un passa parola, famiglia dopo famiglia, casa dopo casa. E così una sera, in quel borgo alle porte di Parma, improvvisamente tutti spensero la Tv. Centinaia, migliaia di televisori oscurati, muti, quasi partecipi dell’immenso dolore di una comunità.

Un gesto di rabbia, una rivolta civile contro le trasmissioni che mandavano in onda di tutto senza curarsi delle conseguenze. Che a Noceto furono imprevedibili e drammatiche. David, un bambino di 12 anni, dopo avere visto l’esecuzione di una sentenza capitale aveva deciso di imitare la scena per gioco. Morì impiccandosi. Non c’erano parole, nessuna spiegazione che alleviasse il senso di impotenza, solo la rabbia che doveva essere arginata. Come? Prendendo in mano il telecomando per cancellare modelli sbagliati e oscurare immagini troppo crude. Iniziò così la settimana della creatività, che dal ’96 cerca di evitare la deriva di una televisione babysitter e che ogni mese di maggio trasforma i 1.200 bambini di Noceto da spettatori a protagonisti.

All’inizio il messaggio era esplicito: “Spegni la tv, accendi la fantasia”. “La nostra è una battaglia pesantissima – spiega il parroco don Corrado Mazza – perché non vogliamo demonizzare un mezzo, ma solo evitare che rubi l’infanzia”. “Negli anni abbiamo spostato l’accento – continua il sindaco Fabio Fecci – e oggi non invitiamo più direttamente a spegnere la televisione, ma promuoviamo un’alternativa”. Corsi di teatro, laboratori di pittura, letture animate, giochi antichi, giornate dedicate allo sport, doposcuola della parrocchia, incontri con i genitori, cineforum, serate di riflessione, percorsi lunghi un anno per distogliere gli sguardi dal teleschermo, una miriade di attività coordinate che non tralasciano nulla, neppure il tragitto da casa a scuola. Qui, infatti, passa il piedibus, vigili urbani che accompagnano i bambini lungo le strade della città.

Nessuno si è sottratto al compito perché – è convinzione diffusa – gli influssi della televisione sui bambini sono chiarissimi: “Più chiacchierano senza dire niente – spiegano le insegnanti Enrica Alinovi e Gabriella Grisenti – più capiamo che sono stati troppo di fronte alla tv”. Per questo, osserva il dirigente scolastico Paola Bernazzoli, da anni i bambini partecipano a laboratori in cui fanno gli attori, i costumisti, gli sceneggiatori, i registi, i musicisti… E il risultato viene portato in piazza proprio nella settimana della creatività.

Antonio Caffarra, il pediatra del paese, ha cresciuto insieme alla moglie Daniela, quattro figli senza televisione: “Per anni non l’abbiamo avuta e quando ci è stata regalata l’abbiamo lasciata spenta”. Nel paese sono in molti a pensarla come lui, la creatività è diventata una strategia educativa condivisa. È servito tutto questo? I bambini a Noceto guardano la televisione meno che altrove? “E’ difficile dirlo – conclude il sindaco Fabio Fecci – ma sicuramente sono meno soli”. I più deboli, i più fragili, o semplicemente chi ha entrambi i genitori impegnati tutto il giorno, ha un’alternativa alla televisione come babysitter. “Proviamo a sottrarre il compito di educare alla televisione – conclude il parroco – ma anche se la battaglia continua a essere pesante, non ci arrendiamo, l’infanzia è tutto”. Rappresenta il futuro, che non può essere dettato dal palinsesto televisivo.

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LA PERFORMANCE
Urliamo, arte e nuove tecnologie
“Contro il potere della tv”
Un progetto che dal virtuale approda al reale sfruttando le potenzialità del social network, da Facebook a MySpace di GIUDITTA MOSCA

Urliamo, arte e nuove tecnologie “Contro il potere della tv”

Il social networking non è più solo un mezzo per socializzare: c’è chi si inventa un lavoro tramite Facebook, chi promuove la propria attività e c’è chi cerca di creare un senso per arrivare al consenso. E’ quello che cerca di realizzare Domenico Gioia, curatore d’arte, e promotore di Urliamo, movimento figlio del Web 2.0, nato e cresciuto grazie alla viral-comunication, al passaparola digitale.

L’intento comune è creare “qualcosa di colto”, un’insieme di artisti accomunati dalla voglia di far conoscere la propria arte attraverso canali aperti a tutti e la volontà di promuovere un pensiero meno standardizzato. I lavori degli artisti di “Urliamo” saranno raccolti in una mostra ma sono già disponibili su MySpace.

Domenico Gioia cosa vuole comunicare con il progetto Urliamo?
“La società nella quale viviamo risente fortemente della massificazione dei mezzi di comunicazione e del dominio della televisione. L’arte e la cultura sono, non i soli, ma importanti elementi per riappropriarsi di una identità vera, lontana dai luoghi comuni”.

Adesioni aperte a tutti?
“Certamente, siamo alla ricerca della libertà, non di vincoli. Vorrei aggiungere che non solo gli artisti, ma tutte le persone che hanno qualcosa da dire possono aderire, con qualsiasi tipo di espressione.”

Quali sono gli obiettivi di Urliamo?
“Promuovere la capacità dell’essere umano di dire qualcosa di sensato, di abituarsi a convivere con l’arte. Una volta l’arte, la pittura e la scultura erano gli unici elementi di comunicazione e funzionavano. Oggi siamo di fronte alla degenerazione del marketing, i pubblicitari ci dicono cosa e come dobbiamo comprare, io dico che dobbiamo fare a meno dei loro consigli, anzi le aziende stanno provando sulla loro pelle cosa questa degenerazione voglia dire. Sono entrate in un circolo vizioso assurdo e inutile. L’arte può aiutarci a ritrovare una giusta espressione nella comunicazione di qualità. Urliamo serve a sensibilizzare la gente a come con un quadro, una foto si possa giungere a risultati strabilianti. Basta con la cattiva televisione attenta solo all’auditel, basta alla comunicazione urlata, figlia anch’essa delle rilevazioni. Credo che la gente voglia sincerità e cose reali e tangibili.”
Può spiegarci come ha realizzato il progetto e come lo sta promuovendo?
“La promozione avviene attraverso il social networking, sono convinto che il web 2.0 abbia delle possibilità enormi di comunicazione, ma è sfruttato malissimo: invece di fare cultura, far girare cose sensate, vedo che c’è gente che organizza serate nei locali. E’ sbagliato usare i contatti del social networking per promuovere locali da ballo, ristoranti, ecc. Occorre utilizzarli per veicolare le persone verso cose vere, di contenuto. Basta con i ‘vuoti a perdere mentali’.”

Facebook è un network libero? E’ mai incorso nel pericolo di censura?
“Assolutamente no, mai avuto problemi. Anzi tutto il progetto si basa sulla possibilità di promozione tramite il social networking e devo dire che funziona. Vorrei invitare tutte le persone che usano Facebook di farne un uso intelligente ed evitare quel chiacchiericcio inutile, già ce n’è tanto in giro.”

Può fare un bilancio degli obiettivi realizzati fin’ora dal progetto e parlarci di quelli futuri?
“Gli obiettivi sono molteplici, oltre 1400 amici su fb, senza contare quello che si sta facendo su Myspace: inoltre il progetto è promosso su Twitter, Brooklin art Project, Premio celeste, insomma una valanga di contatti che si traducono in una operazione di visibilità per tutti quelli che inviano le loro opere, artisti per primi. Gli obiettivi sono tanti: “Prima di tutto una mostra”

(22 aprile 2009)

boccachiusa

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