FINALMENTE SI RIVEDONO LE MANETTE PER I LADRI! ARRESTATO FIORITO.

Fondi Lazio, arrestato Fiorito ex capogruppo Pdl.

E’ accusato di peculato

La Guardia di Finanza fatto scattare le manette nei confronti del politico questa mattina all’alba. E’ accusato di peculato per l’utilizzo indebito di soldi pubblici. Il consigliere detto “Er Batman” è anche indagato a Viterbo per calunnia e falso. Perquisizioni in corso.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/02/fondi-lazio-arrestato-fiorito-ex-capogruppo-regionale-pdl/369795/

Batman Franco Fiorito

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Regioni, per il Partito dei Ladri arriva la piena (Peter Gomez)

Non è che l’inizio. Le dimissioni di Renata Polverini segnano solo un primo giro di boa nello scandalo dei fondi milionari incassati, spesi senza controllo, e spesso rapinati dal Pdl e da altri movimenti politici. Non servono particolari capacità divinatorie per capire che il sistema Lazio, ben  incarnato dalla pantagruelica figura Franco Fiorito, è patrimonio comune di molti consigli regionali. Ovunque l’opacità regna sovrana. Ovunque, appena si tenta di fare qualche domanda, si scopre l’imbarazzo.

Regioni, per il Partito dei Ladri arriva la piena

In Lombardia Pd, Pdl e Lega, non vogliono mostrare ai giornalisti gli scontrini. “Sono cose nostre, c’è la privacy”, dicono all’unisono, sorvolando sul fatto che pranzi e riunioni saranno pure loro, ma i soldi, almeno quelli, sono dei contribuenti. In Emilia Romagna, quando è stata avviata un’indagine interna, è saltato fuori che quattro partiti non avevano depositato le fatture. I documenti sono comparsi dopo un mese e, da un primo esame, la Guardia di Finanza si è resa conto che un ex consigliere dell’Idv (subito cacciato) risultava aver cenato in quattro diversi ristoranti la stessa  sera. Un record. In Campania si trattiene il fiato per un blitz delle Fiamme Gialle: in ballo ci sono un paio di milioni di euro di uscite sospette. In Veneto,  i 60 consiglieri percepiscono ogni  trenta giorni 2100 euro in nero a titolo di rimborso, senza presentare alcun giustificativo.
Insomma, i mattoni della politica italiana cadono uno dopo l’altro. E tra le macerie non finiscono sepolti solo questi partiti (cosa che non è un gran guaio). Ad andarci di mezzo sono le istituzioni – o quello che ne resta – e i cittadini. Servono atti immediati. Almeno tre.
Il primo: Polverini e gli altri consiglieri devono rendere tutto quello che, a vario titolo, hanno incassato. Non perché sia più tempo di gesti simbolici, ma perché con quei soldi si potrà molto più concretamente restituire ai disabili i servizi sociali tagliati dalle Asl del Lazio ed evitare di far pagare loro il ticket.
Il secondo: a Roma, nelle segreterie dei partiti, è saggio che quei politici capaci di conservare ancora la testa sulle sulle spalle comincino finalmente a fare dei calcoli. Attendere che il disastro arrivi dalla periferia al centro – ancora oggi i gruppi del Senato non vogliono controlli su 22 milioni di euro – non conviene. Più furbo e utile, anche per loro, è anticipare la piena. Senza parole, leggi o riforme, a cui a questo punto non crede più nessuno. Ma solo con i comportamenti. Con cose semplici del tipo: rendere pubblica in Rete tutta la contabilità, vietare ai propri eletti di accedere ai rimborsi regionali e magari obbligarli a dirottare parte dei loro super stipendi ai disoccupati.
Il terzo: ci vuole un intervento del governo. Sappiamo infatti bene che, tra i nostri sedicenti rappresentanti, saranno in pochi quelli disposti, solo su base volontaria, ad autoridursi le prebende o a scegliere la via dell’assoluta trasparenza. Tutti, o quasi, diranno: “Queste proposte non sono politica, ma populismo”. E allora bisogna intervenire per decreto. C’è la necessità e ce n’è l’urgenza. La riforma del titolo quinto della costituzione, quello sull’autonomia delle Regioni, lo impedisce solo in parte. Come ha spiegato su questo giornale web il presidente emerito della Consulta, Valerio Onida, l’esecutivo può fissare “un tetto di spesa per i consiglieri regionali”.
Monti, se non vuole passare alla storia come il liquidatore fallimentare della Repubblica Italiana (cosa che cominciamo sempre più a sospettare) il decreto lo faccia adesso. E che il limite stabilito sia bassissimo. Altrimenti, domani, nella disgregazione dello Stato, non lo potrà fare più nessuno.
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Roma ladrona. Polverini e Alemagno magnaccioni. Lo sputtanamento della destra italiota.

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1 – LINK AI DOCUMENTI…
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/polverini-laffarone-allaventino-i-documenti/2146956

2 – LE FOTO DELL’APPARTAMENTO CON LA TARGHETTA “POLVERINI”…
http://espresso.repubblica.it/multimedia/fotogalleria/28767750

3 – LA FURBETTA DEL QUARTIERINO…
Emiliano Fittipaldi per “L’Espresso

Renata Polverini ci è andata giù pesante. Lo scandalo Affittopoli e delle case di proprietà di enti locali svendute a quattro soldi ai soliti potenti l’ha davvero scandalizzata. «L’era dei privilegi è giunta al capolinea», ha detto in un’intervista pochi giorni fa: «Sono contratti assolutamente fuori dai valori di mercato». Una vera indecenza.

Sotto il fuoco di fila del Popolo della Libertà sono finite le giunte di centrosinistra, da quella di Francesco Rutelli a Walter Veltroni. Accusate di aver girato appartamenti a sindacalisti e politici amici per pochi spicci, per non parlare degli immobili di lusso svenduti a prezzi di favore in aste pubbliche.

L’indignazione del presidente della Regione Lazio ha contagiato anche il suo assessore alla Casa, l’ex fascista Teodoro Buontempo, che ha ordinato di bloccare all’istante la vendita dei gioiellini dell’Ater, l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica. «Non ci saranno sconti per chi ha violato la legge. Ecco perché ho voluto una commissione straordinaria che faccia chiarezza». Gianni Alemanno s’è subito accodato allo sconcerto generale, varando un’altra commissione ad hoc. Stavolta al Campidoglio: «Non voglio fare né allarmismo né dossieraggio, solo appurare la verità».

Chissà se per far luce sull’Affittopoli romana il sindaco farà un salto anche a via Bramante, nel cuore di San Saba. Uno dei quartieri più belli della capitale, a pochi passi dall’Aventino, dove chi vuole acquistare una casa ai valori correnti può sborsare anche 10 mila euro al metro quadrato. Al numero civico 3 e 5 ci sono i due ingressi di un condominio degli inizi del Novecento, sei palazzine di proprietà dell’Ater con giardinetto interno annesso.

In tutto una novantina di alloggi, destinati per legge a quei cittadini indigenti che non possono permettersi i canoni d’affitto imposti dal mercato. Entrando nel vialetto, nascosto da felci e alberelli, in fondo a sinistra c’è l’edificio B. Scorrendo i cognomi perfino Alemanno strabuzzerebbe gli occhi leggendo sul citofono, accanto al pulsante in alto a destra, “Cavicchioli-Polverini-Berardi”.

Massimo Cavicchioli lui lo conosce bene: è infatti il marito del governatore Polverini. Un uomo schivo, ex sindacalista della Cgil, oggi esperto informatico da sempre lontano dalle luci della ribalta. Berardi è il cognome di sua madre Pierina, morta anni fa. «Un errore, forse un omonimo, non possono essere loro, lei guadagna oltre 10 mila euro al mese», penserebbe il sindaco di Roma passando dal portoncino, dove è attaccato un avviso del Comitato Inquilini Ater San Saba che annuncia l’apertura di un nuovo sportello di zona.

Eppure sulla buca delle lettere al piano terra ci sono anche le iniziali degli inquilini: “Cavicchioli M.-Polverini R.”. Due indizi non fanno una prova. Ma tre? La targhetta accanto alla porta dell’abitazione, al quarto piano, riporta gli stessi cognomi. Una chiacchierata con i vicini fuga altri dubbi: «Mi ricordo della signora Clementina, la nonna del signor Cavicchioli. Lei non c’è più, anche i genitori di lui sono morti, e da sempre vedo entrare solo il figlio e i suoi amici. Quanto si paga qui? Dipende dalla metratura, ma la mia bolletta è di 130 euro al mese».

A “l’Espresso” risulta che nell’appartamento (quattro vani più bagno e cucina) risieda proprio il marito della Polverini. Ma non è tutto: i documenti dell’Anagrafe dimostrano che la governatrice ha vissuto per ben 15 anni nella casa popolare di via Bramante. Per la precisione, dal giorno del matrimonio (celebrato il 21 giugno del 1989) al settembre del 2004. Periodo in cui Renata ha fatto carriera, diventando prima responsabile delle relazioni internazionali e comunitarie dell’Ugl, poi – dal 1999 – vice segretario della Confederazione sindacale di destra.

Non si sa quanto la famiglia Cavicchioli-Polverini guadagnasse al tempo (da leader dell’Ugl Polverini prendeva 3.500 euro al mese; nel 2008, secondo la dichiarazione dei redditi, sfiorava i 140 mila euro annui), ma i maligni sospettano che i due non avessero i requisiti per vivere negli appartamenti dell’ex Istituto autonomo case popolari. «Se il reddito del nucleo familiare supera il limite stabilito, ora fissato a 38 mila euro lordi annui, l’assegnazione decade automaticamente.

Chi ci resta diventa un occupante abusivo non sanabile», ragionano dall’Ater. Forse le entrate dichiarate erano più basse, ma la coppia presidenziale non doveva passarsela male, visto che la Polverini – restando ferma a San Saba – chiedeva mutui e comprava altri immobili. Per centinaia di migliaia di euro.

Già. Il governatore sembra avere una vera passione per il mattone, e grande fiuto per gli affari. Mentre risiedeva nella casa popolare, si dava da fare per acquistare appartamenti a Roma, e non solo.

Andiamo con ordine. Nel marzo del 2001 la Polverini compra un pied-à-terre nel piccolo borgo di Torgiano, tre vani più box in provincia di Perugia. Città a lei cara, visto che sua madre è nata lì. Firma l’atto di compravendita il giorno 21 dal suo notaio di fiducia, da cui torna dopo meno di una settimana per formalizzare l’acquisto di un’altra casa romana, quartiere Monteverde. Cinque stanze, bagni e cucina a due passi da Villa Doria Pamphilj. La casa forse non le piace (in effetti San Saba è molto più trendy), di certo un anno dopo la gira alla madre Giovanna. L’atto di donazione è del 19 marzo 2002.

Dieci giorni dopo, il 28 marzo, un nuovo colpo da maestra: la Polverini compra un altro appartamento, stavolta al Torrino. La zona è semicentrale, vicino all’Eur, ma l’abitazione è molto grande, sette vani più box. Soprattutto, è un immobile ex Inpdap, e il prezzo è da record: come ha scritto Marco Lillo su “Il Fatto”, la Polverini se lo prende sborsando appena 148 mila euro. E’ la cifra chiesta a tutti gli inquilini del palazzo dalla società di cartolarizzazione di Stato (Scip) che vendeva con forti sconti.

Sui documenti dell’Anagrafe consultati da “l’Espresso” risulta però che la Polverini al Torrino non abbia mai avuto residenza: chissà come ha fatto a condurre in porto l’operazione. Anche stavolta l’appartamento non deve essere di suo gusto, tanto che nel 2007 lo vende a prezzo ben più alto (234 mila euro dichiarati) a un suo collega sindacalista, Rolando Vicari dell’Ugl.

Lo slalom tra gli acquisti di Renata non è finito. Perché sette mesi dopo, a dicembre del 2002, quando ancora risiede nella casa Ater, compra dallo Ior una bella casa con nove stanze, due box e tre balconi sull’Aventino. Un posto da sogno, che la Banca Vaticana dà via per 272 mila euro.

Dopo due anni, il 20 settembre del 2004, l’ex leader dell’Ugl si allarga comprando l’appartamento gemello confinante con terzo box annesso. Stavolta dalla Marine Investimenti Sud, una società immobiliare da sempre in affari con la Santa Sede, un tempo partecipata al 90 per cento dalla Finnat di Giampiero Nattino, ma oggi controllata da società off-shore che rimandano fino a Montevideo, in Uruguay.

Renata spende altri 666 mila euro ed è finalmente soddisfatta. Una settimana dopo il rogito dal notaio Giancarlo Mazza (finito sulle cronache dei giornali come recordman dell’evasione nazionale) cambia finalmente la sua residenza e dà l’addio alla casa dell’Ater, a soli 850 metri di distanza, dove lascia la sua residenza il marito Massimo (seppure sulle Pagine Bianche anche lui risulti all’indirizzo della moglie). L’ultimo acquisto sull’Aventino la Polverini lo fa lo scorso agosto, quando compra un quarto box (ma di quanti posti auto ha bisogno la presidente?) nel condominio in cui abita da sola.

Nel palazzo di mattoncini rossi a via Bramante la vita scorre tranquilla. Dei business immobiliari di Renata nessuno sa nulla. Non sanno che per le valutazioni del Cerved su dati dell’Agenzia del Territorio solo la maison può valere 1,8 milioni di euro. «Massimo e Renata sono persone gentilissime», dice un’anziana che s’appresta a portare a spasso il cane. Anche il barista che conosce la coppia da vent’anni ha parole affettuose, e racconta – senza mai esserci andato – delle feste che Renata organizza nella casa dell’Aventino. «Una donna forte e onesta, una che si è fatta da sola», chiosa un altro avventore.

«Ecco lì Cavicchioli, vede, è quello con le buste della spesa», dice un’inquilina del condominio Ater mentre appende i panni fuori dalla finestra. «Scrivete che qui il giardiniere non viene mai, e che le aiuole sono incolte. E soprattutto che a lor signori, quelli che comandano, non venisse mai in mente di aumentarci l’affitto».

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