Da Travaglio

Sono pazzi questi spagnoli

Ci corre l’obbligo di scusarci con i nostri telespettatori per un errore umano di inaudita gravità accaduto nella nostra emittente: violando le regole della casa, l’altro giorno non abbiamo trasmesso in diretta integralmente i fischi dei tifosi catalani e baschi che hanno accolto l’inno nazionale prima dell’incontro di calcio Barcellona-Atletico Bilbao, finale della coppa del Re allo stadio Mestalla di Valencia, alla presenza di re Juan Carlos e della regina Sofia». Così, tre sere fa, la speaker del primo canale della tv pubblica spagnola, Tve, s’è rivolta alla nazione nell’ora di massimo ascolto. Intanto, nel bel mezzo di un putiferio politico con interventi di ministri e leader di partito, il direttore generale della Tve faceva pubblica ammenda annunciando la destituzione del capo dei servizi sportivi Julian Reyes responsabile della censura, che peraltro s’era subito dimesso. Cose che càpitano in Spagna, naturalmente, dove chi censura viene cacciato, anziché promosso. In Italia il vicedirettore di Raisport, Oliviero Beha, non può lavorare da cinque anni perché ha il brutto vizio di non censurare. In compenso si attende da una settimana che la Commissione di Vigilanza e il Cda Rai, ma anche le “authority” e i “comitati etici” dicano qualcosa, una parola non di più, sulla censura subìta da Vauro e Beatrice Borromeo all'”Era glaciale” a opera del direttore Marano e nel silenzio della cosiddetta conduttrice Daria Bignardi. Che poi è la versione giornalistica di Lorena Bianchetti. In Spagna avrebbe qualche problemino, ma in Italia Daria Sbianchetti farà un carrierone.

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Ma quanto fa cagare?

L’Unità – Fondata da Antonio Gramsci nel 1924

Zorro di Marco Travaglio


Domenica in (ginocchio)

Cronache di ordinario regimetto. Domenica In, sette giorni fa: Lorena Bianchetti, pia conduttrice di ascendenze vaticane, ospita il mago Silvan che armeggia con bacchetta e foulard per farle sparire l’anello dal dito. Il prestigiatore, con grave sprezzo del pericolo e del contraddittorio, azzarda una battuta: «La bacchetta magica la impresteremo a Berlusconi» (che aveva confidato dall’Aquila di non averne una). Alla parola «Berlusconi» cala in studio un gelo polare. La Bianchetti vede passare dinanzi a sé tutto il film della sua vita (una serie di fotogrammi vuoti): il cerone si fa bianco-cadavere e poi verde-bile, la mandibola si contrae in un’orrenda paresi, l’occhio sbarrato cerca un aiuto che non arriva. Maschera di terrore. Le telecamere non documentano quel che avviene in studio: un agitarsi convulso di assistenti, autori e funzionari che mimano il cappio al collo, o la raffica di mitragliatrice, o la V di Vauro, poi congiungono le mani in preghiera. Intanto l’anello sparisce e l’ingenuo Silvan sorride in attesa dell’applauso. Niente. Pochi istanti di vuoto, poi la poveretta ritrova la favella e, con un fil di voce, esala: «La tua battuta era assolutamente personale. Colgo l’occasione per ringraziare le istituzioni molto presenti sul campo con grande impegno concreto e tutti i volontari e le persone che stanno dimostrando grande unità. Perdonami, Silvan, è un’osservazione che personalmente volevo fare». Stacco pubblicitario: la portano via. Se la caverà con una settimana di sospensione, al massimo con un deferimento al Comitato Etico. Il compagno Silvan invece ha chiuso.

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