Ri-ri-riGrazieeeeeee a TUTTI VOI!

Siete veramente molto… nutrienti. Ho già dato disposizioni al mio esecutore testamentario  per un lascito da  UN MILIARDO di euro per ciascuno di voi.  “Ma se non  ci hai un cazzo?! Sei pieno di debiti!” ha obbiettato lui… e che vuol dire? E’ il pensiero che conta. O no? Domani sarò a Cartagine, auguratemi che ci sia un bel sole. Devo incontrare degli amici per lavoro, ma DEVO anche farmi una flebo di ricci pieni e gustosi, poi mi sparo una bella pizza a Quartu Sant’ENEL e poi… il mesto ritorno.

IL MIO BRINDISI PREFERITO (grazie a Brunella Minarini), PRIMA DELLE CAPOCCIATE.

compleanno- da Brunella

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Zoccole e magnaccia

Sesso e festini
La squillo: «Fu Mele a darmi la coca»
Al processo parla l’accusatrice dell’ex deputato Udc

Tre ore di udienza a porte chiuse per raccontare di nuovo, ora come testimone, la sua verità. In particolare, che la sera del 27 luglio 2007 fu l’ex deputato Udc Cosimo Mele, sotto accusa per cessione di stupefacenti, a procurare la cocaina, «in una bottiglietta che prese a casa sua, dove andammo in taxi». Ieri, nella tormentata vicenda, è stata la volta di Francesca Zenobi, la grande accusatrice, che è stata ascoltata dal giudice, davanti al quale ha dato la sua versione di una notte a luci rosse finita male, con lei ricoverata per un malore.

Tubino celeste spruzzato di fiori rosa, firmato Mattiolo, bionda, lei che per i lunghi capelli neri era stata ribattezzata Pocahontas («sono cambiata, ora voglio sposarmi, avere figli») ha pianto a lungo. «Non sapevo chi fosse quell’uomo», queste le sue parole, riferite dall’avvocato Roberto Ruggiero. La Zenobi ha raccontato di telefonate fatte quella notte, per chiedere aiuto, ma anche per coinvolgere altri nel festino: la prova sarebbe nel suo telefonino, che il pm ora acquisirà. Secca la replica dell’avvocato di Mele, attualmente candidato a Brindisi con l’Adc di Francesco Pionati, Mario Guagliani: «Una esclusiva versione dei fatti, con tanti punti oscuri. Il mio assistito è tranquillo, e fiducioso nella verità».

Laura Martellini

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Quei delinquenti dell’Enel

Gli scarti pericolosi venivano dalla centrale termoelettrica Enel di Brindisi
e venivano smaltiti in una cava del Reggino, in una zona sottoposta a vincolo
Sequestrate 100mila tonnellate di rifiuti
Dieci arresti tra Puglia e Calabria

Sequestrate 100mila tonnellate di rifiuti Dieci arresti tra Puglia e Calabria
BARI – Dieci persone arrestate e centomila tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati tra la Calabria e la Puglia. L’operazione condotta da una cinquantina di uomini del Corpo forestale dello Stato ha interessato le province di Reggio Calabria, Brindisi e Lecce. L’indagine è stata diretta dalla magistratura reggina che ha configurato i reati di disastro ambientale e associazione a delinquere finalizzata all’attività organizzata di traffico illecito di rifiuti pericolosi. Un traffico che finora, secondo gli inquirenti, ha prodotto profitti per oltre sei milioni di euro.

I materiali sequestrati provenivano dalla centrale termoelettrica dell’Enel Federico II di Brindisi ed erano stati depositati in una cava di materiale argilloso utilizzata da un’industria di laterizi nella frazione Lazzaro di Motta San Giovanni (Reggio Calabria). Gli scarti, classificati come pericolosi, venivano trasformati con certificati di analisi insufficienti in rifiuti non pericolosi e avviati apparentemente a recupero per la produzione di laterizi. E gli inquirenti sottolineano l’alterazione paesaggistica e idrogeologica, con conseguenti rischi di dissesto in un’area sottoposta a rigorosi vincoli. Il tratto di costa di fronte Lazzaro è infatti un sito di importanza comunitaria denominato Fondali da Punta Pezzo a capo dell’Armi.

Tra gli arrestati figurano il proprietario dell’azienda che lavora laterizi, gli intermediari, i trasportatori e quattro dipendenti dell’Enel, tra i quali tre funzionari. I funzionari dell’Enel coinvolti nell’operazione sono Francesco Lemma, di 56 anni, di Barletta, responsabile dell’ufficio appalti e acquisti per l’Italia meridionale; Diego Baio, 51 anni, di Galatina (Lecce), responsabile dell’Ufficio esercizio ambiente e sicurezza della centrale Enel di Brindisi, e Michele Palermo, 52 anni, di Brindisi, funzionario dell’ufficio appalti e acquisti dell’Enel per l’Italia meridionale. Provvedimento di custodia anche nei confronti di Carlo Aiello, 45 anni, di Brindisi, impiegato dell’Enel, responsabile della linea movimentazione materiale.

Gli altri arrestati sono i cugini Antonio e Giovanni Caserta, entrambi di 47 anni, di Motta San Giovanni, rispettivamente amministratore e dipendente della cava in cui venivano smaltiti i rifiuti pericolosi e della società di laterizi che li utilizzava; Stefania Zaccuri, 35 anni, di Reggio Calabria, dipendente della società Caserta; Giuseppe Antonio Marraffa, 55 anni; Giovanni Monna, 45 anni, di Carovigno (Brindisi), della società Ikos Puglia; Vito Sabatelli (52), di Cisternino (Brindisi).

Le società Caserta, Ikos Puglia e Sabatelli provvedevano al trasporto dei rifiuti dalla Puglia alla Calabria. Antonio Caserta, Marraffa, Monna e Sabatelli sono in carcere, mentre per gli altri sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Le indagini, partite nel 2005 sulla base di segnalazioni di alcuni cittadini di Lazzaro, hanno portato tra l’altro al sequestro della cava, dell’industria di laterizi con gli automezzi e le macchine per il movimento terra e di 15 autoarticolati utilizzati per il trasporto dei residui, per un valore complessivo di sette milioni di euro.

Da parte sua, l’Enel comunica di aver offerto “la sua piena collaborazione alla magistratura fin dal 2007, fornendo documentazione e informazioni”. E’ stata avviata un’indagine interna.

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