Udc: unione dei criminali

Politica e mafia, indagati
Antinoro e Nino Dina (Udc)

C’è Antonello Antinoro (nella foto) assessore regionale ai Beni Culturali, tra gli indagati dell’operazione ‘Eos’, che stamane ha portato al fermo di 21 affiliati dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo. Antinoro è indagato per voto di scambio. Al centro dell’indagine tutta la gestione degli affari illegali di alcuni clan, dal traffico di droga alle estorsioni. I carabinieri cercano un arsenale di armi nel parco di villa Malfitano
di Salvo Palazzolo
Cinquanta euro a voto. Tanto i boss di Resuttana avrebbero intascato per sostenere elettoralmente Antonello Antinoro, dell’Udc, nella corsa al Senato e alle regionali dell’aprile 2008. Il politico ha ricevuto un avviso di garanzia per voto di scambio nell’ambito dell’inchiesta che questa notte ha portato in carcere 19 fra capi e gregari del potente mandamento di Resuttana. Nel registro degli indagati è finito pure un altro esponente politico dell’Udc, Nino Dina, deputato regionale. Per lui l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Sono state le indagini dei carabinieri del Comando provinciale a svelare gli ultimi affari e le complicità dei padrini, fra estorsioni e traffico di droga. Obiettivo, era quello di rimpinguare le casse del clan. Secondo la ricostruzione dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Gaetano Paci e Lia Sava, la cosca avrebbe avuto un referente per i rapporti con la politica, Antonio Caruso, insospettabile dipendente di una società regionale, la Multiservizi, assegnato all’ospedale di Villa Sofia.

Il giorno prima delle elezioni è proprio Caruso a chiamare sul telefonino di Antinoro e a parlare con un suo collaboratore. “Le cose stanno andando nel migliore dei modi”, gli dice l’uomo accusato oggi di essere affiliato al mandamento di Resuttana. Il giorno dei risultati elettorali, i capimafia avrebbero festeggiato per l’elezione di Antinoro. Non immaginavano che i loro discorsi erano intercettati. “Noi lo abbiamo servito”, dice uno dei favoreggiatori del clan. “Lui si è dimostrato corretto”, risponde un altro. Da qui il sospetto degli inquirenti che il pagamento dei voti fosse già avvenuto. La Procura avrebbe trovato la prova del passaggio di almeno 3.000 euro da Antinoro agli elettori mafiosi, per 60 voti. Il clan si dimostrava informatissimo sulle decisioni che il politico avrebbe preso dopo la vittoria elettorale. “Lui dovrebbe lasciare, si deve andare a prendere l’assessorato – dice uno degli indagati – non gli conviene fare il senatore”.

Ed effettivamente, Antinoro fu poi nominato assessore ai Beni culturali nel governo Lombardo, carica che attualmente ricopre. “ Continuo a svolgere il mio lavoro come ho sempre fatto negli ultimi dieci anni”, è la replica di Antinoro: “La magistratura ha il dovere di compiere il proprio lavoro e ne prendo atto. Faccio presente che nell’avviso di garanzia notificatomi stamattina vi è scritto che avrei pagato 3.000 euro per 60 voti. Ricordo che nel 2006 i cittadini mi hanno sostenuto con 30.357 voti e nel 2008 con 28.250. Ogni commento è pertanto superfluo”. Antinoro sarà interrogato oggi pomeriggio in Procura. Al vaglio della magistratura c’è anche la posizione del deputato Nino Dina. Sono ancora le intercettazioni dei carabinieri a documentare una visita di alcuni mafiosi di Resuttana nella segreteria del politico, durante la campagna elettorale dell’aprile 2008. Questa mattina, i militari hanno effettuato scavi a Villa Malfitano, dove ha sede la fondazione Whitaker. Nel parco, il custode Agostino Pizzuto, finito in manette nella notte, avrebbe nascosto delle armi. Nelle intercettazioni i boss parlavano di fucili e pistole sotto terra, da utilizzare per alcuni omicidi.
(14 maggio 2009)

°°° Poveri innocenti! Praticamente, stanno dicendo che i Pm e le forze di polizia sono una manica di teste di cazzo che li perseguitano. Non avendo di meglio da fare. Domanda: Berlusconi, anche in Sardegna, si è comprato circa sei milioni di voti – pagando dai 50 ai 500 euro- per le elezioni di un anno fa e per le regionali… a lui? Nemmeno un piccolo avviso di garanzia?

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La famigghia

Decoder, Paolo Berlusconi e il socio di Cosa Nostra (da Antimafia 2000)

Mafia, soldi sporchi, incentivi pubblici e interessi privati.Tutto cio’ risulterebbe nell’inchiesta sul misterioso rapimento di Giovanni Cottone ex socio di Paolo Berlusconi.

SOLARI.COM In questa società per la vendita di decoder Giovanni Cottone possedeva il 49% del capitale, il 51% era del fratello del leader di Forza Italia. Poi qualcuno ha cercato di rapire Cottone, la Procura ha indagato e ha scoperto la pista del riciclaggio e degli investimenti mafiosi. E anche altro…

di Giuseppe Caruso

Mafia, soldi sporchi, incentivi pubblici e interessi privati. C’è tutto questo sullo sfondo dell’inchiesta sul misterioso rapimento fallito ai danni di Giovanni Cottone, fino a pochi mesi fa socio al 49% di Paolo Berlusconi nell’azienda Solari.com. Adesso un pentito di quel rapimento, il suo uomo di fiducia per quattro anni, svela: «Giovanni Cottone faceva parte della malavita». Solari. com è la società salita all’onore delle cronache in quanto beneficiaria della legge che destinava un contributo statale all’acquisto dei decoder per il digitale terrestre. Il governo guidato da Silvio Berlusconi a quel tempo aveva fatto le cose in grande: non solo aveva previsto denaro pubblico per il fratello del premier (la Solari aveva iniziato a distribuire i decoder Amstrad del tipo mhp nel gennaio 2005, in concomitanza con il lancio del servizio pay per view Mediaset premium), ma addirittura si era premurato, attraverso alcuni articoli della legge Gasparri, di far sì che in Sardegna, regione pilota dello switch off (la definitiva transizione dal sistema televisivo analogico a quello digitale terrestre) l’unico decoder in grado di ricevere il segnale fosse proprio l’mhp distribuito dalla Solari.com. Il risultato era stato quello di far più che raddoppiare il fatturato dell’azienda (passata a 141 milioni di euro in un anno) e di ricevere diverse interrogazioni parlamentari a riguardo, che vedevano come primo firmatario il senatore dell’allora Ulivo Luigi Zanda. L’indignazione per quel regalo familiare era molta, ma sarebbe stata maggiore se si fosse saputo chi era in realtà Giovanni Cottone, il proprietario dell’altra metà della Solari.

Il mistero svelato

A svelare il mistero ci ha pensato uno degli uomini che nel giugno scorso aveva tentato di rapirlo, di nome Giuseppe Sanese, professione ufficiale: buttafuori. Gli altri arrestati erano stati la moglie di Cottone (in via di separazione) Giuseppina Casale, Antonio Cottone (uomo d’onore, zio di Giovanni), Giovan Battista Rosano (altro uomo d’onore, da tempo in affari con Cottone) ed il poliziotto Alfredo Li Pira. Il piano del gruppo era di rapire Giovanni Cottone, farsi consegnare almeno 40 milioni di euro ed eliminarlo. Un sequestro molto simile, secondo gli inquirenti, a quello che ha portato all’uccisione del finanziere Gianmario Roveraro. Il piano era saltato perché la moglie di Cottone, Giuseppina Casale (descritta in un informativa della guardia di finanza come «persona in contatto con i salotti della Milano “bene” ma al contempo con la malavita palermitana») era stata sottoposta ad intercettazioni ambientali da parte del Gico palermitano per questioni relative al traffico di droga. Questi avevano informato gli omologhi milanesi, che erano intervenuti, arrestando il gruppo. Sanese era stato per più di quattro anni l’uomo di fiducia dello stesso Giovanni Cottone e collaborando con gli inquirenti ha svelato non solo i dettagli del sequestro fallito, ma anche i rapporti di Giovanni Cottone con Paolo Berlusconi e con la mafia. Gli interrogatori di Sanese sono avvenuti alla presenza dei pubblici ministeri Mario Venditti ed Alberto Nobili e del gip Guido Salvini, il 7 e l’11 giugno del 2007, e sono contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio. Anche per le parole di Sanese, la procura di Milano ha aperto un’inchiesta su un’altra intricata vicenda, quella della truffa da almeno 40 milioni di euro che Cottone avrebbe realizzato ai danni di Paolo Berlusconi. Un capitolo oscuro di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.

Il racconto

Ecco cosa dice Sanese ai magistrati. «Ho conosciuto Giovanni Cottone tramite Giovan Battista Rosano, che era compare, amico intimo di mio nonno. Rosano, che nella zona in cui abita a Palermo, che noi chiamiamo Borgo Nuovo, è molto rispettato, a Milano è molto amico dei Taormina, dei Carollo, dei Fidanzati (tutti clan mafiosi ndr). Una volta ha ucciso un uomo a coltellate… Rosano era il garante delle cavolate che il Cottone combinava. L’altro garante era lo zio del Cottone, Antonio, che lo ha cresciuto ed educato. I due, Rosano e Antonio Cottone, erano compari dello stesso gruppo mafioso. Perché ce l’avevano con Giovanni Cottone? Per diversi motivi. Il fatto più grave è quello del 1995. Giovanni Cottone era stato sequestrato dai catanesi perché aveva fatto un buco da 400 milioni. I catanesi poi gli hanno spaccato mani, mascelle e lui si è rivolto per salvarsi a Giovanni Rosano, lo zio Giovanni come lo chiamava lui, che è accorso con lo zio Antonio. Gli hanno salvato la vita, gli hanno evitato legnate, come raccontano loro, ma hanno dato 200 milioni in contanti ai catanesi. E Giovanni Cottone non li ha mai restituiti. «Qual era il mio ruolo a Milano?». Continua Sanese: «Facevo una finta sicurezza per Giovanni Cottone, perché poi l’interesse era portare capitali all’estero. Ogni settimana, ogni quindici giorni, portavo delle valigette con dei soldi all’Ubs, dove mi aspettava una persona e depositavo questi soldi (anche un miliardo di vecchie lire alla volta) e rientravo poi a Milano. Erano valigette Samsonite nere, con combinazione. Il compenso per questo lavoro era di un milione di vecchie lire. L’ho fatto per una decina di volte». Al «Mangia & Ridi» «Formalmente lavoravo presso il suo locale, che era il “Mangia & Ridi”. I soci del “Mangia & Ridi” erano Paolo Berlusconi, Giovanni Cottone e Roberto Guarneri. Già in quel periodo era in società con Paolo Berlusconi, stavano assieme ventiquattro ore al giorno. Infatti Katia Noventa, che era l’ex di Paolo Berlusconi, e la signora Casale, erano sempre insieme, cenavano e mangiavano sempre insieme. Se Berlusconi sapeva delle attività del Cottone? Quando ne parlavano a tavola, ne parlavano tranquillamente… Dicevo del “Mangia & Ridi”. In quel periodo nel locale andava tantissimo tirare di cocaina, lo facevano tutti. Cottone all’epoca mi ha presentato uno spacciatore di Opera, io andavo a prendere la coca davanti al carcere di Opera, i soldi me li dava lo stesso Cottone. Io mi preoccupavo di prepararla e dividerla e la davo a Claudio, l’ex direttore del “Mangia & ridi”. I camerieri servivano la coca a tavola ai vari artisti che venivano, vari vip che venivano, i soldi poi venivano contati da me e Claudio e divisi al 50% col Cottone. Siamo riusciti a prendere anche venti milioni delle vecchie lire in una sera» «Se Cottone faceva parte della malavita? Faceva parte della malavita, veniva anche il figlio di Nitto Santapaola (capo della mafia catanese negli anni ottanta ndr) a cena con noi, mi sono trovato a cena con i Vernengo (potente clan mafioso palermitano ndr). Sempre al “Mangia & Ridi”, nel ‘98, ‘99. Queste cose le so perché ero sempre accanto al Cottone. Lui fa comodo per pulire tanti soldi, questo è sicuro. In ristoranti, alberghi, comprare immobili…queste cose qua. Investiva soldi di altri che provenivano sicuramente da proventi illeciti… Con Paolo Berlusconi hanno realizzato anni fa una società in Germania, mi ricordo perché in quel periodo parlavano sempre con Paolo di questa cosa grossa che stavano facendo in Germania» «Come nasce la fortuna economica del Cottone? Come lui vanta, dallo spaccio di soldi falsi nei paesi del Nord Africa e poi da una mega truffa di gioielli e da una ricettazione grossa di rapine di gioielli, anche in via Montenapoleone. I gioielli li ho visti io, tanto oro l’ho portato in Svizzera. E poi tanta elettronica rubata, ricettazione di elettronica. I furgoni li scaricavo io».

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Mi ricordo…

Mi ricordo che, mentre lavoravo a Radio Uno con i grandissimi (è il caso di dirlo nell’italietta dove dànno dei grandi alle nullità assolute come il marito di costanzo: defilippo-corona-carloconti o panariello, e via spurgando) Stefano Satta Flores e Antonella Steni in “Via Asiago tenda”: uno dei tre più importanti show radiofonici di sempre. Per darvi un termine di paragone, facevamo sei volte più ascolto di Fiorello oggi e gli ospiti erano Madonna, Pfm nel loro maggior spolvero, Verdone al primo film, Miles Davis, ecc. Facevamo dai 6 agli 11 milioni di ascoltatori ogni giorno per otto mesi l’anno. Io, per chi non lo sapesse, ero il comico fisso, per tre anni. Nei miei giorni di riposo, mi sostituivano: Nanni Svampa, Gigi Sabani, Leo Gullotta, Pino Caruso, ecc. Tra quello e altri programmi come “IL GUASTAFESTE” o “SAPORE DI SALIS” feci oltre seicento monologhi da sei minuti alla radio nazionale. Monologhi infarciti di battute, da cui ancora copiano o si tramandano a mani basse tutti i comicaroli televisivi di oggi. Mi ricordo, dicevo, che mentre lavoravo a Radio Uno e facevo spettacoli live sold out al “Roma in” o al Politeama di Napoli, dormivo in una pensionaccia di via dei Gracchi, a Prati, e cenavo con tre supplì scaldati al termosifone del bagno… dato che quello della stanzetta era guasto dal 1965… e i soldi li mandavo alla mia famiglia a Cagliari. Ora, come pensate che mi senta quando delle scimmiette supponenti o un assessore comunale improbabile si permettono di sindacare il mio lavoro, la mia carriera, la mia vita? Mi ricordo anche che ho rifiutato 17 filmacci di serie Z, con banfoli, pierini, loridelsanto, ecc. dove mi offrivano almeno UN MILIARDO A FILM, per un paio anche il 3-5% degli utili… solo perché mi chiedevano di fare il sardo alla urgu. Ho impiegato una vita per “sdoganare” i sardi. I più vecchi ricorderanno che eravamo considerati “gente da cui stare alla larga”, taciturni e traditori, rapitori, banditi, popolo triste… Per punire un militare, un carabiniere, un impiegato della pubblica amministrazione, la minaccia costante era: “TI SBATTO IN SARDEGNA”. E io li pigliavo per culo, prima alla radio e nei teatri, e poi in Tv: davanti a sedici milioni di telespettatori: “Chissà cos’hanno combinato: Agnelli, De Benedetti, craxi? Ogni anno li sbattono in Sardegna per almeno due mesi: da luglio a settembre!”
Mi ricordo che, quando ero all’apice del successo – senza mai aver accettato E TANTOMENO chiesto UN APPOGGIO – mollai i venti milioni a serata, che mi offrivano in mezza Europa (40 milioni per le convention) – e me ne offrivano almeno tre al giorno – per fare una cooperativa giovanile “CINEMAZIONE”, a Cagliari. Coop che mi costò oltre DUE MILIARDI DI SOLDI MIEI!!! Volevo insegnare ai giovani, dare un futuro ai giovani, ma anche dare opportunità di lavoro a chi aveva una professione per le mani. Volevo fare il più grande centro di produzione cinematografico e radiotelevisivo d’Europa. Qui ho trovato tanti ladri alla regione, tanti imbecilli tra i sedicenti giornalisti (conservo ancora una pagina intera di un quotidiano regionale che titola “TERTENIA CENTURY FOX”, dove lo scribacchino delirava di prendermi per il culo), e tante scimmiette invidiose e distruttrici tafazziane. Avevo 15 o 16 miliardi di precontratti… tutto venne fatto svanire come oggi alcune (pochissime) scimmiette vogliono affossare il progetto di Carbonia. Ho perso due miliardi e tre anni della mia vita. Andate a vedere, fate qualche ricerca: oggi mezza Bulgaria mangia e fattura con quella mia idea di allora.
Mi ricordo anche altre scimmiette urlatrici (pochissime in verità) che vomitavano invidia e dicevano: “Lucio a DRIVE IN sta prendendo per culo i sardi!” No, ciccetti. La mia regola è: intelligenza e sottigliezza. Prima… parlo di MIA sorella: metto in piazza, cioè, le nostre magagne anticipando le cattiverie che potrai dire o hai detto TU sul nostro conto… POI, PARLIAMO DI TUA SORELLA! E gli spaccavo il culo a tutti. La mia autoironia e poi la mia satira di converso hanno conquistato l’Italia in pochissimo tempo. Certo, oggi vediamo il mio vecchio amico benito fare la scimmietta o il cagnolino (innocuo e vergognoso, quando non patetico) a Rai Uno. Taccio degli altri malati di mente sardignoli che si spacciano per comici o cantantini e frequentano le tv… per pura pietas. Ma allora eravamo considerati, eravamo di colpo diventati SIMPATICI A TUTTI! Perché, dietro il “CAPPITTO MI HAI” che usavo per sottolineare le battute, c’erano BATTUTE appunto, c’era intelligenza, c’era DIGNITA’, c’era cultura, c’era informazione, c’era PERSONALITA’, c’era talento, c’era MESTIERE! E TUTTI, in TUTTA ITALIA, ma anche in Marocco, come può testimoniare il mio amico Chicco Uncini, appena sentivano che eri sardo… partiva: “Sardo? CAPPITTO MI HAI?!” e partiva anche un grande sorriso di complicità.
Tutte cose oggi desuete. Tutte cose che oggi non esistono più.
Infine (ma avrei tanto altro da dire) ricordo un architetto sardo che andò a cena da amci a Milano. Questi accesero la tv per guardare Drive in o Striscia la notizia (per chi non sapesse nemmeno questo, STRISCIA E’ UN PROGRAMMA INVENTATO DA ME, scritto da me per un anno; così come FORUM e altri dieci format di successo… non a caso Mafiolo mi ha cancellato: non solo NON ho accettato di aderire a forza raglia, ma MI DEVE OLTRE 300 MILIONI DI EURO!!!) Comunque, questa famiglkia milanese accese la tv e apparvi io. Il sardo, la scimmietta sardignola ospitata, sbottò: “Ah! Lucio Salis! Lucio Salis nel programma più importante della tv italiana… Che culo!”
Il padrone di casa, che fu mio assistente quando dirigevo la Belldisc Records (dove produssi tra gli altri Fabrizio De Andrè) e mi conosceva bene, lo gelò:
“Sì, CHE CULO CHE SI E’ FATTO!”
Buona serata a tutti!

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