Consumi, calo di 17,6 miliardi in tre anni. La contrazione maggiore al Centro-Sud

I dati si riferiscono al periodo 2007-2010. Ridotte soprattutto le spese per i mobili, gli elettrodomestici e la casa, seguiti da alimentari, bevande e trasporti. Aumentati al contrario gli esborsi per fitti, bollette e medicinali

Consumi, calo di 17,6 miliardi in tre anni La contrazione maggiore al Centro-Sud

ROMA – Tra il 2007 e il 2010 le famiglie italiane hanno ridotto i consumi per un importo pari a 17,6 miliardi di euro (dato al netto dell’inflazione). In termini percentuali la contrazione media nazionale è stata del 5,2%. I dati emergono da un’analisi realizzata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre. E’ la Campania la Regione che ha sofferto di più, con 2,82 miliardi di euro. Segue la Lombardia, con 2,64 miliardi e, all’ultimo gradino del podio, troviamo la Sicilia, con 2,01 miliardi. Al contrario, le famiglie dell’Abruzzo (+88,6 milioni), del Friuli Venezia Giulia (+192,1 milioni) e dell’Emilia Romagna (+242,2 milioni) hanno visto aumentare la spesa in questo periodo di grave crisi.

Analizzando però la contrazione in termini percentuali, la graduatoria cambia, e vede in testa senza eccezioni le Regioni del Centro-Sud. Al primo posto le Marche (-8,1%), al secondo la Calabria (-7,7%) e al terzo la Campania (-6,8%). Seguono il Lazio (-6,7%), l’Umbria (-6,5%) e la Puglia (-6,2%). Se, invece, si prende come parametro di riferimento la riduzione della spesa per famiglia, a livello nazionale la contrazione media è stata pari a 706,1 euro.

A essere tagliate sono state soprattutto le spese per i mobili, gli elettrodomestici e la casa (-9,3%). Poi gli alimentari e le bevande non alcoliche (-6,2%), le bevande alcoliche (-4,9%) e i trasporti (-4,8%). In deciso aumento, nonostante le ristrettezze economiche delle famiglie italiane, sono state le spese (inevitabili) per bollette, manutenzioni, fitti, mutui etc., (+2,9%)
e soprattutto la spesa sanitaria (in particolar modo i medicinali, gli articoli sanitari e il materiale terapeutico, a + 4,9%).

Se, invece, si prende come parametro di riferimento la riduzione della spesa per famiglia, a livello nazionale la contrazione media è stata pari a 706,1 euro. A livello regionale spicca il dato della Valle d’Aosta (-1.439,9 euro), delle Marche (-1.402, 5 euro) e della Calabria (-1.361, 6 euro).

“La crisi economica scoppiata verso i primi mesi del 2008 – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – ha avuto delle ripercussioni gravissime sui consumi. Con un numero sempre maggiore di disoccupati, di cassaintegrati e con la forte sfiducia che ha investito tutti i consumatori, abbiamo registrato una drastica riduzione delle capacità di spesa delle famiglie italiane che continua a condizionare negativamente l’economia del paese”.

“Appare evidente – conclude Bortolussi – che per far ripartire i consumi dobbiamo mettere nelle condizioni le famiglie italiane di avere più soldi in tasca. Per questo è necessario far ripartire gli investimenti pubblici nelle grandi infrastrutture e dare la possibilità anche agli enti locali di mettere in moto quei piccoli cantieri che sono indispensabili per creare nuovi posti di lavoro. Infine, bisogna alleggerire il carico fiscale premiando, in particolar modo, le famiglie più numerose che sono state le più colpite dalla crisi economica”.

(11 dicembre 2010)

berlusconnerie

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COLIAMO A PICCO. Grazie, silvio…

Crisi, allarme Ocse per l’Italia Giù il pil, più deficit e disoccupati

PARIGI – L’Ocse stima una profonda recessione quest’anno per l’Italia, con un Pil in calo del 5,3% e una ripresa nel 2010 a 0,4%. E’ quanto emerge dal rapporto sull’Italia nel quale si evidenzia che “tutte le previsioni sono soggette a una forte incertezza“. L’analisi dell’organizzazione rileva che il paese soffrirà di un forte incremento della disoccupazione (“che potrebbe raggiungere il 10% entro la fine di quest’anno”) anche nel 2010, il che determinerà un calo dei consumi. Allarme grave anche per il deficit, che “raggiungerà il 6% del Pil nel 2010, mentre il debito pubblico supererà il 115% e continuerà a crescere, nonostante un certo sforzo di consolidamento fiscale”, per tendere al 120%.

I consumi accuseranno un calo del 2,4% per restare poi fermi l’anno prossimo mentre gli investimenti fissi a fine 2009 crolleranno del 16% (-20,2% per macchinari ed equipaggiamenti) per tornare a crescere di appena l’1,3% nel 2010. Particolarmente negativo anche l’andamento del commercio estero: le esportazioni scenderanno del 21,5% (-0,7% nel 2010) e le importazioni del 20,2% (-0,2% nel 2010).

Rispetto alle previsioni pubblicate lo scorso 31 marzo, oggi l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica rivede le stime sul Pil a -5,3% nel 2009 (da -4,3%) e +0,4% nel 2010 (da -0,4%). L’aumento dell’impatto negativo è dunque bilanciato da qualche nota più ottimistica. “La recessione italiana ha sorpreso per la sua ampiezza – osserva il rapporto – ma grazie alla relativa solidità dei bilanci delle famiglie e delle imprese, la ripresa potrebbe essere più robusta che altrove“.

Quanto alle banche italiane finora hanno ben sostenuto il primo impatto della crisi e non hanno avuto bisogno di aiuti, “ma avranno probabilmente necessità di ulteriori mezzi propri man mano che la recessione si aggrava. Bisogna continuare gli sforzi per ricapitalizzarle, di preferenza con finanziamenti privati, sul mercato interno o all’estero, ma senza escludere l’iniezione di capitali pubblici”.

L’Ocse ricorda che l’Italia, inoltre, sconta i “lenti progressi nell’introduzione delle riforme strutturali per migliorare la competitività dei servizi e l’efficienza della pubblica amministrazione“. Dunque vede con favore le misure anticrisi che, “nonostante il limitato spazio di manovra”, sono state introdotte dal governo italiano, ma raccomanda che “nel lungo periodo la performance economica può essere migliorata con riforme macroeconomiche e strutturali”.

Quanto al federalismo fiscale, “potrebbe essere difficile da perseguire. L’introduzione del meccanismo del federalismo fiscale al momento attuale può porre difficoltà ed è importante che abbia un forte sostegno politico e regionale“, afferma l’organizzazione, dando comunque atto che “le linee base della legge, in particolare il finanziamento della spesa essenziale da parte delle entrate centrali su una base standard dei costi e un trasparente meccanismo di suddivisione delle entrate basato sull’Iva e sulla capacità di introito fiscale, sono sane“. Secondo l’Ocse, inoltre, “una nuova tassa locale, in parte basata sul valore delle proprietà di case, sarebbe altamente desiderabile dal punto di vista del federalismo fiscale“.

L’Ocse non sembra essere favorevole agli incentivi italiani per l’acquisto dell’auto varati ad inizio 2009. “Il sostegno all’industria dell’auto rischia di provocare una allocazione squilibrata di risorse“. L’Ocse afferma che gli incentivi sono stati, probabilmente, motivati dalle preoccupazioni che gli aiuti decisi da altri paesi potessero penalizzare i produttori nazionali.
(17 giugno 2009)

°°° Da profano, mi salta agli occhi una cosa terribile: l’Ocse fa i suoi conti basandosi sul fatto che noi abbiamo un GOVERNO NORMALE!!! Invece qui abbiamo un dittatorello del cazzo, malavitoso e incapace, e una serie di suoi domestici buoni solo per farne sapone: da alfano alla brambilla, dalla gelmini a maroni, da calderoli alla carfregna… gente che non potrebbe amministrare nemmeno un condominio di pollai!

poverta

povertyct1

viuleenz

cesso

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la crisi che “non c’è”…

Ecco la crisi che non c’è: colpito un italiano su due Il 60% ha ridotto le spese

Ecco la crisi che non c’è. Quella che Berlusconi e Tremonti hanno tante volte smentito, quella che non c’era, ma già sarebbe finita secondo il governo di destra. Ora il Censis certifica che un italiano su due, il 47,6% per la precisione, è stato colpito «concretamente» dalla crisi, quasi il 40% ha subito perdite nei propri investimenti, mentre il 30% ha registrato una riduzione del reddito e, in generale, circa il 60% ha cercato di ridurre i consumi, senza grandi differenze tra chi è intervenuto sulle spese in generale e chi solo su quelle voluttuarie. In compenso però i consumatori si sono riconciliati con l’euro.

È questa la fotografia del Belpaese scattata dal Centro di statistica nazionale nel suo “Diario della Crisi”. Ancor più dei consumi, si è contratta la tendenza, già assai modesta in Italia, a indebitarsi: nei primi tre mesi dell’anno il ricorso al credito al consumo è diminuito del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in modo particolare sono calate le richieste di finanziamento per l’acquisto di autoveicoli e motoveicoli (-22,9%), nonchè per gli elettrodomestici (-9,1%).

Uno degli effetti più imprevedibili della crisi è stato però quello di aver avviato una fase più rilassata nel rapporto tra gli italiani e l’euro. Il mondo dei salariati a reddito fisso ha conosciuto una piccola rivincita su tutti coloro che erano riusciti a speculare con la moneta unica. Grazie a un’inflazione sostanzialmente ferma, al calo dei mutui e dei prezzi del carburante, spiega il Censis, vi è stato un recupero del potere d’acquisto di questa categoria. Quando infatti si chiede agli europei se la moneta unica abbia contribuito a mitigare gli effetti della crisi, il 53% degli italiani risponde di sì, contro il 41% degli spagnoli, il 40% dei francesi e il 34% dei tedeschi (dati Eurobarometro). «Il momento di difficoltà – sottolinea il Censis – è innegabile, ma una lettura indistinta della situazione, come quella oggi più diffusa, rischia di suscitare un disorientamento generalizzato e controproducente ai fini di un’auspicabile reazione collettiva. Per il momento la crisi si presenta a ‘mosaicò, è concentrata soprattutto in alcuni focolai, ci sono cioè settori produttivi, territori e categorie di soggetti più esposti e sotto pressione di altri».

La percentuale di italiani che dichiara di non sapere cosa fare davanti alla crisi è raddoppiata da gennaio a oggi, passando dall’8,1% al 16%, quelli che taglieranno i consumi sono saliti dal 22,2% al 35,6%. Significativa è la crescita di chi guarda al maggiore impegno lavorativo come reazione alla crisi. Ma la paura di regredire emerge soprattutto dalle previsioni che gli italiani fanno riguardo all’uscita dalla crisi: per il 68,3% di essi non è affatto vero che sia stato toccato il fondo, ma ritiene anzi che il peggio debba ancora arrivare (un timore che è più forte nel Centro-Sud che nel Nord-Ovest).

Emerge comunque la volontà di reagire alla paura dell’impoverimento cercando conferme nella capacità di acquistare prodotti che in qualche modo gratifichino. La spesa che dà soddisfazione, che permette di sfuggire la sensazione di impoverimento, senza spendere molto (un oggetto per la casa con un bel design, o un bene di consumo di prima qualità, magari in offerta): le vendite di questa tipologia di prodotto sono aumentate dell’1,4%. Comprare molto spendendo poco, il discount, i prodotti generici (che rappresentano il 13% del mercato), percentuale che è destinata a crescere; sfruttare gli incentivi economici, non solo quelli statali, ma anche gli sconti e le offerte speciali: il valore di queste vendite è aumentato del 5%. La spesa etica, prodotti ecologici o a basso impatto ambientale; il valore della praticità, ad esempio i cosiddetti prodotti ortofrutticoli di “quinta gamma”, cioè quelli già lavati e tagliati, sono gli unici del comparto alimentare che hanno aumentato le vendite (+5%). Ma anche il ritorno alle tradizioni, sempre nel settore alimentare: tengono i prodotti locali, i Dop/Igp, ma anche alcuni prodotti per la cura del corpo. Prevale la voglia di risparmiare, con le auto Gpl, o i prodotti a basso consumo energetico.

I prodotti tecnologici “funzionano” solo se hanno un contenuto di innovazione,e quindi soddisfano il bisogno di essere all’avanguardia (per esempio passare dal telefonino allo smartphone). Gli incentivi che hanno prodotto effetti positivi sono stati quelli che hanno saputo rispondere simultaneamente alle diverse richieste di nuovi valori aggiunti da parte dei consumatori. È il caso delle automobili dove gli aiuti del governo hanno spinto all’acquisto di auto ecologiche e che consumano meno, ma che, al tempo stesso, dimostrano il proprio personale non impoverimento. Anche sugli elettrodomestici gli ecoincentivi hanno fatto leva su di un meccanismo analogo: i frigoriferi a basso consumo energetico, già da tempo incentivati, sono passati da una quota di mercato del 12% ad una del 44%, pur in presenza di un aumento del 37% dei costi.

Anche in questo caso, aver sostenuto il risparmio, l’ambiente e l’innovazione, ha aiutato un intero settore a “tenere”, con 100 milioni di fatturato aggiuntivo per tutta la filiera.

IL TONFO DELL’ITALIETTA DI BURLESQUONI:

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fottiti

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