Ancora bugie e deliri del nano di hardcore

SCOPARE COSTA! – IL CAVALIER POMPETTA SPARA CAZZATE: DAL SUO CONTO, NEL 2010, SONO STATI PRELEVATI 13 MLN DI EURO E L’ANNO PRIMA ALTRI 9 – BANCOMAT ROVENTE A DICEMBRE SCORSO, MENTRE SI DISCUTEVA LA FIDUCIA ALLA CAMERA – TUTTO QUESTO CASH E’ SERVITO PER I SOLLAZZI DELLA SCUDERIA DI SMUTANDATE? MANNO’: IL BANANA HA UN CUORE DI PANNA: “IO SONO COME UNA CARITAS QUOTIDIANA. PAGO INTERVENTI CHIRURGICI, IL DENTISTA, LE TASSE UNIVERSITARIE A TUTTI COLORO CHE NE HANNO BISOGNO”…

Giuseppe D’Avanzo per “la Repubblica

Il comodo con Berlusconi è che non ti delude mai. Per giorni e settimane ha ripetuto, con il petto gonfio, che non vedeva l’ora che il processo – quel processo che lo umilia e l’angoscia, il “processo Ruby” – avesse inizio.

Bocassini Berlusconi Ruby

Che avesse inizio per dimostrare dinanzi al Paese, al popolo che lo ha voluto a capo del governo, al mondo che sempre lo ammira, la sua innocenza, l’inconsistenza di “accuse allucinanti”, la barbarie di un’eversiva inquisizione togata. “Andrò a tutte le udienze”. Gliela avrebbe fatta vedere lui, sempre presente in aula, vigile e parlante, a quella “certa magistratura politicizzata”, l’avrebbe screditata in diretta tv.

Gli ingenui credono alle sue parole. Pensano che ancora una volta il Cavaliere ce la farà – ed è tutto un vivamaria – a venir fuori dall’angolo in cui lo hanno cacciato caotiche abitudini. I creduloni si convincono che davvero il capo del governo voglia difendersi nel processo e non dal processo, come ha sempre fatto affatturandosi cavilli, pretesti, legittimi impedimenti, legge ad personam, immunità.

Berlusconi Ruby

La faccia feroce del Cavaliere non dura molto. Qualche ora, diciamo. Il tempo di dare uno sguardo all’esito delle indagini supplementari consegnate dal pubblico ministero di Milano ai suoi avvocati e il collegio di difesa chiede subito e in gran fretta il rinvio della prima udienza fissata per il 6 aprile. In realtà, un’udienza tecnica: un presidente di sezione assegna a uno dei suoi tre collegi il processo, ma tutto torna buono per prendere tempo e cercare altre vie – politiche, parlamentari, legislative – per venir fuori da guai che gli hanno cancellato dal viso ogni sorriso e ribalderia.

BERLUSCONI-RUBY

Ci si deve chiedere allora che cosa c’è in questi atti istruttori integrativi che lo hanno costretto a gettarsi a corpo morto in pubblico, accettando addirittura qualche domanda, incontrando nientemeno quel che egli considera un ostinatissimo “nemico” come Repubblica che ha documentato le sue ragioni in un colloquio: “per parlare con la mano sul cuore e spiegare come stanno davvero le cose”.

Giuseppe D’avanzo

Il Gran Venditore sa come vanno queste faccende. Non deve imparare nulla. Le mosse gli nascono d’istinto, come per un riflesso immediato. Meglio anticipare i passi dell’avversario, organizzare una “narrazione” diversa e contraria per neutralizzare il racconto e i documenti che teme. Al peggio, ne nascerà una confusione che renderà indifferente l’opinione pubblica. Ecco allora sciorinare l’intera gamma della fenomenologia della menzogna.

Sara Tommasi e Lele Mora si scambiano un bacio milestone ed w j

Nasconde il vero dissimulandolo (“Io in questura ho chiesto solo informazioni di Ruby, nessuna pressione sui funzionari”). Modifica la natura del vero (“Hanno messo in piazza 33 ragazze che passeranno il resto della loro vita con il marchio della prostituta”). Deforma la realtà rimpicciolendone il formato (altro che “bunga bunga”, “cene spensierate, eleganti. Le ragazze facevano quattro salti in discoteca, Da sole, perché a me non è mai piaciuto ballare. Niente di più”).

bunga bunga tutti da lele mora

Dice l’assoluto contrario del vero (“Non ho mai pagato una prostituta e poi può mai essere possibile che uno paghi con dei bonifici bancari una prestazione sessuale?”). Infine, non maschera soltanto la realtà, la inventa di sana pianta (“Ho sempre avuto vicino a me la mia fidanzatina che per fortuna sono riuscito a tenere fuori da questo fango. Se avessi fatto tutto quello che dicono, mi avrebbe cavato gli occhi. E assicuro che ha anche le unghie lunghe).

Emilio Fede

Ora per comprendere l’ansia che agita il presidente del Consiglio bisogna scorrere, anche rapidamente, gli atti d’indagine integrativi, gli esiti dell’istruttoria – ora conclusa – contro Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti. Si scoveranno immagini, parole, ricordi, resoconti che sbriciolano il racconto del Cavaliere svelandone menzogne che non potrebbero reggere con decenza a una verifica processuale.

Nicole Minetti

Si possono vedere fotografie di ragazze mascherate da poliziotte seminude con le manette bene in vista. Si apprenderà delle istruzioni cui bisognava attenersi, ai travestimenti necessari (in un caso, “come un giocatore del Milan”), a quel che bisogna fare, come e con chi e in quale occasione. Naturalmente questi convegni possono essere “eleganti”, come dice il Cavaliere, ma ammesso che ci sia stata anche grazia e distinzione, non si elimina il nocciolo della questione: decine di ragazze venivano retribuite per fare sesso con il Sultano e tra di loro una minorenne.

Emilio Fede con la Olgettina Marysthell Garcia Polanco nel 2007

Le ragazze ne parlano tra di loro, discutono di quanto “hanno preso”, si invidiano l’attenzione del Cavaliere perché maggiore interesse significa maggiori ricavi. Per dire, si legge in un sms: “Sappiamo che uno dei venti uomini più potenti del mondo ti muore dietro e ti ha pensato tutta la sera…”. Alcuni documenti liquidano l’argomento principe del capo del governo. Questo: “Può mai essere possibile che uno paghi con dei bonifici bancari una prestazione sessuale?”.

Raissa Skorkina

È utile dare uno sguardo alle carte degli accertamenti bancari sul conto corrente di Berlusconi, il numero 1.29 presso la banca del Monte dei Paschi di Siena. Sappiamo, dalle testimonianze raccolte dal pubblico ministero, che le ragazze ricevevano i loro emolumenti in moneta sonante, in buste di 500, 1000, 2000, 5000 euro in fogli da 500. Sappiamo che da quel conto si muovono bonifici di dieci, ventimila euro a favore delle “ragazze”.

Dice a Repubblica Berlusconi: “Io sono come una Caritas quotidiana. Pago interventi chirurgici, il dentista, le tasse universitarie a tutti coloro che ne hanno bisogno. Alcuni di questi bonifici servivano a pagare il mutuo ai genitori di una ragazza. Dei signori in difficoltà”.

Miriam Loddo

Tuttavia, se si guarda a quanto denaro contante ogni mese muove Silvio Berlusconi si rimane stupiti. Non usa troppi bonifici, il Cavaliere. Forse non se ne fida. Nemmeno negli assegni o nelle carte di credito ha fiducia. Il Cavaliere firma al suo ragioniere, Giuseppe Spinelli, un assegno e Spinelli nello stesso giorno lo negozia con un’operazione “cambio assegni”.

Maristel Garcia Polanco

Le cifre sono importanti e, se nel 2009 hanno raggiunto i sette milioni 675 mila euro, nel 2010 hanno superato i 12 milioni e 880 mila euro. Le tranche mensili sono molto variabili. Oltre il milione in gennaio, aprile, maggio. Vicino al milione in luglio, settembre e ottobre. Meno di ottocentomila euro in febbraio, marzo e giugno. Un modesto 344 mila euro in agosto e un’impennata a fine anno: un milione e 496 mila euro a novembre e addirittura 2 milioni e 555 mila in dicembre. Assegni per 250 mila, 300 mila euro.

Iris Berardi

Per sedici volte incassato il lunedì; in cinque occasioni il martedì; in quattordici e undici occasioni il mercoledì e giovedì e per tredici volte il venerdì, dunque alla vigilia del week end abitualmente destinato ai bunga bunga. Questo denaro contante palesemente non è tutto destinato alle feste “eleganti” per la retribuzione delle ragazze.

Barbara Guerra

È legittima una domanda (forse): ma perché il capo del governo ha bisogno di tanto contante? A chi lo consegna e per quali ragioni? Che cosa deve comprare o finanziare con il cash che non possa essere sostenuto con un pagamento che lascia una traccia (assegno, bonifico)?

Ognuno avrà la sua congettura (forse ne avranno anche i pubblici ministeri), soprattutto se si scrutinano gli assegni e le cifre trasformate in contante nel dicembre del 2010, in quel mese orribile che ha visto Berlusconi, a un passo dalla bocciatura parlamentare, combattere voto su voto per sopravvivere. Vale la pena darne conto. In dicembre ci sono undici “cambi assegni” in quattordici giorni, a cavallo del 14 dicembre quando la Camera vota la fiducia al governo.

Marysthell Garcia

Due soli negoziazioni sono trascurabili , il 21 dicembre per 40 mila euro e il giorno successivo per 14.687 euro. Al contrario, i restanti nove “cambi assegni” sono rilevanti. Ecco la sequenza. 9 dicembre, 270 mila. 10 dicembre, 274 mila. 13 dicembre, 250 mila. 14 dicembre, 250 mila. 15 dicembre, 250 mila. 16 dicembre, 250 mila. 21 dicembre, 350 mila. 22 dicembre, 350 mila. 23 dicembre, 257 mila. A chi sono finiti questi soldi? È anche di questo che ha paura il presidente del Consiglio? Si raccolgono anche qui le ragioni che gli impediscono di affrontare il processo?

Barbara Faggioli

Nel “carnevale permanente” dell’Italia di oggi – un mondo rovesciato dove gli ipocriti recitano da iconoclasti, la menzogna diventa verità e la realtà s’adultera in quinta di cartapesta – si agita un bizzarro argomento: chi s’azzarda a raccontare le patologiche abitudini del capo del governo è soltanto un voyeur anche quando quelle disordinate pratiche si mostrano come un reato. Anzi come due reati.

alessandra sorcinellil

Il premier si riempie la casa di prostitute. Nulla quaestio, fatti suoi, se non lo rendessero pericolosamente ricattabile come suggeriscono le parole rassicuranti dedicate nel colloquio con Repubblica alle 32 ragazze. Tra le prostitute però dal febbraio al maggio del 2010, per tredici volte, c’è anche una minorenne e non è più un fatto suo, privato, ma un reato (sfruttamento della prostituzione minorile). Per nasconderlo, una notte di maggio il presidente del Consiglio è costretto a giocare tutta la sua influenza nella questura di Milano per liberare la ragazza minorenne accusata di furto e troppo linguacciuta. È il secondo reato (concussione).

Gustavo Zagrebelsky foto La Presse

La storia è tutta qui, se di guarda all’affare penale. Ma c’è anche una questione politica che accompagna l’affare penale e impone al capo del governo di rendere disponibile la verità perché “chi mente – non importa su che cosa – è un pericolo per la libertà e la democrazia” (Gustavo Zagrebelsky, Quando il potere teme la verità, 17 luglio 2009). C’è stato un tempo che anche Berlusconi fingeva di essere d’accordo. Era il 2 marzo 1994 e il Sultano così ammoniva il popolo: “La gente deve fidarsi solo di chi dice la verità”.

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L’assalto ai giornalisti

L’assalto ai giornalisti

di GIUSEPPE D’AVANZO (Rep)

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NEMMENO il più ostinato pessimismo poteva attendersi che sarebbe durato un sol giorno lo sbigottimento e il dolore per il volto insanguinato di Silvio Berlusconi. Poche ore per sbarazzarsi, come di un ostacolo ingombrante, di ogni solidarietà umana, pensiero autocritico, reciproco invito a evitare il dissolversi di ogni legame comunitario, ad accettare una responsabilità collettiva in ordine alla promozione del bene comune.

Il volto di Berlusconi, contorto dalla sofferenza inflittagli dalla violenza di un matto, avrebbe potuto (e dovuto) sollecitare ciascuno di noi a sentirsi communis, “colui che condivide un carico”, e tutti noi communitas allegata da un dovere, da un debito, dalla promessa di un reciproco dono (munus) che nessuno può tenere per sé. Quando è durato quest’incanto? Dieci ore, quindici? Appena i luoghi pubblici (il Parlamento, i talk-show televisivi) si sono riaperti, è ritornata la notte abitata dallo spirito di intolleranza, esclusione, violenza che appaiono il segno distintivo di questa cultura di governo. Chi ha armato la mano del matto? Chi è il mandante? Di chi è la colpa? E quindi chi deve essere sorvegliato, punito, imbavagliato, espulso? Quali sono i giornali, i giornalisti, i social network che devono ammutolirsi? Quali regole e controlli dare alle manifestazioni pubbliche? Quali sono i “padri” di quella “cultura responsabile del clima d’odio” da mettere all’indice (e c’è chi già elenca, incauto: Gobetti, Bobbio, Gramsci, Dossetti)?

Sono domande che ripropongono con un’eco funesta “una lotta politica recitata come una parodia dell’eterna guerra civile”. Esaltato da un rancore cieco, da un’inimicizia assoluta e irreparabile, il coro berlusconiano – animato in Parlamento da Fabrizio Cicchitto e, in Rai, da Bruno Vespa – elimina ogni differenza tra la critica legittima e l’aggressione violenta, tra il disaccordo ragionato e la destabilizzazione. Trasforma l’avversario politico in un criminale, il dissenziente in un terrorista. Il mestiere d’informare di Repubblica diventa “disegno eversivo”, minaccia per il legittimo governo del Paese, un intero gruppo editoriale – il nostro – agenzia ostile all’interesse nazionale, più o meno un’association politico-criminelle.

I toni, gli argomenti che si ascoltano hanno molto in comune a una caccia alle streghe. Chiunque in questi mesi si è sottratto alla nobilitazione dell’esistente, al racconto unidimensionale e autocelebrativo del soggetto centrale unico, detentore della verità e del potere, viene iscritto in una black list. Accade al Gruppo Espresso, al Fatto, a Santoro e ad Annozero, ai pubblici ministeri che hanno avuto la sventura di incontrare sulla loro strada il capo del governo o qualche suo amico. Per tutti si annunciano adeguati castighi.

Si distingue in questo lavoro prepotente Bruno Vespa, dimentico di quanta solidarietà e comprensione abbia circondato il premier. Estrapola, da un lungo ragionamento, una frase di Marco Travaglio e lo indica all’opinione pubblica come il mandante morale della violenza subita da Berlusconi. Con un’ipocrita sfrontatezza lo chiama al telefono, durante la trasmissione, per chiedergli se ha qualcosa da dire in quel processo ingiusto, improvvisato alle spalle di un imputato ignaro e assente, non sostenuto da alcuno dei presenti. È la mossa più barbarica cui si è assistito in queste ore. Il metodo e il giornalismo di Marco Travaglio sono discutibili come quelli di chiunque altro – e qui sono stati discussi con severità – , ma egli è soltanto un giornalista. Non ha alle spalle un partito o un’organizzazione qualsiasi. Non è protetto da una scorta. Può contare soltanto sulla credibilità del suo lavoro, sul consenso che ne ricava tra chi lo legge e lo ascolta. Abbandonarlo così indifeso e solitario al conflitto che divide il Paese, è un’irresponsabilità tanto più grave perché matura da una tribuna che dovrebbe mostrare equilibrio e moderazione, essere l’interprete migliore del monito pacificatorio del presidente della Repubblica.

La violenza e l’intolleranza di queste ore smascherano l’insincerità dei falsi pacificatori e ripropongono il paradigma di una politica che si alimenta non di unità, ma di divisione; non di ordine, ma di disordine. È un dispositivo di governo che giustifica e potenzia se stesso nell’eccitare i conflitti più aggressivi che circolano nella società, tra la società e lo Stato, nello Stato. Lungo queste continue “linee di frattura” che di volta in volta individuano un “nemico” (quanti ne possiamo contare dall’inizio della legislatura, dai “negri”, ai “froci”, ai “fannulloni”?), si potenzia un progetto politico che pretende di esercitare la sovranità senza limiti, in nome del “potere costituente del popolo”, con una “decisione” che lascia indistinto il diritto e l’arbitrio, l’eccezione e la regola. Il pazzo gesto di Massimo Tartaglia, rafforzato dalle emozioni che hanno smosso, appare al coro berlusconiano un’eccellente occasione per rilanciare l’obiettivo di ridurre i poteri plurali e diffusi a vantaggio di una forma politico-istituzionale accentrata nella figura di un premier che può fare a meno di ogni contrappeso, di ogni controllo di garanzia, di ogni soggezione alla legge. La follia di un uomo diventa addirittura l’opportunità per riscrivere il pactum societatis che definisce le condizioni del nostro stare insieme. Non si comprende che cosa c’entri il gesto di un matto con la necessità di una riforma costituzionale. Si comprende benissimo come, in questa metamorfosi della nostra democrazia, l’informazione possa essere un inciampo da rimuovere, un attore da minacciare, un “nemico” da indicare con nome, cognome e società di appartenenza alla vendetta del “popolo sovrano”. Già lo si è letto, purtroppo: “In una democrazia non spetta ai giornali giudicare chi governa”. Al contrario, noi crediamo che, quale che sia l’idea di democrazia che si ha in testa, tutti i modelli prevedono l’esistenza di uno spazio al quale i cittadini accedono attraverso lo scambio di informazioni e il confronto degli argomenti, per farsi un’opinione delle questioni di interesse generale.
Alimentare di informazioni la sfera pubblica, arricchirla di notizie, ragioni e argomenti è il nostro lavoro. Piaccia o non piaccia al piduista Cicchitto, al servizievole Vespa, al coro che si dice “della libertà”, continueremo a farlo.

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Berlusconi il corruttore

Il Cavaliere tra processi, prescrizioni

e voglia di cambiare la Carta

di GIUSEPPE D’AVANZO

b+capello

b-arrestato

Anche per i giudici dell’appello, David Mackenzie Mills è un testimone corrotto e, se c’è un corrotto, ci deve essere un corruttore. Il corruttore è Silvio Berlusconi. Non è in aula, è decisamente in salvo. Ma questa nuova sentenza pesa su di lui come un macigno – o come un incubo – perché ripropone un paio di cose che sappiamo (o dovremmo sapere) del capo del governo. Se ne possono elencare tre. Raccontano come la frode sia stata la via maestra per costruire – prima – e per difendere – poi – l’impero Fininvest/Mediaset. Spiegano le torsioni della sintassi legale del presente. Annunciano la tempesta politica che scuoterà il Paese in un prossimo futuro.

Non c’è bisogno di farla tanto lunga. Mills, per conto di Berlusconi, crea un arcipelago di società off-shore (All Iberian). Quando i procuratori di Milano ne

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Salute e grano a tutti!

LEGGETE E DIFFONDETE

Ecco com’è, meglio di come avrei potuto spiegarlo io, lo stato dell’arte:

La macchina del fango

di GIUSEPPE D’AVANZO

LA  LEGALITA’  CAGATA IN TESTA…

piccion

Berlusconi si cucina da solo i suoi guai. Distrugge, di giorno, i muri che i suoi consiglieri fabbricano, di notte, per difenderlo. Quelli si erano appena rimboccati le maniche, con buona volontà, per riproporre – complici, le debolezze di Piero Marrazzo – la separatezza e l’inviolabilità della sfera privata dalla funzione pubblica (ancora!).

Salta fuori che l’Egoarca ha avvertito per tempo il governatore: “C’è in giro un

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Berlusconi: il regime della menzogna

Chi tocca i fili muore

di GIUSEPPE D’AVANZO

Coincidenze. Che volete che siano? S

berlusconivespaty7

berlusconi-minchiate-agenda

oltanto coincidenze. Poco meno di due settimane fa, viene fuori che il premier è convinto di essere il bersaglio di un complotto internazionale. Vuole scoprire chi tira le fila dell’operazione.

Così chiede aiuto “ai servizi di una potenza amica e non alleata”, scrive il Corriere della sera (6 ottobre). Senza giri di parole, Berlusconi implora l’aiutino dell’amico Putin. L’indiscrezione galleggia non smentita per ventiquattro ore. Soltanto quando l’opposizione ne chiede conto con un paio di interrogazioni parlamentari, l’Egoarca salta su e nega tutto, ma

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“Viva l’Italia, viva Berlusconi” Infermieriiiiiiiii

L’immunità illegittima

di GIUSEPPE D’AVANZO

L’APOCALISSE  DI  MAFIOLO

apocalisse

……………………………………………………………..

http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/politica/giustizia-12/commento-davanzo/commento-davanzo.html

Il suo potere non deve trovare ostacoli, non deve essere limitato o condizionato dal contesto politico e istituzionale, dal Parlamento, dai contrappesi, dalla stessa Costituzione e dai suoi garanti. Egli è il popolo, è l’Italia e grida “Viva l’Italia, viva Berlusconi”. Questa identificazione gli consente – lo pretende – di liberarsi di un passato oscuro, di avere

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Berlusconi: un delinquente al potere

Berlusconi chiama la politica a difesa del suo patrimonio

Metà del Paese chiamata a sostenrlo per un episodio di corruzione

E il premier trasforma in complotto

un’ordinaria storia di malaffare

di GIUSEPPE D’AVANZO (Repubblica)

berlusconivespaty7

La politica, per Silvio Berlusconi, è nient’altro che il modo più efficace per accrescere e proteggere il suo business. È sempre stato così fin da quando, neolaureato fuori corso in giurisprudenza, si dà agli affari. Forte di legami politici con le amministrazioni locali e regionali – e qualche “assegno in bocca” – diventa

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Silvio Hitler-Riina

IL COMMENTO

Il coltello del potere

di GIUSEPPE D’AVANZO (Repubblica)

bossi-figlio

Ora che si annuncia il character assassination di Gianfranco Fini, come per la brutale liquidazione del direttore dell’Avvenire, non tiene conto discutere di chi preme il grilletto.

Quel che conta è mettersi dinanzi la figura del mandante, le ragioni della sua mossa intimidatoria per fermare l’immagine della scena distruttiva in cui siamo precipitati. Quel che accade, non c’è altro modo per dirlo: Silvio Berlusconi, con il suo giornale, avverte il partner che, en passant, è anche la terza carica della Repubblica. Lo minaccia con

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Berlusconi: mandante e utilizzatore

Mandante e utilizzatore

di GIUSEPPE D’AVANZO (Repubblica)

Boia

Mai come oggi, i caratteri del “male italiano” sono il conformismo, l’obbedienza, l’inazione. Anche ora che un assassinio è stato commesso sotto i nostri occhi. Assassinio.

Con quale altra formula si può definire – in un mondo governato dalla comunicazione – la deliberata e brutale demolizione morale e professionale di

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La merda di Berlusconi

L’officina dei veleni

di GIUSEPPE D’AVANZO  (Repubblica)

b-kriminal

DUNQUE la “nota informativa”, pubblicata dal Brighella che dirige il Giornale del capo del governo, non è né una “nota” né un'”informativa” né tanto meno un

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