REGIME ALL’AMATRICIANA

Quando Tremonti ordinò sanzionate la Gabanelli

«Con la presente il sottoscritto prof. avv. Giulio Tremonti chiede l’immediato esercizio dei poteri sanzionatori». Inizia così l’ultimo affondo del ministro dell’Economia contro l’informazione, avviato ai danni di Milena Gabanelli e la sua «pericolosa» trasmissione Report. Non è piaciuta al ministro la puntata su social card e Tremonti bond, nonostante fosse stato intervistato lui stesso.

Così ha scritto 5 cartelle di esposto-denuncia alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e alla Commissione parlamentare per l’Indirizzo generale e la Vigilanza dei servizi radiotelevisivi. L’intento è chiaro: dimostrare la poca obiettività del programma, e dunque la lesione del dovere di informazione imparziale e completa imposto dal servizio pubblico. Insomma, non è una rettifica, tantomeno una querela. Ma Tremonti vuole comunque farsi sentire, esercitare «il potere sanzionatorio».

In effetti il rapporto del ministro con giornali e mass media in generale è costellato di eventi leggendari. Rumors più disparati raccontano di telefonate infuocate, battibecchi nervosi, arrabbiature furibonde. Certo, tutti i politici si arrabbiano con la stampa. E tutti vorrebbero averla amica e, se possibile, asservita. Ma Tremonti è tra i pochi (non l’unico, nell’intero arco parlamentare) a prendere iniziative in prima persona, a guerreggiare all’arma bianca con chi si occupa di lui. È quasi un corpo a corpo che il ministro ingaggia a colpi di pressioni indebite e invettive. Anche perché – lo sanno bene anche i non addetti ai lavori – la verve non gli manca.

A scorrere le cinque cartelle anti-Gabanelli traspare un furore montante. Tremonti parla di «lesione dei principi di completezza, correttezza, – si legge – obiettività ed imparzialità dell’informazione». Poi procede per punti, elencandone sette. Nel primo parla di «sintesi deformata di alcuni delicati e rilevanti aspetti dell’attualità, che ha assunto i contorni della propaganda negativa». Si riferisce forse il ministro al fatto che la social card è stata fornita solo a pochi, e che molti l’hanno ricevuta scarica? O che rappresenta anche uno strumento su cui MasterCard riesce a fare un buon business grazie alle commissioni versate dai commercianti? Tremonti parla di «tesi preconfezionata», ma la realtà non è molto lontana da questa tesi. Anzi. Il ministro non dimentica di difendere, naturalmente, il «legittimo esercizio del diritto di critica». Peccato però che questo secondo lui non sia il caso: perché tutto il contesto sarebbe stato creato da Gabanelli attraverso una «capziosa estrapolazione di brani tratti da conferenze stampa».

Si arriva così all’accusa (terzo punto) di «utilizzo strumentale del mezzo televisivo». Tremonti rammenta come «tutte le trasmissioni di informazione devono rispettare la pluralità dei punti di vista e la necessità di contraddittorio». Peccato che (troppo) spesso molti esponenti di governo appaiono in video davanti a un microfono e senza neanche una «faccia» a porgere la domanda. A proposito di contraddittorio. Naturalmente meglio se all’ora di cena, e in una giornata in cui qualcun altro ha lanciato critiche all’operato dell’esecutivo.


°°° La sintesi è questa: la libertà di stampa e la democrazia reale questi cialtroni li disintegrerebbe in due settimane. Ecco perché a loro serve il regime e l’oscuramento delle notizie. BUFFONI!!!

tvemonti_sfiga


LA SEGRETARIA DI TVEMONTI

terrorista

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da Travaglio

Indrorepellenti

Il Giornale e Littorio Feltri non han gradito la puntata di Annozero su Montanelli e quel che resta dell’informazione. «Manipolatore. Santoro stravolge Montanelli», tuona quel che resta del Giornale. «Indro si rivolta nella tomba» titola Libero, giornale-ossimoro. Poveretti, vanno capiti. Speravano di cavarsela con le solite appropriazioni indebite. Gli è andata buca: Santoro ha resuscitato Montanelli mostrando con i filmati quel che diceva e pensava di Berlusconi, del fu Giornale e di Feltri, sbugiardato in diretta al Raggio Verde. Mario Giordano, che Montanelli non l’ha mai visto neppure in cartolina, ne parla come di un vecchio amico e si scortica le ginocchia con un’intervista-scendiletto a un testimone super partes: Fedele Confalonieri. Domande ficcanti: «Mi commuovo anch’io», «Voi gli volevate bene?», «Sciacallaggio?». Altro titolo memorabile: «Santoro, giù le mani da Montanelli» (sul Giornale da cui fu cacciato nel ’94). Feltri non s’è ancora riavuto dalla figuraccia del Raggio Verde. Dimentica di raccontare che, sei mesi prima della cacciata di Montanelli, si accordò con Berlusconi per prenderne il posto. E spara elegantemente sulla tomba: «Montanelli inconsapevolmente si vendette alla sinistra. Sull’ultimo capitolo della sua vita, quando non era più lui ma un novantenne esacerbato dal rancore, conviene sorridere». Ridi, ridi. Annozero voleva confrontare il giornalismo di Montanelli con quello di oggi. Grazie a Giordano e Feltri, ci è riuscito. «Il disprezzo ­ diceva Indro citando Chateaubriand ­ va usato con parsimonia, in un paese così pieno di bisognosi».

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