Un uomo senza qualità: il PG Jacoviello che ha salvato il culo al mafioso dell’utri.

Ecco la requisitoria che ha salvato Dell’Utri

Il Fatto pubblica il testo dell’intervento con cui il sostituto pg Iacoviello ha chiesto l’annullamento della condanna del senatore Pdl. Leggendolo si scopre che in tre casi ci sono argomenti smentiti dai fatti

Il senatore Marcello Dell’Utri

Sostiene Iacoviello che la sentenza di condanna contro il senatore Dell’Utri non cita mai la sentenza Mannino. Ed è falso. Sostiene Iacoviello che il capo di imputazione è liquido e l’accusa mancante. Due volte falso. Sostiene anche che non è ammissibile il concorso esterno in associazione a delinquere semplice. Falso per la terza volta. C’è un solo metodo per giudicare la requisitoria del sostituto procuratore generaleFrancesco Iacoviello che ha chiesto l’annullamento della sentenza di condanna contro Marcello Dell’Utri: leggerla.

Invece il dibattito di questi giorni si è svolto esclusivamente sulle poche note pubblicate dai cronisti delle agenzie di stampa, che hanno riportato resoconti stringati del discorso del rappresentante dell’accusa davanti alla Cassazione. Fortunatamente su Internet (pubblicata sul sito della rivista Diritto penale contemporaneo) si possono trovare le 18 pagine dello “schema di requisitoria integrato con le note d’udienza”: sostanzialmente la scaletta della requisitoria di Iacoviello, che non ha smentito l’attribuzione alla sua penna del canovaccio.

Il Fatto l’ha letto e ha scoperto che Iacoviello non scrive (e chissà se le ha dette davvero) le parole di condanna del concorso esterno e di para-assoluzione dell’imputato Dell’Utri riportate da tutti i giornali. Il sostituto procuratore generale sembra invece possibilista sulla sua colpevolezza: “L’annullamento con rinvio per vizio di motivazione (soluzione poi statuita dalla Corte accogliendo la sua richiesta, ndr) non vuol dire che l’imputato è innocente. Vuol dire che la motivazione è viziata, non che la decisione è sbagliata. E’ un annullamento fatto non a favore dell’imputato, ma a favore del diritto”. Certo, valutandolo ex post, come direbbe Iacoviello, questo rinvio – se porterà alla prescrizione – sarà oggettivamente a favore di Dell’Utri, ma ex ante ancora non si può dire. Comunque Iacoviello – se anche non avesse detto le cose riportate dalla stampa – nelle sue note ha infilato una serie di imprecisioni importanti. Vediamole una a una.

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“A Lombardo soldi e voti della mafia” Ma per la legge deve essere archiviato °°° Dov’è la novità?

Sicilia, il presidente Lombardo “ottenne i voti mafiosi”, ma manca la prova dello scambio

Il procuratore di Catania Giovanni Salvi chiede l’archiviazione per il governatore e per suo fratello Angelo. Hanno ricevuto “sostegno e finanziamenti” da Cosa nostra, ma non ci sono riscontri di contropartite. Sulla decisione del magistrato pesano anche le sorti dei processi per concorso esterno contro Mannino e Dell’Utri

Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia

Raffaele Lombardo? Ha ottenuto i voti dei mafiosi, ma non vi sono prove che abbia offerto qualcosa in cambio. E quindi la sua posizione, e quella del fratello Angelo, indagati per concorso esterno alla mafia, devono
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La verità della “vittima” Mannino, innocente come burlesquoni e dell’utri.

Mannino, “fuorionda” sulla trattativa: “Hanno capito tutto, stavolta ci fottono”

In un bar di Roma, una cronista del “Fatto” ascolta un colloquio riservato tra l’ex ministro e l’europarlamentare Udc Gargani. “Massimo Ciancimino ha detto la verità”. Nelle parole del politico siciliano, la preoccupazione che emerga il ruolo della sinistra Dc e di Ciriaco De Mita nelle pressioni per ammorbidire il carcere duro per i boss di Cosa nostra nel 1992-1993

Calogero Mannino

Sono circa le 12,30 di mercoledì 21 dicembre quando arrivo alla pasticceria Giolitti in via degli Uffici del Vicario, a due passi da Piazza del Parlamento, dove ho appuntamento per ragioni di lavoro con l’onorevole Aldo Di Biagio di Fli. Entro, ma non lo vedo. La voglia di accendere una sigaretta supera anche il freddo pungente. Esco. Mi siedo a un tavolino e ordino un cappuccino. Sono sola.

Poco dopo vedo arrivare, a passo lento, l’onorevole Calogero Mannino in loden verde, in compagnia di un signore dai capelli bianchi, occhiali, cappotto scuro taglio impermeabile e in mano un libro e dei fogli. Non so chi sia. I due stanno parlando. E continuano a farlo fermandosi in piedi accanto al mio tavolo. Mannino, che mi dà le spalle, dice con tono preoccupato e guardandosi più volte intorno sospettoso: “Hai capito, questa volta ci fottono: dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo

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Trattativa, avviso di garanza a Mannino. I pm: “Ha fatto pressioni sul 41 bis”

Trattativa, avviso di garanza a Mannino
I pm: “Ha fatto pressioni sul 41 bis”

L’ex ministro democristiano, oggi senatore, risulta indagato dai magistrati di Palermo per “violenza e minaccia a un corpo politico”: ha ricevuto dalla Dia una convocazione in Procura, sarà interrogato la settimana prossima

di SALVO PALAZZOLO

Trattativa, avviso di garanza a Mannino I pm: "Ha fatto pressioni sul 41 bis"Il senatore Calogero Mannino

Si allunga la lista degli indagati che secondo i pm di Palermo avrebbero avuto un ruolo nella trattativa tra Stato e mafia, avvenuta fra il 1992 e il 1993. La Procura di Palermo ha notificato un avviso di garanzia a Calogero Mannino, ex ministro democristiano, oggi senatore: gli viene contestata l’accusa prevista dall’articolo 338 del codice penale, “violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario”. Nella stessa indagine risultano già indagati i boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri, il generale dei carabinieri Mario Mori e il suo braccio destro al Ros, il capitano Giuseppe De Donno.

Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, i sostituti Nino Di Matteo, Paolo Guido e Lia Sava interrogheranno il senatore Mannino lunedì prossimo, al palazzo di giustizia di Palermo. Top secret l’oggetto dell’audizione. Nell’avviso di garanzia ricevuto dal politico siciliano si parla genericamente di “pressioni” che Mannino avrebbe esercitato su “appartenenti alle istituzioni”, sulla “tematica del 41 bis”, il carcere duro che i capimafia cercavano di far revocare.

Il nome di Mannino era già emerso nelle scorse settimane nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Da un documento ritrovato dai pm e dalla Dia di Palermo al ministero dell’Interno era emerso un allarme dei servizi segreti, risalente alla primavera del 1992 (dopo l’omicidio dell’europarlamentare Dc Salvo Lima), per possibili attentati nei confronti di alcuni politici

siciliani, fra cui proprio Mannino. Secondo i magistrati siciliani, quell’allerta potrebbe essere alla base della trattativa fra pezzi dello Stato e i vertici di Cosa nostra. Alcuni esponenti delle forze dell’ordine si sarebbero mossi, su input politico, per evitare altri omicidi eccellenti. Ma i boss avrebbero chiesto qualcosa in cambio: dalla revisione dei processi alla revoca del carcere duro.

Non è ancora chiaro, con precisione, chi trattò, da una parte e dall’altra. A giudizio c’è già il generale Mario Mori, protagonista di un dialogo riservato con l’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino. Domani mattina, Mori chiama in tribunale, a sua difesa, l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.

°°° Questo tizio, amici miei, è quello che per anni hanno sbandierato in aula e in tutte le tv spazzatura, tutti i destronzi della cosca, eleggendolo “simbolo innocente degli errori giudiziari e dell’accanimento di giudici comunisti”. Un comune delinquente, naturalmente. Basterebbe ripercorrere la sua carriera “politica” e le sue opere, ma anche le sue frequentazioni e le sue amicizie.

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