Si riparte con la mafia, grazie Silvio!

INCHIESTA/ IL DOPO TERREMOTO (Repubblica)
Abruzzo, l’uomo che ha avviato i lavori è legato ai prestanome di Ciancimino
L’Aquila, le amicizie pericolose
all’ombra della prima new town

dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI

Un depliant che illustra la new town

case

L’AQUILA – Nel primo cantiere aperto per ricostruire L’Aquila c’è un’impronta siciliana. L’ha lasciata un socio di soci poco rispettabili, uno che era in affari con personaggi finiti in indagini di alta mafia.

I primi lavori del dopo terremoto sono andati a un imprenditore abruzzese in collegamento con prestanome che riciclavano, qui a Tagliacozzo, il “tesoro” di Vito Ciancimino.

Comincia da questa traccia e con questa ombra la “rinascita” dell’Abruzzo devastato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. Comincia ufficialmente con un caso da manuale, una vicenda di subappalti e di movimento terra, di incastri societari sospetti. Tutto quello che leggerete di seguito è diventato da qualche giorno “materia d’indagine” – un’informativa è stata trasmessa dalla polizia giudiziaria alla procura nazionale antimafia – ma l’intreccio era già rivelato in ogni suo dettaglio da carte e atti di pubblico accesso.

Partiamo dall’inizio. Dai fatti, dai luoghi e dai nomi di tutti i protagonisti e dei comprimari di questo primo lavoro per il terremoto d’Abruzzo. Partiamo dalla statale 17, la strada tortuosa e alberata che dall’Aquila passa per Onna, il paese che non c’è più, il paese spazzato via alle 3,32 di quasi ottanta notti fa. È qui, sotto la collina di Bazzano, dove sorgerà la prima delle venti “piccole città” promesse da Berlusconi agli aquilani per la fine di novembre – sono le famose casette, i 4500 alloggi per ospitare fra i 13 mila e i 15 mila sfollati – che è stato dato il via in pompa magna alla grande ricostruzione. È qui che sarà costruita la prima “new town”. È qui che hanno alzato il primo cartello: “Lavori relativi agli scavi e ai movimenti di terra lotto Ts”. Ed è qui che l’imprenditore Dante Di Marco, alla fine di maggio, ha cominciato a spianare la collina con le sue ruspe e i suoi bulldozer. Così si chiama l’amico degli amici siciliani che nascondevano in Abruzzo i soldi di don Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo.

Dante Di Marco ha 70 anni, ha amicizie importanti in tutto l’Abruzzo, è residente a Carsoli che è un piccolo paese fra l’Aquila e Roma. L’appalto per rosicchiare la collina di Bazzano e sistemare una grande piattaforma di cemento – è là sopra che costruiranno quelle casette sostenute dai pilastri antisismici – è stato aggiudicato da un'”associazione temporanea di imprese”. La capogruppo era la “Prs, produzione e servizi srl” di Avezzano, la seconda ditta era la “Idio Ridolfi e figli srl” (anch’essa di Avezzano, sta partecipando anche ai lavori per la ristrutturazione per il G 8 dell’aeroporto di Preturo), la terza era la “Codisab” di Carsoli, la quarta era l’impresa “Ing. Emilio e Paolo Salsiccia srl” di Tagliacozzo e la quinta l'”Impresa Di Marco srl” con sede a Carsoli, in via Tiburtina Valeria km 70.

L’impresa Di Marco è stata costituita nel 1993, ha una ventina di dipendenti e un capitale sociale di 130 mila euro, l’amministratore unico è Dante Di Marco (gli altri soci sono il figlio Gennarino e la figlia Eleana), la ditta non è mai stata coinvolta direttamente in indagini antimafia ma il suo amministratore unico – Dante – risulta come socio fondatore della “Marsica Plastica srl” con sede a Carsoli, sempre in via Tiburtina Valeria km 70. È questo il punto centrale della storia sul primo appalto del terremoto: un socio della “Marsica Plastica srl” ha praticamente inaugurato la ricostruzione.

Quest’impresa, la “Marsica Plastica srl”, è molto nota agli investigatori dell’Aquila e anche a quelli di Palermo. È nata il 22 settembre del 2006 nello studio del notaio Filippo Rauccio di Avezzano. Tra i soci di Dante Di Marco c’era l’abruzzese Achille Ricci, arrestato tre settimane prima del terremoto per avere occultato i soldi di Vito Ciancimino in un villaggio turistico a Tagliacozzo. C’era Giuseppe Italiano (il nome di suo fratello Luigi è stato trovato in uno dei “pizzini” del boss Antonino Giuffrè quando era ancora latitante), che è un ingegnere palermitano in affari di gas con Massimo Ciancimino. C’era anche Ermelinda Di Stefano, la moglie del commercialista siciliano Gianni Lapis, il regista degli investimenti del “tesoro” di Ciancimino fuori dalla Sicilia.

Il 22 settembre del 2006, nello studio dello stesso notaio di Avezzano Filippo Rauccio, era stata costituita anche un’altra società, l'”Ecologica Abruzzi srl”. Fra i suoi soci ci sono ancora alcuni della “Marsica Plastica srl” (la moglie di Lapis e il palermitano Giuseppe Italiano per esempio) e poi anche Nino Zangari, un altro imprenditore abruzzese arrestato il 16 marzo del 2009 per il riciclaggio del famigerato “tesoro” di don Vito. Erano due società, la “Marsica Plastica” e l'”Ecologica Abruzzo”, che con la “Ricci e Zangari srl” – se non ci fosse stata un’inchiesta del Gico della finanza e i successivi arresti – avrebbero dovuto operare per la produzione di energia, lo smaltimento rifiuti, nel settore della metanizzazione. Un labirinto di sigle, patti, commerci, incroci. Tutto era stata pianificato qualche anno fa. E tutto alla luce del sole.

Ecco come ricostruisce le cose Dante Di Marco, l’imprenditore che ha vinto il primo sub appalto per la ricostrizione dell’Aquila: “Ho presentato una regolare domanda per accreditarmi ai lavori di Bazzano e sono entrato nel consorzio di imprese, che cosa c’è di tanto strano?”. A proposito dei suoi vecchi soci siciliani ricorda: “Quella gente io nemmeno la conoscevo, mi ci sono ritrovato in società così, per fare il mio lavoro di movimento terra”. E consiglia: “Chiedete in giro chi è Dante Di Marco, tutti diranno la stessa cosa: uno che pensa solo a lavorare con tutti quelli che vogliono lavorare con lui”.

Proprio con tutti. Dante Di Marco ha una piccola impresa, tanti lavori e tantissimi amici in Abruzzo. È entrato in società non soltanto con i siciliani amici di Ciancimino ma anche con Ermanno Piccone, padre di Filippo, senatore della repubblica e coordinatore regionale del Pdl. Sono insieme dal 2006 – e con loro c’è pure il parlamentare del Pdl Sabatino Aracu, sotto inchiesta a Pescara, accusato di avere intascato tangenti per appalti sanitari – nella “Rivalutazione Trara srl”, quella ha comprato alla periferia di Avezzano 26 ettari di terreno e un antico zuccherificio per trasformarlo in un termovalorizzatore. Fili che si mescolano, finanziamenti, compartecipazioni, una ragnatela. E appalti. Come quello di Bazzano, l’opera prima della ricostruzione. Per il governo Berlusconi è la splendente vetrina del dopo terremoto in Abruzzo. Per Dante Di Marco da Carsoli, socio dei soci dei Ciancimino, era un’occasione da non perdere.

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Marco Travaglio


Immondadori

Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Ma soprattutto i dipendenti. E Al Tappone ha un gran bisogno. I tg Mediaset e Rai hanno il compito di nascondere le notizie sgradite (interviste di Veronica e a Gino Flaminio) e rilanciare quelle gradite (attacchi a Veronica e a Gino Flaminio). Il Giornale pubblica foto compromettenti (o spacciate per tali) di avversari del padrone, da Di Pietro a Sircana, e fabbrica panzane contro i pochi giornali che si permettono di non appartenere al padrone: Repubblica, Espresso, Oggi, Novella 2000. Panorama controlla il mercato delle foto, pubblicando quelle autorizzate dal padrone (magari con trapianto pilifero al photoshop) e segnalando quelle pericolose all’on.avv. Ghedini per farle sequestrare dall’apposita Procura di Roma (in caso contrario, tale Mity Simonetto paga 20 mila euro per far sparire quelle della figlia del premier avvinta come l’edera a un giovanotto). «Chi» pubblica foto private del padrone con la sua famiglia-modello, ma non quelle che smentirebbero l’idillio. «Libero», foglio fiancheggiatore, s’incarica del lavoro più sporco, liberando gli house organ ufficiali dall’imbarazzo di grufolare tra le lenzuola della moglie del padrone. Bruno Vespa, rubrichista di Panorama, allestisce salottini per i monologhi del premier-editore. Emilio Fede, oltre a dirigere cotanto tg, raccoglie book fotografici che poi dimentica sul tavolo del Sultano, il quale provvede a contattare la merce femminile ivi ritratta. Dimenticavo: Al Tappone sgraffignò la Mondadori grazie a una sentenza comprata. Ora è chiaro perché non la restituisce.

bimboporco

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I NODI VENGONO AL PETTINE?

NAPOLI, TOMBA DEL BERLUSCONISMO? – GUERRA IN PROCURA: IL CAPO LEPORE STRALCIA LA POSIZIONE DI BERTOLASO E DEL PREFETTO PANSA. I PM E IL VICE DE CHIARA S’INCAZZANO E CHIEDONO DI CONVOCARE UN’ASSEMBLEA – DEL CASO NAPOLI SI OCCUPERÀ PRESTO IL CSM…

Fulvio Bufi per il “Corriere della Sera”

L’aria di tempesta si è attenuata appena nella torre tutta vetri e marmi del Centro Direzionale dove hanno sede gli uffici della Procura della Repubblica, e dove da giorni si è consumata la spaccatura tra il capo, Giovandomenico Lepore, e uno dei suoi aggiunti, Aldo De Chiara, sulla decisione di Lepore di stralciare da una importante inchiesta sulla gestione dell’emergenza rifiuti le posizioni del sottosegretario Guido Bertolaso e del prefetto di Napoli Alessandro Pansa.
Guido Bertolaso

L’ultima mossa l’hanno fatta i sostituti al termine di una riunione convocata ieri proprio per affrontare la situazione dell’ufficio. Avevano di fronte due strade, i pm: autoconvocare una assemblea e proporre un documento che inevitabilmente avrebbe schierato una maggioranza in favore di uno dei due procuratori, o rivolgersi a Lepore e chiedere che fosse lui a convocare l’assemblea, coinvolgendolo quindi sin dal primo passaggio e dando così un segnale distensivo. Hanno scelto la seconda via, con l’obiettivo di riportare al confronto procuratore capo e procuratore aggiunto senza ricorrere a documenti e al rischio di pericolose spaccature.

Potrebbe essere un passo in avanti verso quel «recupero di serenità» che il presidente Napolitano avrebbe auspicato conversando con il penalista e consigliere laico del Csm Vincenzo Maria Siniscalchi, secondo quanto lo stesso avvocato riferisce al Corriere del Mezzogiorno.

Siniscalchi conosce bene la storia dello stralcio delle posizioni di Bertolaso e Pansa dall’inchiesta condotta dai pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo perché il Consiglio superiore se ne sta occupando da tempo. E si deve proprio a un suo emendamento se la recente determinazione del plenum – secondo cui la decisione del procuratore fu in realtà una revoca che nei fatti impedì a Noviello e Sirleo di indagare ­ non ha portato a conseguenze per la carriera di Lepore, in quanto la delibera non è stata inserita nel suo fascicolo personale.

Ma il caso è stato riaperto dopo una lettera inviata da De Chiara come integrazione a una sua precedente deposizione. Il procuratore aggiunto sostiene che nel corso di una riunione del 24 luglio dello scorso anno, Lepore gli spiegò che lo stralcio aveva anche lo scopo di non ostacolare o turbare l’azione del governo.

Una polemica nata con una lettera e andata avanti con lo stesso strumento. Dopo De Chiara è Lepore a mettere nero su bianco la sua posizione: «Come in ogni valutazione che comporti rilevanti implicazioni sull’esercizio di pubbliche funzioni, ho soppesato limiti e conseguenze che un’iniziativa giudiziaria, a mio giudizio in quel momento ancora incompleta, avrebbe potuto riflettere sull’emergenza rifiuti», scrive. E poi: «Considero ancor oggi la decisione da me adottata rispettosa delle norme vigenti e coerente con l’imprescindibile dovere di accertare i fatti».

Ora l’assemblea chiesta dai pm potrebbe rimettere Lepore e De Chiara faccia a faccia, «per discutere con tutti noi della situazione dell’ufficio», dice uno dei promotori dell’iniziativa. In attesa, comunque, di ciò che sul caso Napoli deciderà – presto, forse prestissimo – la prima commissione del Csm.

°°° Amici, tutti noi sappiamo che il tormentone elettorale dell’anno scorso: i rifiuti a napoli, fu voluto, creato, e portato alle estreme conseguenze (con atroci danni alla città di napoli e all’immagine internazionale dell’Italia) da silvio berlusconi e dalla camorra. I suoi uomini di collegamento col “sistema camorristico” sono stati divelti dalle mani della magistratura e nominati repentinamente sottosegretari di governo. Ma ora si mette male: anche questa porcata di Mafiolo sta per essere scoperta. Cosa succederà?

P.S. No so se tutti sapete anche che i termovalorizzatori (di Acerra e gli altri) furono voluti e finanziati da Prodi… Questo bandito si limita a inaugurare e a farsi bello col lavoro di Prodi, già dal 2001.

napoli_monnezza

bertolaso_tn

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