La carfregna

Carfagna: «In Aula c’è di tutto ma si accaniscono sul premier»
Il ministro: «Fa il bene del Paese. Il resto sono affari suoi»

Gentile Direttore, trascorso un anno da un attacco mediati­co di inaudita volgarità a cui sono stata sot­toposta, sono qui a fare alcune considera­zioni su vicende che in questi giorni ci so­no state date in pasto con una morbosità e un’ossessività che ricordano molto quelle che hanno riguardato la sottoscritta.

Sono qui a dire la mia, se mi è consenti­to. Anche forte e fiera di un lavoro svolto, in soli dodici mesi, con impegno ed auten­tica passione in favore e a tutela dei sogget­ti più vulnerabili di questo Paese.

Qualcuno è ancora convinto che io, gio­vane donna che dalla tv è passata alla poli­tica con Berlusconi, non abbia il diritto di parlare, non abbia nulla di sensato ed intel­ligente da dire. Ed invece vorrei osare così tanto. Mi sia consentito. Lo faccio perché ho testa. E cuore. Ho testa né più né meno di tanti pseudo-intellettuali che si ergono pomposamente a maestri di vita e di scien­za, di etica e di morale, che parlano e stra­parlano giudicando tutto e tutti pretenden­do di essere i padroni assoluti del vero.

Certo, mi riconosco una buona dose di coraggio se sono qui, oso parlare e, di più, vorrei addirittura dare, sottovoce, ma molto sottovoce, un consiglio. Che è quello di fare un passo indietro, di ritorna­re al di qua di quel limite della decenza e del buon senso che è stato abbondante­mente superato.

Insinuazioni pesanti e volgari hanno ac­compagnato la mia scelta sciagurata. Quel­la di una giovane donna che, dopo una (a dire il vero) assai insignificante carriera in tv ha deciso di accettare la sfida di fare politica con il partito di Berlusconi. Atten­zione. Giovane donna, televisione, Berlu­sconi.

E qui casca l’asino!

Perché se cambiando l’ordine degli ad­dendi il risultato è lo stesso, sostituendo anche uno soltanto degli addendi il risulta­to sarebbe ben diverso e comporterebbe la legittimità dell’impegno politico.

Suvvia, siamo realisti.

Il Parlamento vede tra i suoi banchi alcu­ni uomini dalle assai dubbie capacità poli­tiche. Ma nessuno si sorprende. L’Aula di Montecitorio è stata frequentata da perso­naggi condannati per banda armata e con­corso in omicidio, facinorosi violenti, con­dannati per detenzione e fabbricazione di ordigni esplosivi, protagonisti di risse e di indecorosi episodi di cronaca.

Ma nessuno mai si è indignato.

Onorevoli che candidamente hanno am­messo di prostituirsi prima di approdare alla Camera, altri che, durante il loro incari­co, sono stati sorpresi a contrattare per strada prestazioni con transessuali.

Mai nessuno si è scandalizzato. Mai.

Allora viene un sospetto.

Che sia Berlusconi l’ingrediente indige­sto? Sì, è proprio così, Berlusconi indigna, scandalizza, inquieta.

Forse è arrivato il momento di mettere un freno a questa follia collettiva, a questo vizio malsano, che qualcuno tenta di fo­mentare, di guardare e giudicare la politi­ca dal buco della serratura, di giudicare le persone per l’aspetto estetico e per il lavo­ro, seppur onesto, che hanno fatto in pas­sato.

È assurdo, dopo anni di battaglie, è co­me tornare indietro quando i criteri seletti­vi per accedere alla politica erano il censo e il sesso.

Forse è proprio il caso di dire che si sta­va meglio quando si stava peggio!

Ed è sorprendente che le dichiarazioni e la persona dell’ex fidanzato di Noemi Leti­zia, condannato per rapina, secondo qual­cuno meritino più rispetto dell’impegno e della persona di una donna che ha l’unica colpa di aver lavorato in tv. Cosa è più gra­ve, mi domando, aver lavorato in tv o esse­re stato un rapinatore? Quanto tempo do­vrà passare ancora perché chi ha lavorato nel mondo dello spettacolo possa essere trattato almeno come un ex rapinatore o un ex detenuto?

Credo che si sia superato il limite del buon senso e tutti abbiamo responsabilità e doveri. A cominciare dalla politica che deve ispirarsi a criteri di rigore e di serie­tà. Quei criteri che hanno indirizzato l’atti­vità di un governo che ha risolto gravi emergenze e problemi quotidiani con tem­pestività ed efficacia, grazie ad un presi­dente del Consiglio che è riuscito non solo ad interpretare le speranze e i sogni degli Italiani, ma anche a tradurli in realtà. Que­sto, quello delle cose realizzate per il bene del Paese, è il terreno di confronto sul qua­le vogliamo misurarci e di cui deve rispon­dere agli italiani il presidente Berlusconi. Un leader mai prepotente o arrogante, con­sapevole di una innata capacità seduttiva che ha usato a fini di ricerca del consenso e non per scopi morbosi.

Un uomo leale, perbene e rispettoso.

Una persona di garbo e gentilezza, doti che qualcuno vorrebbe declassare a mera finzione e che invece sono autentiche. E, lasciatemi pure dire che, in un mondo po­polato da gran cafoni, sono qualità rare ed invidiabili. Il resto, tutto il resto, sincera­mente sono affari suoi. O, almeno, così do­vrebbe essere in un Paese «normale».

So che ho ben poca esperienza, ma cre­do di averne quanto basta per auspicare che l’Italia diventi un Paese «normale», do­ve chi fa politica viene giudicato per ciò che fa e chi governa per come governa. Per fare questo, però, c’è bisogno di uno sfor­zo di volontà da parte di tutti.

Forse è arrivato anche il momento che chi trascorre le sue giornate a criticare e a farci lezione, scenda dalla sua cattedra di cartapesta, si sporchi le mani con i pro­blemi veri e con le questioni che vera­mente interessano alla gente e dia il suo contributo alla crescita e allo sviluppo dell’Italia.

Qualcuno lo troverà più noioso, ma sa­rebbe sicuramente più proficuo.

Il Paese ne avrebbe un gran vantaggio. La qualità e il livello dell’attività politica, che qualcuno si diverte a far scadere verso il basso, ritroverebbero dignità e centralità.

Mara Carfagna, ministro per le Pari opportunità (Pdl)

°°° Non so chi abbia scritto queste minchiate sgrammaticate e ridicole alla carfregna, ma chiunque sia… fa veramente schifo come autore e come comunicatore. Ridicolo e patetico. Inoltre, è stata davvero ingenerosa la descrizione che dà di se stessa e di alcuni suoi compari di cosca. Anche se ha dimenticato altri reati commessi dal suo proprietario e da suoi soci, come l’appartenenza a cosa nostra, il riciclaggio, il ricatto, la strage, la corruzione, ecc. Forse per modestia, per umiltà. DE MINIMIS…

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la tv italiota dimmmmmmmerda

Risse in tv: una ogni 8 minuti

“Comunicazione Perbene”, è un’associazione no profit che studia l’ecologia nella comunicazione facendo una particolare attenzione ai bambini. Negli ultimi mesi ha intervistato 130 persone tra psicologi, pubblicitari e sociologi e posto sotto osservazione le reti televisive nazionali per capire quanto spazio abbiano le risse e gli scontri verbali nei programmi quotidiani. Il risultato è sconfortante: ogni 8 minuti, sui canali televisivi nazionali, scatta l’insulto. Quando va bene sono al massimo dieci minuti. Una media che se non fosse grottesca e preoccupante sarebbe ridicola. Perché gli insulti e le risse verbali (quelle fisiche sono più rare, e ci mancherebbe altro) avvengono per la maggior parte dei casi in fascia protetta, dunque diventano un esempio per i bambini italiani, che con il tempo si convinceranno che quella e solo quella è l’unica modalità e possibilità per dibattere e scambiarsi opinioni.

Non si tratta qui di ripescare il solito dibattito sulla televisione cattiva maestra, neppure di invocare i bei tempi antichi di una televisione educata e composta. Ma sostenere, in modo superficiale, che i tempi sono cambiati, non basta affatto. C’è molto di più, c’è il fatto che non esistono filtri soprattutto su certi tipi di programmi che per anni sono stati considerati un esempio di modernità televisiva, fenomeni mediatici da osservare con attenzione.

Secondo “Comunicazione perbene” i reality show e i talent show sono i programmi dove l’esplosione dell’insulto è più frequente e più estrema. Sono i soliti ignoranti che vogliono diventare famosi con niente, attori di risse provocate ad arte per diventare più popolari? Forse. Ma i programmi di informazione non sono da meno. Anche in quelli, con una media leggermente più alta di un insulto ogni 10-11 minuti, l’insulto è norma. Fanalino di coda, ed è sorprendente che sia così, i tradizionali programmi sportivi, dove un tempo, complice il tifo fazioso degli appassionati di calcio, si vedeva e si ascoltava di tutto. Oggi in quei programmi la media dell’insulto è di uno ogni 18-20 minuti.

C’è poco da consolarsi. Questo piccolo dettaglio, cronometrato e monitorato, non stupisce nessuno che abbia avuto la curiosità di fare zapping televisivo anche una sola volta nella vita negli ultimi anni. Ma pensare che siamo a una media di soli 8 o 10 minuti fa veramente impressione. Però questi signori – bombe a orologeria dell’inciviltà – non li sanziona nessuno, e nessuno si scandalizza, naturalmente.

rissa

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