La società dei magnaccioni

(da l’Unità)

Scoppia la crisi al Comune di Roma
di Jolanda Bufalini

È sparito l’assessore. In giunta mercoledì scorso non c’era. Il sindaco Alemanno, non si sa se in qualità di detective o di principale imputato, a domanda risponde: «Non ci sono novità». Francesco Storace, anche lui celebre per la passione da detective, dice di avere la soluzione del giallo: «Fonti autorevoli mi dicono che l’assessore si è dimesso il 5 giugno, un giorno prima delle europee, in una lettera in cui denuncia il caos delle controllate del comune». I sindacati non confermano la data. «L’ho sentito l’ultima volta venerdì 12», dice Salvatore Biondo, sindacalista della funzione pubblica Cisl «avevamo fissato un incontro sul riassetto delle società comunali per lunedì prossimo». Ma poi la riunione è stata “sconvocata” dal capogabinetto del sindaco Sergio Gallo. L’assessore desaparecido non è un due di briscola. Si tratta di Ezio Castiglione, assessore al Bilancio. Ovvero, secondo Roberto Morassut, «con Urbanistica e Lavori pubblici l’architrave del governo della città». Tecnico da tutti riconosciuto per la competenza, amico personale del sindaco Gianni Alemanno, Castiglione tace. Ma il silenzio anziché dissipare infittisce le nebbie del giallo. Anche perché, ufficiale o «ufficiosa», come sostiene Alemanno, la lettera c’è e dunque anche la crisi. Ma nessuno riferisce in Consiglio mentre si accavallano le ipotesi per la successione. E Maurizio Leo, tecnico targato An, il più papabile, fa professione di stima verso il dimissionario.

La prima pista è quella del «gruppo dei corvi» appollaiato in Campidoglio. «Un manipolo che condiziona il sindaco, svuota il lavoro del consiglio comunale, spossessa la giunta del suo ruolo», sostiene il segretario regionale del Pd Morassut. Il quadrumvirato, secondo Athos De Luca, è formato da Andrea Augello, Fabio Rampelli, Vincenzo Piso, Claudio Barbaro. «Lui cerca di far quadrare i conti, il sindaco di far quadrare le poltrone», stigmatizza Alfredo Ferrari, vice capogruppo Pd alla commissione Bilancio: «Alemanno, invece di preoccuparsi dell’efficienza e della tutela dei lavoratori si affanna a accontentare i potenti del momento». «Confondono il governo della città con il potere», rafforza Morassut.

Il casus belli è un documento di attuazione delle linee guida approvate il 15 maggio 2009 sul «Riassetto del gruppo comune di Roma». Prevede sostanzialmente tre cose: 1) riportare sotto controllo le aziende indebitate. Ama, per esempio, i cui nuovi vertici politicamente targati fanno piani megagalattici e bypassano i controlli tecnici trattando direttamente con il sindaco. Le entrate non migliorano e la pulizia della città è un disastro. 2) La dismissione di quote di minoranza in società di servizi «non strettamente necessari» alla pubblica amministrazione. Fra questi la società Gemma, 20% del comune. Ma quello è un punto di forza dell’Ugl e si sconta la fiera resistenza di Luca Malcotti, sindacalista e consulente del sindaco. O la Multiservizi, che fa pulizie nelle scuole e ha 4000 dipendenti, il comune dismetterebbe il suo 5% ma in favore di Ama. 3) L’integrazione o semplificazione di altre società: un gestore unico per i trasporti pubblici ma, dopo la sparizione dell’assessore i CdA di Atac, Trambus e Metro sono stati prontamente congelati. L’integrazione di Zetema e Palaexpò. Risorse per Roma è invece una società che si trova in una situazione kafkiana. Occupa, ormai, personale qualificato alla progettazione e al controllo del PRG. Ma il Campidoglio continua a ripianarle, unico committente, non dà più commesse. Il piano prevede una verifica economica «propedeutica a un nuovo contratto di servizio».

Ricordate il “buco”? Lo spauracchio agitato da Alemanno appena insediato contro Veltroni. A un anno di distanza si può fare un bilancio: sul piano della riduzione degli sprechi tanti passi in dietro. In compenso il sindaco è riuscito a ottenere 500 + 500 milioni dal governo (2008-2009). Per farne cosa? Investimenti nelle periferie, dice Ivano Caradonna presidente del municipio della Tiburtina, non se ne vedono. Si vedono invece i regali pronti per la rendita fondiaria, per il contenzioso: il più ricco è una roba da 200 milioni per il conte Vaselli a Tor bella Monaca. Ma i comuni, invece di tenere da parte i soldi, dovrebbero combattere giuridicamente fino all’ultimo colpo.

°°° Cari amici, ecco l’ennesima dimostrazione della pericolosità di questa destra. Sono assolutamenti incapaci di governare e di amministrare, dediti come sono soltanto al potere a a mangiare. Altri tre anni così e Roma diventerà una città morta e incolta come una Cagliari o una Potenza qualunque.

I CITTADINI ROMANI SONO PIENI DI DUBBI E DI PENSIERI BRUTTI.

dubbio

pensieri

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COLIAMO A PICCO. Grazie, silvio…

Crisi, allarme Ocse per l’Italia Giù il pil, più deficit e disoccupati

PARIGI – L’Ocse stima una profonda recessione quest’anno per l’Italia, con un Pil in calo del 5,3% e una ripresa nel 2010 a 0,4%. E’ quanto emerge dal rapporto sull’Italia nel quale si evidenzia che “tutte le previsioni sono soggette a una forte incertezza“. L’analisi dell’organizzazione rileva che il paese soffrirà di un forte incremento della disoccupazione (“che potrebbe raggiungere il 10% entro la fine di quest’anno”) anche nel 2010, il che determinerà un calo dei consumi. Allarme grave anche per il deficit, che “raggiungerà il 6% del Pil nel 2010, mentre il debito pubblico supererà il 115% e continuerà a crescere, nonostante un certo sforzo di consolidamento fiscale”, per tendere al 120%.

I consumi accuseranno un calo del 2,4% per restare poi fermi l’anno prossimo mentre gli investimenti fissi a fine 2009 crolleranno del 16% (-20,2% per macchinari ed equipaggiamenti) per tornare a crescere di appena l’1,3% nel 2010. Particolarmente negativo anche l’andamento del commercio estero: le esportazioni scenderanno del 21,5% (-0,7% nel 2010) e le importazioni del 20,2% (-0,2% nel 2010).

Rispetto alle previsioni pubblicate lo scorso 31 marzo, oggi l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica rivede le stime sul Pil a -5,3% nel 2009 (da -4,3%) e +0,4% nel 2010 (da -0,4%). L’aumento dell’impatto negativo è dunque bilanciato da qualche nota più ottimistica. “La recessione italiana ha sorpreso per la sua ampiezza – osserva il rapporto – ma grazie alla relativa solidità dei bilanci delle famiglie e delle imprese, la ripresa potrebbe essere più robusta che altrove“.

Quanto alle banche italiane finora hanno ben sostenuto il primo impatto della crisi e non hanno avuto bisogno di aiuti, “ma avranno probabilmente necessità di ulteriori mezzi propri man mano che la recessione si aggrava. Bisogna continuare gli sforzi per ricapitalizzarle, di preferenza con finanziamenti privati, sul mercato interno o all’estero, ma senza escludere l’iniezione di capitali pubblici”.

L’Ocse ricorda che l’Italia, inoltre, sconta i “lenti progressi nell’introduzione delle riforme strutturali per migliorare la competitività dei servizi e l’efficienza della pubblica amministrazione“. Dunque vede con favore le misure anticrisi che, “nonostante il limitato spazio di manovra”, sono state introdotte dal governo italiano, ma raccomanda che “nel lungo periodo la performance economica può essere migliorata con riforme macroeconomiche e strutturali”.

Quanto al federalismo fiscale, “potrebbe essere difficile da perseguire. L’introduzione del meccanismo del federalismo fiscale al momento attuale può porre difficoltà ed è importante che abbia un forte sostegno politico e regionale“, afferma l’organizzazione, dando comunque atto che “le linee base della legge, in particolare il finanziamento della spesa essenziale da parte delle entrate centrali su una base standard dei costi e un trasparente meccanismo di suddivisione delle entrate basato sull’Iva e sulla capacità di introito fiscale, sono sane“. Secondo l’Ocse, inoltre, “una nuova tassa locale, in parte basata sul valore delle proprietà di case, sarebbe altamente desiderabile dal punto di vista del federalismo fiscale“.

L’Ocse non sembra essere favorevole agli incentivi italiani per l’acquisto dell’auto varati ad inizio 2009. “Il sostegno all’industria dell’auto rischia di provocare una allocazione squilibrata di risorse“. L’Ocse afferma che gli incentivi sono stati, probabilmente, motivati dalle preoccupazioni che gli aiuti decisi da altri paesi potessero penalizzare i produttori nazionali.
(17 giugno 2009)

°°° Da profano, mi salta agli occhi una cosa terribile: l’Ocse fa i suoi conti basandosi sul fatto che noi abbiamo un GOVERNO NORMALE!!! Invece qui abbiamo un dittatorello del cazzo, malavitoso e incapace, e una serie di suoi domestici buoni solo per farne sapone: da alfano alla brambilla, dalla gelmini a maroni, da calderoli alla carfregna… gente che non potrebbe amministrare nemmeno un condominio di pollai!

poverta

povertyct1

viuleenz

cesso

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