Berlusconi mafioso… e dov’è la notizia?

Il «fattore Spatuzza» agita il premier

di Susanna Turco

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Il ddl sul processo breve è ai blocchi di partenza al Senato, la maggioranza vuole approvarlo prima di Natale, l’opposizione protesta, Alfano litiga coi magistrati sul numero dei processi che salterebbero. Tuttavia, per la verità, mentre grande è il clamore che si fa intorno all’ennesima nave ad personam per salvare il

Cav dai suoi processi, nel centrodestra da Berlusconi in giù si discute di tutt’altro. Digerita più o meno volentieri la prospettiva di votare l’ennesima micro-macro modifica del codice, infatti, è ben altra la preoccupazione che occupa le menti dei componenti la maggioranza, ai livelli bassi come a quelli alti. «Il processo breve che interessa tanto voi giornalisti rischia di essere superato dai fatti: a noi sta molto più a cuore la tegola che potrebbe arrivare sul premier», sintetizzano ai piani alti del Pdl.

La “tegola” sarebbe la possibile concretizzazione delle vociferate novità in arrivo dalle procure di Firenze e Caltanissetta, quelle che indagano sulle stragi di mafia del ’93-’94. Ciò che insomma, nei corridoi di Montecitorio chiamano per brevità il “fattore Spatuzza”, con riferimento al pentito che punta il dito sul premier e che sarà sentito il 4 dicembre. Indiscrezioni e voci, segnale eloquente, avvolgono persino i giornali di centrodestra. In varia forma dialettica. Irridente il “Giornale”: «Scoppierà un nuovo presunto scandalo. Ve lo anticipiamo. Berlusconi è mafioso e responsabile delle stragi degli inizi degli anni Novanta». Dietrologista “Libero”, che pur «senza prove» «scommette» sulla «già avvenuta» iscrizione tra gli indagati del premier e di Dell’Utri e si chiede: «Quando e perché verrà fatta trapelare l’indiscrezione?». Definitivo per calembour il Foglio: «Come difendersi da uno Spatuzza che darà di mafioso a Berlusconi?». Si capisce così perché, nei corridoi di Palazzo sommersi di voci, si dia per inutilmente acquisito il ddl sul processo breve. «È chiaro», spiega una gola profonda, «che tutto lo sforzo di bloccare il processo Mills allo scopo di garantire a Berlusconi la presentabilità internazionale non servirebbe più a nulla». Perché «se è “impresentabile” un premier condannato in primo grado per corruzione, cosa potrebbe essere di un leader indagato per legami più o meno stretti con la mafia?». L’aggravante, vista con gli occhi del Cav, è peraltro che questa evenienza sarebbe inaggirabile per via legislativa. Di qui l’idea di «parlare agli italiani». Allo scopo di fare per via politica ciò che non gli riesce per legge: ritrovare l’unanimità per andare avanti. Del resto, una specie di mozione anti-magistratura su cui far esprimere il Parlamento era tra le bozze circolate nel bailamme di qualche settimana fa. Ora, dicono, il Cavaliere potrebbe anche ritirarla fuori. E magari, proprio su questo, eseguire la famosa conta su chi sta con lui e chi no.

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