Soliti metodi mafiosi

BERLUSCONI, PD IN LIQUIDAZIONE; RUTELLI-LETTA SE NE VANNO

“Il Pd e’ in liquidazione. Tutti sanno che dopo il 7 giugno Rutelli fara’ un nuovo partito, Enrico Letta andra’ con Casini e molti degli attuali esponenti democratici si sposteranno a sinistra.” Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un’intervista a un’emittente locale.

Roma, 16:35
FRANCESCHINI: PD?BERLUSCONI CONFONDE DESIDERI CON REALTA’

“Il Pd in liquidazione? Berlusconi confonde i suoi desideri con la realta’”. Il leader Democratico, Dario Franceschini, risponde cosi’ al Presidente del Consiglio che oggi ha dichiarato in una intervista che il Pd e’ un partito in liquidazione e che esponenti come Rutelli e Letta sono pronti ad andarsene. “Mai come adesso – afferma Franceschini – il Partito Democratico e’ stato cosi’ unito, forte e nessuno pensa di uscire, tutti pensano a come battere Berlusconi”.


E.LETTA, BERLUSCONI? STUPIDAGGINI SU DI ME; DICA VERITA’

“Silvio Berlusconi, nel giorno in cui su Repubblica escono particolari sulla sua vita privata che, se confermati, sarebbero disgustosi, si permette di tirarmi in ballo per dire stupidaggini. Evidentemente per coprire quel che sta uscendo sulla sua vita privata. L’unica risposta possibile e’ quella di chiedere al Presidente del Consiglio del nostro paese di dare spiegazioni sulle vicende che lo riguardano, che ormai non possono piu’ essere passate sotto silenzio dal rispetto che fino ad ora abbiamo avuto. A questo punto esiste soltanto la semplice ed esigente richiesta della verita’”. Cosi’ Enrico Letta, responsabile Welfare del Pd, replica al premier.

b-porc13

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SPRAAAANG!!!

l vice primo cittadino uscente stacca nettamente Morandini del Pdl
La leghista Giuliani terza. Il Pd ha quasi il 30% dei consensi, il Pdl quasi il 12%
Trento, Andreatta è il nuovo sindaco
E i democratici sono il primo partito

TRENTO – Buone notizie per il Partito democratico e i suoi alleati da Trento. Il vicesindaco uscente Alessandro Andreatta trionfa alle elezioni per la carica di primo cittadino con il 64,42% contro il 20,64% di Pino Morandini del Pdl. La candidata leghista, Bruna Giuliani, si attesta al 7,60%. Francesco Porta, sostenuto da Rifondazione e Comunisti italiani, ha ottenuto il 2,31% dei consensi, Luigi Merler (alleanza di centro e Civica Tridentum) l’1,76%, Claudio Taverna (Pensionati) l’1,23%, Alessandro Cocca (lista di musicisti Progetto Trento Soul Moderno) l’1,15%, Emilio Giuliana (Destra sociale) lo 0,89%.

“Sono molto soddisfatto, il nostro progetto è stato premiato, è una vittoria di tutta la coalizione”, è stato il primo commento di Andreatta, sostenuto da Pd, Upt, Di Pietro-Idv, Patt, Udc, Verdi, Socialisti democratici e Leali al Trentino. Morandini, invece, rappresenta il Pdl e una lista civica col suo nome.

Tra i partiti il più votato è il Pd, con il 29,79% dei voti, seguito dall’Unione per il Trentino (Upt) del presidente della provincia Lorenzo Dellai con il 17,06% e dal Pdl 11,93%. La Lega è al 7,78%, la lista civica Morandini al 7,19%, il P.A.T.T. al 4,71%. Seguono l’Idv con il 3,44%, i Socialisti democratici con il 3,18%, i Verdi con il 2,88%, l’Udc con il 2,72%, Rifondazione e Comunisti al 2,38%. Le altre liste sono sotto al 2%.

Con oltre il 64% dei voti, Andreatta si colloca praticamente allo stesso livello del suo predecessore, Alberto Pacher, sindaco storico e leader del Pd trentino che, nel maggio del 2005, arrivò al 64,3%. In quell’occasione, il Pd non c’era ancora: i Democratici per l’Ulivo raggiunsero circa il 18% e la lista civica per Pacher arrivò al 28%. Alle politiche del 2008, gli elettori del comune di Trento diedero il 38% al Pd, il 6,3% all’Idv, il 25,7% al Pdl e il 12,1% alla Lega Nord.

Ma questa tornata amministrativa – che ha coinvolto anche altri cinque comuni del Trentino e quattro dell’Alto Adige – è stata caratterizzata anche dalla bassa affluenza. A Trento, ha espresso il proprio voto il 60,1% degli elettori. Alle comunali del 2005 aveva votato il 70,1% degli aventi diritto.

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CRIBBIO!

Nella sfida per la carica di sindaco il vice primo cittadino uscente
stacca nettamente Morandini del Pdl. La leghista Giuliani terza
Trento, Andreatta verso la vittoria
E i democratici sono il primo partito

TRENTO – Le sezioni scrutinate sono 53 su 97. E portano buone notizie per il Partito democratico e i suoi alleati. Alessandro Andreatta, vicesindaco uscente e candidato primo cittadino a Trento, è in nettissimo vantaggio sullo sfidante Pino Morandini del Pdl: 64,15% contro il 21,01%. La candidata leghista, Bruna Giuliani, si attesta sul 7,56%.

“Sono molto soddisfatto, il nostro progetto è stato premiato, è una vittoria di tutta la coalizione”, è stato il primo commento a caldo di Andreatta. Che rappresenta il centrosinistra autonomista: Pd, Upt, Di Pietro-Idv, Patt, Udc, Verdi, Socialisti democratici e Leali. Morandini, invece, rappresenta il Pdl e una lista civica col suo nome. Tra i partiti il più votato è il Pd, che si attesta sopra il 31%, seguito dall’Unione per il Trentino 15,5% e dal Pdl 11,9%. La Lega è all’8%, l’Idv al 3,6% e l’Udc al 2,55%.

Con circa il 64% dei voti, Andreatta si colloca praticamente allo stesso livello del suo predecessore, Alberto Pacher, sindaco storico e leader del Pd trentino che, nel maggio del 2005, arrivò al 64,3%. In quell’occasione, il Pd non c’era ancora: i democratici per l’Ulivo raggiunsero circa il 18% e la lista civica per Pacher arrivò al 28%. Alle politiche del 2008, gli elettori del comune di Trento diedero il 38% al Pd, il 6,3% all’Idv, il 25,7% al Pdl e il 12,1% alla Lega Nord.

Ma questa tornata amministrativa – che ha coinvolto anche altri cinque comuni del Trentino, e quattro dell’Alto Adige – è stata caratterizzata anche dalla bassa affluenza. A Trento, ha espresso il proprio voto il 60,15% degli elettori. Alle precedenti comunali del 2005 aveva votato il 70,16% degli aventi diritto.

PARTE LA DéBACLE?

andreatta

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I veri fannulloni

In calo la produttività in aula. Migliore la performance
della Camera, dove c’è seduta da lunedì a giovedì
Al Senato si lavora solo 10 giorni al mese
Il record di aprile: 7 ore in una settimana

di CARMELO LOPAPA

ROMA – Tre giorni di lavoro a settimana. Non uno di più, qualche volta meno. Come nell’ultima di aprile, quando gli onorevoli senatori hanno varcato l’ingresso di Palazzo Madama martedì 28 alle 16,30 per chiudere i battenti già l’indomani, mercoledì 29, alle 20,08. Per non dire della seconda settimana di aprile, quella che ha preceduto la Pasqua, al lavoro solo il mercoledì 8, poi trolley e via, tutti a casa in vacanza per tornare 13 giorni dopo, il 21. Ad ogni modo, negli ultimi due mesi il pallottoliere ha segnato una media di 10-11 giorni lavorativi al mese, con minimi storici da 7 ore d’aula, come in quell’ultima settimana di aprile.

Sarà pure l’età media più alta, ma la questione si pone perché, a scorrere il timing delle sedute della Camera alta, si scopre che la campanella non suona mai prima del martedì pomeriggio e il giovedì mattina quasi sempre si chiude. Settimana corta, cortissima. Certo, c’è l’attività delle commissioni, ma la media di lavoro settimanale (come si riscontra nella tabella in alto) è quella che è. E, sebbene nel periodo preso in esame, marzo-aprile, siano stati approvati al Senato importanti ddl, dal testamento biologico al federalismo, i dati stridono con quelli dello stesso periodo alla Camera.

A Montecitorio, da marzo, il presidente Gianfranco Fini ha introdotto la cosiddetta “settimana bianca”, per consentire ai deputati di lavorare sui rispettivi territori. Ha compensato tuttavia allungando le restanti tre settimane: aula già dal lunedì e fino al giovedì sera. Anche lì, c’era la promessa di prolungare fino al venerdì mattina, ma finora è accaduto solo nell’ultima settimana di marzo, con pochissimi deputati presenti per interrogazioni e interpellanze. La media resta tuttavia almeno di quattro giorni a settimana e 16 al mese.

Al Senato il presidente Renato Schifani aveva provato a suonare la sveglia. “Al di là delle richieste di modifica del regolamento, si possono disciplinare meglio i lavori dell’aula in modo da lavorare qualche ora in più durante la settimana”. Era il 2 ottobre scorso e già allora – 4 mesi dopo l’inizio della legislatura – i numeri lasciavano a desiderare, sebbene non si fossero toccati picchi negativi di queste ultime settimane. La presidenza si scontra tuttavia con l’andazzo generale.

“Aumentare l’attività può essere un obiettivo condivisibile, ma smentisco che esista un caso Senato – sostiene Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo Pdl – Anzi, in questi mesi la nostra assemblea si è ritrovata in anticipo sul lavoro, rispetto alla Camera. Andiamo più veloci e abbiamo approvato in prima lettura ddl che ancora attendono la seconda a Montecitorio. Disponibili a una razionalizzazione dei lavori, alla riforma dei regolamenti, ma anche quella deve essere bicamerale”.

E invece il problema esiste, eccome, a sentire i Democratici che sollevano il caso. “Si lavora meno del dovuto e si lavora male – sostiene Luigi Zanda, vicecapogruppo Pd – La nostra proposta di riforma del regolamento consentirebbe un salto in avanti, sia nel numero di sedute che nella qualità del lavoro. Chiediamo che si lavori almeno 4 giorni alla settimana, 3 nelle commissioni, 1 in aula, perché il problema è non trasformare l’aula in una semplice macchina approva-decreti. Purtroppo, col “porcellum”, i parlamentari di maggioranza sono esecutori della volontà dell’esecutivo e il Parlamento in questa legislatura è un ufficio “disbrigo” del governo. Unica missione, trasformare in legge i decreti. I poteri ne risultano stravolti: l’esecutivo fa le leggi, le Camere eseguono ordini”.


°°° A parte le varie zanicchi e de michelis che vanno a rubarsi 40mila euro al mese (oltre a benefit e pensioni d’oro) in Europa, ecco gli schiavetti senza spina dorsale del mafionano come vengono beneficiati in cambio del loro servilismo. E io pago!

senato

I SENATORI E I DEPUTATI DESTRONZI.

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