Con Mafiolo via a nuovi abusi

Abusi edilizi e turismo di massa: così muore il Parco nazionale del Cilento
Le responsabilità delle amministrazioni locali: «Era più intatto prima che diventasse area protetta»

Le costruzioni abusive di Montecorice devono essere abbattute da oltre vent’anni

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SALERNO – Gli abusi edilizi e un distruttivo turismo di massa stanno danneggiando il Parco nazionale del Cilento. È l’accusa formulata nel Secondo dossier Cilento, redatto dal CodaconsCampania e pubblicato sul sito web dell’associazione con le molteplici violazioni denunciate.

VIOLAZIONI – Il parco è stato istituito nel 1991 e grazie ai suoi 180 mila ettari è il secondo parco nazionale più grande d’Italia. Nello stesso anno è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco e dal 1997 la stessa agenzia dell’Onu l’ha riconosciuto riserva di biosfera. Ricco di aree protette e di significativi siti storico-culturali (tra i più famosi i templi di Paestum e la Certosa di Padula), a vigilare sull’integrità del territorio e tutelarne le qualità culturali e naturali è l’Ente parco. Secondo il Codacons, però, nel corso degli ultimi anni si sono protratte «sistematiche violazioni delle leggi» che hanno determinato «numerosissime sofferenze ambientali e paesaggistiche» in tutto il territorio protetto. Dal dossier si deduce che le principali responsabilità dell’emergenza ambientale del Parco nazionale vanno ricercate nelle amministrazioni locali, troppo spesso pronte a «svendere legalità per acquistare consenso». Lo stesso l’Ente parco, in numerose occasioni, ha dimostrato inerzia e incapacità a svolgere un’effettiva azione di tutela dell’ambiente e del paesaggio. Alla fine il documento constata, non senza amarezza, che «il Cilento era più intatto prima che diventasse un’area protetta».

ABUSI EDILIZI – L’abusivismo edilizio è una delle piaghe maggiori che si registrano nel parco nazionale. Nel 2005 i carabinieri hanno accertato cento casi di abuso edilizio, ma il fenomeno è in netta crescita. Il Codacons afferma che sia la popolazione sia le istituzioni tollerano questo costume tanto da «non applicare le misure di contrasto e di repressione previste dalla legge». L’Ente parco, nel corso della sua quasi ventennale esistenza, ha emesso solo quattro ordinanze di demolizione, mentre non ha promosso azioni effettive nei confronti dei ripetuti abusi edilizi. Il caso più eclatante è quello di Montecorice, nei pressi della riserva di Punta Licosa, dove manufatti di cemento che devono essere abbattuti da oltre 20 anni sono ancora in piedi malgrado le sentenze passate in giudicato. Scheletri di cemento che deturpano una meravigliosa collina che si affaccia sulla baia di Punta Licosa.

ECOMOSTRI CON I FONDI EUROPEI – Càpita anche che in un’area protetta siano costruiti improbabili e maestosi edifici con finanziamenti europei. È il caso di due singolari progetti: il Centro internazionale per lo studio delle migrazioni e il Museo del fiume e dell’area faunistica della lontra. Il primo è stato portato a termine nel Comune di Centola con una spesa di circa 1.290.000 euro di fondi europei. Il secondo è stato edificato nel Comune di Aquara e ha comportato un esborso di oltre 500 mila euro. Oggi queste strutture non sono attive e secondo il Codacons la loro costruzione ha prodotto «una devastazione paesaggistica di un’intera area, prima di allora pregiatissima». «È incredibile», afferma l’avvocato Pierluigi Morena, dell’ufficio legale del Codacons, «come si sperperi il denaro pubblico per creare eco-mostri in aree sensibili». Il dossier denuncia che il Centro internazionale per lo studio delle migrazioni non è stato costruito con «materiali ecologici, compatibili e facilmente mimetizzati con l’ambiente circostante», ma è stata innalzata in posizione dominante e con calcestruzzo «una vera palazzina di tre piani, a forma di fungo circolare».

CEMENTIFICAZIONE E TURISMO DI MASSA – L’area del Cilento vive soprattutto di turismo. Località come Palinuro, Agropoli, Acciaroli ospitano decine di migliaia di villeggianti nei mesi estivi. Spesso le amministrazioni locali, pur di incrementare l’afflusso dei turisti, approvano progetti di dubbio impatto ambientale. È il caso della cementificazione del porto turistico di Pisciotta, cittadina a pochi chilometri da Palinuro (i lavori sono attualmente fermi dopo l’intervento della Sopraintendenza che ha constatato «la completa asportazione della scogliera preesistente, nonché il salpamento di parte della scogliera a sud del porto»). O ancora del progetto di costruzione di circa 40 villini da parte della cooperativa Sea Village in un’area protetta in località Lacco di Pisciotta, a pochi metri dal mare. Quest’ultimo progetto ha dato luogo a una vicenda giudiziaria con risvolti penali che ha visto coinvolti anche amministratori locali. Naturalmente il litorale costiero è quello che soffre di più la minaccia del turismo di massa. Il Codacons denuncia «le crescenti concessioni agli stabilimenti balneari nell’area dunale» sul pregiato litorale di Marina di Camerota. Il carico degli stabilimenti danneggerebbe l’intero territorio, «con pregiudizio anche per le specie di uccelli (gabbiano reale e gabbiano corso) che nidificano sulle falesie rocciose lì presenti». L’attività umana avrebbe tra l’altro provocato «gravi perdite di specie autoctone sulla spiaggia di cala del Cefalo».

IL KARTODROMO E LA GALLERIA – La fantasia degli amministratori locali non conosce limiti. Il Comune di Torraca vuole portare a termine la costruzione di un kartodromo e di una centrale eolica sulla montagna di Casalbuono, sul golfo di Policastro, «zona ritenuta dall’Autorità di bacino molto fragile per la sua natura carsica, quindi inadatta a ogni attività umana». Dopo la denuncia del Codacons sarà l’autorità giudiziaria a stabilire se effettivamente è possibile costruire una pista di kart su una montagna carsica. Ma forse il progetto più incredibile è quello denominato Interconnessione degli schemi idrici Sele–Alento, presentato nel luglio 2008 dal Consorzio Velia per la bonifica dell’Alento. Il piano prevedeva la deviazione del fiume Calore, nel tratto delle note gole, e la costruzione di una galleria di 2,5 km che avrebbe permesso alle acque di confluire nel bacino dell’Alento, lago artificiale e importante fonte di approvvigionamento idrico per il territorio. Lo scopo del progetto era aumentare l’acqua a disposizione per fini domestici e combattere «la tropicalizzazione del clima nel sud Italia». Sulla questione è intervenuto anche il Wwf Italia che, attraverso il presidente Enzo Venini, ha sostenuto che se il progetto fosse stato attuato «avrebbe causato la scomparsa del fiume Calore, tra i più vitali e meno inquinati del sud Italia, con la conseguente distruzione dell’ecosistema legato al fiume». Il Codacons su questa vicenda aveva avviato una campagna di tutela intitolata Salviamo il fiume Calore. «Quella campagna», sostiene il presidente del Codacons Campania, professore Marchetti, «ha dato un contributo decisivo per fermare un progetto faraonico, inutile e dannoso».

ABBATTIMENTO – Il direttore dell’Ente parco, Angelo De Vita, non nasconde i numerosi problemi che affliggono il Parco nazionale, ma pone l’accento anche sulle tante attività intraprese: «Nel corso degli ultimi anni abbiamo portato a termine numerose iniziative che hanno fatto conoscere i nostri territori anche al di fuori dell’Italia. Gli abusi edilizi sono un problema grave. Spesso però gli abbattimenti non sono portati a termine per mancanza di fondi. Infine ci sono i soliti problemi burocratici con i singoli Comuni. Non voglio certo scaricare le colpe sugli amministratori locali, ma nell’immediato futuro cercheremo di trovare un’intesa con loro e abbatteremo quelle costruzioni che da anni sono state dichiarate illecite».

Francesco Tortora
21 maggio 2009

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Le cazzate di Mafiolo

Lacrime di Caimano di Marco Travaglio

“Berlusconi giura che tornerà, se necessario, ‘ogni giorno’ in Abruzzo. E lo farà perché lui è il presidente del Consiglio e sotto di lui c’è il dipartimento della Protezione civile. “Non vi abbandoneremo”, ripete più e più volte, stringendo le mani degli sfollati, promettendo impegno a chi implora di non dimenticare questa tragedia. Ai bambini della tendopoli di San Demetrio chiede addirittura di convincere le mamme a portarli al mare, nell’attesa consiglia di proteggersi ‘con la crema solare’. A trasportarli sulla costa
abruzzese ci penseranno ‘gli autobus’ organizzati per l’occasione, tutto ‘a spese dello Stato’…” (Apcom, 7 aprile 2009)

“Berlusconi in lacrime: non vi abbandoneremo… E’ stata una lunga notte quella del premier, arrivato in Molise alle dieci di sera e ripartito alle due del mattino, dopo aver visitato anche gli ospedali di Larino e Termoli: ‘Su che ce la fate a uscire presto di qui, vi vedo in gamba’, ha detto a quelli che stavano meglio” (Corriere della Sera, San Giuliano di Puglia, 2 novembre 2002).

“San Giuliano, case nuove per 500 persone. Consegnati i prefabbricati di legno. Berlusconi: sono provvisori, entro sei mesi partirà la ricostruzione. Il
premier ha ringraziato Corriere e Tg5 che hanno raccolto oltre 12 milioni di euro: ‘Sono orgoglioso di quello che lo Stato e la Protezione civile hanno
saputo fare’. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non ha risparmiato i complimenti, ieri pomeriggio, durante l’inaugurazione del villaggio provvisorio, in prefabbricati di legno, che accoglie 146 nuclei familiari rimasti senza casa dopo il terremoto del 31 ottobre. Appena messo piede a terra, all’eliporto del nuovo villaggio, ha incontrato il presidente della Rcs Editori, Cesare Romiti, il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, e Vito Oliva, in rappresentanza del Tg5. Berlusconi ha ringraziato calorosamente per la raccolta di fondi organizzata dalle due testate giornalistiche, ‘Un aiuto subito terremoto del Molise’: ‘Con i 12 milioni di euro che avete messo a disposizione la Protezione civile ha potuto costruire il nuovo villaggio. Il governo ne ha aggiunti 5 e mezzo. Un grande successo nella collaborazione tra privato e pubblico’. Berlusconi, durante la visita del nuovo insediamento, si è assunto un preciso impegno: ‘Queste case sono comode, ma sono comunque provvisorie. Entro 6 mesi inizierà la ricostruzione di San Giuliano. La valutazione sismica del terreno è stata completata, entro pochi mesi si deciderà quali case ricostruire e quali aree destinare al verde’…” (Corriere della Sera, 29 marzo 2003).

“Gli abitanti ancora nei prefabbricati. Il comitato delle vittime: ‘Sarà un autunno caldo’. San Giuliano senza rinascita. Due anni dopo il sisma ferme ricostruzione e perizia sulla strage. ‘L’unica cosa positiva è che il villaggio provvisorio è fatto bene. Per il resto è stata la fiera delle promesse non mantenute. Quando è venuto Berlusconi, subito dopo il terremoto, ci ha detto che San Giuliano sarebbe stata ricostruita in due anni. Poi quando è tornato, a Natale del 2002, ha corretto: ‘Due anni, dal momento in cui avremo in mano il progetto definitivo della ricostruzione’. Ma il presidente della
regione Molise, Michele Iorio, nominato commissario per la ricostruzione, ha fatto approvare il progetto soltanto nel luglio scorso. Per di più in tutto questo tempo non sono state completate le demolizioni. Ci sono ancora 20 case da abbattere. In un anno nessuno ha fatto niente. Ci sono ancora da rimuovere le macerie delle demolizioni completate nel giugno del 2003. Ma le rimozioni, guarda caso, sono iniziate solo dieci giorni fa, quando è stata annunciata la visita del presidente del Consiglio’… Per quanto riguarda i tempi della ricostruzione, siamo allo scaricabarile. Luigi Barbieri, il nuovo sindaco di San Giuliano, eletto nel giugno scorso, elenca gli errori del suo predecessore e le responsabilità del presidente Iorio: ‘Come commissario delegato, doveva predisporre il piano di ricostruzione d’intesa col comune. Ha nominato due tecnici che dovevano seguire il piano. Quando questi sono entrati in conflitto con i tecnici del comune e si sono dimessi, lui non li ha sostituiti’. Tranquillo il commissario delegato per la ricostruzione, Michele Iorio: ‘Sono tempi che potrebbero apparire eccessivi – osserva – ma non credo di poter dire che ci sia stato un ritardo’…” (Corriere della Sera, 30 ottobre 2004).

“San Giuliano, a tutti i soldi delle collette. La decisione contro il parere della Protezione civile. Assegnata anche un’una tantum di 1.000 euro ai parenti dei defunti negli ultimi 3 anni. Il sindaco distribuisce fondi. E chi non ha subìto danni li usa per auto e viaggi. Lunedì il terzo anniversario dal sisma. Nel 2007 la fine dei lavori di ricostruzione della scuola… ‘Provo mortificazione e disgusto per tale obbrobriosa decisione…’. A Carmela Ferrante, che si sente morta ormai da tre anni, da quando il terremoto schiacciò la scuola di San Giuliano e la vita della sua bambina più grande, a Carmela l’unica parola che viene è quella: mortificata. Un’altra volta. ‘Spartire i soldi in questo modo è irrispettoso. Che cosa resta della solidarietà che tutto il mondo ci ha dimostrato? Nulla. Un pugno di mosche. È un insulto. Un’offesa alla memoria di chi non c’è più. È umiliante che diano un contributo uguale per tutti. Offensivo per me che ho perso una figlia. Imbarazzante per chi non ha avuto neanche un danno’. Il 31 ottobre 2002 si mosse il mondo, su San Giuliano. La scuola crollata. I 27 bambini e le loro maestre sotto. Le tv dal Canada e dal Giappone. Le sottoscrizioni, le collette, i vaglia, gli sms. Australiani commossi che ritagliavano dai giornali la foto d’un terremotato molisano, graffettavano cento dollari e sulla busta scrivevano: ‘Please, dateli a lui…’. Tre anni dopo, le lacrime sono finite e i soldi anche. Se li sono spartiti. Nessuno l’ammette, tutti lo sanno: chi s’è fatto la macchina bella e chi il parquet nelle case popolari mai lesionate; chi s’è regalato l’hi-fi e chi la vacanza alle Maldive… Gli ultimi due milioni e mezzo di euro, gli aiuti spediti dal mondo intero ‘senza vincolo di destinazione’, il sindaco Luigi Barbieri li ha divisi così: 2.250 euro a testa. Come i pacchi di Pupo. Un ‘contributo simbolicò a chiunque. Vecchi e neonati. Ricchi e poveri. Single e famiglie numerose. E siccome i soldi avanzavano ancora, che cosa ci si è inventati? Un bonus ai morti. Ma mica a quelli del sisma: quelli che, pace all’anima loro, se ne sono andati anche un mese fa. Mille euro una tantum, a chiunque dal 2002 a oggi abbia avuto in famiglia un lutto qualsiasi, la nonna presa dal coccolone o lo zio malato. L’Enalotto del terremoto non ha ridato sorrisi. Tre anni dopo, San Giuliano è un paese distrutto. Non solo nei muri. Il marito di Carmela, che è poi l’ex sindaco Antonio Borrelli, a gennaio sarà processato per omicidio e disastro colposi, assieme a progettisti e costruttori della scuola: il suo bambino viene insultato in strada, ‘figlio d’un assassino’, i fiori sulla tomba della figlia morta li strappano e li buttano via. Sono cominciati i lavori di ricostruzione, i cantieri hanno l’ordine d’assumere i terremotati, ‘abbiamo fatto mille solleciti – si stupisce Massimiliano Di Pietro Paolo, direttore degli appalti per la chiesa -, ma nessun operaio è della zona: qua litigano e basta’. L’ultima, è la lite sui soldi. Benedetti dal sindaco Barbieri, che ci ha fatto la campagna elettorale. Maledetti da qualcun altro… Il primo a non starci, e per iscritto, è il capo della Protezione civile Guido Bertolaso: quando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (febbraio 2005) autorizzò il sindaco a utilizzare i ‘fondi non vincolati’, quando si capì che a San Giuliano quei soldi non li avrebbero impiegati in opere, Bertolaso (10 marzo 2005) suggerì d’evitare almeno il bonus ai morti di morte naturale. Il parroco, le vittime, il tecnico: voci inascoltate. A San Giuliano hanno acchiappato, poco e subito, e oggi sono sempre tutti lì, nel villaggio prefabbricato, fra rancori e rimpianti, ad aspettare una scuola nuova che ancora non c’è, le case nuove che non si vedono. Data fine lavori: 2007 (forse). Lunedì, terzo anniversario, si piangeranno i bambini morti. Il presidente Ciampi s’era inchinato alla loro memoria con 27 medaglie d’oro. Ma le onorificenze stanno ancora in un cassetto: tre anni dopo, al contrario dei soldi, nessuno ha fretta di consegnarle” (Francesco Battistini, Corriere della sera, 28 ottobre 2005).

“New L’Aquila: una città tutta nuova in 24 mesi, al massimo in 28. La promessa di Silvio Berlusconi nel giorno del dramma abruzzese ha il fascino degli effetti speciali. Il presidente del Consiglio la chiama ‘new town’, termine britannico per indicare gli insediamenti satellite, ma che in italiano ha un grande modello concreto: Milano 2, la prima creatura del Cavaliere, l’inizio della sua epopea. Le frasi pronunciate dal premier a L’Aquila hanno però qualcosa di déjà vu: ‘Entro due anni gli abitanti riavranno le case’. Ricordate? Era lo choc di San Giuliano, il paesino del Molise dove il 31 ottobre 2002 il terremoto si era accanito contro la scuola uccidendo 27 bambini e la loro insegnante. Tre giorni dopo la strage, il premier convocò una conferenza stampa: ‘Mi sono intrattenuto con degli amici architetti per mettere a punto un’ipotesi di progetto per la costruzione di una nuova San Giuliano’. Anche allora il disegno era quello della new town, la città satellite: ‘Un quartiere pieno di verde con la separazione completa delle automobili dai
percorsi per i pedoni e per le biciclette. Un progetto che potrebbe portare in 24 mesi a consegnare agli abitanti di San Giuliano dei nuovi appartamenti
funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica’. Non sembrava un’impresa difficile: nel paese colpito gli abitanti erano soltanto 1.163 e gli edifici poche centinaia. ‘Vorrei in questa occasione dare risposte con dei tempi assolutamente contenuti e certi’, ribadì il premier. E tutto il governo mostrava ottimismo, come sottolineò il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu davanti al Parlamento: ‘Il presidente del Consiglio ha assicurato che entro 24 mesi il comune verrà riconsegnato alla completa e
normale fruibilità degli abitanti’. Ma sette anni dopo, la ricostruzione di San Giuliano è ancora lontana dalla fine. E di domotica, ossia di edifici ‘intelligenti’ ad altissima tecnologia, non se n’è vista proprio. Persino per completare la nuova scuola – questo sì un istituto d’avanguardia, definito ‘il più antisismico d’Italia’ – di anni ce ne sono voluti quasi sei. Berlusconi ha fatto in tempo a finire il governo, lasciare la poltrona a Romano Prodi e tornare a Palazzo Chigi: è stato lui a presenziarne l’inaugurazione nello scorso settembre. Come è lontano quell’autunno del 2002 quando il premier volò a San Giuliano con il suo architetto di fiducia, quel Giancarlo Ragazzi che è stato uno dei progettisti di Milano 2 nel lontano 1970 e che dieci anni dopo aveva replicato l’opera con Milano 3… (Gianluca Di Feo, l’Espresso, 7 aprile 2009)

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