Sputi e pernacchi

Il Cavaliere sceglie di evitare le piazze
e mette in agitazione il partito
I tre coordinatori pdl: gli mettiamo pressione perché si mostri ma lui rinvia

Un altro fine settima­na senza poter osten­tare il corpo del capo in campagna elettorale. Sil­vio Berlusconi è in Rus­sia, non sui palchi dei co­mizi per il Pdl, e a nulla finora è valsa la proces­sione di ministri e dirigen­ti di partito, preoccupati per la sua assenza. Nel Pdl tutti sgomitano per ave­re il premier nella loro città, «se non per un discorso, per un atto di presenza, Silvio. Almeno una passeggiata». Sanno che è il re Mi­da del consenso, capace – così di­cono i sondaggi – di incidere fino a cinque punti ad ogni apparizio­ne in favore di un candidato, e di lasciargliene incollati due dopo la partenza. E siccome – per dirla con Fedele Confalonieri – «la lea­dership di Berlusconi è una lea­dership fisica», è chiaro il motivo dell’allarme.

Senza il Cavaliere il marchio non tira, almeno non co­me potrebbe. Se non c’è, se non appare, è per­ché la vicenda familiare ha lascia­to il segno, anche politicamente. Raccontano che ieri in Consiglio dei ministri sia rimasto sulle sue. Cordiale come al solito, ha orga­nizzato anche un rinfresco per fe­steggiare la prima volta di Miche­la Brambilla a palazzo Chigi. Ma non ha riempito di barzellette la pre-riunione, nè Gianni Letta ha dovuto usare il campanello per fermarlo. Solo una battuta, ripetuta poi in conferenza stampa, sempre sul tema delle «veline» e delle «mino­renni ». Ne fa uso da settimane per indurre l’opinione pubblica ad andare oltre, e anche per met­tere ordine tra le macerie del suo personale terremoto d’immagine. Perché è vero – come spiega il sondaggista Nando Pagnoncelli ­che «gli italiani sono pragmati­ci », che «la vicenda ha inciso po­co sulla valutazione del governo e sull’orientamento di voto», mentre «è nel giudizio sulla per­sona che Berlusconi risulta in ca­lo ».

°°° Il motivo è molto semplice: Mafiolo ha cominciato a constatare sulla sua pelle che – come si presenta all’aperto, senza claque e figuranti – la gente lo riempie di fischi, insulti e pernacchie. Avanti così. Posso dire che non credo molto ai suoi sondaggi dell’oltre 40%? E senza competitori, con i media in perenne propaganda, se fosse un decimo di ciò che crede di essere, sarebbe all’80%.

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Pasticci

Hanno deciso di mettersi insieme per tentare la conquista del Municipio
Il candidato sindaco: “La mia è una lista civica, l’ideologia la lasciamo da parte”
Recoaro Terme, la lista dello scandalo
Lega, Pd e Ps sotto un unico simbolo

Insorge Rifondazione: “Come si fa ad allearsi con chi in sede nazionale
vuole trasformare l’Italia nell’Alabama degli anni Cinquanta?”
di ENRICO BONERANDI

Recoaro Terme, la lista dello scandalo Lega, Pd e Ps sotto un unico simbolo

Il candidato Perlotto
RECOARO – Dopo dieci anni di opposizione alla lista civica rocciosa e inespugnabile del sindaco Franco Viero (ex socialista, ora vicino al centrodestra), hanno deciso di mettersi insieme per tentare la conquista del Municipio. Lega, Pd e socialisti sotto un unico simbolo: il Carroccio di Alberto da Giussano col ramoscello d’ulivo. E c’è mancato poco che a loro si unisse anche Rifondazione Comunista, magari con una piccola falce e martello.

Succede a Recoaro Terme, paesino delle montagne sopra Vicenza di 6mila abitanti, noto per le sue terme e il marchio di bibite. Dopo qualche tentennamento, Rifondazione è ora scesa sul piede di guerra, e il suo quotidiano Liberazione martedì al “caso Recoaro” ci ha dedicato la copertina: “Razzismo a liste unificate”.

Dice Giuliano Ezelini, che di Prc è il coordinatore: “Non si può rinunciare alle proprie idee pur di conquistare il Comune. Come si fa ad allearsi con chi in sede nazionale lancia parole d’ordine per trasformare l’Italia nell’Alabama degli anni Cinquanta?”.

Qualche maldipancia nel Pd e nella Lega c’è stato, ma la convergenza sul nome del candidato sindaco Franco Perlotto, noto alpinista ed esperto di sviluppo sostenibile, ha convinto i due partiti al via libera. “La mia è una lista civica, non un’alleanza politica tra partiti – precisa Perlotto – l’ideologia la lasciamo da parte e ci concentriamo su quello che nel paese c’è da fare, che è molto, prima che la crisi ci travolga”.

Damiano Piccoli, del Pd, è d’accordo: “Ogni anno cento recoaresi se ne vanno di qui. Viviamo sul turismo, ma la gestione delle terme è pessima, gli alberghi chiudono. Il marchio Recoaro è umiliato dalla San Pellegrino, che l’ha assorbito. E c’è un progetto per spostare a Vicenza l’Istituto Artusi, una nostra gloria”. E allora? “Facendo opposizione si sono anche elaborati progetti che vogliamo portare avanti”. Franco Vesco, del Carroccio: “Convergenza e basta. I vertici della Lega, una volta che gliel’abbiamo spiegato bene, non hanno avuto obiezioni”.

E così il 6 e 7 giugno a Recoaro ci saranno tre liste. Una civica di centro-destra, una civica di sinistra-centro-destra e una civica di centrosinistra- sinistra, promossa da Rifondazione e un pezzo di Pd. “Ma guarda che casino solo per andare contro di me”, è il commento del sindaco uscente.

°°° Amici, non se ne capisce davvero più nulla. C’è gente che ormai si venderebbe la moglie e la mamma per uno strapuntino…

perlotto

poltrona

casino

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Ma non è una cosa seria…

Da ieri la gara per la presentazione dei simboli, finora depositate 59 liste
Al Viminale è ingorgo di falci e martelli, scudocrociati e garofani
Dal Gabbiano all’Italia dei Malori
tutti in corsa per un posto in Europa
Raffica di proposte del dottor Cirillo: Preservativi gratis
Donne insoddisfatte e Partito degli impotenti

di ANTONELLO CAPORALE

ROMA – E’ sempre bellissima l’idea che chiunque voglia possa. Possa permettersi cioè di entrare al Viminale e depositare il suo simbolo, presentare il suo partito, chiamare il popolo al voto, e proprio per lui, senza chiedere a nessuno il permesso. E seppure sia un sogno di cartapesta, resta mirabile il disegno onirico del cittadino italiano dottor Cirillo, che ieri ha avanzato richiesta di partecipare con una sua lista alla competizione elettorale europea.

Nella giornata vissuta in altri momenti con presidi notturni e scontri verbali finiti a volte pure a spintoni per l’accaparramento del miglior posto sulla scheda (in alto a sinistra, in basso a destra) l’orizzonte si apre noiosamente su cinquantanove stemmi politici che, in teoria, dovrebbero affacciarsi al voto. Entro oggi infatti le quattro bacheche del corridoio al pianterreno del ministero dell’Interno si riempiranno tutte di colori e di segni. Tondini possibili e altri impossibili. La loro morte è annunciata, avverrà al momento in cui la commissione elettorale provvederà alla verifica delle firme necessarie per la presentazione. All’esame bisognerà vedere quante falci e martello ammettere tra quelle presentate (due per adesso), quanti partiti comunisti (ancora due), o partiti socialisti (ce ne sono già tre), e democrazie cristiane (le solite moltitudini). E’ un giudizio al quale, spesso, seguono conflitti giudiziari.

Si pensi che il detentore, ora sembrerebbe già ex, del simbolo di una delle Dc in circolazione, il signor Pino Pizza, è sottosegretario di questo governo all’Università e alla Ricerca, proprio in ragione del compenso, chiamiamolo così, che Silvio Berlusconi gli ha riconosciuto per aver evitato di posizionare nella scheda la sua Dc, conquistata dopo liti interminabili in tribunali.

Si ritiene infatti che esistano quantità significative di voti espressi per pura confusione o raccolti grazie a una evidente alterazione della identità politica. In pratica molte migliaia di italiani, soprattutto i più anziani, votano o per sbaglio sul simbolo più conosciuto o anche per pura e solitaria affezione, associandolo a volte erroneamente a protagonisti che concorrono invece in altri schieramenti. Questo errore produce vantaggi enormi per chi detiene il solo marchio di fabbrica: ruba voti. E i voti contano e costano.

Proprio per evitare i furti di identità i funzionari del Partito democratico hanno presentato anche il vecchio simbolo della Margherita e della Quercia diessina. Depositandoli evitano atti di pirateria. Così come è stata tutelata Forza Italia, oggi Popolo della libertà.
La realtà e la finzione viaggiano appaiate. Qualche gabbiano, oltre quello di Antonio Di Pietro, un filosofico partito “Spirito del Tempo”, lo zeitgeist, un’aquila, molte leghe (della Padania, della sola Lombardia, delle Venezie, del Meridione) e naturalmente parecchie Italie.

I soliti nomi tracciati nei simboli: di Berlusconi, Bossi, Casini, della coppia radicale Bonino-Pannella. E infine il citato dottor Cirillo. Salernitano 45enne ha esposto le sue idee sotto il suo nome in alcune varianti fantastiche: Italia dei Malori, la prima. Interrogativa la seconda: Italiani poca cosa?, poi il sesso naturalmente (vota la lista “Donne insoddisfatte e incomprese” o anche “Preservativi gratis”). Si è saputo che il titolare di questa fabbrica di marchi si è presentato altre quattro volte a consultazioni elettorali. L’anno scorso propose gli “Impotenti esistenziali” che divenne il titolo anche di un film in cui Tinto Brass non ha voluto far mancare un suo segno.

Alle otto di ieri il portone del Viminale si è chiuso. Si riprende oggi, e alle quattro del pomeriggio, orario di chiusura, la parete del ministero sarà tappezzata di centinaia di segni in gara in questa Canzonissima della politica.

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