Presidente Cappellacci e il ventriloquo

Un amico ventriloquo, con il suo pupazzetto, sta facendo il

suo spettacolo in un piccolo teatro di Cagliari. Sta

raccontando le sue solite barzellette sui politici

quando, dal pubblico, si alza Cappellacci, che comincia a sbraitare:

“Adesso basta! Ne ho sentite abbastanza di queste battute denigratorie

sulla stupidità di noi politici… Che cosa le fa pensare di poter

generalizzare così impunemente su chi sta facendo il

proprio dovere? Come può permettersi di insultare chi

spende ogni giorno la propria vita per la cittadinanza?

E’ proprio la gente come lei che discredita la nostra

immagine e rende sempre più difficile farci rispettare sul

lavoro… e tutto per un dozzinale senso dell’umorismo…”

Imbarazzato, il ventriloquo comincia a scusarsi, quando il Presidente si alza di nuovo:

“Lei ne stia fuori, per cortesia. Sto parlando con quel piccolo signore che sta

sulle sue ginocchia!”

cappella

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Evasione fiscale, 45 arresti a Roma. °°° Perché non mi stupisco?

Evasione fiscale, 45 arresti a Roma
C’è anche il presidente di Confcommercio

Le misure sono state eseguite dalla Guardia di Finanza su richiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi che ha coordinato il lavoro svolto dai pm Maria Francesca Loi, Francesco Ciardi e Maria Calabretta

Quarantacinque ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dalla magistratura romana nei confronti, tra gli altri, di imprenditori e professionisti nell’ambito di un’inchiesta su un presunto giro di evasione fiscale. Tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi anche il presidente di Confcommercio di Roma Cesare Pambianchi ed il commercialista Carlo Mazzieri. Le misure sono state eseguite dalla Guardia di Finanza su richiesta del procuratore aggiunto Nello Rossi che ha coordinato il lavoro svolto dai pm Maria Francesca Loi, Francesco Ciardi e Maria Calabretta.

Agli arrestati, metà in carcere e il resto ai domiciliari, sono contestati, a seconda delle posizioni, l’associazione per delinquere, la bancarotta e la violazione della legge in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto. Oltre a

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Il presidente è un coglione.

Un ubriaco è nei pressi di Palazzo Chigi e inizia a gridare: “Il presidente è un coglione! Il presidente è un coglione!”. Rapidamente, compaiono due poliziotti che lo prendono e lo riempiono di botte, poi lo trascinano verso il cellulare. Il povero ubriaco allora implora: “Ma io non mi riferivo al presidente del consiglio!”. “Adesso non cercare di prendere per culo, stronzo. Sappiamo bene chi è il coglione, qui”.

b.facciadaculo

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MA BURLESQUONI HA DATO PERSINO UN PEZZO DI RAI IN MANO AL FIGLIO RITARDATO: TROTA SAVOIA.

Archivio cartaceo | di Redazione Il Fatto Quotidiano

16 marzo 2011

“Presidente, non incontri Savoia l’assassino”

Domani 17 marzo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, renderà omaggio alla tomba di Vittorio Emanuele II di Savoia al Pantheon. In quell’occasione incontrerà alcuni membri della famiglia Savoia, tra cui Vittorio Emanuele. Proprio il Fatto Quotidiano ha pubblicato qualche settimana fa il video in cui il “Re” confessa di aver ucciso, nel 1978, il ragazzo tedesco Dirk Hamer. Nel filmato Vittorio Emanuele si vanta di “aver fregato” i giudici francesi e racconta nei dettagli il ferimento del 19enne Hamer, morto dopo 111 giorni di agonia, 19 operazioni e l’amputazione della gamba destra. Birgit Hamer, sorella di Dirk, ha scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica per chiedergli di non legittimare con un incontro pubblico il responsabile della morte di suo fratello. Voi cosa ne pensate? Deve prevalere l’etica o l’etichetta?
Beatrice Borromeo


Gentile Giorgio Napolitano, caro Presidente della Repubblica italiana, sono la sorella di Dirk Hamer, il ragazzo tedesco che fu ucciso da Vittorio Emanuele di Savoia sull’isola di Cavallo, in Corsica, il 18 agosto 1978. Proprio a Lei ho mandato, quando ancora nessuno osava pubblicarlo, una copia del mio libro
Delitto senza castigo perché so che ha a cuore la verità. E Lei mi ha risposto (il 9 giugno 2006 e il 18 dicembre 2007) con due lettere piene di compassione per l’infamia che la mia famiglia ha subito e di comprensione per la mia battaglia in nome della giustizia. Lei mi ha consolata quando nessuno mi ascoltava, e ha riacceso la speranza nella giustizia italiana, dopo che quella francese aveva fallito. Per queste ragioni so che Lei è al corrente della mia storia.

Mi hanno comunicato una notizia a cui non riesco a credere: che Lei incontrerà i Savoia al Pantheon domani 17 marzo, in occasione della celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Immagino che Lei abbia saputo del video registrato dai magistrati di Potenza, pubblicato dal
Fatto Quotidiano, nel quale si vede Savoia che si vanta con i compagni di cella di aver ucciso mio fratello. E ne ride. E prende in giro i giudici francesi che “ha fregato”, come dice lui tronfio. Presidente, quell’uomo l’ha fatta franca per una vita intera, ma mio fratello Dirk non c’è più. Aveva solo 19 anni quando il Savoia “gli ha sparato un colpo così e uno in giù”, come ricorda il “Re” nel video.

Io ho sempre avuto un grande rispetto per Lei, Signor Presidente, e per la Sua statura morale. Quello che Lei fa ha un peso notevole. Anche per chi, come me, è straniero. Pertanto la supplico di non disonorare la memoria di mio fratello. Per la festa dei 150 anni dell’Unità d’Italia, La prego di prendere pubblicamente le distanze da quel criminale, di non incontrarlo: di privilegiare l’etica rispetto all’etichetta. La supplico di non far prevalere le ragioni formali, o il pragmatismo, ma di onorare i valori della democrazia, della Repubblica. E di quella giustizia che anche le persone come me, che non hanno santi in Paradiso, devono poter ottenere. Per una vita ho subito la derisione del potente e prepotente Savoia: spero che Lei possa farsi rappresentante di chi, come me, non ha amici nelle alte sfere, ma solo la forza della ragione e la speranza nella giustizia.

Molti cittadini italiani sono profondamente indignati per quello che Savoia ha fatto: Dirk ha vissuto 111 giorni di agonia, gli hanno amputato una gamba, è morto che era solo un ragazzino. E oggi un uomo, solo perché è ricco e potente, ne ride: stringere la mano in pubblico a un simile personaggio sarebbe come sputare sulla tomba di mio fratello. E anche, me lo consenta, sul buon nome dell’Italia. Con tutta la stima che Lei si merita, e con la consapevolezza che farà la scelta più giusta.

Birgit Hamer

Il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2011

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Buona domenica a tutti! Napo colpevole: “sta coi magistrati anziché coi criminali”. Ma va?

Libero e Giornale, attacchi
al presidente Napolitano

“Minaccia premier, è con i pm”

“E’ come Scalfaro”. “A parole si dice equidistante ma in realtà è schierato con i magistrati”.

°°° Ah, be’, lo dicono solo i giornaletti doppio velo del mafioso di Hardcore. Dunque non esiste.

costituzione

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E finalmente anche Bersani sfancula il mafionano delinquente: ostacolo al paese.

Bersani: dal presidente del Consiglio
proposta che arriva fuori tempo massimo

La ricetta del leader del Pd. «Il motore della crescita è la riduzione delle disuguaglianze»

di  PIERLUIGI BERSANI *

Caro Direttore,
il mio partito sta lavorando ormai da un anno ad un progetto per l’Italia. Alla nostra Assemblea nazionale di venerdì e sabato se ne discuterà la prima sintesi. Benché tanti dei nostri documenti approvati siano pubblici, si è trattato di un’operazione svolta, nostro malgrado, in clandestinità, essendo l’agenda politico-mediatica sempre occupata da ben altri temi e contingenze.

Noi ci siamo fatti un’idea piuttosto precisa della situazione italiana e dei possibili e difficili rimedi. Stiamo ragionando come un partito di governo temporaneamente all’opposizione. Con questa stessa attitudine, considero la proposta che il Presidente Berlusconi mi rivolge dalle pagine del Corriere. Non nascondo la mia prima impressione: se la proposta è un astuto diversivo per parlare d’altro, mostra di essere davvero tempestiva; se è sincera, suona singolarmente estemporanea! D’altra parte negli anni trascorsi abbiamo imparato a nostre spese che Berlusconi ama gettare ponti quando è in difficoltà per abbatterli un minuto dopo. Ma non amo divagare o scherzare quando finalmente si può parlare di Italia. Nemmeno voglio dilungarmi in recriminazioni a proposito della sprezzante indifferenza con cui sono state ignorate dalla maggioranza in questi due anni le proposte pragmatiche dell’opposizione.

Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico  (Ansa)
Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico (Ansa)

Non posso tacere, tuttavia, dell’umorismo un po’ macabro di cui Berlusconi fa sfoggio concedendomi «sensibilità» in materia di liberalizzazioni. Se chi ha fatto la liberalizzazione del commercio, dell’elettricità, delle ferrovie e di un certo numero di mestieri e di attività economiche è una persona «sensibile al tema», come definiremmo chi ha testardamente osteggiato tutto questo, chi ha affidato formalmente la riforma delle professioni agli ordini professionali, chi detiene personalmente posizioni dominanti in gangli vitali della vita civile?

Ma passiamo oltre, e parliamo di cose serie. Negli ultimi dieci anni i nostri problemi antichi si sono drasticamente aggravati. Il Sud si allontana dal Nord, il Nord si allontana dall’Europa. Non c’è indicatore che non lo certifichi. La crisi ha accelerato il divario rispetto ai Paesi con cui siamo stati per molti anni in compagnia. Ci giochiamo il nostro ruolo nella divisione internazionale del lavoro; ci giochiamo la tenuta di un sistema di welfare e, in particolare, le prospettive di occupazione e di reddito della nuova generazione. Il fatto di essere, in Europa, il grande Paese a più bassa crescita e a debito più alto ci espone inevitabilmente a possibili tempeste. La positività e l’ottimismo tanto cari al Presidente del Consiglio possono venire solo dalla verità e dall’avvio di una riscossa e non dalla retorica oppiacea dei cieli azzurri che ha colpevolmente paralizzato le enormi energie potenziali del Paese (nemmeno può servire allestire astutamente bersagli immaginari: nella nostra proposta sul fisco discussa e approvata alla Camera si parla di evasione e di rendite, non di patrimoniali!).

Mi predispongo a proporre, assieme al mio partito, una scossa riformatrice che riguardi assieme democrazia ed economia. Una riforma della Repubblica che investa il funzionamento delle Istituzioni, la legge elettorale, un federalismo credibile, la giustizia e la legalità, la concorrenza e i conflitti di interessi, l’immigrazione, i costi della politica, i diritti, la dignità e il ruolo delle donne. Un nuovo patto per la stabilità, la crescita e l’occupazione, fatto di riforma fiscale, di liberalizzazioni, di norme sul lavoro, di riforma della pubblica amministrazione, di politiche industriali e dell’economia verde, di ricerca e tecnologia. Staremo al concreto e ci rivolgeremo con il nostro progetto alle forze sociali, all’arco ampio dei partiti di opposizione e a chiunque voglia discutere con noi.

Ma eccoci al punto. Quel che serve, in modo ineludibile, è uno sforzo collettivo in cui chi ha di più deve dare di più; in cui la riduzione delle diseguaglianze sia un motore della crescita; in cui tutti accettino di disturbarsi leggendo il futuro con gli occhi della nuova generazione. Uno sforzo paragonabile a quelli più ardui che abbiamo pur superato nella nostra storia repubblicana. Chi chiamerà a questo sforzo? Con quale credibilità? Con quale coerenza, con quale sincerità? Con quale capacità di unire un Paese diviso? Lo si lasci dire a un cosiddetto pragmatico: pensare di fare riforme difficili senza metterci la spinta di quei valori sarebbe come pretendere di tenere in piedi un sacco vuoto.

Per rivolgersi oggi credibilmente all’opposizione bisognerebbe che il Presidente Berlusconi fosse in grado di rivolgersi credibilmente al Paese. Non è così. Il Presidente del Consiglio non è in condizione di aprire una fase nuova: ne è anzi l’impedimento. Nessuna partita si può giocare a tempo scaduto. Ormai il Paese non chiede al Presidente Berlusconi un programma: gli chiede un gesto. Mentre l’Italia perde drammaticamente la sua voce nel mondo ed è paralizzata davanti ai suoi problemi, se ci fosse da parte del Presidente del Consiglio la disponibilità a fare un passo indietro, tutti dovrebbero garantire, e ciascuno nel suo ruolo, senso di responsabilità ed impegno. Se questa non sarà l’intenzione, il nuovo progetto per l’Italia dovrà essere presentato agli elettori. Noi ci accosteremmo a quella scadenza chiedendo a tutte le forze di opposizione di impegnarsi generosamente non «contro» ma «oltre»; in una operazione comune, cioè, di ricostruzione delle regole del gioco e del patto sociale, capace di suscitare, in un Paese sconfortato, un’idea di futuro.

* segretario del Pd
01 febbraio 2011

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Le rapine del berlusconi presidente e del berlusconi ministro ad interim

Digitale terrestre: lo Stato non incasserà 4 miliardi di euro. Per tutelare Mediaset

Tenetevi forte. Quello che leggerete può avere serie controindicazioni sul vostro stato di salute. Soprattutto se siete insegnanti e nei prossimi tre anni vi sarà bloccato l’aumento automatico delle retribuzioni. Oppure medici precari a cui presto non sarà rinnovato il contratto. I circa 900 milioni di euro che Tremonti conta di recuperare con i tagli al personale della sanità e il miliardo scarso che si dovrebbe ottenere dal blocco delle carriere nella scuola potevano arrivare nelle casse dello stato con un’operazione semplice e già collaudata da paesi come Stati Uniti, Germania e perfino India: un’asta pubblica per l’attribuzione delle frequenze televisive liberate dalla tecnologia digitale. Un procedimento semplice, che l’Italia ha però scelto di non seguire. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire di che cosa si tratta.
L’innovazione tecnologica ha rapidamente cambiato il modo in cui si trasmettono i segnali televisivi. Dalla tecnologia analogica si sta passando a quella digitale, che permette di comprimere i dati, riducendo la banda di frequenze utilizzate per la trasmissione. In pratica si liberano spazi, che possono essere occupati da altri segnali. Tutti i paesi europei si stanno organizzando per gestire quello che si chiama switchover, il passaggio da analogico a digitale, cercando di sfruttare al meglio il “dividendo digitale“, e cioè la parte di frequenze che si liberano. Gli Stati Uniti si sono mossi prima di tutti. Già nel marzo del 2008 hanno messo all’asta frequenze per 19,6 miliardi di dollari. Se le sono spartite grandi nomi della telefonia come Verizon Wireless e AT&T, ma anche operatori di nicchia, come Triad 700, una start-up della Silicon Valley o Cavalier Wireless. Il mercato si è aperto e lo stato ha incassato risorse preziose.

In Italia, invece, le aste sulle frequenze televisive non si fanno. Si procede per delibere emesse dall’Autorità garante nelle Comunicazioni. L’8 aprile del 2009 una delibera Agcom ha stabilito la suddivisione delle 21 (oggi 25) reti nazionali accese dalla tecnologia digitale. Venti reti sono andate di diritto, e praticamente a titolo gratuito, a chi aveva già le frequenze analogiche. Di queste, cinque sono state assegnate rispettivamente a Rai e Mediaset, tre a Telecom Italia e le rimanenti agli altri “network nazionali”: da Rete A (Gruppo L’Espresso) a Telecapri a Europa 7. Le cinque reti rimanenti, il nostro “dividendo digitale interno” (frequenze da assegnare a operatori televisivi alternativi, come ha intimato Bruxelles con una procedura d’infrazione) non saranno soggette ad asta pubblica ma, come ama dire Corrado Calabrò, presidente Agcom, a un “beauty contest” (procedura comparativa): un concorso di bellezza nella cui giuria siederà il governo, che sceglierà in base a parametri autonomamente determinati. A decidere sarà alla fine il Ministero per lo Sviluppo Economico, guidato ad interim dallo stesso Berlusconi. Il concorso di bellezza non sarà però riservato solo a nuovi operatori, ma potranno parteciparvi anche Rai e Mediaset, che potrebbero portarsi a casa due delle cinque reti (ognuna delle quali, come le altre, permette di irradiare fino a sei canali).
In sostanza si conserva lo status quo, ribaltando sul digitale il duopolio Rai-Mediaset. Con lo stato che incasserà solo le briciole: l’1% del fatturato annuo degli operatori (contro il 4-5% medio europeo) a titolo di canone di affitto delle frequenze.
Se si prendono per buoni i dati di uno studio pubblicato in giugno da Carlo Cambini, Antonio Sassano e Tommaso Valletti su lavoce.info, lo spettro di frequenze italiano regalato alle emittenti nazionali e locali varrebbe circa 12 miliardi di euro di fatturato annuo totale per gli operatori. Da cui lo stato ricaverebbe 120 milioni all’anno di canoni (1%). Che potrebbero però diventare già 600 applicando canoni più “europei” (5%) e molti di più se si decidesse di attribuire il “dividendo digitale” con aste competitive.

Porte chiuse a internet. Precedenza alle TV

L’aspetto ancora più grave della lottizzazione televisiva del digitale è l’esclusione degli operatori di telefonia dalla spartizione delle frequenze. Telecom e gli altri operatori di telecomunicazioni, potrebbero usare la parte di banda liberata dal digitale per portare Internet mobile veloce in quelle zone del Paese non ancora raggiunte dalla rete fissa in fibra o in rame, aiutando a superare il “digital divide“. Ma, almeno per ora, non potranno farlo. Perché tutta la banda che si è liberata è stata destinata alle televisioni.
Dal 12 aprile al 20 maggio 2010 la Germania ha messo all’asta frequenze precedentemente occupate dalle emittenti televisive offrendole agli operatori telefonici
. Dopo 224 round le frequenze sono state assegnate in gran parte a Vodafone, Deutsche Telekom e O2 per un totale di 4,38 miliardi di euro incassati dallo stato, dei quali 3,68 miliardi, sono stati ottenuti dall’assegnazione di frequenze sugli 800 Mhz, le stesse che l’Agcom ha riservato agli operatori televisivi locali in Italia. Se nel nostro paese si decidesse di mettere all’asta per gli operatori telefonici anche solo un terzo di questo spettro, si potrebbero recuperare – sempre secondo i calcoli de lavoce.info – almeno 4 miliardi di euro.

Si può ancora intervenire? A quanto pare sì. Prima di tutto assegnando con una gara seria, e non tramite “beauty contest”, le cinque reti destinate ai “nuovi” entranti, ma non ancora attribuite. In secondo luogo chiedendo che una parte delle frequenze liberate dal digitale e regalate alle TV locali e nazionali (che risultano sottoutilizzate), venga messa all’asta a favore degli operatori di telefonia, per la diffusione della banda larga mobile. A tale proposito il Pd, guidato dall’ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, la settimana scorsa ha presentato una mozione per correggere la manovra economica. Mentre l’Idv ha presentato una proposta di legge, ribattezzata “Contromanovra”, che chiede di mettere all’asta le frequenze del dividendo digitale per “incassare fino a 3 miliardi di euro”. Martedì si è mosso perfino il presidente dell’Authority Corrado Calabrò, preoccupato per la diffusione degli smartphone, che potrebbero presto portare la rete mobile italiana al collasso. “L’Agcom sta portando avanti una politica finalizzata alla liberazione in tempi brevi delle frequenze radio”, ha dichiarato il garante. “Contiamo di rendere disponibili circa 300 Mhz da mettere all’asta per la banda larga”. Avete capito bene: ha detto “asta”. La stessa con cui lo stato tedesco, mettendo a gara un quinto dei Mhz proposti da Calabrò, ha guadagnato 3,68 miliardi. Se il presidente dell’autorità di garanzia manterrà le promesse, i medici e gli insegnanti italiani un giorno potrebbero essergliene grati. Forse anche i governatori delle regioni.

°°° Posso dire solo che, con Prodi al governo, nemmeno questa porcata mafiosa sarebbe mai successa. Ma il mafionano teme come la peste noi della Rete, che siamo quasi tutti svegli e colti e quindi anni luce lontani da lui e dalla sua cosca, mentre ci tiene ad appecorare ancora di più le scimmiette decerebrate con le sue tv dimmmmmerda.

www.merian-research.it

ASINO_CAVALLO

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