In Gallura sto trovando una marea di giovani di talento…

… peccato che i politicanti locali non li abbiano mai valorizzati. Ma si sa: da troppi anni certi asini che si spacciano per politici e amministratori ODIANO I GIOVANI E LA CULTURA.

Per me, Gallura fa rima con Cultura, per loro no. Basti vedere il crollo verticale del turismo: in nessuna parte del mondo esiste turismo senza cultura.

a casa

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“Un pericolo per la democrazia”

Il ministro in una lettera al “Giornale”: “Il quotidiano è un superpartito
che concentra in sé la dimensione politica, economica e anche giudiziaria”
Da Bondi attacco a Repubblica
“Un pericolo per la democrazia”

Sandro Bondi

bondi

ROMA – “L’insidia più grande per la nostra democrazia” è l’azione del quotidiano Repubblica, “un superpartito che concentra in sé la dimensione politica, quella economica, quella culturale e perfino quella giudiziaria”. Lo afferma, in una lettera pubblicata dal Giornale, il ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi, che definisce Repubblica “l’erede principale” della cultura giacobina.

“Nell’ipotesi che abbia successo il progetto destabilizzante” del quotidiano, si avrebbe “non la caduta di un regime, come ritiene Eugenio Scalfari, né la fuga di gerarchi felloni”, ma “l’indebolimento della nostra democrazia e la rovina dell’Italia”.

Secondo il ministro, Scalfari è abile nel “divulgare e accreditare nell’opinione pubblica una visione storiografica, politica e culturale che è esattamente agli antipodi della realtà” e nel “descrivere un regime corrotto e morente, contro il quale il suo quotidiano ha lanciato l’offensiva finale, trascinando con sè anche il Corriere della Sera e ciò che resta della sinistra”.

La realtà, prosegue Bondi è invece che “un governo democraticamente eletto subisce un’aggressione sistematica (…) sulla base di una campagna scandalistica paragonabile alla pesca con lo strascico”.


°°° Premesso che il Giornale e bondi ministro sono due ossimori e che “quel che resta della sinistra” è un 60% abbondante dei cittadini, contro un 20% scarso di FORZA RAGLIA… Così come in casa di valeria marini, della carfregna, e di tutte le zoccole senza talento di questo regimetto ci sono i cetrioli e le banane pieni di rossetto (gli allenamenti quotidiani, sapete…) allo stesso modo, in casa di bondi ci sono tutti i ritratti di burlesquoni schizzati di urina: sandrone, come vede il suo capo, si piscia addosso e schizza dappertutto. Dobbiamo avere pazienza con queste testoline disabitate, amici. Ma, non mi ricordo: le resti a strascico pescano gli stronzi?
N.B. Faccio notare che Repubblica è il media più gentile nei confronti di mafiolo NEL MONDO INTERO! Sono tutti i media del mondo un pericolo per la democrazia italiana o lo è il mafioso pedofilo, cocainomane e decerebrato, a capo di una cosca di inetti malviventi?

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Ammanettato

Scarrellando col telecomando ho beccato un programma mio a raiuno, copiato da Forum, che è mio… e poi a “vendolina” un altro programma MIO, che proposi circa 30 anni fa, da far condurre al un mio amico e allievo: Giorgio Ferrari. Giorgio, bella voce rotonda e ottima dizione. Ora gestisce un cinema a Cagliari e noleggia film. Chi ti vedo a distruggere una bella idea? Uno dei “malati di mente” che si spaccia per “attore” e che fa parte di un’intera famiglia che si spaccia come “famiglia d’arte”, manco fossero i De Filippo o i Gassman! Questo è, amici miei. Un cretino senza talento né èersonalità, però “ammanettato molto in alto” fa e disfa in ambiti che non conosce. Benvenuti in Sardistan.

FAMIGLIE D’ARTE SARDE

deficienti

famigghia1

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Qua… quà… co-co-co-coccodè

Berlusconi: Marina e Luigi a Franceschini, “Orgogliosi nostra educazione”

MILANO – Dopo Pier Silvio anche Marina e Luigi Berlusconi difendono il padre dopo le parole di Dario Franceschini. ”Franceschini dovrebbe vergognarsi – ha detto Marina – Chi gli da’ il diritto di giudicare Silvio Berlusconi come padre? Con le sue parole offende anche me come figlia”. Luigi si e’ detto invece “contento e orgoglioso dell’educazione” ricevuta e poi ha aggiunto: “Non vedo perche’ la politica si permetta di giudicare Silvio Berlusconi come padre. Si tratta di piani diversi che non dovrebbero essere mai sovrapposti”. (Agr)

°°° Bene. Bene. Bene. Chi abbiamo qui? Abbiamo tre dei rampolli che s’inalberano. Hanno visto silvio berlusconi sì e no dieci volte in tutta la vita: troppo impegnato con la mafia o a corrompere giudici-finanzieri-testimoni scomodi o a correre dietro alle zoccole… Ok. Scartiamo Luigi che è stato educato da Veronica e che ha subito preso le distanze dal piccolo padre, tant’é che sta percorrendo una strada d’affari con un diretto concorrente di silvio, ma pier pier e marina la plastificata… di che cazzo parlano? Lei non ha mai combinato una mazza, tranne drogarsi, plastificarsi e fare orgette strane… lui, fesso e inutile come pochi, sta continuando a devastare la televisione: di cui non capisce un cazzo e che ha sempre usato come suo padre: per trovare zoccole facili e senza talento. Per concludere: non è Franceschini che spergiura sulle loro teste ogni due x tre o che ha DA SEMPRE messo la sua vita privata (FASULLA) in piazza. Di questi pulcini bagnati la vita farà un solo boccone. Che si tacciano e si vergognino!

pilloni

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Mi girano i coglioni

Quando sento parlare di “ragazze che si vogliono avvicinare al mondo dello spettacolo” MI GIRANO I COGLIONI. Mi rivolgo soprattutto ai tanti giovani che entrano in questo blog e che frequentano Facebook… RAGAZZI! Il “mondo dello spettacolo” non esiste!!! e’ SOLO IL TROGOLO dove si dimenano le zoccole senza mestiere, i tronisti, i corona, le defilippo, i costanzo, le parietti, le marini…
Il nostro mondo, quello serio, è fatto di MESTIERI! Mestieri faticosi, mestieri duri da imparare. Ci vuole umiltà, talento, abnegazione, fatica, fame, intelligenza, personalità, amore. Questo è, ragazzi, AMORE E TALENTO E FATICA: MESTIERI. Tutti diversi e tutti bellissimi, che nulla hanno a che fare con il troiaio che hanno messo in piedi negli ultimi 20 anni: berlusconi, gelli e totò riina. E il vaticano complice.

berpagliaccio1

oscenita

pomp

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Scusate…

Piccola riflessione prima di andare sottocoperta. Dunque, ho avuto la fortuna di lavorare alla radio, in Tv e in teatro con: Stefano Satta Flores, Nanni Loy, Antonella Steni, Corrado Gaipa, Corrado, Nanni Svampa, Leo Gullotta, Gastone Moschin, Gino Pernice, Carlo Dapporto, Gino Bramieri, e un mare di altri colleghi e Maestri. Ho conosciuto Delia Scala, Walter Chiari, Alberto Sordi, ecc. Ho conosciuto il talento vero, la fatica, la genialità, la personalità. Il pubblico pagava volentieri un biglietto per passare un po’ di tempo con noi, ma SOPRATTUTTO: per vedere e sentire NOI fare delle cose che LORO non sapevano fare nemmeno lontanamente. Oggi… vedi le tv (e i teatri o le rafdio) infarciti di corona, platinette, sgarbi, costantini, tronisti, vallette, e zoccole varie di tutti i sessi. Vi rendete conto? Hanno ucciso anche lo Spettacolo, l’Arte e la Cultura!!!
Bonanotti.

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Un pensiero a Francesco

FRANCESCO SALIS

Ai media regionali non è fregato niente, impegnati come sono a celebrare qualunque merda inutile e senza pregio, ma due anni fa è mancato il più grande compositore sardo di tutti i tempi e uno dei più grandi chitarristi europei. E’ mancato un uomo buono e meraviglioso. Molto più bravo di me nell’arte della diplomazia, forse troppo. Troppo schivo e timido. Infatti, che fosse un genio della musica lo sappiamo solo io, pochi intimi, Phil Spector, Brian Epstein, George Martin, Fabrizio De Andrè e tutti i più grandi addetti del mondo, oltre ai musicisti italiani bravi e non dei nostri tempi.

Non c’è più mio cugino, che era molto più di un fratello per me. Se n’è
andato FRANCESCO SALIS.

Insieme abbiamo scritto canzoni, quando nessuno in Sardegna scriveva
canzoni. Abbiamo fatto tanti spettacoli live di una dignità e di una
professionalità che qui non si erano mai viste. Ma mica perché eravamo i più bravi di tutti! No, semplicemente – oggi lo posso dire a voce alta – perché abbiamo avuto più coraggio degli altri. Noi siamo andati a IMPARARE, cosa che non aveva fatto mai nessuno prima e che tantomeno fanno i giovani di oggi. Troppo più comodo stare a casetta propria, con la mamma che lava, stira e cucina e babbo che sgancia qualche soldo. Il talento da solo non basta. Il talento è come l’amore: va coltivato, va aiutato a crescere, va coccolato e servito. Ci vogliono sacrifici, tanti, se si vuole mettere a frutto una dote naturale. E ci vuole umiltà. E così, mentre qualche nostro coetaneo andava ancora a scuola e qualcun altro passava le giornate al bar, noi abbiamo fatto fagotto a sedici anni e siamo partiti per Roma. Io facevo il cameriere e studiavo, andavo a vedere tutti i film e tutti gli spettacoli
che potevo per poter “rubare” un po’ di mestiere a tutti quelli bravi.
Volevo fare l’attore. Francesco suonava con tutti i mostri sacri dell’epoca, taliani e internazionali. E anche lui rubava tecniche e mestiere a tutti.
Ricordo ancora che dormivamo in una pensionaccia con uso cucina nei pressi
della stazione Termini. “S’Aquila” chiamavamo la vecchia padrona, perché strillava sempre ed era brutta come una bolletta dell’Enel. Io staccavo a mezzanotte dal mio lavoro alla Taverna Ulpia, che allora era un locale dilusso ai Fori Imperiali, levavo la giacca bianca per indossarne una nera e filavo, elegante come un figurino in smoking, alla volta del Capriccio o del Pipistrello, piuttosto che del Tucano o qualche altro night di via Veneto.
Raccontavo qualche storiella in francese e in inglese, avevo diritto a uno spuntino, verso le due, e al pomicio libero se c’era qualche fata
disponibile. Eravamo in piena DOLCE VITA e tutti gli attori e le attrici più
famosi del mondo erano lì. Sembrava di vivere in un film di Hollywood. Lì c’era anche Francesco che suonava, prima coi Barritas, poi con Edoardo Vianello e infine coi Poker d’Assi, e faceva delle session da capogiro con Riccardo Rauchi o Basso e Valdambrini, piuttosto che con Barny Kessel o Miles Davis o Carosone al piano. Poi, verso le cinque del mattino, rientravamo a piedi e, mentre io e gli altri musicisti andavamo in letargo, lui smontava la chitarra, metteva le corde a bollire poi le asciugava con cura e lerimontava, accordava e – in sordina – provava tutte le cose nuove, gli accordi o i passaggi e le svisature che aveva imparato anche quella notte dai grandi. Io spesso dormivo con un occhio solo e mi addormentavo sorridendo. Chissà quanti dei ragazzi di oggi sarebbero capaci di fare altrettanto. Suonare con amore per dieci/dodici ore di fila, intendo. Oggi vedo molta tecnica e poco cuore nei musicisti nostrani. I ricordi sono troppi. Troppi anni abbiamo vissuto insieme e mai abbiamo trascorso un giorno banale. La mia memoria vola come un’ape e ogni tanto si ferma a succhiare un momento. Rivedo le notti in cui tornavamo da qualche serata nel sassarese o nel nuorese e ci fermavamo a “fare la spesa” in qualche campo di carciofi novelli, ai margini di Santa Giusta. Francesco, col suo spolverino bianco, l’avrebbero visto a un km di distanza, infatti non vedeva l’ora di
smarcarsi dal campo: “Ajò, sussurrava, svitàndi atrus quattru o quìndisci e andàusu” (Dai, svitane altri quattro o quindici e andiamo). Rivedo noi, Salis&Salis ragazzini, quando incidemmo il nostro primo LP a Milano.
Lo producevo io e non avevo tantissimi soldi. Dovevamo fare presto: lo studio di registrazione costava una tombola ogni ora. Finite tutte le basi in un giorno e mezzo (allora c’erano molti colleghi che per fare un disco impiegavano anche tre o quattro mesi di studio), mancava poco alla pausa pranzo e chiesi a Francesco: “O Leo (diminutivo di LEONE DI DAMASCO, come lo chiamava Buscaglione perché, quando partiva con un assolo particolarmente impegnativo aveva la grinta di un leone), te la senti di fare qualche assolo prima di andare a brucare?” E lui, poggiando l’acustica e imbracciando la Fender Stratocaster: “Ehia, dai… due o trenta li proviamo a fare.” Io davo di gomito all’ingegnere del suono, in regia, e gli dicevo di preparare la pista per gli assoli. Ricordo ancora la sua faccia: “In mezz’ora? Ma non fa in tempo a farne nemmeno uno, specialmente se improvvisa.” Lo compatii e scommisi la cena. Leo controllò l’accordatura: perfetta. “Parti con le basi.” Tredici assoli in quaranta minuti. Il tecnico ci pagò una lauta cena.
Qualche anno più tardi, a Roma, io lavoravo e studiavo. Vivevo con una
famosa cantante in piazza Firenze. Lui suonava con Vianello e la Goich e
dormiva a casa della sorella Gianna a Montemario. Ci trovavamo almeno due sere a settimana a piazzale degli Eroi, intorno a mezzanotte. Francesco arrivava con una 500 rossa vecchio modello e parcheggiava sotto un lampione: avevo bisogno di luce. Poche parole. Era un rito consolidato. Apriva il deflettore per permettere al manico della chitarra di uscire, io aprivo il mio blocco e cominciavamo a comporre le nostre canzoni più belle. Una notte di primavera, faceva freschetto ed eravamo imbacuccati, mentre eravamo tutti intenti a scrivere un pezzo per Caterina Caselli, ci compaiono davanti due poliziotti: “Documenti. Patente e libretto.” Tiriamo fuori i documenti, ma uno dei due insiste: “Patente e libretto.” Noi ci guardiamo in faccia e cominciamo a ridere. Una risata nervosa che non finiva mai. Francesco, tra le convulsioni, fa: “Patente a me?! MAI AVUTO PATENTE, IO!” E giù a ridere.
I due agenti, non sapendo esattamente come reagire e non volendo, presumo, danneggiarci, cominciarono a ridere anche loro e quello che sembrava il capo ci rese le carte d’identità e diede una manata alla macchina: “Ma annatevan’affanculo! ‘A stronzi! Forza, sgombrate. Annate a casa a smaltì!” Ce la cavammo, e quella canzone non la incise mai la Caselli, ma “The 5th Dimension”, subito dopo il successo planetario di “Acquarius”. Scusate se è poco.

Chiudo il librone dei ricordi con le ultime immagini che ho di Francesco.
Due anni fa, mi ha convinto a riprovare a comporre insieme. Aveva tante
bellissime musiche e tanti spunti e in Sardegna, ripeteva, non c’era nessuno in grado di scrivere parole come si deve. “Forza, Di Santa, aberri su bloccu magicu! Faimmì sognài.” (Forza, Di Santa – un nome d’arte ridicolo che mi ero inventato quando volevo fare l’attore a Cinecittà: LUCIO DI SANTA (sottinteso: GIUSTA) – apri il blocco magico e fammi sognare.)
Era scarno e affaticato, sembrava Eduardo quando da vecchio faceva il vecchio. Gli occhi gli brillavano solo quando arrivavo io a casa sua e poteva rimettere in funzione chitarra e registratore.
Abbiamo composto quindici bellissime canzoni in meno di un mese: la più scarsa potrebbe agevolmente vincere un qualunque Sanremo.
Forte del mio nome, ho mandato i CD dei provini a tre delle maggiori multinazionali del disco. Cercavo un editore e un contratto, almeno per Francesco, ché non poteva campare con due soldi di pensione. Gli avevano aperto il petto già tre volte e nessun chirurgo ci voleva più mettere le mani. I politicanti sardi, sempre pronti a foraggiare
dei lestofanti cagliaritani o nuoresi senza arte né parte, ignoravano
Francesco. Spero che il sindaco di Santa Giusta, si ricordi di intitolargli
almeno una strada. Mandai i CD, dicevo, e questi boss della editoria
musicale, molto cortesemente, ascoltarono il materiale e mi risposero nel
giro di una settimana. Sconfortante. Il più intelligente fra loro, il capo
della Sony, mi disse: “Ma, Lucio, che roba mi hai mandato? Senza
arrangiamenti, così miserine. Noi stiamo cercando roba alla Britney Spears!”
“E chi è? Ma sei un editore o cosa? I brani devono vivere anche chitarra e voce. Le cagatine che dici tu, quando gli togli gli arrangiamenti e la gazzosa non esistono. Io ti ho mandato dei pezzi che saranno validi anche tra cinquant’anni. Pensaci bene: chi cazzo te lo paga lo stipendio? Te lo dico io, non certo Britney Spears, i Beatles te lo pagano, Modugno te lo paga! Scemo!”
Scusami, Francesco, questa volta non ce l’ho fatta a fare la magia.

Lucio

°°° Amici, perdonatemi questa botta di nostalgia. Grazie.

francesco-tonietto

salis

checco

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