Travaglio ieri da Santoro ha seppellito il gangster di hardcore anche così

Servizio Pubblico

Vittorio Mangano: vabbè, capita, errori di gioventù. Poi, se ti serve uno stalliere…

Licio Gelli: succede, sembrava una così brava persona. Poi il fascino del cappuccio…

Bettino Craxi: pareva un grande statista, poi ha tralignato. Vai a prevederlo.

Cesare Previti: facile scambiarlo per un bravo avvocato, specie se non hai letto Cesare Lombroso. Marcello Dell’Utri: era dell’Opus Dei, aveva tanti amici siciliani, con tutti quei libri antichi ti confondeva, era molto colto, soprattutto sul fatto. Vabbè, ha più processichecapelliintesta.Maallora Gramsci, ne vogliamo parlare? Don Luigi Verzé, quello del San Raffaele: si può capire, era un prete, sembrava un sant’uomo, vai a prevedere che al Dio Uno e Trino preferiva il quattrino.

Renato Squillante: ma insomma, ti accusano di avercela sempre coi giudici, poi te ne piace uno e te lo arrestano subito, ma allora ditelo.

Gianpi Tarantini: vabbè, dai, un’amiciziasbagliatapuòsempre capitare. Viene da te un giovane imprenditore che si è fatto da solo, in tutti i sensi. Come fai a pensare che uno che va in giro con 20-30 ragazze alla volta fa quel mestiere lì, dai, era proprio insospettabile. Aggiungi che le sue ragazze appena entravano a Palazzo Grazioli o a Villa Certosa e tum! s’innamoravano tutte del latin lover: tac! folgorate dallo charme del vecchio play boy. Se poi Gianpi le pagava, mica te lo veniva a dire, era a tua insaputa, e comunque era per le spese del viaggio, l’indennità di trasferta. Valter Lavitola: un fine diplomatico, questo sembrava a prima vista, gli mancava giusto la feluca. A Panama lo conoscevano tutti, e anche a Saint Lucia. Capita a tutti di sbagliare valutazione, no?

Lele Mora: ma dico io, come fai a sospettare che uno condannato 20 anni fa per spaccio sia un poco di buono. E la redenzione dell’essere umano?

Ruby Rubacuori: quella poi, appena la vedi ti viene in mente una parente di Mubarak, due gocce d’acqua. La tipica faccia di una che vuol metter su un centro estetico. Allora le compri il laser antidepilazione da 60 mila euro. E quale minorenne: ma se dimostrava 65 anni!

Nicole Minetti: lei invece quando la vedi ti viene subito in mente l’igiene dentale, la pluri-laureata, altro che balle. E poi mica l’ho candidata io: hanno fatto tutto 5 scrutatori senza farmela neanche vedere. Chissà cosa scrutavano.

Totò Cuffaro: l’ha scoperto Casini, poi lo condannano per favoreggiamento alla mafia e tu che fai, glielo lasci? Ma no, ti viene un attacco di gelosia e glielo freghi: è la stessa soddisfazione del tifoso del Milan che prima del derby strappa la bandiera nerazzurra all’ultrà dell’Inter.

Francone Fiorito detto “Er Batman de Anagni”: era finiano, ma non si poteva lasciarlo alla concorrenza. Basta guardarlo: è il tipico liberaldemocratico di scuola einaudiana. E dove lo metti uno così? Ma a capogruppo alla Regione Lazio, come minimo. L’hanno arrestato, e allora? Anche Giordano Bruno!

Ed è solo un piccolo campione del ritratto di famiglia in un inferno, ché a citarli tutti facciamo notte.

Ecco, Cavaliere, premetto che sono tutti innocenti: anche i condannati, anche gli arrestati,anche chi ha patteggiato, e pure lei, anche se ha avuto 7 prescrizioni, 1 amnistia, 3 volte s’è depenalizzato il reato e ha una condanna in I grado per frode fiscale.

Però… non so se ha presente il film di Mel Brooks Mezzogiorno e mezzo di fuoco: quando il cattivo arruola una sporca dozzina per assaltare il villaggio di Rock Ridge. Si siede dietro un banchetto ed esamina i curricula dei candidati in fila indiana: “Precedenti penali?”. Il primo risponde: “Stupro, assassinio, incendio doloso, stupro”. E lui: “Hai detto due volte stupro”. “Sì, ma mi piace tanto lo stupro!”. “Ottimo, firma qua. Avanti il prossimo… Precedenti penali?”. “Atti di libidine in luogo pubblico”. “Non è mica tanto grave”. “Sì, ma in una chiesa metodista!”. “Ah carino! Arruolato, firma qua!”. Ecco, a volte viene il sospetto che lei la sua classe dirigente e i suoi candidati li selezionasse così.

Ma se l’immagina un Obama, una Merkel, un Cameron, fotografati accanto a uno solo di questi personaggi? Ora, meritoriamente, promette liste pulite, rinnovate per il 90%, forse non troverà un posto nemmeno per il suo amico Dell’Utri. E terrà fuori chi ha più di 65 anni, chi ha processi in corso, e chi non si impegna ad andarsene dopo 2 legislature. A parte che lei ha 77 anni, i processi non se li è mai fatti mancare e si candida alla sesta legislatura, ma che senso ha eliminare imputati e condannati? Se li elimina, vuol dire che si fida della magistratura, o almeno la rispetta: la magistratura che, come dice lei esagerando, l’ha sempre assolto. Dunque va rispettata anche quando condanna lei o qualcuno dei suoi, no? Mica si può rispettarla a targhe alterne.

Per carità, ci sono impresentabili anche in altri partiti: ma lei 20 anni fa entrò in politica per rinnovare la classe dirigente, per fare la rivoluzione liberale, per essere diverso, migliore dei politicanti, portando gente competente, dalla trincea del lavoro. Nella sua prima campagna elettorale, fece firmare agli aspiranti candidati di Forza Italia questa dichiarazione: “Dichiaro 1) di non avere carichi pendenti 2) di non aver ricevuto avvisi di garanzia 3) di non essere stato e di non essere sottoposto a misure di prevenzione e di non avere a mio carico procedimenti in corso” . E quando vinse le elezioni tentò di avere come ministro dell’Interno il pm simbolo di Mani Pulite, Di Pietro, mentre La Russa offriva al pm Davigo il ministero della Giustizia.

Poi è emersa tutta un’altra foto di gruppo. I casi sono tre: o è sfortunato nelle amicizie; o porta una sfiga boia ai suoi amici; o i personaggi “discutibili” li attira come la carta moschicida, perché le somigliano, o perché vorrebbero somigliarle, o perché lei dà il cattivo esempio. Mai pensato di aver sbagliato nella scelta dei suoi uomini? E, se sì, perché non ha mai chiesto scusa?

Ecco, sono 20 anni che aspetto di intervistarla su ciò che diceva e faceva. Ma ora non mi viene nemmeno una domanda. Perché la cosa più grave non è quel che ha detto e fatto in questi 20 anni: ma quel che non ha detto e fatto, o non ha potuto dire e fare.

Poteva chiedere la verità sulle stragi politico-mafiose, o forse non poteva.

Poteva, o forse non poteva dire alla gente che le tasse sono alte non perché lo Stato le mette le mani in tasca, ma perché molti non le pagano e invece bisogna pagarle tutti; e chi non le paga non è un furbo da invidiare e condonare, ma un ladro da punire e detestare, perché deruba i tanti onesti che le pagano. O forse non poteva.

Poteva dire che chi paga e chi prende tangenti non va candidato, va isolato e punito perché ci ruba 60 miliardi all’anno. O forse non poteva.

Poteva dire che la mafia va combattuta, e per sconfiggerla non si devono chiedere voti ai mafiosi, e tantomeno accettarli. O forse non poteva.

Poteva dire agli italiani che le leggi e la Costituzione vanno rispettate, non cambiate a proprio uso e consumo. O forse non poteva. Pensi, se l’avesse fatto, come sarebbe bella, onesta, pulita e ricca oggi l’Italia.

Invece abbiamo perso 20 anni: lei ha speso tutte le sue energie, la sua potenza mediatica e la sua influenza sulla gente a combattere non le mafie, l’evasione e la corruzione, ma chi combatteva le mafie, l’evasione e la corruzione. Se non avessimo perso questi vent’anni e tutti quei miliardi, sa oggi quante Imu potremmo togliere sulla prima casa, e anche sulla seconda e sulla terza? Se proviamo a fare il calcolo, ci verrà da piangere. A me, a tutti, e forse persino a lei.

(Intervento letto a Servizio Pubblico)

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Per i politicanti ladri sapete chi si indigna di più? LA MAFIA!!!

Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano

Nel film di Marco Bellocchio “Bella Addormentata” c’è un senatore-psichiatra, interpretato con perfida ironia da Roberto Herlitzka, che visita gli altri parlamentari in preda a svariate forme depressive. Uno si sente inutile e lui prescrive un “Serenes”, poi lo rincuora con un rassicurante: “Se sei un senatore della Repubblica, un motivo ci dovrà pur essere”.Un altro si chiama Beffardi (impersonato magistralmente da Toni Servillo) ed è in crisi di coscienza perchè non vuole saperne di

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Grazie. Grazie per aver firmato. FIRMATE TUTTI!


Una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti. Il Fatto Quotidiano raccoglie le firme

Il gruppo parlamentare del Pd ha espulso all’unanimità il senatore Luigi Lusi che ha confessato di aver svaligiato la cassa della fuMargherita e ha provato a patteggiare 1 anno per appropriazione indebita, ma fortunatamente la Procura di Roma ha risposto picche perché la pena è “incongrua”. Vedremo quale congrua la sanzione infliggerà a Lusi la mitica Commissione di garanzia del Pd (quella che è riuscita a non espellere nemmeno Penati, accontentandosi della sua autosospensione).

Ma, quale che sia la punizione, i partiti non possono cavarsela così. Il vero scandalo non è quel che ha fatto Lusi, ma il sistema che l’ha reso possibile. Lo scandalo sono i partiti morti che restano in

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L’italietta ladra e corruttrice di Burlesquoni. VERGOGNA!

Marco Travaglio

1 ottobre 2011

Ma l’ovetto no

Sicilia. Bartolo è un giovane di 23 anni e fa il pescatore a Sant’Agata di Militello, provincia di Messina. L’altro giorno è stato arrestato dai carabinieri perché “colto in flagrante” mentre prelevava sette pietre dal lungomare e le caricava su un furgone per fissare le sue reti da pesca sul fondale marino. Tradotto in caserma, vi ha trascorso la notte, in attesa del processo per direttissima. Il giorno prima la Camera negava l’autorizzazione all’arresto dell’on. Marco Milanese per rivelazione di segreti, corruzione e associazione per delinquere.

Qualche giorno dopo, a Taranto, si apriva il processo a Donato, un ragazzo di 20 anni, imputato per il furto di un ovetto Kinder in un chiosco di dolciumi e per le

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LA COSCA DEI MAFIOSI AL POTERE VISTA DA TRAVAGLIO, CHE ormai SCRIVE COME ME.

Marco Travaglio

24 settembre 2011

Legalizzare la mafia sarà la regola del Duemila”, cantava De Gregori nel 1989. Finalmente ci siamo. I politici di governo parlano come i mafiosi. Altro che casta, questa è una cosca. L’altro giorno abbiamo segnalato il contributo del molto intelligente Ferrara alla mafiosizzazione del linguaggio politico, quando il tenutario di Radio Londra ha fatto un uso criminoso della tv pagata coi soldi di tutti per spiegare che B., versando centinaia di migliaia di euro a Tarantini e Lavitola, non ha pagato il pizzo al racket: si è solo garantito “la protezione”. Gli ha subito fatto eco il suo padrone con tutta la corte, fulminando il ministro Tremonti, reo di non aver votato per salvare dal carcere il fido Milanese, accusato solo di associazione a delinquere e altre robette. Ma come: la cosca si presenta compatta alla Continua a leggere
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TRAVAGLIO, QUERELA M.BERLUSCONI? COL BABBO LE HO VINTE TUTTE…

TRAVAGLIO, QUERELA M.BERLUSCONI? COL BABBO LE HO VINTE TUTTE…
(ANSA)
– “Mi fa piacere che la signora Berlusconi improvvisamente abbia recuperato fiducia nei magistrati. Immagino che si sia rivolta allo stesso tribunale che ha appena condannato la sua azienda a risarcire 560 milioni di euro a De Benedetti. Ho vinto tutte le cause con il suo babbo, adesso passo alla discendenza”. Così Marco Travaglio commenta l’annuncio di querela nei suoi confronti da parte di Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e Mondadori, contenuto in un’intervista al settimanale ‘Oggi’ in edicola da domani.

marina

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Marco Travaglio. Il Partito dei domestici

Marco Travaglio

Il Partito dei domestici

Chi, guardando i tg o ascoltando i commenti di uno a caso dei servi del Cainano, cerca di capire perché mai il gruppo B. debba pagare 560 milioni a De Benedetti, pensa all’ennesimo mistero d’Italia. Il perché se l’è scordato persino il Cainano, che l’altro giorno, fallita la legge che s’era fabbricato per non pagare, ha dichiarato: “Piuttosto che a De Benedetti, quei soldi li do in beneficienza”. Come se la condanna non si riferisse a nulla in particolare, ma prevedesse semplicemente che deve dar via mezzo miliardo a chi pare a lui. Nessuno fa il benché minimo riferimento all’antefatto che, da solo, spiega tutto: nel 1991 gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico, con soldi di B. e della Fininvest, pagarono 470 milioni di lire in contanti al giudice Vittorio Metta in cambio della sentenza che annullava il lodo Mondadori, scippando all’Ingegnere il primo gruppo editoriale del Paese e girandolo al Cavaliere. Il quale da vent’anni possiede un’azienda non sua, rubata, ne incassa gli utili e la usa per manganellare i suoi nemici. All’origine di tutto c’è uno scippo, rimasto a lungo impunito finché lo scippatore è stato individuato e condannato a restituire il maltolto. Ma, siccome siamo il Paese di Sottosopra, grazie anche all’uso che fa lo scippatore dei giornali del gruppo scippato, lo scippatore si traveste da scippato.

Già ieri gli house organ dello scippatore, Giornale e Libero, titolavano preventivamente: “Oggi (forse) rapinano il Cav”, “Oggi i giudici spennano Silvio”. Nel suo editoriale improntato al più sfrenato surrealismo, zio Tibia Sallusti spiegava che il risarcimento è “una rapina” perché fu corrotto solo Metta, e non gli altri due giudici del collegio, ergo “quello eventualmente corrotto era ininfluente”. Dimentica che Metta era il relatore, cioè istruì e illustrò la causa agli altri due; e l’estensore: cioè scrisse la sentenza, o almeno la firmò, visto che depositò 167 pagine manoscritte all’indomani della camera di consiglio, dunque gliel’avevano scritta prima del processo. In ogni caso, per far scattare la corruzione giudiziaria, basta corromperne uno, di giudice. Olindo il giurista aggiunge che la condanna si basa sulle parole della Ariosto, che nel ‘95 “racconta ai Pm che uno dei tre giudici era stato a suo avviso corrotto”. Peccato che la Ariosto non abbia mai nominato Metta in vita sua: le prove sono i bonifici dai conti esteri Fininvest a quelli dei tre avvocati che poi prelevarono i contanti da portare a Metta. Tibia infine, ispirato nottetempo dall’arcangelo Gabriele, anticipa la formidabile replica di Marina B. E cioè che il risarcimento è indebito perché B., in sede di transazione, restituì a De Benedetti un pezzo di Mondadori (Repubblica, Espresso, quotidiani Finegil); e comunque è spropositato perché “la quota Fininvest in Mondadori oggi in borsa vale 300 milioni”. Doppia cazzata. Se mi rubano il motorino e poi mi restituiscono il manubrio, io che faccio: ritiro la denuncia per furto? Quanto all’importo, è ovvio che Fininvest debba restituire non soltanto il valore dell’azienda scippata, ma pure gl’interessi, le rivalutazioni e soprattutto gli introiti incamerati indebitamente per vent’anni. Si chiamano danno emergente e lucro cessante, facili da capire anche ai ripetenti.

Più comprensibili gli alti lai della presidente di Fininvest e Mondadori, Marina B., che la butta in politica e starnazza: “Ennesima forsennata aggressione a mio padre”. Madama va capita: presiedendo sia l’azienda scippatrice sia il corpo del reato, teme di restare disoccupata. Ma non perde il buonumore, infatti dichiara che “Fininvest ha sempre operato nella più assoluta correttezza”: a parte le tangenti a politici, finanzieri, giudici, testimoni e i fondi neri su 64 società offshore, si capisce. Vedendola così affranta per la dipartita di quanto ha di più caro (560 milioni), si stringono al suo dolore le maestranze Fininvest tutte: Ghedini, Cicchitto, Gasparri, La Russa, Matteoli, Verdini, Sacconi, Capezzone, Stracquadanio e alcuni uscieri. Il partito degli onesti. Anzi, dei domestici.

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