Ci è arrivato anche Di Pietro. Io lo scrivo da due anni e si fa sempre più vicina la tragedia.

Di Pietro: governo via prima che ci scappi il morto

di pietro 304

«Prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo governo». Lo scrive sul suo blog il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, riferendosi alla votazione sulla richiesta di arresto di Marco Milanese, ex braccio destro di Giulio Tremonti.

«Al di là di tutte queste anomalie sul piano del diritto processuale penale, interessa qui far rilevare la grande responsabilità politica di un governo che non ha più nulla da dire o da dare e che – scrive Di Pietro – chiuso nel suo bunker, pensa di poter ancora governare il Paese mentre nel Paese sta sbocciando la rivolta sociale».

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L’italietta della cosca è la vergogna del mondo anche fiscalmente

Giuditta Martelli per Il “Corriere della Sera

GIULIO TREMONTIGIULIO TREMONTI

La Svizzera non sarà più un libero parcheggio per i soldi inglesi in fuga dalle tasse nazionali. La privacy rimane salva, ma le imposte arriveranno. Salate e retroattive. Il trattato bilaterale – che supera a sinistra l’euroritenuta – è stato annunciato qualche giorno fa e deve essere approvato dai rispettivi Parlamenti. Sarà musica nuova per le casse di George Osborne, il ministro delle Finanze britannico che, secondo il Financial Times, si aspetta dall’operazione un extra gettito di 5 miliardi di sterline entro il 2013.

george osbornegeorge osborne

Ma sarà anche un altro pezzo di dignità ritrovata per la Confederazione elvetica, che non vuole più essere accusata di coltivare gli evasori altrui. E che quindi accetta, in cambio della rinuncia alla crociata contro il segreto bancario, di fare il sostituto d’imposta internazionale. Il trattato tra Londra e Berna ricalca quello raggiunto poco fa con la Germania. E c’è da scommettere che non

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Il nostro vero debito sono loro. E sono loro che andrebbero drasticamente tagliati.

Antonio Padellaro

Il fumo e l’infamia

Venerdì sera, davanti ai giornalisti convocati in tutta fretta su insistente pressing della Merkel, di Sarkozy e degli spazientiti banchieri di Francoforte, Berlusconi e Tremonti sembravano grandi amici, d’accordissimo soprattutto sul modo migliore di fregare gli italiani. Un gatto e una volpe piuttosto ammaccati dalla guerra che si sono fatti per mesi che con voce flautata non facevano che ripetere la frase: “Pareggio di bilancio nel 2013”.

Ecco la formula magica che avrebbe finalmente convinto i famosi mercati a non gettare l’Italia sul lastrico. Ecco il mantra che avrebbe accompagnato gli italiani in gita di Ferragosto. Naturalmente, il pareggio di bilancio nel 2013 sarebbe un eccellente obiettivo per un Paese indebitato fino al collo, se dietro al fumo delle parole vane non si nascondesse una

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Fiamme Marron di Marco Travaglio

Fiamme Marron

Dice Tremonti, ministro dell’Economia e dunque responsabile politico della Guardia di Finanza, che smise di abitare “in albergo o in caserma” perché lì “non ero più tranquillo: mi sentivo spiato, controllato, persino pedinato”. Ora, siccome la caserma in cui viveva era della Guardia di Finanza, se ne deduce che a “spiarlo, controllarlo, persino pedinarlo” non potevano essere che esponenti della Guardia di Finanza. E, siccome nessun finanziere sano di mente prenderebbe l’iniziativa di spiare il ministro da cui dipende il Corpo, non si scappa: a ordinare di spiarlo non può essere stato che il vertice. Il quale vertice, come ha raccontato Tremonti ai pm di Napoli, è diviso in due “cordate”: una fedele a lui e al fido Milanese (ex finanziere), l’altra a Berlusconi (quella che fa capo al generale Adinolfi): “Alcuni rappresentanti di quel Corpo sono in stretto contatto col presidente del Consiglio”.

Tant’è che Tremonti – lo conferma lui stesso – affrontò a brutto muso B. per denunciare le manovre della cordata berlusconiana ai suoi danni. E lo avvertì che non avrebbe accettato di cadere vittima del “metodo Boffo”. Dove per “metodo Boffo” non intendeva tanto gli attacchi del Giornale e di Libero, che per lungo tempo l’han tenuto nel mirino, com’era accaduto a Boffo. Intendeva piuttosto il dossieraggio che mescola fatti veri e falsi per ricattare. Dunque, se le parole e la logica hanno un senso, Tremonti sta accusando la cordata berlusconiana di averlo “spiato, controllato, persino pedinato”. Nell’interesse o per ordine del presidente del Consiglio.

Sempre su Repubblica, Tremonti ammette di aver fatto “una stupidata” facendosi ospitare dall’amico Milanese e pagando l’affitto brevi manu, in contanti (“ma non in nero”, precisa). Ma, ammesso che sia solo una stupidata, qui c’è ben di peggio. Se il ministro delle Finanze sospetta che qualcuno della Guardia di Finanza lo spii, dovrebbe correre in Procura a denunciare il reato. E cacciare su due piedi i generali che giudica infedeli, riferendo in Parlamento sui gravissimi motivi che l’hanno spinto a quella decisione (come fece il compianto Padoa-Schioppa, che nel 2007 cacciò il generale Speciale, poi condannato per peculato dunque promosso deputato dal Pdl). Ma avrebbe dovuto riferire anche i suoi sospetti sul mandante di quelle spiate, o almeno le sue certezze sulle liaison fra il suo premier e una “cordata” della Finanza.

Infatti B. non dovrebbe avere alcun rapporto con le forze armate e dell’ordine, visto che la Polizia ricade sotto il ministero dell’Interno, i Carabinieri sotto la Difesa, la Finanza sotto l’Economia. Dietro un generale fellone si nasconde sempre un premier golpista, sia pur all’italiana. Invece Tremonti, avvolto da quel tintinnar di sciabole e da quel gracchiar di barbefinte, pensò di risolvere il tutto con una sfuriata a B. e un trasloco chez Milanese. Ora che è tutto sui giornali, e che il sottosegretario Crosetto aggiunge di temere pure lui la Gdf dipingendola come un’associazione a delinquere, la storia non può finire con le scuse di Tremonti per la “stupidata”.

La Guardia di Finanza, composta da migliaia di uomini che per poche centinaia di euro al mese scovano miliardi di evasione, merita di meglio. Così come i cittadini che assistono attoniti a quest’ennesimo film horror, ultimo sequel degli scandali petroli, Cerciello e Speciale. Chiedere a Tremonti o a B. di bonificare le Fiamme Sporche è come chiedere a Moggi di risanare il mondo del calcio. Dovrebbe pensarci il capo dello Stato, che è anche il comandante supremo delle Forze Armate. Per cacciare i generali felloni da un Corpo che dovrebbe garantire assoluta trasparenza e imparzialità, fedele alla Costituzione e alla Legge, non a B. o a Tremonti. In caso contrario, quando un finanziere andrà a ispezionare un’azienda, l’ispezionato potrà cacciarlo a pedate dicendosi “spiato, controllato, persino pedinato”. Se della Guardia di Finanza non si fida il ministro delle Finanze, perché dovremmo fidarcene noi?

Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2011

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