Salute e grano a tutti! L’Ulivo sorpassa il Pdl, Fini all’8%. Adesso Mafiolo teme le elezioni

L’Ulivo sorpassa il Pdl, Fini all’8%

Adesso il premier teme le elezioni

L’Ulivo sorpassa il Pdl
e Fini raggiunge l’8%

Nonostante i proclami di Berlusconi, la fiducia nei suoi confronti è la più bassa da due anni: il 32%. E oggi il Pdl vale meno di Forza Italia nel 2001. Per questo il Cavaliere non vuole davvero le elezioni di ILVO DIAMANTI

L’Ulivo sorpassa il Pdl e Fini raggiunge l’8% Silvio Berlusconi

SILVIO Berlusconi non ha mai pensato di aprire la crisi, in queste condizioni. Venire “sfiduciato” dalla Camera, per chi è stato eletto con una larghissima maggioranza, appena due anni fa. Come spiegarlo agli elettori? Ma c’è un problema ulteriore e forse maggiore. Aggiungere alla sfiducia della Camera quella dei cittadini. Anche se Berlusconi continua a dire che il 60% degli italiani “è con lui”, a noi – e non solo a noi – risulta un dato assai diverso: 32%. Meno di un terzo degli italiani. È ciò che emerge dal sondaggio dell’Atlante Politico di Demos, condotto negli ultimi giorni. Un grado di fiducia inferiore a quello di Bersani, ma anche di Tremonti, Casini, Fini. Solo Bossi è meno “amato” di lui. Ma il leader della Lega è, da sempre, uomo di “fazione” e di “frazione”. Più che unire, divide.

Si tratta, per Berlusconi, del livello più basso negli ultimi due anni. Dalle elezioni politiche che lo hanno visto trionfatore, a capo del centrodestra. Per questo la prospettiva della crisi lo preoccupa. Teme la trappola dei “governi tecnici” e delle “larghe intese”. Anche se invoca nuove elezioni, in caso di crisi, in realtà non le vuole. Non per ora, almeno. Le ritiene rischiose. A ragione, viste le stime elettorali di Demos. Che vedono il Pdl ridotto al 26%. (Meno di Forza Italia – da sola – nel 2001.) Mentre la Lega frena, pur superando il 10%. Insieme il centrodestra supererebbe di poco il 37%. Mentre il Pd, fermo alla soglia del 25%, insieme all’Idv, Sel (entrambe intorno al 7%) e alle altre formazioni di sinistra (Rc e Pdci), toccherebbe il 40%. Con questa legge elettorale, quindi, un centrosinistra “formato Ulivo” potrebbe perfino vincere (grazie al cedimento altrui), conquistando la maggioranza assoluta dei seggi. Alla Camera, almeno. Un’ipotesi, fino a poco tempo fa, comica più che irrealistica.

Al Senato, invece, il sistema elettorale non permetterebbe a nessuna coalizione di ottenere la maggioranza dei seggi. Vista l’ampiezza raggiunta, secondo le stime elettorali, dal Polo di Centro. Circa il 16%, contando, oltre all’Udc, il partito di Fini (e altre formazioni minori: Mpa e Api). Fli, in particolare, continua a crescere. Oggi è intorno all’8%. A (e con) dispetto del Cavaliere e dei suoi uomini. Soprattutto, i reduci di An. Fini, il “traditore”. In grado di ridimensionare il Pdl e l’attuale – presunta – maggioranza. I dubbi sull’esito del voto, peraltro, si fanno strada anche fra gli elettori. Benché il 50% ritenga ancora probabile la vittoria del centrodestra e solo il 34% quella del centrosinistra. Un divario di 16 punti. Ma due mesi fa la distanza era ben più ampia: 33 punti (e gli elettori che scommettevano sul successo del Centrodestra erano il 57%).

Naturalmente, i sondaggi non sono elezioni. Ma, in effetti, Berlusconi li sa interpretare – e usare – molto bene. Magari li comunica “a modo suo”. D’altronde, siamo in tempi di campagna elettorale permanente. E i sondaggi, oltre a rilevare le opinioni, talora le orientano. Ma oggi gli consigliano di attendere. Cercando di riconquistare la maggioranza. Intanto alla Camera, attraverso una pressante campagna acquisti. Poi, anche presso gli elettori. Preoccupati dall’andamento dell’economia. Delusi dai risultati del governo. Il federalismo annunciato e non ancora ottenuto. I “fatti” annunciati – senza grandi effetti. Le immondizie a Napoli: sparite in dieci giorni. E ricomparse dopo altri cinque. La ricostruzione dell’Aquila. Di cui i residenti non sembrano essersi accorti. E poi, la passione di Berlusconi per le donne e le ragazzine, ammessa senza scuse. Ma, anzi, rivendicata con un certo orgoglio (e un cenno di intesa. Come dire: in fondo voi siete come me, anche se non avete il coraggio di ammetterlo). I due terzi degli italiani la considerano un elemento di debolezza, per un leader. Anzi: il Leader. Il presidente del Consiglio.

Per questo, Berlusconi cerca di tirare avanti. Di allontanare – di un mese – la prova della verifica parlamentare, E spostare il voto a primavera, almeno. Intorno alla sua maggioranza, ormai minoritaria, le opposizioni si preparano. E lavorano: alla ricerca di alleanze e di leadership. Nel centrosinistra – soprattutto nel Pd – è ampia la voglia di ampie intese. Da sinistra fino al centro. Una Santa Alleanza per cacciare il tiranno. Ma, dovendo scegliere, fra gli elettori prevale nettamente l’ipotesi di ricostruire l’Ulivo. Cioè: di allearsi con le sinistre. In particolare con la Sel di Nichi Vendola. La maggioranza degli elettori di centrosinistra (30%), peraltro, vorrebbe il governatore della Puglia leader della coalizione. Un po’ più ridotto (25%) il gradimento per Bersani, il quale resta, comunque, il leader di gran lunga preferito dalla base del Pd. L’alleanza privilegiata con il polo di Centro – secondo i dati dell’Atlante Politico – appare, invece, scarsamente apprezzata dagli elettori di Centrosinistra.

Reciprocamente, gli elettori di Centro non sembrano attratti da un’intesa con il Centrosinistra. Preferiscono di gran lunga l’autonomia. Correre da soli. Fare il Terzo Polo. Alla guida di Casini oppure di Fini. In misura molto più limitata, di Luca Cordero di Montezemolo (apprezzato, anche da una quota significativa di elettori del Pd).
Insomma, il sistema politico appare incerto e aperto, come mai lo era stato negli ultimi anni. Almeno dal 1994-96. Tutto appare in movimento. Le alleanze, le leadership e di conseguenza anche gli elettori. Un po’ disorientati, di fronte a un’offerta politica fluida e instabile. Dove i partiti maggiori, due anni fa perni di un bipolarismo bipartitico, appaiono più provati degli altri. Il Pdl, fiaccato dalla defezione di Fini e dai dolori del (sempre) giovane Berlusconi. Mentre il Pd è in preda a una crisi deleteria, in parte incomprensibile. È troppo impegnato a macerarsi all’interno, a logorare ogni leader possibile, presente e futuro. A coltivare la propria eterna vocazione minoritaria e perdente. Così non si accorge che potrebbe diventare maggioranza e – perfino – vincere.

(18 novembre 2010)

Berlusconi malore montecatini[3]

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CRIBBIO!

Nella sfida per la carica di sindaco il vice primo cittadino uscente
stacca nettamente Morandini del Pdl. La leghista Giuliani terza
Trento, Andreatta verso la vittoria
E i democratici sono il primo partito

TRENTO – Le sezioni scrutinate sono 53 su 97. E portano buone notizie per il Partito democratico e i suoi alleati. Alessandro Andreatta, vicesindaco uscente e candidato primo cittadino a Trento, è in nettissimo vantaggio sullo sfidante Pino Morandini del Pdl: 64,15% contro il 21,01%. La candidata leghista, Bruna Giuliani, si attesta sul 7,56%.

“Sono molto soddisfatto, il nostro progetto è stato premiato, è una vittoria di tutta la coalizione”, è stato il primo commento a caldo di Andreatta. Che rappresenta il centrosinistra autonomista: Pd, Upt, Di Pietro-Idv, Patt, Udc, Verdi, Socialisti democratici e Leali. Morandini, invece, rappresenta il Pdl e una lista civica col suo nome. Tra i partiti il più votato è il Pd, che si attesta sopra il 31%, seguito dall’Unione per il Trentino 15,5% e dal Pdl 11,9%. La Lega è all’8%, l’Idv al 3,6% e l’Udc al 2,55%.

Con circa il 64% dei voti, Andreatta si colloca praticamente allo stesso livello del suo predecessore, Alberto Pacher, sindaco storico e leader del Pd trentino che, nel maggio del 2005, arrivò al 64,3%. In quell’occasione, il Pd non c’era ancora: i democratici per l’Ulivo raggiunsero circa il 18% e la lista civica per Pacher arrivò al 28%. Alle politiche del 2008, gli elettori del comune di Trento diedero il 38% al Pd, il 6,3% all’Idv, il 25,7% al Pdl e il 12,1% alla Lega Nord.

Ma questa tornata amministrativa – che ha coinvolto anche altri cinque comuni del Trentino, e quattro dell’Alto Adige – è stata caratterizzata anche dalla bassa affluenza. A Trento, ha espresso il proprio voto il 60,15% degli elettori. Alle precedenti comunali del 2005 aveva votato il 70,16% degli aventi diritto.

PARTE LA DéBACLE?

andreatta

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La famigghia

Decoder, Paolo Berlusconi e il socio di Cosa Nostra (da Antimafia 2000)

Mafia, soldi sporchi, incentivi pubblici e interessi privati.Tutto cio’ risulterebbe nell’inchiesta sul misterioso rapimento di Giovanni Cottone ex socio di Paolo Berlusconi.

SOLARI.COM In questa società per la vendita di decoder Giovanni Cottone possedeva il 49% del capitale, il 51% era del fratello del leader di Forza Italia. Poi qualcuno ha cercato di rapire Cottone, la Procura ha indagato e ha scoperto la pista del riciclaggio e degli investimenti mafiosi. E anche altro…

di Giuseppe Caruso

Mafia, soldi sporchi, incentivi pubblici e interessi privati. C’è tutto questo sullo sfondo dell’inchiesta sul misterioso rapimento fallito ai danni di Giovanni Cottone, fino a pochi mesi fa socio al 49% di Paolo Berlusconi nell’azienda Solari.com. Adesso un pentito di quel rapimento, il suo uomo di fiducia per quattro anni, svela: «Giovanni Cottone faceva parte della malavita». Solari. com è la società salita all’onore delle cronache in quanto beneficiaria della legge che destinava un contributo statale all’acquisto dei decoder per il digitale terrestre. Il governo guidato da Silvio Berlusconi a quel tempo aveva fatto le cose in grande: non solo aveva previsto denaro pubblico per il fratello del premier (la Solari aveva iniziato a distribuire i decoder Amstrad del tipo mhp nel gennaio 2005, in concomitanza con il lancio del servizio pay per view Mediaset premium), ma addirittura si era premurato, attraverso alcuni articoli della legge Gasparri, di far sì che in Sardegna, regione pilota dello switch off (la definitiva transizione dal sistema televisivo analogico a quello digitale terrestre) l’unico decoder in grado di ricevere il segnale fosse proprio l’mhp distribuito dalla Solari.com. Il risultato era stato quello di far più che raddoppiare il fatturato dell’azienda (passata a 141 milioni di euro in un anno) e di ricevere diverse interrogazioni parlamentari a riguardo, che vedevano come primo firmatario il senatore dell’allora Ulivo Luigi Zanda. L’indignazione per quel regalo familiare era molta, ma sarebbe stata maggiore se si fosse saputo chi era in realtà Giovanni Cottone, il proprietario dell’altra metà della Solari.

Il mistero svelato

A svelare il mistero ci ha pensato uno degli uomini che nel giugno scorso aveva tentato di rapirlo, di nome Giuseppe Sanese, professione ufficiale: buttafuori. Gli altri arrestati erano stati la moglie di Cottone (in via di separazione) Giuseppina Casale, Antonio Cottone (uomo d’onore, zio di Giovanni), Giovan Battista Rosano (altro uomo d’onore, da tempo in affari con Cottone) ed il poliziotto Alfredo Li Pira. Il piano del gruppo era di rapire Giovanni Cottone, farsi consegnare almeno 40 milioni di euro ed eliminarlo. Un sequestro molto simile, secondo gli inquirenti, a quello che ha portato all’uccisione del finanziere Gianmario Roveraro. Il piano era saltato perché la moglie di Cottone, Giuseppina Casale (descritta in un informativa della guardia di finanza come «persona in contatto con i salotti della Milano “bene” ma al contempo con la malavita palermitana») era stata sottoposta ad intercettazioni ambientali da parte del Gico palermitano per questioni relative al traffico di droga. Questi avevano informato gli omologhi milanesi, che erano intervenuti, arrestando il gruppo. Sanese era stato per più di quattro anni l’uomo di fiducia dello stesso Giovanni Cottone e collaborando con gli inquirenti ha svelato non solo i dettagli del sequestro fallito, ma anche i rapporti di Giovanni Cottone con Paolo Berlusconi e con la mafia. Gli interrogatori di Sanese sono avvenuti alla presenza dei pubblici ministeri Mario Venditti ed Alberto Nobili e del gip Guido Salvini, il 7 e l’11 giugno del 2007, e sono contenuti nella richiesta di rinvio a giudizio. Anche per le parole di Sanese, la procura di Milano ha aperto un’inchiesta su un’altra intricata vicenda, quella della truffa da almeno 40 milioni di euro che Cottone avrebbe realizzato ai danni di Paolo Berlusconi. Un capitolo oscuro di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.

Il racconto

Ecco cosa dice Sanese ai magistrati. «Ho conosciuto Giovanni Cottone tramite Giovan Battista Rosano, che era compare, amico intimo di mio nonno. Rosano, che nella zona in cui abita a Palermo, che noi chiamiamo Borgo Nuovo, è molto rispettato, a Milano è molto amico dei Taormina, dei Carollo, dei Fidanzati (tutti clan mafiosi ndr). Una volta ha ucciso un uomo a coltellate… Rosano era il garante delle cavolate che il Cottone combinava. L’altro garante era lo zio del Cottone, Antonio, che lo ha cresciuto ed educato. I due, Rosano e Antonio Cottone, erano compari dello stesso gruppo mafioso. Perché ce l’avevano con Giovanni Cottone? Per diversi motivi. Il fatto più grave è quello del 1995. Giovanni Cottone era stato sequestrato dai catanesi perché aveva fatto un buco da 400 milioni. I catanesi poi gli hanno spaccato mani, mascelle e lui si è rivolto per salvarsi a Giovanni Rosano, lo zio Giovanni come lo chiamava lui, che è accorso con lo zio Antonio. Gli hanno salvato la vita, gli hanno evitato legnate, come raccontano loro, ma hanno dato 200 milioni in contanti ai catanesi. E Giovanni Cottone non li ha mai restituiti. «Qual era il mio ruolo a Milano?». Continua Sanese: «Facevo una finta sicurezza per Giovanni Cottone, perché poi l’interesse era portare capitali all’estero. Ogni settimana, ogni quindici giorni, portavo delle valigette con dei soldi all’Ubs, dove mi aspettava una persona e depositavo questi soldi (anche un miliardo di vecchie lire alla volta) e rientravo poi a Milano. Erano valigette Samsonite nere, con combinazione. Il compenso per questo lavoro era di un milione di vecchie lire. L’ho fatto per una decina di volte». Al «Mangia & Ridi» «Formalmente lavoravo presso il suo locale, che era il “Mangia & Ridi”. I soci del “Mangia & Ridi” erano Paolo Berlusconi, Giovanni Cottone e Roberto Guarneri. Già in quel periodo era in società con Paolo Berlusconi, stavano assieme ventiquattro ore al giorno. Infatti Katia Noventa, che era l’ex di Paolo Berlusconi, e la signora Casale, erano sempre insieme, cenavano e mangiavano sempre insieme. Se Berlusconi sapeva delle attività del Cottone? Quando ne parlavano a tavola, ne parlavano tranquillamente… Dicevo del “Mangia & Ridi”. In quel periodo nel locale andava tantissimo tirare di cocaina, lo facevano tutti. Cottone all’epoca mi ha presentato uno spacciatore di Opera, io andavo a prendere la coca davanti al carcere di Opera, i soldi me li dava lo stesso Cottone. Io mi preoccupavo di prepararla e dividerla e la davo a Claudio, l’ex direttore del “Mangia & ridi”. I camerieri servivano la coca a tavola ai vari artisti che venivano, vari vip che venivano, i soldi poi venivano contati da me e Claudio e divisi al 50% col Cottone. Siamo riusciti a prendere anche venti milioni delle vecchie lire in una sera» «Se Cottone faceva parte della malavita? Faceva parte della malavita, veniva anche il figlio di Nitto Santapaola (capo della mafia catanese negli anni ottanta ndr) a cena con noi, mi sono trovato a cena con i Vernengo (potente clan mafioso palermitano ndr). Sempre al “Mangia & Ridi”, nel ‘98, ‘99. Queste cose le so perché ero sempre accanto al Cottone. Lui fa comodo per pulire tanti soldi, questo è sicuro. In ristoranti, alberghi, comprare immobili…queste cose qua. Investiva soldi di altri che provenivano sicuramente da proventi illeciti… Con Paolo Berlusconi hanno realizzato anni fa una società in Germania, mi ricordo perché in quel periodo parlavano sempre con Paolo di questa cosa grossa che stavano facendo in Germania» «Come nasce la fortuna economica del Cottone? Come lui vanta, dallo spaccio di soldi falsi nei paesi del Nord Africa e poi da una mega truffa di gioielli e da una ricettazione grossa di rapine di gioielli, anche in via Montenapoleone. I gioielli li ho visti io, tanto oro l’ho portato in Svizzera. E poi tanta elettronica rubata, ricettazione di elettronica. I furgoni li scaricavo io».

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