Iannini in Vespa per il dopo Alfano? La feccia continua a pensare alle poltrone e l’Italia affonda.

Iannini in Vespa per il dopo Alfano?

di Il congiurato

Dopo la bocciatura del codice antimafia da parte del procuratore Grasso si fa ancora più impegnativa la selezione per la successione di Angelino Alfano al ministero della Giustizia. Lui ha chiesto di aspettare l’approvazione di quel testo per dedicarsi interamente al partito. Il tutto dovrebbe avvenire non prima di settembre. E nel frattempo più che un totonomine si è aperta una vera e propria lotta all’arma bianca.

Sostanzialmente tre i candidati in lizza. Donato Bruno, presidente della commissione affari costituzionali (se nominato cioè lascerebbe libera una poltrona, e questo in genere aiuta) viene dato in pole position, se non altro per anzianità di militanza nel cerchio berlusconiano, fin dai tempi in cui veniva considerato soprattutto un avvocato fedelissimo di Cesare Previti, con cui mantiene ancora rapporti ottimi. Annamaria Bernini, che non perde occasione per fare esercizio di umiltà ironizzando sul proprio essere in corsa, non ha nulla da invidiare sul piano della preparazione forense al collega Bruno, tant’è che se dovesse perdere la sfida con lui per via Arenula ne prenderebbe il posto alla guida della commissione.

E poi c’è l’outsider, non avendo un curriculum politico, ma che in molti considerano in realtà la scelta più probabile: Augusta Iannini, magistrato, capo dell’ufficio legislativo di Alfano e, cosa che non guasta affatto, moglie di Bruno Vespa. A differenza delle altre candidature circolate in questi giorni, non incontrerebbe alcun tipo di dubbio tra le istituzioni.

Alfano però, prima di assumere a tempo pieno la guida del Pdl, vorrebbe anche le dimissioni di La Russa, Verdini e Bondi dal ruolo di coordinatore, per avere qualche garanzia in più sul piano dell’agibilità interna al partito, essendo uscito piuttosto indebolito dalla vicenda del lodo Mondadori in manovra. Alle dimissioni dei tre avrebbe accennato Cicchitto durante la riunione del gruppo martedì sera. Ma loro avrebbero fatto finta di non sentire.

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L’Unità d’Italia delle merde: baudo e vespa

Baudo e Vespa: flop, liti e qualche sputo

Il giornalista si è arrabbiato per l’inclusione di Santoro in una galleria dei vip Rai. E in precedenza Pippo aveva sputato su uno degli autori del collega-rivale

Pippo Baudo e Bruno Vespa
Pippo Baudo e Bruno Vespa

MILANO — Così è finita l’avventura di «Centocinquanta», programma di Raiuno dedicato all’anniversario dell’Unità d’Italia, nelle mani di Bruno Vespa e Pippo Baudo che mercoledì (quarta e ultima puntata, anche se avrebbero dovuto essere sei, ma gli ascolti insoddisfacenti hanno portato alla chiusura anticipata) si sono scontrati duramente. Sul finale dello show, mentre suonava la banda dei carabinieri, venivano proiettate fotografie di personaggi di punta della Rai (Frizzi, Conti, Giletti, Venier, Magalli). Ecco che d’improvviso sul monitor (che il pubblico a casa però non ha visto) compare il volto di Santoro. Vespa — è noto che tra i due giornalisti non corre buon sangue — si infuria: «La serata si conclude qui». E lascia lo studio prendendosela con gli autori che hanno avuto «la trovata geniale», chiudendosi in camerino.

La lite Vespa-Baudo

In diretta intanto Baudo prosegue come se nulla fosse e, a luci spente, fa partire pure un festeggiamento con tanto di brindisi, in un clima di fortissima tensione (e pure un po’ surreale). Tanto che ieri sera anche «Striscia la notizia» si è chiesto che cosa fosse successo. Del resto la tensione era palpabile da 15 giorni. Perché solo la prima puntata, con ottimi ascolti, aveva illuso. Quando un pessimo 14% ha segnato gli ascolti della seconda, era stata convocata una riunione. Pare che Vespa non gradisse l’eccesso di «intrattenimento» del programma e così sono cominciate a volare parole grosse tra Claudio Donat Cattin, autore storico di «Porta a porta», e Baudo, culminate in uno scambio senza precedenti. Donat Cattin avrebbe accusato Baudo di «comportamento mafioso» e Pippo avrebbe replicato con uno sputo in faccia all’autore (mancando però il bersaglio). Ora si sussurra che sia pronta una lettera di richiamo per Baudo e una possibile multa (80 mila euro?). Ma si parla pure di una sanzione a Vespa per «abbandono di programma».

Maria Volpe

°°° Questi due attrezzi inutili e servi credevano davvero che le loro cagatine potessero interessare gli italiani? Stanno messi molto peggio di quello che credevo! E l’insetto non voleva Santoro tra i vip della Rai? MA SE E’ L’UNICO VIP RIMASTO in quel troiaio inutile e volgare?!

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LA VERGOGNA DEL MONDO: La Rai nelle mani del mafionano, masi,vespa, ferrara e minchiolini.

Marco Travaglio

Omnia sozza sozzis

Augusto Minzolini sta poco bene. Solo chi l’ha conosciuto vent’anni fa quando sfrecciava per i palazzi romani in motorino, sbucava da dietro le porte, s’inguattava sotto i tavoli travestito da fioriera sempre a caccia di indiscrezioni, pettegolezzi, retroscena, a volte persino di qualche notizia (tipo il patto “della crostata” D’Alema-Berlusconi a casa Letta), può comprendere la gravità della sindrome che l’ha colpito. Un tempo cercava le notizie, ora le nasconde (ultime imprese: il linciaggio di Saviano e la sordina ai fischi contro B.). Fatte le debite proporzioni, è come se l’ispettore Derrick scippasse una vecchietta, o se Berlusconi mandasse indietro una minorenne.

La nomina a direttore del Tg1, macchina con autista e carta di credito incorporati, gli è stata fatale. Non bastandogli il magro stipendio di 550 mila euro l’anno a spese dei contribuenti, ha iniziato a usare la carta di credito aziendale a destra e manca, fino a un ragguardevole totale di 86 mila euro in 15 mesi, di cui 68 mila non giustificati secondo il suo stesso protettore Mauro Masi. Spesso l’ubiquo direttorissimo risultava nel suo ufficio a Roma, mentre la carta, ormai dotata di vita propria, strisciava allegramente fra Marrakech e Dubai. Ora è inquisito dalla Corte dei conti e anche la Procura di Roma indaga. L’ha rivelato ieri il Fatto, ma alla Rai lo sanno tutti, visto che da due settimane la Guardia di finanza entra ed esce da viale Mazzini 14 chiedendo di lui. Anziché prendersela eventualmente con i

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RAI. La volgarità ridicola dei servi sciocchi: masi, minchiolini, vespa, paragone, ecc.

La voce del padrone

di CURZIO MALTESE

 

 UNA premessa. In molte aziende italiane, anche piccole, è ormai una prassi, mutuata dagli americani, quella di sottoporre il personale da assumere a test attitudinali e d’intelligenza. E ora passiamo alla prima azienda culturale italiana, la Rai, e al suo direttore generale, Mauro Masi.

Dopo aver provato senza successo la chiusura di Annozero, con il maldestro alibi di una sanzione a Michele Santoro, e dopo gli sfortunati tentativi di non far andare in onda Report di domenica scorsa, l’intraprendente massimo dirigente di viale Mazzini è stato colto da un’altra idea geniale: fermare il programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano. Con un altro dei suoi astutissimi e infallibili artifici, il blocco dei contratti degli ospiti. A cominciare dal primo, un nome di scarso richiamo, Roberto Benigni. Pensate l’acutezza dell’uomo. Non potendo cancellare dal palinsesto un programma che si presenta come l’evento dell’anno e un formidabile affare pubblicitario per l’azienda, in tempi di vacche magrissime, il direttore generale agisce indirettamente, boicottando i compensi agli ospiti, giudicati incongrui. Si tratta infatti di un pugno di premi Nobel o alle brutte premi Oscar, più qualche rockettaro come Bono, i quali pretendono di essere pagati come e addirittura più di veline, tronisti, ospiti della casa del Grande Fratello o artisti del circo di Lele Mora. Con questo movente di forte impronta etica, ipotizza il Masi, nessuno sospetterà che lui invece voglia semplicemente censurare i contenuti del programma di Fazio e Saviano. Che vertono su temi quali la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta, la corruzione, le speculazioni sui terremoti, l’evasione fiscale. Tutti argomenti, al solo nominarli, grondanti un implicito e odioso antiberlusconismo. Purtroppo, caro direttore generale, non sarà facile sviare i sospetti. La gente, si sa, è maliziosa.

Esaurita la riserva di indignazione, si seguono gli esperimenti di censura di Mauro Masi con sincera curiosità. Ce la farà stavolta il nostro di viale Mazzini ad adempiere agli ordini dei suoi superiori? Masi si muove infatti su una linea sottile e sospesa nel vuoto. Dietro lo spinge il padrone, che vorrebbe cancellare i programmi con uno schiocco delle dita, come avrà visto fare dai governi modello dei paesi a lui più cari, dalla Bielorussia alla Libia ad Antigua (lo Zimbabwe ha smentito). Davanti il povero Masi deve affrontare alcuni impacci, dalla Costituzione ai regolamenti interni Rai, dal codice civile alla Corte dei Conti. L’ultima, per esempio, un giorno potrebbe interessarsi dell’operato e della responsabilità personale di un dirigente di un’azienda pubblica la cui mission, come si dice fra manager, sembra essere la guerra agli unici programmi Rai di qualità e di altissima resa economica.

Come un povero Mephisto, il direttore generale finora, cercando di ottenere il male, ha comunque operato per il bene. Nel senso che oltre a non chiudere un bel nulla ha garantito alle trasmissioni messe all’indice un formidabile lancio. Il caso più recente e meritevole ha riguardato la puntata di Report con il servizio sulla villa da Scarface di Berlusconi ad Antigua. Senza l’affannosa richiesta di non mandare in onda nulla, partita dalla corte di Berlusconi, cinque milioni e mezzo d’italiani non avrebbero mai seguito un magnifico programma di autentico giornalismo. Un’oasi di serietà nella melma di dossier confezionati ad arte che si tenta di far passare per informazione. Dopo mesi e mesi trascorsi a discutere di pettegolezzi mai provati sulla casetta di 55 metri quadri a Montecarlo venduta (forse) sottocosto da Fini al cognato (sempre forse), ecco un bel villone da almeno venti milioni comprato sicuramente dal presidente del Consiglio, sicuramente attraverso società off shore, in un paradiso fiscale e con i fondi depositati in una banca svizzera indagata per riciclaggio. Pochi minuti di libero giornalismo sulle reti di Stato sono bastati per riportare l’Italia fra le nazioni normali.

Certo, un paese normale non lo siamo. Il sogno è durato lo spazio di una serata televisiva. Sappiamo tutti che Berlusconi non sarà mai costretto a spiegare in Parlamento o su Internet lo scandalo di Antigua. Così come sappiamo che tutti i telegiornali e i giornali che hanno chiesto per tre mesi a Gianfranco Fini di chiarire il piccolo affare di Montecarlo, nel nome della trasparenza delle istituzioni, non avranno mai il coraggio di rivolgere la stessa richiesta al premier, per una vicenda cento volte più grave. Secondo la natura ipocrita del doppiopesismo, gli scandali di Berlusconi non sono scandali, da chiarire nel merito, ma complotti della Spectre.

Ma forse non siamo (ancora) un paese come la Bielorussia o la Libia. Le censure di Masi-Berlusconi naufragano nel ridicolo e il programma di Saviano, piaccia o no, andrà in onda lo stesso. Poi magari ci penserà il solerte Bruno Vespa a metterlo sotto processo, come ha fatto ieri sera con Annozero, in una grottesca trasmissione alla presenza di Masi e, questa sì, senza contraddittorio. “Fuori luogo”, secondo lo stesso presidente Rai, Garimberti. Un po’ anche fuori di testa.

b.duce

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Bruno vespa condannato nonostante la mafia di berlusconi e della moglie iannini (miracolata da mafiolo)

sabato 3 luglio 2010

Riporto la notizia dal blog Tafanus (grazie a Arcobaleno Cangiante per la segnalazione) :

Bruno Vespa condannato in appello per diffamazione della nostra amica e collaboratrice Prof. Isabella De Martini

Ma se cercate la notizia sulle agenzie, o sui giornali online, non ne trovate traccia, salvo che sul “Corriere Mercantile” di Genova, che non è scaricabile se non per gli abbonati. Invano si cercherebbe la notizia sui podcasts dei siti RAI, e crediamo di non sbagliare affermando che certamente Minzolini si sarà dimenticato di dare la notizia… Ma ecco cosa mi scrive Isabella:

Caro Antonio.

“Corriere Mercantile” del 18 Giugno 2010
      

la vicenda è questa : io nel G8 di Genova avevo il ruolo di Vice-Capostruttura, con delega alla Logistica ed agli Eventi Culturali Collaterali. Nel svolgimento delle mie funzioni mi ero accorta che gli appalti erano assegnati prevalentemente agli amici di Gianni Letta, fra i quali il suo consuocero Ottaviani, che possiede a Roma vari alberghi ed una organizzazione di Catering.

Quindi, tutta l’organizzazione dell’evento venne attribuita a Maria Criscuolo,  che gestì praticamente tutto… (guarda su internet e vedrai) La Criscuolo non è altro che la prestanome di Ottaviani e Letta…

Io feci un esposto in Procura a Genova , ma venne subito trasferito a Roma e altrettanto prontamente archiviato! Dopo pochi mesi uscì l’annuale libro di Vespa : “La Scossa” ,dove a pag.395 si dedicò alla mia distruzione, presentandomi come una signora genovese che doveva organizzare “sfilate di moda” (sic) a Portofino, e invece ficcò il naso in problematiche che non la riguardavano, quali la logistica e l’ospitalità delle delegazioni, creando malumori e imbarazzo a Gianni Letta (ci credo). Nota che la “Cricca” del G8 dell’Aquila è composta dalle stesse persone: infatti non vi sono in un vertice “solo” gli appalti edilizi, ma quelli per tutta l’organizzazione, che hanno valore equivalente; e indovina chi ha organizzato il G8 dell’Aquila, e in passato il Vertice di Pratica di Mare, e il semestre di Presidenza a Bruxelles italiano ecc. ecc.. : Maria Criscuolo e Ottaviani…

E’  la primissima volta, a quanto mi risulta, che Vespa viene condannato anche in Appello. Ti assicuro che non è stato per niente facile trovare un Avvocato con tali attributi da andare contro la coppia Vespa-Iannini (penso che tu ben sappia che generino è la moglia di Vespa, Giudice già inquisito per il caso Squillante e messa da Berlusconi a dirigere il Ministero di Grazia e Giustizia…

Appena avrò copia della sentenza te la manderò, ma forse l’articolo apparso il 18 sul “Corriere Mercantile” del 18 e queste mie poche righe possono già esserti utili!

Isabella De Martini

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Feltri e Farina: la vergogna dei lacchè di regime

Caso Boffo, Feltri sospeso
dall’Ordine dei giornalisti

Il direttore del Giornale sospeso per 6 mesi dopo una lunga discussione all’Ordine lombardo. Tra i motivi della sanzione anche aver fatto scrivere il radiato Farina.

°°° Proviamo a fare una lista di questi vermi senza spina dorsale, dediti solo al denaro facile e al leccaggio del culo più delinquente delmondo, le merde che hanno trascinato nel fango il giornalismo italiota?

feltri,farina,vespa,minzolini,minum,liguori,ferrara,costanzo,brachino,tutti i redattori del tg 3 regionale e dei tg di regime: tg1,2,4,5,6…senza dimenticare i belpietro.

Siamo l’unica nazione al mondo che ha degli invertebrati al posto dei cani da guardia dei cittadini.

vespa-baciamano

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Gli assassini di Perugia

Omicidio Meredith, Amanda e Raffaele

condannati a 26 anni e 25 anni di reclusione

°°° Loro hanno avuto tutto il diritto di mentire per difendersi, naturalmente, ma noi abbiamo tutti i diritti di indignarci per questi due disgraziati che hanno usato e ucciso una brava ragazza che voleva solo vivere e studiare. Mi fanno ancora più schifo degli assassini i vari sciacalli, Vespa in primis, che anche sui giornaletti avevano cominciato a chiamare questi due delinquenti con dei vezzeggiativi.

faccia-mani

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