ALTRO CHE L’AMERICANATA “HALLOWEEN”!

Festa di “Su Mortu Mortu”: il Comune di Stintino apre le adesioni.

Nell’isola a forma di sandalo, i morti hanno sempre goduto di grande rispetto, e suscitato in alcune occasioni grande timore.

Fin dalla Preistoria si è creduto che la morte non segnasse una cessazione totale della vita.

La si considerava, invece, una tappa fondamentale del ciclo della vita, al pari della nascita.

La morte, dunque, secondo i nostri antenati, non è da intendersi come qualcosa di brutto, ma è semplicemente un passaggio necessario che consente di accedere a un’altra dimensione, non terrena.

Si spiega così la consuetudine di accompagnare i defunti nel loro viaggio ultraterreno con gli oggetti che avevano utilizzato in vita e di decorare le tombe come fossero le abitazioni dei vivi.

“animas bonas e animas malas”

Secondo la tradizione sarda, la schiera dei morti si divide in “anima bonas e animas malas”.

Ed è facile intuire come le prime abbiano propositi positivi di aiuto e protezione, mentre dalle seconde bisogna stare bene alla larga.

I nostri antenati (ma anche mia nonna) erano fortemente convinti che i morti potessero ancora interferire con le cose dei vivi.

Ed è proprio questa convinzione che spiega la grande reverenza che i sardi mostravano nei confronti delle anime dei trapassati e la maggior parte delle usanze legate al “Giorno dei Morti”.

Le tradizioni sarde per il “Giorno dei Morti”…

Come spesso accade nella mia isola, non esiste un’unica tradizione legata al “Giorno dei Morti”, ma una varietà di usanze distribuita su tutto il territorio regionale. UN PO’ COME DIVERSI SONO I DIALETTI E GLI ACCENTI.

Se non proprio ogni paese, sicuramente ogni territorio ha una propria e specifica tradizione finalizzata a ricordare e render omaggio (anche a non offendere e a non far arrabbiare) alle anime di defunti.

Ce ne sono alcune più diffuse di altre, e che magari si ritrovano con lievi differenze su tutto il territorio sardo.

“Is animeddas, Su mortu mortu, Su prugadoriu”

Sono questi i diversi nomi per indicare la stessa antica tradizione che ha per protagonisti, guarda caso, i bambini.

Il pomeriggio del 1 Novembre (ma anche del 2) i bambini del paese, divisi in gruppi e spesso vestiti di stracci, andavano in giro per le case recitando filastrocche in sardo e chiedendo un’offerta per le “animelle” sospese tra Paradiso e Inferno.

Vietato non aprire la porta e non offrire qualcosa!

In quel momento loro rappresentavano le anime del Purgatorio.

Ci sono paesi dove, fortunatamente, è ancora ben viva e ogni anno viene onorata donando dolci e prelibatezze ai bambini che bussano alla porta.

Conoscevi questa tradizione?

Scommetto che ti ha ricordato Halloween!

Beh, indubbiamente le somiglianze sono tante e, probabilmente, sono da ricondurre a quell’origine comune tra protosardi e i Celti, arrivati molti millenni dopo i Sardi.

“La cena per le anime”

Si tratta dell’usanza di preparare, la sera della vigilia di Ognissanti, una cena per “sas animas” a base di gnocchetti conditi col sugo al pomodoro e pecorino, vino e pane.

La credenza infatti prevede che proprio in quella notte le anime dei nostri cari facciano ritorno alle proprie abitazioni.

Proprio per questo motivo bisogna fargli trovare qualcosa da mangiare.

Anche questa tradizione prevedeva un divieto: non si doveva mettere sul tavolo apparecchiato nessun coltello, perché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio (soprattutto quando si tratta di spiriti)! La tavola si apparecchiava anche per chi non c’era più e, quando la famiglia nadava a dormire lasciava i piatti e il tegame della pasta sul tavolo, col vino e i bicchieri.

Queste sono solo due delle tradizioni legate al “Giorno dei Morti” più diffuse e famose dell’isola.

Ma ce ne sono veramente tante e spesso sono legate ai nostri ricordi di infanzia!

In Sardegna non c’è tradizione che non sia abbinata a un piatto tipico o a un dolce!

Quella del “Giorno dei Morti” non fa eccezione!

I dolci tipici di questa festività sono i “Papassini” (come li chiamiamo noi, ma le varianti del nome sono veramente tante).

Si tratta di biscotti con mandorle e noci tritate e tanta uva passa.

L’uva passa è l’ingrediente di punta di questo dolce; tanto da dare il nome al biscotto.

Infatti in sardo l’uva passa si chiama “papassa” o “pabassa“ e da questo nome a “papassinos” il passo è veramente breve!

Da noi si è soliti ricoprire i biscotti dalla caratteristica forma “a rombo” con della glassa di acqua e zucchero, la cosiddetta “cappa” (quella che fa impazzire chi li prepara la prima volta).

  1. Manifesto
  2. Pabassinus
  3. Animeddas
  4. Altri dolci tipici
  5. Altro manifesto

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter