Due notiziole su Dell’Utri e Burlesquoni per chi non le sapesse.

da “I Siciliani nuovi”, giugno 1995

«La Divina Commedia per esempio: conosce decine di canti a memoria. Mio fratello è una roccia. Ha una tale ricchezza interiore che potrebbe resistere anni in galera. Se ha preso da me? Forse. Io mi sono fatto sei mesi a Torino nel 1978, ma il carcere mi è scivolato addosso. Ero come un giornalista curioso: ho cercato di conoscere l’ambiente, di familiarizzare con i detenuti. Ma naturalmente sono rimasto estraneo al loro mondo». Parole e musica di Alberto Dell’Utri, uno dei gemelli d’oro di Silvio Berlusconi. L’altro, Marcello, presidente di Publitalia, «riposa, legge e fa la dieta» (sempre parole di Alberto) nel carcere di Ivrea su ordine della Procura di Torino. Motivo della custodia cautelare le false fatturazioni di Publitalia, la concessionaria di pubblicità della Fininvest che rastrella ogni anno tremila miliardi sul mercato pubblicitario.
Peccato, perché con questo contrattempo il palermitano Marcello Dell’Utri non potrà seguire in prima persona la ristrutturazione della sua villa sul lago di Como. L’architetto, però, lo aveva già pagato. Gli aveva “appioppato” assegni circolari emessi da Giovanni Arnaboldi e intestati a nomi di fantasia; assegni che però si era guardato bene dal girare. Arnaboldi è un soggetto-chiave nell’inchiesta su Publitalia: il titolare della Gpa, una società il cui scopo era l’emissione di fatture false (poi fallita), dopo dieci mesi di latitanza americana adesso collabora con i magistrati di Torino e Milano e ha dichiarato che la sua fuga, iniziata nel luglio ’94, era stata finanziata da Publitalia, da cui doveva ricevere trecento milioni.
Ma Arnaboldi, ex pilota di off-shore, è solo uno dei tanti protagonisti degli affari di Marcello Dell’Utri. Nelle indagini sul suo conto spuntano personaggi di tutti i tipi. C’è spazio anche per Lorenzo Onorati (in arte Lawrence Weber) che di professione fa il pornoregista: i superispettori fiscali del Secit trovano una lettera autografa di Dell’Utri che incarica Onorati di cercare nuovi clienti in cambio del dieci per cento del fatturato annuo procacciato. Onorati, tra un porno e l’altro, rimedia uno sponsor (la pasta De Cecco) per una trasmissione televisiva. Ma dei 680 milioni della sponsorizzazione ne incassa come provvigione 448 (non il dieci, ma il sessantasei per cento) e – sempre secondo gli ispettori del fisco – ne riversa 206 alla Mediolanum Vita, la compagnia assicurativa della Fininvest, come pagamento delle polizze-vita dei quattro figli dello sponsor De Cecco.
In questo modo Marcello Dell’Utri, con la collaborazione di soggetti poco raccomandabili, garantiva a Publitalia una posizione dominante nel settore della raccolta pubblicitaria (è difficile infatti trovare un’altra concessionaria che garantisca al pastaio De Cecco, oltre alla pubblicità, anche le polizze-vita per tutti i suoi discendenti) e di pagare meno tasse allo Stato (qualcuno conosce un’azienda che paga ai suoi rappresentanti provvigioni del sessantasei per cento?). Adesso i magistrati di Milano sono sul punto di commissariare Publitalia: un provvedimento che consentirebbe tra l’altro di avere accesso ai segreti dell’azienda e ottenere tutti i documenti sui conti in Svizzera che le banche elvetiche hanno sempre negato per l’opposizione fatta dai legali della Fininvest.
Per la Svizzera Marcello Dell’Utri ha sempre avuto un debole, tanto che ha deciso anche di farvi nascere i suoi figli: ad Arlesheim, nella

stessa clinica dove sono nate Barbara e Eleonora (figlie di Berlusconi e Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario). E’ probabile che con l’ex presidente del Consiglio, Dell’Utri debba dividere anche la tomba. Nel mausoleo fatto costruire da Berlusconi nei giardini di Arcore è previsto infatti un loculo anche per lui. Ma il sodalizio Dell’Utri-Berlusconi ha origini lontane. Parte dal periodo universitario quando, secondo la leggenda, il cavaliere aiuta Marcello a laurearsi, gli passa gli appunti per gli esami. E «Marcello – spiega il fratello Alberto – studiava solo su quelli, che erano perfetti».
Quando si passa agli affari, all’inizio degli anni Settanta, Dell’Utri diventa una pedina fondamentale del cavaliere di Arcore. Tanto che Giovanni Ruggeri nel suo libro “Berlusconi. Gli affari del Presidente” lo definisce il «numero Uno bis» dell’impero Fininvest: «Là dove Berlusconi è il Padreterno – scrive Ruggeri – Dell’Utri è lo Spirito Santo. Un potentissimo Belzebù nell’ombra, la cui ombra è speculare alla “luce” berlusconiana». Ma i successi della coppia vanno di pari passo con gli strani rapporti che intrecciano nel mondo degli affari.
A settembre del 1974 viene costituita l’immobiliare San Martino con Marcello Dell’Utri amministratore unico; è il primo passo verso la creazione dell’impero Fininvest. Negli stessi giorni (estate 1974) Vittorio Mangano, un importante uomo d’onore – indicato dal giudice Paolo Borsellino come uno dei pochi in grado di mantenere i contatti con il mondo della finanza e dell’industria – viene spedito da Dell’Utri nella villa di Arcore. Ufficialmente si deve occupare di cavalli.
Vent’anni dopo, nel 1994, Dell’Utri e Berlusconi si ritrovano a capo di Forza Italia, che alle elezioni politiche diviene il primo partito. Nello stesso periodo la Dia ascolta la conversazione tra due faccendieri siciliani, Felice Cultrera e Aldo Papalia (quest’ultimo attivista di Forza Italia), che in seguito sarebbero stati arrestati con l’accusa di associazione a delinquere e traffico d’armi internazionale (i due, secondo i magistrati catanesi, avrebbero avuto rapporti con sovrani africani e con personaggi del calibro di Adnan Kashoggi). Mentre discutono di affari, accennano alla politica e Papalia dice a Cultrera che «il giorno in cui Berlusconi salirà, così come detto nel corso di una cena a cui era presente anche Marcello, si dovranno prendere tante di quelle soddisfazioni, fra cui l’annientamento dell’amministrazione perché sono un gruppo di comunisti».
Quale sia l'”amministrazione rossa” da annientare sembra chiarirlo un’intercettazione in cui Papalia parlando di Tiziana Parenti dice: «Attenzione perché sa tutto, perché era con Colombo, era con Di Pietro e Borrelli, sa tutto… ci sono altri pool che sono d’accordo con loro: c’è Vigna a Firenze, Cordova a Roma, Caselli a Palermo, a Catania ci sono cinque o sei magistrati, a Palmi, a Bari, Verona, Trieste», elenca Papalia. E Cultrera:«Dei delinquenti… i pentiti dovrebbero essere tutti filmati… e invece vengono gestiti da questi pezzi di merda».

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