I disastri e le stragi della cosca Berlusconi-Bertoladro: la BOMBA UMBERTO I

Roma, la bomba policlinico

Torna il problema del più grande ospedale d’Europa, l’Umberto I di Roma. Dopo le denunce degli anni passati, la questione riemerge con forza. I sotterranei pieni di sporcizia, escrementi e umidità sono stati sistemati spendendo 18 milioni. Ma i lavori, affidati a ditte coinvolte in altre inchieste, sono già da rifare

la Repubblicadi MARINO BISSO e CARLO PICOZZA
IL CASO
di MARINO BISSO e CARLO PICOZZA

“Sbagliati i lavori nei sotterranei
L’ospedale potrebbe saltare in aria”

 "Sbagliati i lavori nei sotterranei L'ospedale potrebbe saltare in aria"

Dopo le denunce e i reportage giornalistici del 2007-2008, si decise di intervenire in fretta e furia. Diciotto milioni per la ristrutturazione. E ora, una serie di esposti alla magistratura dimostrerebbero che la situazione è persino peggiorata: tubi del gas e dell’aria compressa a rischio esplosione. E sullo sfondo si materializza la “cricca” di Balducci i cui amici hanno vinto gli appalti ed eseguito le opere

ROMA – “Rischiano di esplodere le gallerie nei sotterranei del policlinico Umberto I: la rete dei gas medicali corre insieme con quelle dell’elettricità, dell’acqua, di trasmissione dati e con i tubi che trasportano il vapore a sette atmosfere con pericoli enormi per i pazienti e per il personale dell’ospedale”. A far riemergere la questione sicurezza nel più grande ospedale universitario di Roma e d’Europa, dopo la raffica di indagati per sospette irregolarità nella gestione dell’appalto milionario dei tunnel, è la denuncia del ricercatore Antonio Sili Scavalli del sindacato autonomo Fials. Il suo allarme è sostenuto da due relazioni tecniche supersegrete commissionate dallo stesso policlinico. Il sindacalista dei camici bianchi dopo aver mandato più di una diffida alla Regione e alla direzione dell’ Umberto I, con la richiesta di un intervento immediato, ha inviato gli atti anche in Procura.

La questione dei sotterranei del Policlinico era stata sollevata da diversi reportage del nostro giornale sin dal 2003. I video di Fabrizio Gatti (dell’Espresso) che, nel 2007 e nel 2008, avevano messo in evidenza lo stato di abbandono dell’ospedale, aveva obbligato gli amministratori a correre ai ripari in tutta fretta. A partire dal problema delle gallerie ipogee che era il più grave e urgente.

GUARDA L’INCHIESTA DELL’ESPRESSO DEL 2007

GUARDA L’INCHIESTA DELL’ESPRESSO DEL 2008

Costati, tra progettazione e opere, diciotto milioni alle casse della Regione, i lavori per la bonifica e la ristrutturazione dei sotterranei dell’Umberto I sono tutti da rifare. Perché da quei tunnel non sono stati allontanati i pericoli e le condizioni insalubri per i pazienti e gli operatori sanitari. Anzi, in quei 2,7 chilometri di sotterranei ci sono molte più insidie ora che

prima che fosse avviato il cantiere. C’è, insomma, una “bomba” innescata sotto la vita di chi nel policlinico universitario va a farsi curare o a lavorare. Basterebbe un cortocircuito a far accadere un disastro.

Ma la questione sicurezza non è il solo male delle gallerie appena ristrutturate. Sui muri ancora freschi di calce, tra prese elettriche e condutture, affiorano macchie di umidità, muffe e salnitro che hanno già corroso qua e là l’intonaco delle pareti. E le piogge devono ancora arrivare. Di più: la rete delle fogne è rimasta fatiscente com’era, ma ora corre sotto uno strato di cemento armato di 30 centimetri. Impossibile ispezionarla senza ricorrere ai martelli pneumatici. E anche qui incombe un’insidia: “Se sottoterra si formassero sacche di gas nei tratti di fognature ostruite”, spiega il sindacalista, “potrebbe verificarsi un’esplosione con qualsiasi innesco, devastando i padiglioni sovrastanti”.

In corso d’opera e ancora prima che la gara fosse vinta da un’associazione temporanea di imprese (Società italiana costruzioni, Eugenio Ciotola spa), Sili Scavalli di diffide ne aveva già fatte quattro alla Regione e al management del policlinico universitario. Alla Corte dei conti aveva consegnato tre esposti e quattro li aveva lasciati alla procura della Repubblica. Da questi ultimi sono scattate le indagini che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati dei sei componenti la commissione che scelse il progetto (Alessandro Chierchia, presidente, Daniela Celin, moglie dell’allora direttore generale Ubaldo Montaguti, Maurizio Pucci, allora direttore della Protezione civile regionale, Maria Pia Forleo, avvocato, braccio destro dell’allora presidente del Provveditorato alle Opere pubbliche Angelo Balducci, Carla Palombi e Luigi Abate, all’epoca comandante dei vigili del fuoco). Sono indagati anche la Società italiana costruzioni, la Eugenio Ciotola Spa e l’allora responsabile dell’Ufficio tecnico dell’Umberto I, Raffaellla Bucci. Lei per l’ospedale e Maurizio Pucci per la Regione avrebbero dovuto supervisionare l’andamento dei lavori. Che, a leggere un esposto presentato il 5 ottobre scorso dall’ingegnere Luigi Abate ora presidente della commissione regionale Sicurezza sui luoghi di lavoro, sono stati realizzati “in modo del tutto difforme dal progetto approvato come ho saputo leggendo Repubblica”. “L’esecuzione del progetto”, scrive Abate ai magistrati, “non ha nulla a che fare con quanto approvato dalla commissione (della quale anche lui faceva parte; ndr)”. “Secondo il progetto che noi approvammo”, continua Abate, “i gas medicali, gli impianti elettrici, i cavi di trasmissione dati, le tubazioni che trasportano vapoore a sette atmosfere dovevano essere confinati per evitare pericoli di incendio, rischi per l’ incolumità pubblica, in particolare per quella dei pazienti”.

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