Le minchiate di Berlusconi e i dati VERI

Da La Voce.info

LE CATTIVE NOTIZIE NEI DATI OCSE

di Francesco Giavazzi 09.11.2009


CAMERA CON VISTA (per consolarci e augurarci BUONA FORTUNA)

culetto

I dati pubblicati dall’Ocse dipingono un’immagine apparentemente molto positiva dello stato dell’economia italiana a questo punto della crisi. Ma l’indicatore mostra i punti di svolta del ciclo stimati con riferimento all’output gap, cioè alla

deviazione del livello dell’attività economica dal livello consistente con il pieno impiego. Dunque, può migliorare semplicemente perché è peggiorata la stima degli effetti della crisi sulla crescita di medio periodo. E per l’Italia la caduta del tasso di crescita potenziale nel 2010 è più ampia rispetto ad altri paesi.

I dati pubblicati dall’Ocse il 6 novembre dipingono un’immagine apparentemente molto positiva dello stato dell’economia italiana a questo punto della crisi. I dati si riferiscono al composite leading indicator (Cli), un indicatore costruito per anticipare i punti di svolta del ciclo economico. I punti di svolta sono stimati con riferimento all’output gap, cioè alla deviazione del livello dell’attività economica dal livello consistente con il pieno impiego. L’indicatore pubblicato il 6 novembre si riferisce al mese di settembre.
Il dato per l’Italia mostra un ampio miglioramento su base annua, settembre 2009 rispetto a settembre 2008: +17 punti, superiore a quello delle maggiori economie dell’Ocse con Germania +12, Francia +3, Stati Uniti + 2, Gran Bretagna 0.

NOI E LA GERMANIA

Una prima osservazione è che l’entità di una ripresa non è indipendente dall’entità della caduta iniziale. Fra settembre 2008 e la primavera del 2009 l’indicatore era caduto di 32 punti in Italia e Germania, ma di soli 14 punti in Francia, 12 negli Stati Uniti, 10 in Gran Bretagna. Ciò significa che nella fase più acuta della crisi l’output gap, o almeno la stima calcolata dall’Ocse, si era allargato di oltre il doppio in Germania e in Italia rispetto agli altri tre paesi. Non è sorprendente che dopo una caduta tanto pronunciata, la ripresa sia ora più ampia. Rimane il fatto che il livello dell’output gap continua a essere più grande in Italia e Germania (rispettivamente -15 da noi e -20 per i tedeschi) rispetto al livello delle altre tre economie: -10 in Gran Bretagna e Stati Uniti, -11 in Francia.
Il dato per la Germania suggerisce due osservazioni. Innanzitutto, conferma la forte correlazione fra l’economia italiana e quella tedesca. Ma proprio per questo motivo il fatto che la stima dell’output gap tedesco sia ancora tanto elevata è una cattiva notizia per noi.

PUNTI DI SVOLTA

Ma questa interpretazione dell’indicatore Ocse, già diversa dal modo in cui i dati sono stati presentati dalla stampa italiana, è solo parzialmente corretta. Abbiamo detto che l’indicatore mostra-i punti di svolta del ciclo stimati con riferimento all’output gap. Ciò significa che l’indicatore può migliorare vuoi perché l’output gap si è chiuso a parità di output potenziale, vuoi perché la stima dell’output potenziale si è ridotta. In altre parole, l’indicatore può migliorare semplicemente perché è peggiorata la stima degli effetti della crisi sulla crescita di medio periodo dell’economia. Ad esempio, se si stima che il tasso di disoccupazione di medio periodo dopo la crisi sarà più elevato di quanto non si stimasse prima, questo è sufficiente a far migliorare l’indicatore. Ciò significa che un suo miglioramento non è necessariamente una buona notizia. Paradossalmente, potrebbe indicare una cattiva notizia, cioè un aumento della stima degli effetti delle crisi sulla disoccupazione nei prossimi anni.
L’Ocse non rivela quanto del miglioramento registrato nel mese di settembre dipenda da una chiusura dell’output gap perché effettivamente lo stato dell’economia è migliorato, e quanto invece dipenda da un peggioramento delle previsioni sulla disoccupazione di medio periodo. È tuttavia ragionevole pensare che dipenda un po’ da entrambi i fattori, e per l’Italia relativamente di più da un peggioramento della stima del tasso di crescita potenziale.
Infatti nell’Economic Outlook no. 85, pubblicato nel giugno scorso, l’Ocse misura (Tavola 4.1, p. 224) la differenza fra il tasso di crescita potenziale del prodotto interno lordo per il 2010 stimato a dicembre 2008 (Economic Outlook no. 84) e quello stimato a giugno 2009. La stima della caduta del tasso di crescita potenziale nel 2010 è (in percentuale):

Italia – 1,7
Spagna – 1,4
Germania – 1,1
Stati Uniti – 0,9
Francia – 0,7
Giappone – 0,6

La revisione per l’Italia è più ampia che nei maggiori paesi Ocse e il doppio che in Francia. Questa revisione spiega quindi in parte, sebbene non sia possibile calcolare in che misura, il miglioramento dell’indice italiano. Cioè la spiegazione del miglioramento dell’indice è (almeno in parte) una chiusura dell’output gap non perché sia migliorata la stima del livello di produzione, ma perché si è ridotta la stima del livello potenziale. Il miglioramento dell’indicatore è quindi (almeno in parte) una cattiva notizia, non una buona.

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