Nippodromo

Dal mio ultimo libro, che sarà pronto prima di natale.

NIPPODROMO

Ricordo un piccolissimo market, in un posto vicino al mare, dove andavo a fare la spesa. C’era una cassiera molto carina e gentile, che si illuminava ogni volta che mi vedeva entrare. I gestori erano due fratelli un po’ orsi, ma coi clienti ci sapevano fare: precisi, onesti abbastanza, disponibili a cambiare qualche prodotto in via di scadenza o fallato. Vicino alla cassiera, nei pressi delle cassette della frutta e verdura, c’era sempre un biondino che stazionava, a volte mordicchiava un panino, a volte niente, ma aveva sempre una lattina di aranciata in mano. Era un ragazzo abbastanza piacente, seppure vestito da agricoltore, e si capiva da lontano che era innamorato pazzo della cassiera.

Lo chiamavano Nippodromo e nessuno mi ha mai saputo spiegare da dove originasse quello strano nome o soprannome.

Andavo alle nove e lo trovavo lì. Andavo alle 11 e lo trovavo lì. Nel pomeriggio non c’era mai.

Faceva durare il panino il più possibile e quando finiva una lattina di aranciata andava subito a prenderne un’altra, pagava e si riposizionava al posto suo.

Dopo un annetto, Nippodromo aveva preso almeno venti chili, a forza di bere quell’aranciata in lattina e di stare fermo come un palo.

Quando aveva il grosso panino nella mano libera dall’aranciata, quasi lo baciava, fissando la cassiera della sua vita; lo mordicchiava come se fosse uno dei prosperosi seni della ragazza: attento a non fargli male.

Aveva due tette da capogiro, la cassiera. Due tette che stavano su da sole, turgide e con dei bei capezzoli all’insù, belli prepotenti sotto le magliette ampie o sotto gli scamiciati a fiori che indossava.

Ma Nippodromo non voleva solo le sue tette, lui impazziva per l’intera confezione.

Lo ammetto, qualche volta mi sono divertito a far alzare la ragazza per farle prendere qualche scatoletta di cioccolatini, che stavano in una scansia sopra la sua testa. Ma io non guardavo il ballonzolare dei suoi seni o il pancino scoperto dal gesto… io guardavo la mascella disarticolata del biondino, che annaspava e quasi gli mancava il respiro.

Di anno in anno, Nippodromo diventava sempre più grasso e pieno d’aranciata.

Poi io cambiai città e poi ancora e ancora.

L’estate scorsa, stavamo in giro con la mia nuova famiglia, e ci trovammo a passare da quelle parti.

Decisi di andare a prendere un po’ di cibo per fare un pranzo al sacco in spiaggia e mi infilai nel market, che stava sempre lì.

Venni così a sapere che Nippodromo era diventato così grosso che per farlo uscire avevano dovuto abbattere un muro. Poi, la cassiera si era sposata con uno dei gestori e Nippodromo era morto.

Per il dolore.

bacino

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