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Sergio Mattarella

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Sergio Mattarella
Presidente Sergio Mattarella.jpg

12º Presidente della Repubblica Italiana
In carica
Inizio mandato 3 febbraio 2015
Capo del governo Matteo Renzi
Paolo Gentiloni
Predecessore Giorgio Napolitano

Giudice della Corte costituzionale
Durata mandato 11 ottobre 2011 –
2 febbraio 2015

Ministro della difesa
Durata mandato 22 dicembre 1999 –
11 giugno 2001
Presidente Massimo D’Alema
Giuliano Amato
Predecessore Carlo Scognamiglio Pasini
Successore Antonio Martino

Vicepresidente del Consiglio dei ministri
della Repubblica Italiana

con delega ai servizi segreti
Durata mandato 21 ottobre 1998 –
22 dicembre 1999
Presidente Massimo D’Alema
Predecessore Walter Veltroni
Successore Gianfranco Fini
Marco Follini

Ministro della pubblica istruzione
Durata mandato 22 luglio 1989 –
27 luglio 1990
Presidente Giulio Andreotti
Predecessore Giovanni Galloni
Successore Gerardo Bianco

Ministro per i rapporti con il Parlamento
Durata mandato 28 luglio 1987 –
22 luglio 1989
Presidente Giovanni Goria
Ciriaco De Mita
Predecessore Gaetano Gifuni
Successore Egidio Sterpa

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato 12 luglio 1983 –
18 aprile 2008
Legislature IXXXIXIIXIIIXIVXV
Gruppo
parlamentare
DC (IX-XI), PPI (XI-XIII), DL (XIV), L’Ulivo(XV), PD (XV)
Coalizione Patto per l’Italia (XII), L’Ulivo (XIII-XIV), L’Unione (XV)
Circoscrizione SiciliaTrentino-Alto Adige (XIV)
Collegio Palermo
Incarichi parlamentari
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politico Indipendente (dal 2008)
Precedenti:
DC (fino al 1994)
PPI (1994-2002)
DL (2002-2007)
PD (2007-2008)
Tendenza politica Cristianesimo democratico,
Centrismo,
Europeismo
Titolo di studio Laurea in Giurisprudenza
Università Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Professione Avvocato e Docente universitario
Firma Firma di Sergio Mattarella

Sergio Mattarella (Palermo23 luglio 1941) è un politicogiurista e accademico italiano, 12º presidente della Repubblica Italiana dal 3 febbraio 2015.

Dal 1983 al 2008 è stato deputato, prima per la Democrazia Cristiana (di cui fu vice segretario) e poi per il Partito Popolare ItalianoLa Margherita e il Partito Democratico. Ha ricoperto la carica di ministro per i rapporti con il Parlamento (1987-1989), di ministro della pubblica istruzione (1989-1990), di vicepresidente del Consiglio (1998-1999), di ministro della difesa (1999-2001) e infine di giudice costituzionale (2011-2015).

Il 31 gennaio 2015 è stato eletto al quarto scrutinio presidente della Repubblica con 665 voti, poco meno dei due terzi dell’assemblea elettiva.[1] Ha giurato il successivo 3 febbraio.

Come Capo dello Stato ha finora conferito l’incarico a un presidente del Consiglio dei ministriPaolo Gentiloni (dal 2016)[2].

Inoltre ha nominato una senatrice a vitaLiliana Segre, il 19 gennaio 2018, e un giudice della Corte costituzionaleFrancesco Viganò, il 24 febbraio successivo.

Biografia

Sergio Mattarella è il quarto figlio di Maria Buccellato[3] e di Bernardo,[4] politico democristiano cinque volte ministro tra gli anni cinquanta e sessanta, e fratello minore di Piersanti, che nel 1980 fu assassinato da Cosa nostra mentre era presidente della Regione Siciliana. Suo padrino di battesimo fu l’amico paterno Salvatore Aldisio,[4] già deputato del Partito Popolare Italiano e ostracizzato dal regime fascista, che pochi anni dopo sarebbe tornato a essere esponente di primo piano della ricostruzione democratica.

In gioventù, trasferitosi a Roma a causa degli impegni politici di suo padre, militò tra le file del Movimento Studenti della Gioventù Maschile di Azione Cattolica, del quale fu responsabile come delegato studenti di Roma e poi del Lazio dal 1961 al 1964,[5] collaborando con l’assistente Filippo Gentiloni.[6]

Dopo essersi diplomato al liceo classico San Leone Magno di Roma,[7] istituto religioso dei Fratelli maristi delle scuole, nel 1964 si laureò in giurisprudenza presso l’università La Sapienza di Roma con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su “La funzione dell’indirizzo politico”.[8]

Nel 1967 si iscrisse all’albo degli avvocati nel Foro di Palermo[8] ed esercitò l’avvocatura in un avviato studio legale palermitano specializzato in diritto amministrativo.[9]Mattarella intraprese inoltre la carriera accademica presso l’Istituto di Diritto Pubblico dell’Università di Palermo, come collaboratore di Pietro Virga,[10] divenendo nel 1965 assistente di diritto costituzionale,[8] e poi professore associato, insegnando diritto parlamentare sino al 1983, quando fu collocato in aspettativa per il mandato parlamentare.[8]

Nella produzione scientifica, si è occupato prevalentemente di questioni parlamentari (specificamente il bicameralismo, il procedimento legislativo e l’attività ispettiva del Parlamento) e delle peculiarità dell’Amministrazione Regionale Siciliana, incluso l’intervento in materia di sviluppo economico.[8]

Vita privata

È stato sposato con Marisa Chiazzese, deceduta il 1º marzo 2012 a Castellammare del Golfo, figlia dell’ex rettore dell’università di Palermo e docente di diritto romano Lauro Chiazzese. Il fratello Piersanti aveva sposato la sorella di lei, Irma.[11] Oltre a Piersanti, ucciso dalla mafia nel 1980, e alla sorella maggiore Caterina, deceduta il 30 giugno 2015,[12] ha un altro fratello, Antonino.[4]

Ha tre figli: Laura (che durante il mandato presidenziale del padre svolge le funzioni di protocollo tipiche del consorte), Francesco e Bernardo Giorgio. Quest’ultimo, professore ordinario di diritto amministrativo all’Università di Siena, presso la LUISS Guido Carli di Roma e presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione,[13]nel 2014 è stato posto dal ministro Marianna Madia a capo dell’ufficio legislativo del Dipartimento della funzione pubblica presso la presidenza del Consiglio dei ministri.[11]

Attività politica

L’ingresso in politica con la DC

Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, in seguito all’assassinio del fratello nel 1980, Mattarella aumentò progressivamente il suo impegno politico.

Uno dei suoi primi incarichi di rilievo fu il ruolo di capo del collegio dei probiviri della DC, ricostituito in fretta alla fine del 1981 dopo un anno dalla scadenza a seguito dello scandalo P2 e dell’istituzione della relativa Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dall’on. Tina Anselmi. L’organo di giustizia interna era stato incaricato di individuare i militanti iscritti alla loggia massonica di Licio Gelli (presenti negli elenchi e per i quali esistavano ulteriori prove) che andavano espulsi o sospesi, avendo violato lo statuto del partito che vietava l’iscrizione a logge massoniche.[14]

Sergio Mattarella nel 1983

Dal 1982 fu spinto dal neo-segretario DC Ciriaco De Mita a intensificare il proprio impegno politico attivo. In quell’anno, Cosa nostraera stata artefice degli omicidi del segretario regionale del PCI Pio La Torre e del prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa, che seguivano di appena due anni l’uccisione di Piersanti Mattarella. Questi eventi tragici scossero la credibilità del sistema politico regionale ponendo la DC di fronte alla necessità di una reazione nei confronti del fenomeno mafioso.[15] La risposta ebbe inizio dal congresso regionale di Agrigento del febbraio 1983, nel quale fu eletto segretario regionale Giuseppe Campione, di area Zac, che si impose sulla corrente di Salvo Lima: in quella circostanza, fu proprio Mattarella a porre la condizione che l’elezione del Comitato Regionale del partito avvenisse con liste contrapposte: tale misura, accompagnata dalla presenza di una soglia di sbarramento, di fatto inibì alla piccola corrente dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, ritenuto contiguo ad ambienti mafiosi, di trovare rappresentanza nel massimo organo regionale del partito.[16] Quell’anno, alle elezioni politiche di giugno venne eletto alla Camera dei deputati nella circoscrizione della Sicilia occidentale: con 119.969 preferenze, fu il secondo candidato più suffragato della circoscrizione.[17]

Nel 1984 De Mita, rieletto segretario, maturò l’idea di agire più incisivamente sulla via del rinnovamento e di azzerare i vertici palermitani del partito. A tale scopo, il 30 ottobre, cinque giorni prima della sua visita a Palermo, nominò Mattarella commissario straordinario.[18] In tale veste nel 1985 Mattarella si fece promotore della formazione a Palermo di una giunta comunale di rinnovamento guidata da Leoluca Orlando, che era stato tra i collaboratori di suo fratello Piersanti alla Regione Siciliana:[15][19] la giunta Orlando fu uno degli elementi distintivi della cosiddetta primavera palermitana.[20] Mattarella restò commissario della DC palermitana fino al luglio 1988.

I primi incarichi ministeriali

Rieletto alla Camera nel 1987 con 143.935 preferenze,[21] si mantenne vicino alle correnti di sinistra del partito e in particolare al segretario De Mita[22] e ai suoi collaboratori, come Roberto Ruffilli. A luglio dello stesso anno fu nominato ministro per i rapporti con il Parlamento del governo Goria e confermato nell’incarico nel 1988 con il governo De Mita. Nei due anni di incarico ministeriale, sino a luglio 1989, seguì l’iter di riforma dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la modifica dei regolamenti parlamentari che assegnava carattere di ordinarietà al voto palese.[8]

L’incarico al ministero della Pubblica Istruzione

Nel luglio del 1989, con la formazione del governo Andreotti VI, fu nominato Ministro della pubblica istruzione. A gennaio del 1990 guidò la prima Conferenza nazionale della scuola che discusse il rinnovamento del sistema dell’istruzione e affrontò il tema dell’autonomia scolastica.[23] E mentre, a marzo dello stesso anno, si teneva un maxi-concorso a cattedre per la Scuola secondaria di secondo grado, Mattarella intervenne con il riordino dei programmi didattici del biennio delle scuole superiori,[23] portando a compimento i primi passi del Progetto Brocca, il programma di revisione del sistema didattico intrapreso sotto il predecessore Giovanni Galloni nel 1988.

Curò inoltre il progetto di riforma complessiva della scuola elementare che dopo alcuni anni di sperimentazione, con la legge 148 del 23 maggio 1990, rese universale il modulo dei tre insegnanti su due classi portando al superamento del tradizionale maestro unico.[23] Mattarella la definì “una riforma che rende possibile la piena attuazione dei nuovi programmi”, ma non mancarono le critiche da parte delle opposizioni di sinistra: il deputato Sergio Soave la definì “una riforma dimezzata e svilita per l’orario, per il maestro prevalente che rimane in prima e in seconda e perché non prevede, di fatto, nessuno stanziamento per la limitazione del tempo pieno”.[24] Inizialmente avversata a causa dei maggiori costi per il bilancio statale, la riforma è stata col tempo considerata di grande portata innovativa sotto il profilo pedagogico.[23]

A fine giugno trovava approvazione la cosiddetta legge antidroga, che demandava alle scuole l’educazione alla salute:[23] il connubio tra sistema di istruzione e misure di prevenzione, non solo in materia sanitaria, era in effetti parte delle linee programmatiche che il ministro aveva tracciato.

Le dimissioni dal governo Andreotti e il ritorno al partito

Mattarella con Giovanni Falcone

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Legge Mammì.

Appena un mese dopo, il 27 luglio 1990, Mattarella si dimise dall’incarico di ministro insieme ad altri esponenti della sinistra democristiana (Mino MartinazzoliRiccardo MisasiCarlo Fracanzani e Calogero Mannino) per protestare contro la fiducia posta dal governo sul disegno di legge Mammì di riassetto del sistema radiotelevisivo,[25] che venne soprannominato sarcasticamente legge Polaroid in quanto, a detta dei detrattori, esso si limitava a fotografare l’esistente condizione di duopolio, legittimando la posizione dominante del gruppo televisivo Fininvest di Silvio Berlusconi.

Rimasto privo di incarichi di governo, a dicembre 1990 diventò uno dei due vicesegretari della Democrazia Cristiana durante la segreteria di Arnaldo Forlani, in quota alle correnti di sinistra del partito.[26] Mantenne l’incarico fino al 1992, quando il nuovo segretario politico Martinazzoli gli affidò la direzione politica del quotidiano democristiano Il Popolo.[25]

La legge Mattarella e la fondazione del nuovo Partito Popolare

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Legge Mattarella.

Alle elezioni del 1992 Sergio Mattarella venne rieletto alla Camera con 50.280 preferenze, confermandosi il secondo democristiano più votato del collegio elettorale della Sicilia occidentale.[27] Nel corso dell’XI legislatura fu relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l’esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria sia pure mitigata dall’attribuzione, con il sistema proporzionale, del 25% dei seggi. La legge Mattarella, alla quale il politologo Giovanni Sartori diede l’appellativo di Mattarellum,[28] fu impiegata per le elezioni politiche del 1994del 1996 e del 2001. Mattarella, inoltre, fu componente della commissione bicamerale per le riforme costituzionali, della quale per pochi mesi ricoprì l’incarico di vicepresidente.[29]

Sergio Mattarella venne solo sfiorato dalle inchieste su Tangentopoli: nell’agosto 1993 fu uno dei destinatari di un’informazione di garanzia che seguiva le dichiarazioni di un imprenditore edile siciliano all’epoca sotto processo per turbativa d’asta[30] di aver ricevuto 50 milioni di lire[31] e dei buoni benzina. Mattarella annunciò le sue dimissioni da tutti gli incarichi e ricevette la solidarietà di Mino Martinazzoli, allora segretario del partito, un gesto criticato pubblicamente da Francesco Cossiga perché in contrasto con quanto fatto per altri inquisiti.[31] Venne in seguito assolto dall’accusa.[32]

Mattarella fu uno dei protagonisti del rinnovamento della DC che avrebbe condotto nel gennaio 1994 alla fondazione del Partito Popolare Italiano, nelle cui liste sarebbe stato eletto alla Camera nel 1994 e nel 1996.

Lo scontro con Rocco Buttiglione e la fondazione dell’Ulivo

Sergio Mattarella nel 1994

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: L’Ulivo.

Al congresso di luglio 1994, insieme alla componente più di sinistra dei popolari, si oppose alla candidatura di Rocco Buttiglione alla segreteria del partito, in sostituzione del segretario dimissionario Martinazzoli. Con l’affermazione congressuale di Buttiglione e delineandosi una linea politica orientata a un’alleanza con il Polo delle Libertà di Silvio Berlusconi, Mattarella si dimise dalla direzione de Il Popolo, che dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana era diventato il giornale di riferimento del PPI, e continuò la battaglia politica interna.

Già il 20 luglio 1994 aveva dichiarato in un’intervista su l’Unità di ritenere interessante la nuova proposta politica che si andava delineando di un nuovo centro-sinistra, “soprattutto per chi ha grande nostalgia della strategia politica di Aldo Moro“.[33] Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, apostrofò il segretario, che pervicacemente cercava l’alleanza con la destra, come «el general golpista Roquito Butillone…» e definì «un incubo irrazionale» l’ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo.[34]

Sostenitore, sin dal 1995, della candidatura di Romano Prodi alla guida di una coalizione di centro-sinistra (L’Ulivo) comprendente, tra gli altri, il PPI e il PDS, fu confermato alla Camera alle elezioni del 1996 e venne eletto capogruppo dei deputati “Democratici e Popolari”.[8] Dal 1997 al 1998 fece parte dell’ufficio di presidenza della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali presieduta da Massimo D’Alema.[35]

Ministro nei governi D’Alema e Amato

Mattarella, ministro della difesa, al Pentagono con l’omologo William Cohen

Caduto il primo governo Prodi, Mattarella assunse la carica di Vicepresidente del Consiglio durante il governo D’Alema I,[25] con delega ai servizi segreti[36] che cercò di riformare.

La riforma dei servizi segreti proposta da Mattarella raccoglieva la indicazioni fornite dalla “Commissione Jucci”, che aveva lavorato a lungo sul tema, e puntava a rafforzare il ruolo di controllo politico dei servizi da parte della presidenza del Consiglio, in coordinamento con il Digis (Dipartimento governativo delle informazioni per la sicurezza) sottraendo potere al Viminale e alla Difesa.

I direttori delle due agenzie (il vecchio Sismi, servizio segreto militare, sarebbe diventato Aise e il Sisde si trasformò in Aisi) sarebbero stati nominati, nei propositi di Mattarella, non più dai due ministri, ma dal premier, che avrebbe potuto avvalersi di una autorità o di un sottosegretario con delega ai servizi.

La riforma Mattarella è stata la base della successiva riforma dei servizi segreti del 2007.

Tenne invece il ministero della difesa nei successivi governo D’Alema II e governo Amato II, sino al 2001. L’incarico di Mattarella al ministero della Difesa seguì la delicata partecipazione dell’Italia all’operazione Allied Force, con la quale la NATO era intervenuta nella guerra del Kosovo, e coincise con l’approvazione della legge di riforma delle Forze Armate che aboliva di fatto il servizio di leva obbligatorio.[19] Nello stesso periodo venne approvato il decreto legislativo 297/2000 che rendeva l’Arma dei Carabinieri una forza armata autonoma.[8]

Il 27 luglio 2000 Mattarella siglò per l’Italia con altri Paesi europei l’accordo di Farnborough per la progressiva ristrutturazione e integrazione dell’industria europea della difesa,[37] accordo che venne poi ratificato nel 2003.[38] Nell’ambito della ristrutturazione del comparto della difesa su chiave continentale, Mattarella si impegnò a nome del governo per la partecipazione dell’Italia nel consorzio per la costruzione dell’Airbus A400M Atlas, una decisione poi ricusata dal successivo governo Berlusconi II a fine 2001.[39]

Gli anni successivi

Nel 2001 Mattarella fu rieletto alla Camera dei deputati nelle liste de La Margherita, che comprendeva l’intera componente dei popolari e nella quale pochi mesi dopo il PPI si sarebbe fuso. A differenza delle elezioni precedenti, non fu candidato in Sicilia ma in Trentino-Alto Adige.[34] Nominato, su iniziativa del presidente della Camera, componente del Comitato per la legislazione, ne fu vicepresidente sino al 2002 e presidente fino al 2003.

Alle elezioni politiche del 2006 fu candidato nella lista dell’Ulivo e venne eletto deputato per la settima volta. Nel 2007 fu tra gli estensori del manifesto fondativo dei valori del Partito Democratico,[40] ma con lo scioglimento anticipato della XV legislatura il 28 aprile 2008, non si ricandidò.

Mattarella presta giuramento come giudice costituzionale dinanzi ai presidenti della Repubblica, del Senato e della Camera

Lasciato il Parlamento, il 22 aprile 2009 Mattarella è stato eletto dalla Camera dei deputati componente del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa,[41] di cui è poi diventato vicepresidente.[8]

Il 5 ottobre 2011 il Parlamento in seduta comune lo ha eletto giudice della Corte costituzionale alla quarta votazione con 572 voti, uno più del quorum richiesto.[42] Come giudice della Corte è stato relatore di 39 sentenze.[43] È stato uno dei giudici costituzionali che il 4 dicembre 2014 hanno dichiarato l’incostituzionalità della legge elettorale detta Porcellum in funzione dell’eccessivo premio di maggioranza che essa concede e della presentazione di liste elettorali ‘bloccate’, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.

In occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 2013 per la successione a Giorgio Napolitano il suo nome era in una terna di nomi proposta dal segretario del PD Pier Luigi Bersani per arrivare a un’ampia convergenza tra Partito DemocraticoIl Popolo della Libertà e Scelta Civica nel primo scrutinio col quorum più alto. Il nome fu poi scartato dalla rosa ristretta dal presidente del PdL Silvio Berlusconi in cui figuravano invece Giuliano Amato e Franco Marini, su cui infine cadde la scelta e che poi non venne eletto.[44]

Presidente della Repubblica

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Elezione del Presidente della Repubblica Italiana del 2015.

Sergio Mattarella pronuncia il discorso di insediamento dinanzi al Parlamento

Nel gennaio 2015, con le dimissioni di Giorgio Napolitano si rese necessario eleggere un nuovo presidente della Repubblica e il nome di Mattarella fu subito considerato tra quelli spendibili. Il 29 gennaio l’assemblea degli elettori del Partito Democratico, accogliendo la proposta del segretario Matteo Renzi, decise di votarlo nel quarto scrutinio.[45] La candidatura di Mattarella ottenne subito l’appoggio di Sinistra Ecologia LibertàScelta Civica e di vari gruppi minori della maggioranza di governo, cui si aggiunsero al momento del quarto scrutinio anche i grandi elettori di Area Popolare. Così, il 31 gennaio, Mattarella poté essere eletto presidente con 665 voti, poco meno di due terzi dell’assemblea elettiva,[1] prestando giuramento e insediandosi al Quirinale il successivo 3 febbraio.[46] È il primo siciliano a ricoprire la carica di presidente della Repubblica.[47]

Tra i primi atti della sua presidenza ci sono la rinuncia alla pensione da professore universitario (decurtata dallo stipendio da presidente),[48] l’ampliamento della zona visitabile del Quirinale[49].

Mattarella con il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel 2015

Il 5 dicembre 2016, all’indomani del referendum costituzionale che respinse il disegno di riforma costituzionale, Mattarella ricevette il presidente del Consiglio Matteo Renzi pronto a dimettersi ma ne respinse le dimissioni per il tempo strettamente necessario all’approvazione della legge di bilancio, avvenuta due giorni dopo.[50] L’8 dicembre, divenute effettive le dimissioni del presidente del Consiglio, Mattarella avviò le consultazioni con le varie delegazioni dei partiti e con le altre cariche dello Stato.[51] che si conclusero l’11 dicembre con il conferimento dell’incarico di formare un nuovo esecutivo al ministro degli esteri Paolo Gentiloni,[52] che presta giuramento il giorno successivo.[53] Il 27 ottobre 2017 Mattarella rinviò alle Camere, a norma dell’art. 74, I comma, della Costituzione, il disegno di legge Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo evidenziando l’esistenza di profili di incostituzionalità.[54][55]

Mattarella con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni nel 2018

Il 28 dicembre 2017 ha sciolto anticipatamente le Camere alcune settimane prima della scadenza naturale della XVII legislatura[56], dando così avvio alle procedure per il rinnovo del Parlamento culminate con le elezioni del 4 marzo 2018. Il 24 marzo, con l’avvio della XVIII legislatura e l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, Mattarella ha accettato le dimissioni di Paolo Gentiloni da presidente del Consiglio, lasciando secondo la prassi il governo uscente in carica per il disbrigo degli affari correnti[57].

Il 5 aprile 2018 Mattarella ha avviato le consultazioni delle forze politiche per la formazione del nuovo governo, che tuttavia non hanno lasciato emergere la possibilità di formare una maggioranza parlamentare[58]. Dopo un secondo giro di consultazioni rivelatosi altrettanto infruttuoso,[59] il 18 aprile ha conferito alla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati un mandato esplorativo, finalizzato a verificare l’esistenza di una possibile maggioranza parlamentare tra la coalizione di centrodestra e il M5S[60]. Il 20 aprile, alla scadenza dell’incarico conferitole, la presidente Casellati ha comunicato il mancato raggiungimento dell’obiettivo[61]. Il 23 aprile il capo dello Stato ha quindi affidato un mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico, con l’obiettivo di investigare la possibilità di un’intesa di governo tra il M5S e il PD[62]. Seppur il mandato di Fico abbia avuto un iniziale esito positivo[63], le successive consultazioni tra le due forze politiche sono terminate in modo negativo[64]. Il 7 maggio, dopo un ulteriore giro di consultazioni in cui non sono emersi accordi tra i partiti, il presidente Mattarella ha chiesto alle forze politiche la disponibilità ad appoggiare un “governo di garanzia” fino a dicembre, per poi svolgere nuove elezioni nel 2019[65].

Il 23 maggio 2018, dopo un accordo[66] tra M5S e Lega in cui sono presenti elementi comuni dei programmi politici dei partiti e nuove consultazioni, il presidente della Repubblica ha ricevuto al Quirinale il professor Giuseppe Conte (indicato dai leader dei due schieramenti come candidato premier), conferendogli l’incarico di formare un nuovo governo[67]. Il 27 maggio, dopo aver inizialmente accettato l’incarico con riserva, Conte rimette l’incarico, a seguito del veto di Mattarella alla nomina di Paolo Savona quale ministro dell’economia.[68][69]. Il giorno successivo l’incarico di formare il nuovo governo viene affidato a Carlo Cottarelli.[70]

 

https://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Mattarella

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