Silvio Burlesquoni. Il clown ridicolo e patetico che ha devastato per tre volte l’Italia.

Il patto scellerato del Cavaliere

Braccato dai pubblici ministeri che lo inseguono in tre processi ed ora lo inchiodano a un imminente “rito immediato”. Ricattato dalle veline-meteorine-coloradine che hanno animato le sue serate e ora battono cassa. Logorato da una maggioranza forzaleghista che non ha più numeri per galleggiare né idee per governare. Tenuto artificialmente in vita da un disperato drappello di “disponibili” che con poco senso del ridicolo si sono ribattezzati “responsabili”. In queste condizioni precarie, che c’è di meglio dell’ennesimo, improbabile diversivo? È quello che ha appena inventato il presidente del Consiglio, con la proposta di un nuovo “piano bipartisan per la crescita” lanciato attraverso le colonne del Corriere della Sera.

Qui non c’entra il pregiudizio ideologico: cioè l’irriducibilità dell’antiberlusconismo militante, o l’indisponibilità a riconoscere che il Cavaliere è l’uomo che tanta parte dell’opposizione parlamentare, sociale o mediatica “ama odiare” (come ripete ossessivamente Giuliano Ferrara). Qui c’entra il giudizio politico: cioè l’assoluta vacuità della proposta, e la sua oggettiva inidoneità ad affrontare e risolvere i problemi strutturali del Paese.

Lasciamo da parte il tema dell’imposta patrimoniale, troppo complesso per essere liquidato con le solite fumisterie propagandistiche da padroncino brianzolo, “nobilitate” dalle lezioni della scuola di Chicago. Quello che il premier offre all’Italia e
al centrosinistra, fuori contesto e fuori tempo massimo, è l’ennesimo simulacro di un patto scellerato. Dice Berlusconi: noi liberalizziamo l’economia, modificando l’articolo 41 della Costituzione e rendendo finalmente “consentito tutto ciò che non è vietato”. In cambio, i ceti produttivi fanno emergere “la ricchezza privata nascosta”. Lo chiama “scambio virtuoso”: da una parte “maggiore libertà e incentivo fiscale all’investimento”, dall’altra parte “aumento della base impositiva” oggi occultata.

Dov’è la scelleratezza? In tutti e due i fattori dello scambio. Dal lato delle “libertà”. Intanto questo governo di liberisti un tanto al chilo, da due anni e mezzo, ha fatto solo passi indietro sul tema delle liberalizzazioni, riducendo in brandelli la lenzuolata di Bersani della passata legislatura. E poi la riforma dell’articolo 41, ammesso che serva a qualcosa, è una riscrittura del dettato costituzionale. Esige un disegno di legge di revisione della Carta del ’48, dunque una quadrupla lettura parlamentare e, in caso di approvazione senza il voto dei due terzi del Parlamento, un referendum confermativo. Tempi realistici di approvazione: non meno di un anno e mezzo. “Lungo periodo”: di qui ad allora, come diceva Keynes, “saremo tutti morti”. E ad ogni modo: da almeno sedici mesi il ministro Tremonti ha annunciato la riforma una decina di volte, un paio delle quali in consessi internazionali (come il G20 di Busan, in Corea del Sud). Se ci crede tanto, cosa aspetta a presentare il disegno di legge? Non è difficile: sono due righe di testo, forse anche meno. Perché non passa dalle parole ai fatti?

Dal lato della fiscalità. Che senso ha proporre a chi evade l’ennesimno scambio? Proprio oggi la Guardia di Finanza fa sapere che nel 2010 sono stati scoperti 8.850 evasori totali, e che il lavoro d’indagine ha fatto emergere la cifra record di 50 miliardi di redditi non dichiarati. Di fronte a questo oceano di illegalità non c’è proprio nulla da “scambiare”. Visto che le Fiamme Gialle lo hanno scoperto, c’è solo da prosciugarlo, facendo pagare caro chi finora non ha pagato. Ma questo, con tutta evidenza, è un bel problema per Berlusconi e per la sua sfibrata maggioranza. Si tratterebbe di prendere di petto la constituency politico-elettorale del Pdl, invece di continuare a lisciargli il pelo. Il Cavaliere non l’ha mai fatto. Meno che mai può farlo oggi, mentre imbocca il suo viale del Tramonto. Il suo modello non è Milton Friedman. È Cetto La Qualunque.
m.giannini@repubblica.it

bpompiere

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