8 MARZO. BUONANOTTE A TUTTI. E… RIFLETTIAMOCI.

8 marzo, il destino delle donne?
Quello di sempre: essere di “serie B”

Cento anni di battaglie e conquiste ottenute faticosamente: eppure, ad un secolo dall’istituzione della giornata internazionale della donna, in molti paesi e società le donne sono ancora cittadini che vivono in condizioni svantaggiate. Lo sottolinea il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon

di EMANUELA STELLA ROMA – Cent’anni di battaglia tenaci e conquiste ottenute faticosamente: eppure, ad un secolo dall’istituzione della giornata internazionale della donna, in molti paesi e società le donne sono ancora cittadini di serie B. Lo sottolinea il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, nel suo messaggio in occasione dell’8 marzo. “Sebbene il divario tra i sessi in materia di scolarizzazione si stia riducendo, in alcuni paesi persistono notevoli differenze – osserva: – a troppe bambine viene ancora negato l’accesso all’istruzione, oppure le si costringe a lasciare la scuola precocemente, con scarse competenze e opportunità. Donne e bambine continuano a subire discriminazioni e violenze inaccettabili, spesso per mano di partner e familiari”.

La status di vulnerabilità. Insomma: a casa come a scuola, sul posto di lavoro o all’interno delle comunità, essere donna significa essere vulnerabile. E in molte zone di guerra, la violenza sessuale viene deliberatamente e sistematicamente usata per intimidire, non solo le singole donne, ma comunità intere. E se nei paesi industrializzati cresce la partecipazione delle donne alla politica, e sempre più numerose sono le parlamentari elette, meno del 10 per cento dei paesi del mondo vantano un capo di stato o di governo di sesso femminile; anche là dove la presenza femminile in politica è consistente, le donne  sono nettamente sottorappresentate in ambito dirigenziale, e questo vale anche per il mondo dell’economia.

La

scuola, arma potente. Parità di accesso all’istruzione, alla formazione e alla tecnologia è la parola d’ordine delle Nazioni Unite per questo 8 marzo. La scuola è un’arma potente per spezzare il cerchio della povertà, combattere l’ingiustizia e far valere i propri diritti; ma cellulari e internet possono aiutare le donne a migliorare la salute e il benessere della famiglia, fornire opportunità di guadagno e proteggerle dallo sfruttamento e dalla sopraffazione.

Un milione di donne al Cairo. Particolare significato assume la manifestazione in programma per domani al Cairo: negli auspici degli organizzatori richiamerà un milione di donne, che accusano il governo militare di aver oscurato il loro ruolo nella rivolta che ha destituito Mubarak e di voler mantenere in vita un sistema politico “arretrato e patriarcale”.  “In Egitto, le donne erano in prima fila nelle manifestazioni  di protesta contro la corruzione e l’ingiustizia sociale”, sottolineano le attiviste egiziane che hanno partecipato all’incontro regionale sul problema della tratta degli esseri umani e della protezione delle lavoratrici migranti in Medio Oriente, promosso ad Amman dall’Unione delle Donne Giordane (JWU  –  Jordanian Women’s Union 1) e da “Un ponte per 2“.

L’incontro di Amman. E’ il primo di una serie di eventi previsti dal progetto regionale finanziato dalla Commissione europea “Una risposta olistica a traffico, violenza e sfruttamento delle lavoratrici migranti nel Mashrek”, che coinvolgerà organizzazioni giordane, libanesi, egiziane, irachene e “Un ponte per” come partner europeo. ”La normativa contro la tratta, le violenze di genere e lo sfruttamento delle lavoratrici migranti è estremamente carente e sono necessarie azioni di rete a livello mediterraneo per identificare le risposte adatte al problema”, spiega Nadia Shamrouk, direttore della JWU, ong capofila del progetto contro la violenza e lo sfruttamento delle donne nel bacino mediterraneo, studiato per contrastare il fenomeno della violenza e dello sfruttamento delle lavoratrici migranti provenienti dall’Asia, in particolare da Sri Lanka, Filippine e Indonesia.

In Libano solo domestiche. Secondo Human Rights Watch 3 nel 2007, solo in Libano, hanno perso la vita almeno 95 lavoratrici domestiche migranti. In questo paese, dei 100.041 visti concessi ad afroasiatici nel 2009,  87.915 risultano concessi a donne impiegate come lavoratrici domestiche, per una percentuale pari all’88%. Nella maggioranza dei paesi arabi le lavoratrici domestiche non hanno alcun tipo di inquadramento legislativo, in quanto il servizio domestico non rientra in quelle che sono le prestazioni di lavoro previste dalla legge. Private di qualsiasi libertà, soggette al sequestro dei documenti di identità e sottoposte ad abusi e sfruttamento fino al maltrattamento e alla violenza sessuale, quella delle lavoratrici migranti  appare una condizione di neoschiavitù.

Nicaragua, basta con le violenze. Sempre in occasione dell’8 marzo, la sezione italiana di Amnesty International 4 promuove anche da noi la campagna mondiale per chiedere al governo del Nicaragua di porre fine alla violenza sessuale, dilagante nel paese. Tra il 1998 e il 2008, 14.337 donne e ragazze hanno denunciato di aver subito violenza sessuale. In quasi la metà dei casi si trattava di ragazze al di sotto dei 17 anni di età, e la maggior parte delle violenze e degli abusi avviene in ambito familiare. “Nonostante l’evidente gravità del problema, il governo del Nicaragua non si sta ancora occupando di questa emergenza nascosta dei diritti umani”, denuncia Amnesty, che nel suo appello chiede al governo del presidente Daniel Ortega di prevenire la violenza sessuale, proteggere le sopravvissute e garantire giustizia e risarcimento alle giovani vittime di stupri.

Abusi in tutta l’America Latina. L’organizzazione per i diritti umani sottolinea come in Nicaragua, così come in altri paesi dell’America Latina, lo stupro e gli abusi sessuali siano reati poco denunciati, soprattutto se coinvolgono giovani ragazze e se avvengono in famiglia. Nel 2008, inoltre, è entrata in vigore una legge che considera reato l’aborto in ogni sua forma e in qualsiasi circostanza. Questo significa che le ragazze che restano incinte a seguito di uno stupro sono lasciate senza possibilità di scelta. Per promuovere l’appello al governo del Nicaragua, la Sezione Italiana di Amnesty International ha anche prodotto il  cortometraggio “Fermiamo la violenza sessuale contro donne e ragazze”, in cui l’attrice Maria Scorza legge alcune testimonianze di vittime che hanno trovato il coraggio di denunciare gli atti di violenza subiti.

ber-mafioso

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

8 Marzo. Una festa inventata

Di Vittorio Messori

——————————————————————————–

9 Marzo 2003 –

 C’erano una volta delle operaie tutte lavoro, fede socialista e sindacato; e c’era un padrone cattivo. Un giorno, le lavoratrici si misero in sciopero e si asserragliarono nella fabbrica. Qualcuno (il padrone stesso, a quanto si dice) appiccò il fuoco e 129 donne trovarono atroce morte. Era l’8 marzo 1908, a New York. Due anni dopo, la leggendaria femminista tedesca Clara Zetkin propose, al Congresso socialista di Copenaghen, che l’8 marzo, in ricordo di quelle martiri sociali, fosse proclamato “giornata internazionale della donna”.

Storia molto commovente, letta tante volte in libri e in giornali, fatta argomento di comizi, di opuscoli di propaganda, di parole d’ordine per le sfilate e le manifestazioni: prima del femminismo e poi di tutti. Si, storia commovente. Con un solo difetto; che è falsa. Eh già, nessun epico sciopero femminile, nessun incendio si sono verificati un 8 marzo del 1908, a New York. Qui, nel 1911 (quando già la “Giornata della donna” era stata istituita), se proprio si vogliono spulciar giornali, bruciò, per cause accidentali, una fabbrica, ci furono dei morti, ma erano di entrambi i sessi. Il sindacalismo e gli scioperi non c’entravano. E neanche il mese di marzo.

Piuttosto imbarazzante scoprire di recente (e da parte di insospettabili quanto deluse femministe) che il mitico 8 marzo si basa su un falso che, a quanto pare, fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda, inventando persino il numero preciso di donne morte: 129. Ma è anche straordinario constatare quanto sia plagiabile proprio quella cultura che più si dice “critica”, che guarda con compatimento (per esempio) chi prenda ancora sul serio quelle “antiche leggende orientali” che sarebbero il Natale, la Pasqua, le altre ricorrenze cristiane.

E, dunque, a qualcuno che facesse dell’ironia sulle vostre, di feste e pratiche religiose (messa, processioni, pellegrinaggi), provate a ricordargli quanti 8 marzo ha preso sul serio, senza mai curarsi di andare a controllare che ci fosse dietro

LA VERA FESTA DELLA DONNA. E DELL’UOMO…

sardegna spiagge

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter