Trattativa mafia, sono ancora tutti lì. Camilleri: “Firmare il sistema migliore per snidare gli amici della mafia”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/14/camilleri-firmare-sistema-migliore-per-snidare-amici-della-mafia/325476/

Perché ha firmato?

Perché mai come ora e mai come su questa vergogna nazionale della trattativa o delle trattative fra pezzi dello Stato e capi della mafia, abbiamo bisogno di verità. Questa valanga di firme mi pare il sistema migliore, insieme alle indagini dei magistrati, per snidare gli amici della mafia di ieri, di oggi e di domani.

Le pare di conoscerli?

E certo, mi pare di conoscerli: anche perché la politica italiana non cambia mai, sono sempre le stesse facce, e dunque è molto verosimile che chi vent’anni fa trattò con Cosa Nostra sia ancora al potere. O forse se n’è andato qualcuno e mi sono perso qualcosa?

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Camilleri Vs legaioli ignoranti

Camilleri, il dialetto non esiste

di Federica Fantozzi (l’Unità)

Andrea Camilleri, autore di romanzi polizieschi che hanno per protagonista il fascinoso commissario Montalbano di Vigata, ha al suo attivo una piccola grande vittoria. Ha patrocinato la rinascita del dialetto siciliano, sparso a piene mani tra le sue pagine e sbarcato così, un po’ di soppiatto e talvolta controvoglia, nella testa dei lettori. Compresi quelli (tanti) del Lombardo Veneto.

Camilleri, la Lega rilancia il suo chiodo fisso: dialetto a scuola, nella toponomastica, nelle etichette alimentari, nei sottotitoli delle fiction tv…
«Il dialetto non è solo importante, è la linfa vitale della nostra lingua italiana. Ma in sé e per sé non ha senso, se non è dentro la lingua. Soprattutto l’insegnamento del dialetto a scuola è una proposta insensata. Vede, il rischio in Italia era la perdita del dialetto. Ma non si può andare all’opposto ed eleggere il dialetto a lingua».

Qual è il rischio che si corre? L’isolamento? La frammentazione?
«Il dialetto non esiste. Esistono, come diceva Pirandello, le parlate. In Sicilia ce ne sono tante quante sono le città, e il catanese è diverso dall’agrigentino che è diverso dal palermitano. Quando scrissi La mossa del cavallo mi feci aiutare da un genovese per tradurre il suo dialetto. Eppure i genovesi mi scrissero per precisare: è quello di una zona particolare di Genova».

Allora chi ha imparato un po’ di siciliano, dal «pirtuso» al «picciriddro», sui suoi romanzi, cosa ha imparato in realtà?
«Una parlata che senza dubbio arricchisce il linguaggio e la comunicazione. Ma il mio, tra l’altro, è siciliano fasullo».

Insomma, non bisogna invertire la gerarchia dei fatti?
«È bene conservare e studiare i dialetti, ma una lingua va avanti perché riceve parole, immagini e suoni dalla periferia verso il centro. Altrimenti è l’italiano che muore. O diventa colonia, come già è per i termini inglesi o troppo tecnici che nessuno capisce».

Quella della Lega è una boutade, una regressione o un campanello d’allarme?
«Per me è un campanello d’allarme. Non va presa come semplice boutade. Con Berlusconi prono, pronto a esaudire il 90% dei desideri di Bossi, questi da ridicoli diventano pericolosi. Nelle classi vogliono il ritorno a prima dell’epoca dei Comuni, una marcia indietro nei secoli? Benissimo. Ma è un’idiozia totale».

Quindi, è d’accordo con il professor Asor Rosa: senza la cornice della lingua nazionale i dialetti diventano folklore, un impoverimento e un ritorno al passato?
«Ma certo. È un errore gravissimo contrapporli».

Al di là delle invenzioni letterarie, funzionerebbe un mondo totalmente «localistico» dove ogni rione parla a modo suo? «Figuriamoci. E poi servirebbe il passaporto per passare da Prati a Trastevere. Ma via. Che questo dibattito nasca in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia lo trovo repellente. L’unità italiana ha mille difetti ma eliminarli tornando indietro è follia pura».

Zaia ribatte che l’artigiano napoletano che vende corallo in Thailandia non deve perdere la sua lingua materna né vergognarsene, e scuola e istituzioni hanno il dovere di aiutarlo.
«Mi sfuggono i termini del ragionamento. L’artigiano deve vendere i suoi prodotti in italiano altrimenti i clienti non lo capiscono. Il terreno comune d’intesa è l’italiano, come è la Costituzione. Nella Carta non c’è scritto che l’italiano è la lingua ufficiale perché è naturale, ovvio, elementare».

Cosa resta allora della sua Sicilia? E come si tramanda?
«I dialetti sono parlate familiari. Si conservano attraverso l’uso quotidiano. Ma non si possono in alcun modo imporre».

Zaia propone di usare per i prodotti alimentari locali, accanto all’appellativo in italiano anche quello originario. Così le pietanze che Adelina prepara per il commissario Montalbano potrebbero avere la doppia etichetta: «purpo» accanto a polpo, «pasta ‘ncasciata» accanto a pasta al forno, «passuluna» per olive nere. Che ne pensa?

«Certo. Proporrei di etichettare i politici che fanno queste proposte. Luogo di provenienza, titolo di studio e denominazione locale».


LEGAIOLI

bulldogs

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UN DOVERE…

… pubblicare questo pezzo:

Andrea Camilleri e Saverio Lodato

Borsellino: delitto di mafia e non solo

Camilleri, domani ricorre il diciassettesimo anniversario della strage di Via D’Amelio, a Palermo, in cui persero la vita: Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Agostino Catalano. Ci sono ancora processi aperti. Si indaga per scoprire i mandanti. Nonostante il lassismo diffuso, la magistratura si ostina a scavare. È un bene che il reato di strage non cada in prescrizione. Ma è pur vero che, in Italia, il mandante è bestia rara, quasi uno Yeti giudiziario, sempre avvistato, mai localizzato con certezza. Lei ha mai assistito all’arresto e alla condanna di un mandante? Il mandante è come l’araba fenice?

Caro Lodato, ha sbagliato indirizzo. Questa domanda non deve rivolgerla a me, ma a se stesso, dato che Lei è un serio storico della mafia. Comunque, rivolto un pensiero di profonda gratitudine a Borsellino e alla sua scorta, sto al gioco. I mandanti, Lei dice, sono come l’araba fenice, quella che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. Il bello è che da noi i mandanti dei delitti per interesse, prima o poi, vengono scoperti. Perché quelli di interesse mafioso, invece no? Va fatta una considerazione: un delitto come quello dell’uccisione di Borsellino, e in precedenza come quello di Falcone e tanti altri magistrati, non è solo ed esclusivamente di mafia. La mafia ne è compartecipe ed esecutrice. Compartecipe, diciamo, al 50 per cento. L’altro 50 appartiene a gente riverita e dal comportamento ufficiale irreprensibile, che gode di favori, agganci, solidarietà, anche dentro le istituzioni. E la rete di protezione è così fitta da essere quasi impenetrabile. Quando Riina manifestò il proposito delle stragi, Provenzano fece un sondaggio segretissimo fra imprenditori, politici e massoni. Provenzano i risultati non li divulgò. Ma il pentito Giuffrè riuscì a sapere che alcuni industriali del Nord si erano dichiarati favorevoli all’uccisione di Falcone e Borsellino. I loro nomi? E qui torniamo all’araba fenice.

b-odioso

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Andrea Camilleri e Saverio Lodato

Al dissenso Papi dovrà abituarsi

Camilleri, il Tg1 continua con l’Augusto metro minzoliniano dell’«acqua in bocca!». Niente immagini per raccontare la durissima contestazione di molti viareggini che hanno accolto papi, fra le macerie, al grido di «buffone, vergogna, vattene a casa». Ne hanno dato conto i Tg Sky. Oltre che i più importanti siti Internet. Alla notizia della tragedia, Berlusconi aveva detto: «vado a prendere le cose in mano»; molti italiani, invece, preferiscono «non averlo più fra i piedi».

Mi domando: ma Berlusconi non se ne accorge come cade nel più profondo ridicolo quando fa dichiarazioni del tipo: «ghe pensi mi», di fronte al terremoto d’Abruzzo o alla catastrofe di Viareggio? Se crede davvero di essere il tutor degli italiani che non sanno fare un passo senza di lui, la cosa mi sembra preoccupante. Meno male che quando arriva sul posto c’è sempre qualcuno che ha già provveduto, o sta provvedendo, e l’allontana con un pretesto, ripetendo mentalmente la storica frase: «ragassino lasciami lavorare». Sicché a lui non resta che ripiegare sulla solita passerella, dispensando a dritta e a manca affermazioni assurde. Come quella che sarebbe stata la scintilla di un motorino a provocare l’incendio dei vagoni poi esplosi. E sempre più frequentemente succede che queste passerelle siano turbate da contestatori poco rispettosi che arrivano a chiamarlo «buffone». Lui contrattacca sostenendo che si tratta di comunisti stipendiati dai suoi nemici che non hanno a cuore le sorti dell’Italia. Invece si tratta proprio del contrario. Comunisti o no, quelli che lo contestano hanno proprio a cuore le sorti dell’Italia. Volente o nolente, Berlusconi dovrà farci il callo a queste manifestazioni di dissenso che saranno sempre più frequenti. A proposito, caro Lodato, Lei la continua sempre la sua raccolta di monetine?

Italia-morta

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Andrea Camilleri e Saverio Lodato


Di lotta e di governo: le zoccole di Calderoli e i gay di Gasparri

Camilleri, ha chiesto la parola il ministro Roberto Calderoli. Ne ha facoltà. Calderoli: «Qui ci si stupisce che una zoccola, mi perdoni il termine britannico, si comporti da zoccola» (a «Il Giornale»). Ha chiesto la parola il senatore Maurizio Gasparri. Ne ha facoltà. Gasparri: «Se il peccato, si fa per dire, di Berlusconi fosse stato quello dell’omosessualità, avrebbe goduto di maggiori tutele. Le lobby gay lo avrebbero difeso» («Klauscondicio».) Le parole di Calderoli mi sembrano più di lotta, quelle di Gasparri, più di governo.

Non c’è da meravigliarsi, se una zoccola si comporta da zoccola, in fondo è coerente con se stessa. C’è da meravigliarsi, invece, della meraviglia di certi clienti della zoccola, con l’aureo linguaggio dell’onorevole Calderoli. Dalle mie parti un proverbio dice: “Cu, cu cani si curca, cùi puci si susi”. Traduzione: “Chi si corica con i cani, si alza con le pulci”. Perché dare la colpa al cane? E a proposito di comportamenti. Non è più seria una zoccola che fa la zoccola, piuttosto che un dentista, un ex ragazza da calendario o un tastierista che si mettono a fare i ministri e credono di comportarsi da ministri? O, peggio, quando un ex palazzinaro meneghino parvenu si fa premier e pensa di comportarsi da tale? Qualche parola, infine, circa il pensiero gasparriano, al solito di abissale profondità. Indosso lo scafandro e dico che l’ipotesi non regge. Se Berlusconi fosse andato con un gay, lo scandalo sarebbe stato lo stesso. Anche con un transessuale. Il problema non è il sesso di chi va con il premier. Il problema è che il premier tiene un contegno non conforme alla carica che ricopre, non conforme a un uomo sposato che esalta il matrimonio cattolico, non conforme a quell’ottimo padre e nonno che i suoi giornali vogliono farci credere che sia.

UNA SQUADRA DI GOVERNO DA PAURA!!! E non parliamo delle donne
bbandana

borghe

berpagliaccio

bossi1

brunettasordi

bondi

carlucci

gasparri

forza-mafia1

padrino1

la_russa

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Andrea Camilleri e Saverio Lodato

Lo chef consiglia di Andrea Camilleri e Saverio Lodato

Rai, tra mandanti e picciotti. La cacciata di Vauro è solo un avvertimento

Camilleri, Lei concluse una rubrica con l’augurio: «lunga vita ai vignettisti». Vauro sospeso dalla Rai per una vignetta; Santoro a Canossa con tanto di trasmissione «riparatrice», l’autodafé da inquisizione mediatica. Quando il boss chiama, questa è la verità, picciotto risponde. E i picciotti in giro non scarseggiano. Ogni giorno la Rai dovrebbe fare una trasmissione «riparatrice» perché manda in onda, in ogni edizione di ogni Tg, mandante e picciotti. Anche ai tempi di Enzo Biagi, c’erano mandante e picciotti. Sappiamo come finì.

La scusa per l’ostracismo ai giornalisti scomodi è quella che la Rai è un servizio pubblico che certe cose non può permettersele. Ora si sa benissimo che il nuovo direttore generale ha avuto il gradimento di Berlusconi e che i direttori dei Tg sono stati nominati dallo stesso Berlusconi in un incontro privato a casa sua. Ne è venuto fuori che il capo del governo e proprietario di Mediaset controlla, attraverso i suoi uomini, due reti su tre del servizio che, ancora fintamente, chiamano pubblico. Sono sicuro che un giorno moriranno sopraffatti dalla loro stessa ipocrisia. E naturalmente, perché Berlusconi, l’Unto del Signore, si crede in possesso della verità come un ayatollah terrorista, non può tollerare la minima critica al suo operato. Ed ecco il diktat, prontamente eseguito, contro Vauro. Si apprestano a prendere provvedimenti anche contro Milena Gabanelli. Insomma, la parola d’ordine è: soffocare tutte le voci non allineate ai voleri del boss. La cacciata di Vauro è un avvertimento: il colpirne uno per educarne cento, di brigatistica memoria. Lei dice che è di stampo mafioso? Andrebbe chiesto, con il tavolino a tre piedi, all’ex stalliere condannato all’ergastolo per tre omicidi, che a lungo soggiornò ad Arcore e che Berlusconi definì un eroe.

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