Io c’ero

Quel patto scellerato ai danni di Europa 7
La puntata di Report e la sinistra complice del «delitto perfetto»

È una storia tutta italiana, quella di Italia 7 raccontata da Bernardo Iovine per Report di Milena Gabanelli (Raitre, domenica 21.30). Nel 1999 Europa 7 vince la gara per l’assegnazione delle frequenze radiotelevisive. Ma le frequenze non le vengono assegnate, così mentre le altre tv continuano a trasmettere sulle frequenze occupate o comprate sul mercato, Europa 7 resta fuori.

È la storia di un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. È la storia di un Paese che legifera non per porre delle regole (l’Inghilterra, patria del Servizio pubblico, già negli anni 50 aveva una legge per lo sviluppo delle tv commerciali) ma per ratificare l’esistente, spesso per sanare una situazione selvaggia (la «legge Mammì», 1990, e la «legge Maccanico», 1997, sono il frutto di un estenuante iter parlamentare, con un’infinità di emendamenti e di compromessi, un vero obbrobrio). È la storia di come, per ragioni politiche, si possano disattendere sentenze della Corte costituzionale e della Corte di giustizia della Comunità europea.

Solo nel 2008 a Europa 7 viene assegnato un canale analogico, sottraendolo alla Rai. A ricomporre le tappe di questa incredibile vicenda, Bernardo Iovine ha intervistato, oltre ai diretti protagonisti, Giuliano Amato, Oscar Mammì, Antonio Maccanico, Salvatore Cardinale, Fedele Confalonieri, Paolo Romani. Europa 7 non è solo vittima delle mire espansionistiche di Berlusconi ma di un patto scellerato (è la mia interpretazione) fra maggioranza e opposizione che ha come punto di svolta la nascita di Raitre, o meglio l’affido delle terza rete al Partito comunista (1987). Da quel momento la sinistra diventa complice, alla Baudrillard, del «delitto perfetto» e si castra. Del resto bastava seguire le interviste a Fedele Confalonieri (in grande spolvero, persino teorico delle buone regole dell’inchiesta) e a Vincenzo Vita per capire perché su questi temi la sinistra è così perdente.

di Aldo Grasso

°°° Ero con Francesco Di Stefano, nel suo ufficio a Roma, quando chiamò l’allora presidente del Consiglio D’Alema (il colpevole della permanenza di Burlesquoni in politica), il quale gli disse con la sua solita arroganza: “Ci faccia causa. Se la vince, lo Stato pagherà.”
Silvio berlusconi, non contento di aver RUBATO tutto ciò che possiede, ha rubato anche molte vite, compresa quella di Francesco e la mia.

distefano

tv

chissene

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter