Il regime mafioso attacca i magistrati eroici. Questi non può corromperli.

Il procuratore Lepore al governo
“Contro di noi accuse infondate”

Duro sfogo del capo dei pm di Napoli che coordina inchieste come quella sulla P4, Tarantini e Lavitola, Milanese e altre di primo livello: “E la guerra ai clan la fanno solo a parole”

di DARIO DEL PORTO

Il procuratore Lepore al governo "Contro di noi accuse infondate"

«A parole il governo dice di combattere la criminalità organizzata, nei fatti ci tagliano le risorse e ci lanciano contro accuse infondate».

E’ lo sfogo del procuratore Giandomenico Lepore a margine della conferenza stampa sugli arresti eseguiti dai carabinieri di Torre Annunziata per infiltrazioni della camorra nelle pompe funebri.

Attacca Lepore: «Negli ultimi tempi la Procura e’ stata oggetto di accuse del tutto infondate. Hanno detto che non avremmo perseguito altri reati per indagare su Tarantini», l’imprenditore accusato di estorsione ai danni del premier Berlusconi poi scarcerato dal Riesame che ha trasmesso gli atti a Bari escludendo l’estorsione e ipotizzando il reato di induzione dell’imputato a mentire a carico del faccendiere latitante Valter Lavitola.

Aggiunge il procuratore: «Chiedo solo che venga ristabilita la verità e che non venga screditata la Procura di Napoli. E come se non bastasse, ci tagliano i fondi per gli straordinari, e sarò costretto a firmare un provvedimento per far concludere ogni attività in orario di ufficio per mancanza di risorse».

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Marco Travaglio

Tutto sommato, anzi detratto

Che Al Tappone abbia perso le Europee, nonostante gli sforzi eroici dei servi bugiardi, lo sa anche lui: infatti non parla da tre giorni, il che a un diarreoico della favella deve costare parecchio. Che poi il centrodestra abbia vinto le amministrative gli rode ancor di più: alle amministrative lui non era candidato, mentre alle europee sì (ancorché ineleggibile). Per la prima volta il suo nome, invece di portar voti ai suoi, li sottrae. Ha imboccato la parabola discendente, la terza. Il guaio è che le altre due volte, quando lui perse le politiche, andò al governo il centrosinistra, che si prodigò a far dimenticare le sue porcate e a resuscitarlo. E le premesse per il terzo replay ci sono tutte. Basta vedere la spensierata allegrezza con cui i cosiddetti leader Pd han commentato la disfatta: 17 province e 4,1 milioni di voti persi. E meno male che Di Pietro ne ha intercettati 1,75 e che, con un po’ di antiberlusconismo dell’ultim’ora, Franceschini ha frenato l’emorragia che con Veltroni, quello della «vocazione maggioritaria», aveva portato il Pd più vicino al 20 che al 30%. Ma il saldo del centrosinistra è -2,4 milioni di voti, mentre quello del centrodestra – 1,4 (Pdl -2,9, Lega Nord +1,5). Altro che «tutto sommato»: tutto detratto, piuttosto. Ora si ascoltano i commenti stupefacenti delle Melandri («con l’antiberlusconismo non si costruisce un progetto di governo») e del Chiamparino, dall’alto dei 10 punti persi a Torino («nostro compito sarà di ricondurre Di Pietro a un’opposizione che non sia fatta solo di antiberlusconismo»). Continuate così. Bene, bravi, bis.

°°° Ho detto le stesse cose quasi ogni giorno, anche oggi. Melandri a fare la calza e il Pd molto più coeso con Di Pietro o andranno per farfalle ad libitum.

IL CAMION DEL REGIME FRANA SULLA GIUSTIZIA E LA LIBERTA’ DI STAMPA

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