Lo schifo delle leggi porcata

Ma il premier non rischia più
anche senza immunità
Il suo processo avrebbe ben poche chances di approdare a sentenza prima della prescrizione

APTOPIX ITALY BERLUSCONI

Volesse stupire con effetti speciali, Silvio Berlusconi potrebbe già far­lo: il coimputato del neocondan­nato per corruzione David Mills, cioè il premier suo ipotizzato cor­ruttore, può rinunciare anche subito e in ogni momento all’immunità garantita al pre­sidente del Consiglio dallo «scudo Alfano», prima legge votata in due giorni nel luglio 2008 dalla sua maggioranza parlamentare per impedire che le quattro più alte cariche dello Stato possano essere processate duran­te tutto il loro mandato.

Volesse invece guardarsi bene dall’azzarda­re il beau geste, tra qualche mese il premier potrebbe lo stesso dover mettere in conto di perdere l’immunità temporanea, nel caso in cui a fine anno la Consulta, che già stroncò nel 2004 la prima versione dello scudo per le alte cariche (legge Schifani), ritenesse inco­stituzionale anche la legge Alfano, e rimettes­se così in moto il processo a Berlusconi so­speso dal 4 ottobre scorso.

Ma in entrambi i casi, e a prescindere dal­la sorte di merito della sua imputazione, Ber­lusconi sa bene di non dover temere alcuna concreta conseguenza giudiziaria. Perché la legge Alfano, combinata alle regole sulle in­compatibilità dei magistrati, indirettamente gli propizia già la doppietta più preziosa: lo libera della giudice Gandus, tacciata di pre­giudizio ideologico e invano «ricusata» di fronte a Appello e Cassazione che hanno sem­pre dato torto al premier, e gli assicura il riav­vio quasi da zero del suo processo, destinato a ricominciare con ben poche chances di ap­prodare a sentenza prima della prescrizione. Il 4 ottobre 2008, infatti, nel sottoporre al­la Consulta la costituzionalità della sospen­sione automatica del giudizio sul premier imposta dalla legge Alfano, i giudici Gan­dus- Dorigo-Caccialanza avevano separato e «congelato» il processo a Berlusconi (con prescrizione sospesa), proseguendo la fase finale del dibattimento e andando a senten­za il 17 febbraio scorso per il solo coimputa­to Mills.

Ma in questo modo, nel condannare l’avvo­cato inglese a 4 anni e mezzo, i tre giudici hanno già espresso un convincimento sulla medesima corruzione imputata a Berlusconi nello schema corrotto-corruttore, e sono per­ciò diventati per legge tecnicamente «incom­patibili » a poter giudicare il coimputato pre­mier quando il suo processo dovesse riparti­re o per rinuncia di Berlusconi all’immunità, o per bocciatura della legge Alfano da parte della Consulta, o per lo scadere del mandato istituzionale del premier.

Se e quando Berlusconi per scelta o per forza cesserà di essere «immune», il suo pro­cesso dovrà dunque essere celebrato da tre nuovi giudici. Ma se davanti ad essi varranno (seppure dopo chilometrica lettura in aula) le prove già assunte nel dibattimento finché gli avvocati del premier vi partecipavano, la difesa avrà sempre il diritto di ottenere che di fronte ai nuovi giudici vengano richiamati a deporre tutti i testimoni, che in questo ca­so sono stati 22 in 47 udienze lungo quasi 2 anni, con 9 estenuanti rogatorie all’estero. Il che rende improbabile che il processo, quan­d’anche prima o poi riparta, faccia in tempo ad arrivare alla fine.

Nel momento in cui ripartiranno, infatti, le udienze ricominceranno anche a consuma­re la residua frazione di tempo che manca al­la prescrizione del reato collocato nel febbra­io 2000 (ridotta dalla legge Cirielli da 15 a 10 anni): resterà ancora circa un anno, lasso che ben difficilmente lascerà al processo il tem­po di approdare almeno alla sentenza di pri­mo grado, e che di certo non lo farà mai arri­vare in Appello e Cassazione.

Luigi Ferrarella
20 maggio 2009

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

VERGOGNA!

Pessano, Oltre un terzo delle famiglie in difficoltà con i versamenti per la refezione
Bimbi senza mensa. «È uno scandalo»
Genitori in ritardo con le rette. Penati: paghiamo noi. Il provveditore: è un diritto. Il sindaco: non avevo scelta

MILANO – «La mensa? È una condizio­ne indispensabile». Per il prov­veditore Antonio Lupacchino non ci sono «né se né ma». Ed è chiaro: «Ai bambini va garan­tita una formazione educativa nella quale è compresa anche la mensa». E mentre il sindaco di Pessano con Bornago, Giusep­pe Caridi, resta sulle sue posi­zioni («I genitori se ne approfit­tano »), Filippo Penati, presiden­te uscente della Provincia, è di­sposto a pagare le rette fino al termine dell’anno scolastico, perché «non si possono lascia­re gli studenti a digiuno».

Le polemiche travolgono il Comune di Pessano. La Dus­smann service, società che for­nisce i pasti all’istituto com­prensivo «Daniela Mauro», d’ac­cordo con l’amministrazione, ha deciso di sospendere, da cir­ca dieci giorni, il servizio ai figli dei genitori che non pagano la mensa. Per adesso l’interruzio­ne riguarda 34 bambini, ma le famiglie non in regola sono 432, su 1.150. Alcuni sono italia­ni, gli altri stranieri. «Il proble­ma riguarda un po’ tutti», spie­ga rassegnato il preside Felice Menna. Per far fronte all’emer­genza gli insegnanti hanno de­ciso di rinunciare al proprio pa­sto a favore degli alunni cancel­lati dall’elenco mensa e che non possono tornare a casa per pranzo. Di fatto costretti al di­giuno. «Una scelta moralmente non accettabile», sottolinea Irene Aderenti, senatrice leghista e componente della commissio­ne Istruzione del Senato. Per Vittorio Agnoletto, «è in contra­sto con i diritti sanciti dalla no­stra Costituzione». E non solo. Perché al di là «della sommini­strazione del cibo», spiega An­tonio Marziale dell’Osservato­rio sui diritti dei minori, c’è in gio­co «il diritto allo studio che deve essere garantito a tutti. Nessuno escluso».

È questo il punto su cui ha insistito il prov­veditore. In una lettera al sinda­co ha ribadito la necessità di «sbloccare la situazione che è discriminatoria nei confronti dei bambini». Per Lupacchino «la morosità non è un proble­ma della scuola, ma riguarda so­lo genitori e amministrazione. Prima di tutto bisogna rispetta­re l’offerta formativa che, per il tempo pieno, comprende la mensa». Anche la Prefettura ha cercato «di fare pressioni». Per adesso, i risultati sono pochi. Già perché il sindaco indietro non torna. «Le regole devono valere per tutti — spiega Caridi —. Non sarebbe giusto andare a pesare sulle famiglie che han­no sempre pagato. Non possia­mo continuare con queste per­dite ». Il buco è di 50 mila euro fino a settembre 2008. Più altri 28 dall’inizio dell’anno:. «Abbia­mo provato a contattare i geni­tori in tutte le maniere. Questa è l’estrema ratio». Non tutti sono d’accordo.

Fi­lippo Penati parla di scelta «dra­stica e paradossale». Così surre­ale da intervenire per «garanti­re il servizio a tutti i bambini esclusi». Non sarà la Provincia a ripianare il debito, «perché quello spetta al Comune». Ma si cercherà «una soluzione con­divisa da tutti: impresa, ammi­nistrazione, famiglie e scuola». Un gesto di generosità per «sbloccare sia l’arretrato e sia il futuro». Anche se la preoccupa­zione principale rimangono i bambini. Perché «la mensa è una condizione indispensabi­le ».

mensa-180x140

Benedetta Argentieri

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter

Libertà di espressione garantita

Privacy, minori e libertà di espressione i temi in argomento
L’Europa: niente disconnessione
dal web, nemmeno per i «pirati»
Approvata a larga maggioranza la Raccomandazione sulle libertà fondamentali su internet

Ennesima importante dichiarazione sull’importanza dell’accesso ad internet come diritto fondamentale del cittadino digitale. La raccomandazione presentata al Parlamento europeo dal socialista Stavros Lambrinidis (Grecia) sul «rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet» è stata approvata con una schiacciante maggioranza di 481 contro 25 (21 gli astenuti). Nel testo viene indicato chiaramente che:
1) Internet «dà pieno significato alla definizione di libertà di espressione»;
2) «può rappresentare una straordinaria possibilità per rafforzare la cittadinanza attiva»;
3) il monitoraggio del traffico web «non può essere giustificato dalla lotta al crimine»;
4) l’accesso a internet «non dovrebbe essere rifiutato come sanzione dai governi o dalle società private» e
5) le ricerche in remoto, dove previste dalla legislazione nazionale, devono essere condotte «sulla base di un valido mandato delle autorità giudiziarie competenti» e devono sempre preferirsi le ricerche in diretta a quelle in remoto visto che queste ultime “violano il principio di legalità e il diritto alla riservatezza».

NIENTE DISCONNESSIONE – Soprattutto gli ultimi tre punti hanno rilevanza in relazione alle proposte di legge presentate in Francia e in altri Stati membri, che prevedono la disconnessione forzata come punizione per essere stati sorpresi tre volte a condividere file protetti da diritto d’autore. Operatori telefonici, service provider e Stati non possono quindi impedire a chi ha una connessione a internet di utilizzarla. Gli Stati membri sono espressamente chiamati a «evitare tutte le misure legislative o amministrative che possono avere un effetto dissuasivo su ogni aspetto della libertà di espressione». Può sembrare una raccomandazione superflua in piena società dell’informazione, eppure sono state proprio le proposte di legge alla francese – sobillate dalle lobby dell’industria dell’entertainment – ad avere reso necessaria un testo del genere.

PRIVACY E MINORI – La raccomandazione non si limita alla dichiarazione relativa al diritto di connessione, ma affronta, sebbene in modo più generico, altri argomenti: la privacy, la tutela dell’identità digitale, la protezione dei minori e la tutela della proprietà intellettuale. Per quanto concerne la privacy, oltre all’importante accenno nell’invito a non effettuare ricerche in remoto, viene sancito il diritto di accesso ai propri dati personali e la possibilità di ritirarli dal web. Il riferimento alle recenti vicende legate ai dati personali su Facebook e in genere ai contratti proposti da molti service provider (su tutti Google) sembra chiaro, ma il testo non chiarisce maggiormente la questione. I minori devono ovviamente essere tutelati e Lambrinidis invita i produttori di computer a preinstallare nelle macchine software a protezione della navigazione dei più piccoli, e le istituzioni a educare i genitori sui rischi presenti in rete. In Corea del sud, dove sono un po’ più avanti di noi su questi temi, sono già attivi corsi di comportamento online (netiquette) per i bimbi delle elementari.

IDEE E LUCCHETTI – Infine un accenno alla tutela della proprietà intellettuale, per la quale viene chiesta al Consiglio una direttiva sulle misure penali da comminare e si vieta la sorveglianza preventiva. Ma, chiarisce Lambrinidis, la stessa direttiva dovrebbe anche combattere l’incitamento alla cyber-violazione dei diritti di proprietà intellettuale «comprese talune eccessive restrizioni di accesso (alle opere, ndr) instaurate dagli stessi titolari dei diritti». Ora la parola spetta al Consiglio che valuterà se e come procedere con l’iter legislativo.

Gabriele De Palma
27 marzo 2009

°°° BENE! Ora l’occhio del regime e quello dei bigotti può continuare a guardare culi, basta che stia lontano dal nostro culo!

occhio-chiesa

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter