E questa rai di merda vorrebbe imporre il canone anche a chi ha un Pc e Internet! AH AH AH!

SU TWITTER MIGLIAIA DI POST CONTRO «IL NUOVO BALZELLO»

Canone sui Pc, battaglia bipartisan
Pdl-Pd per dire «no» alla Rai

Le associazioni dei consumatori: «Viale Mazzini vuole 1 miliardo di euro da 5 milioni di imprese e partite iva»

 

(Ansa)(Ansa)
MILANO – «Un servizio che non è pubblico, un canone impopolare e format medievali». Oppure: «Arrivo in ufficio e trovo la segretaria ridere di fronte al canone Rai per l’ufficio. Quattrocentododici euro! #fatevoi». Una sollevazione popolare attraverso centinaia di post su Twitter avanza creando una campagna denominata senza giri di parole #raimerda. Ma non solo Internet. Anche politici (bipartisan) e associazioni dei
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La Lega nord prova a mettere il bavaglio al web

Federico Mello |

La Lega nord prova a mettere

il bavaglio al web

Il deputato del Carroccio Fava ha fatto approvare un emendamento alla Legge comunitaria: “qualunque soggetto interessato” e non più solo la magistratura, può chiedere ad un provider di “rimuovere contenuti online ritenuti illeciti dal richiedente”

Dopo il sequestro di Megaupload e la risposta di Anonymous, la “prima guerra digitale” è una hashtag caldissima su Twitter. Di “guerra” si parla perchè la chiusura del sito di condivisione  è stata vista da molti visto come una risposta repressiva alle proteste contro il Sopa, la legge americana che, con la scusa di combattere la pirateria online, mette di

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NO AL BAVAGLIO VOLUTO DAL GANGSTER E DALLA SUA COSCA

Guido Scorza

CondividiPer sottrarre il premier alla giustizia questa volta, la Rete italiana rischia la censura.

Se, infatti, come appare ormai probabile nelle prossime ore il Parlamento riprenderà l’esame del famigerato ddl intercettazioni e il Governo ricorrerà, ancora una volta, al voto di fiducia, il nostro ordinamento si arricchirà di una nuova disposizione in forza della quale tutti i gestori di siti informatici saranno tenuti a disporre la rettifica di ogni informazione pubblicata online entro 48 ore dall’eventuale richiesta, fondata o infondata che sia.

In assenza di tempestiva rettifica, la sanzione sarà quella di una multa sino a 12 mila euro.

E’ questo il contenuto del comma 29 dell’art. 1 del disegno di legge n. 1611 che già la scorsa estate aveva minacciato di mettere un enorme cerotto sulla bocca – o meglio sulla tastiera – della blogosfera italiana.

In occasione del precedente dibattito parlamentare sul ddl – dibattito che questa volta potrebbe addirittura non esserci complice il voto di fiducia – nonostante l’ampio movimento di opinione sollevatosi contro l’approvazione della norma, nessuno, in Parlamento, aveva ritenuto di intervenire in modo determinato per eliminare dal testo “ammazza informazione”, almeno la norma c.d. “ammazza blog”.

Questa volta le speranze di un intervento in extremis per salvare, almeno, l’informazione libera che corre in Rete, appaiono ancora di meno perché maggiore è il bisogno della maggioranza – o di ciò che resta del clan dei compagni di merenda del premier – di disporre delle nuove regole anti-intercettazioni e perché, comunque, il Governo ha già manifestato l’intenzione di ricorre al voto di fiducia.

L’entrata in vigore del ddl e, in particolare, del comma 29 dell’art. 1 nella sua attuale formulazione ridisegnerebbe, in maniera importante e in chiave restrittiva e censorea, la mappa dell’informazione libera sul web.

Il punto, come ho già scritto in altre occasioni, non è sottrarre il blogger alla responsabilità per quello che scrive perché è, anzi, sacrosanto che ne risponda ma, più semplicemente riconoscere la differenza abissale che c’è tra un blog e un giornale o una televisione e tra un blogger – magari ragazzino – e un giornalista, una redazione o, piuttosto, un editore.

Il primo – salvo eccezioni – sarà portato a rettificare “per paura” e non già perché certo di dover rettificare mentre i secondi, dinanzi a una richiesta di rettifica, ci pensano, ci riflettono, la esaminano, la fanno esaminare e poi solo se sono davvero convinti di dovervi procedere, vi provvedono.

Imporre un obbligo di rettifica a tutti i produttori “non professionali” di informazione, significa fornire ai nemici della libertà di informazione, una straordinaria arma di pressione – se non di minaccia – per mettere a tacere le poche voci fuori dal coro, quelle non raggiungibili, neppure nel nostro Paese, attraverso una telefonata all’editore e/o al principale investitore pubblicitario.

Sarebbe davvero una sciagura per la libertà di parola sul web se, preoccupato di assecondare l’urgenza della maggioranza nell’approvazione del ddl, il Parlamento licenziasse il testo nella sua attuale formulazione.

Inutile ripetere che le conseguenze dell’entrata in vigore della norma sarebbero gravissime: ogni contenuto, informazione o opinione non gradita ai potenti dell’economia o della politica sarebbe destinata a vita breve sul web e ad essere rimossa – lecita o illecita che ne sia la sua pubblicazione – a seguito dell’invio di una semplice mail contenente una richiesta di rettifica.

bavag

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LA TROTA CHE RAGLIA. QUESTO DEMENTE NON SA NEMMENO ACCENDERE UN PC, MA è “L’ESPERTO PER I MEDIA DELLA LEGA”!

Internet e televisione secondo il Trota

PRIMA SEDUTA DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL

L’imbarazzante performance di Bossi Jr. a un convegno sulla tv del futuro diventa un tormentone su Internet. L’approccio padano ai new media gela i relatori dell’incontro e scatena il sarcasmo in Rete

Parla il Trota e cala il silenzio. Imbarazzato. A un convegno romano sulla tv, hanno pensato bene di chiedere a Renzo Bossi la sua opinione su Internet, nuovi media e televisione del futuro: lui interviene mandando un

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L’internet più veloce al mondo nasce a Pisa. E il mafionano azzera la ricerca da anni…

L’internet più veloce al mondo nasce a Pisa

Si viaggia a 448 Gbit al secondo grazie alla fibra ottica. “Una quantità di dati pari a 20 film in alta definizione o 500 film in qualità standard o 22.500 collegamenti Adsl a 20 Mbit/s o 7 milioni di videochiamate o 100 milioni di telefonate standard”

scopamy

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Internet: libertà e oppressione

Internet: libertà e oppressione

Giornata mondiale contro la cyber-censura. Reporters sans Frontières: “Un numero sempre crescente di governi tenta di manipolare le informazioni e sopprimere i contenuti critici”. Dieci paesi nella lista dei ‘nemici della Rete’, dall’Arabia saudita al Vietnam

Sempre più liberi grazie alla Rete, ma anche sempre più oppressi a causa della Rete. Proprio nei giorni in cui il formidabile sviluppo di Internet viene riconosciuto come uno degli strumenti fondamentali per il successo delle rivoluzioni che agitano il mondo arabo, questa contraddizione diventa sempre più palese. Nel mondo, un internauta su tre non ha libero accesso alle comunicazioni online. Almeno sessanta paesi censurano Internet, e 119 persone sono attualmente in carcere per il semplice fatto di aver utilizzato la Rete per esprimersi liberamente. In occasione della Giornata mondiale contro la cyber-censura, che si celebra oggi, Reporters sans Frontières richiama l’attenzione sul fatto che un numero sempre crescente di governi tenta di manipolare le informazioni e sopprimere i contenuti critici.

La lista di “nemici di Internet”, aggiornata ogni anno da Rsf (scarica qui il documento completo), comprende in quest’occasione dieci paesi: Arabia saudita, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Iran, Siria, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam, accusati di “combinare con frequenza il filtro severo, i problemi di accesso, la persecuzione dei cyber-dissidenti e la propaganda online”. Escono dalla lista nera, per la prima volta, Tunisia ed Egitto, inseriti però nel folto numero di paesi ancora “sotto osservazione”. E questo perché, seppure la caduta di Ben Ali e Mubarak viene interpretata come un segnale di speranza, “si impone la vigilanza fino a quando gli apparati di censura non verranno smantellati. Le autorità – avverte Rsf – devono dimostrare trasparenza sotto questo aspetto”.

Che il 2010 sia stato un anno di svolta per la consacrazione delle reti sociali e del ruolo del web come strumento di mobilitazione è fuor di dubbio: basti ricordare che a fine dicembre il numero di utenti Facebook aveva raggiunto quota 600 milioni, rispetto ai 350 dell’anno precedente, mentre a settembre le persone che utilizzavano Twitter erano 175 milioni (rispetto ai 75 del 2009). Ma secondo l’ong per la difesa della libertà di stampa, con sede a Parigi, le rivolte popolari degli ultimi mesi nel Nordafrica e nel Medio Oriente sono state soprattutto “rivoluzioni umane”, nelle quali “Facebook e Twitter hanno funzionato come cassa di risonanza, trasmettendo e amplificando le frustrazioni e rivendicazioni dei manifestanti”.

La Rete, però, continua a essere utilizzata anche dai regimi come strumento di propaganda e di manipolazione. Fino ad arrivare, in casi eccezionali, al blocco totale di Internet.

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