Maria Novella Oppo

Il plebiscito minoritario

Ormai anche le nottate elettorali sono diventate un genere televisivo, un reality i cui protagonisti sono sempre gli stessi. Da quanti decenni, ormai, vediamo La Russa e Gasparri imperversare commentando i risultati? Berlusconi invece no: lui arriva sempre dopo. Ha bisogno di tempo per elaborare la nuova strategia di bugie postume. In quelle preventive sosteneva che era già al 45%, proiettato oltre il 50, ma ora si scopre che, nonostante l’avanzata leghista, il suo plebiscito è minoritario. Una mostruosità lo stesso, ma, dopo tutto, bisogna sempre ricordarsi che la maggioranza assoluta degli italiani non lo ha mai votato. Nonostante trent’anni di campagna elettorale ininterrotta, con una sproporzione di forze mai vista. Nessun paese al mondo ha vissuto niente di simile. Perciò, non è provato che altri saprebbero resistere meglio di noi. La deberlusconizzazione dal basso è cominciata: l’opposizione seguirà. Almeno speriamo.

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Il regime avanza…

… e il mondo è preoccupato.

Rapporto di Freedom House, organizzazione non-profit e indipendente
Libertà di stampa: l’Italia fa un passo indietro, unica nazione in Europa
La causa: la «situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati»

(da Freedomhouse.org)

NEW YORK – L’Italia è l’unico Paese europeo a essere retrocesso nell’ultimo anno dalla categoria dei «Paesi con stampa libera» a quella dei Paesi dove la libertà di stampa è «parziale». La causa: la «situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati». Lo afferma in un rapporto Freedom House, un’organizzazione non-profit e indipendente fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e la libertà nel mondo, la cui prima presidente fu la first lady Eleanor Roosevelt. Lo studio viene presentato venerdì al News Museum di Washington e sarà accompagnato da un live web cast che si potrà scaricare sul sito Freedomhouse.org.

CLASSIFICA – Nell’annuale classifica di Freedom House, l’Italia va indietro come i gamberi, insieme a Israele, Taiwan e Hong Kong. «Un declino che dimostra come anche democrazie consolidate e con media tradizionalmente aperti non sono immuni da restrizioni alla libertà», ha commentato Arch Puddington, direttore di ricerca per Freedom House. Su un punteggio che va da 0 (i Paesi più liberi) a 100 (i meno liberi), l’Italia ottiene 32 voti: unico Paese occidentale con una pagella così bassa. I «migliori della classe» restano le nazioni del Nord Europa e scandinave: Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia (prime cinque a livello mondiale). Le «peggiori»: Corea del nord, Turkmenistan, Birmania, Libia, Eritrea e Cuba.

PROBLEMA ITALIA – Il «problema principale dell’Italia», secondo Karin Karlekar, la ricercatrice che ha guidato lo studio, è Berlusconi. «Il suo ritorno nel 2008 al posto di premier ha risvegliato i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida», spiega. Altri fattori: l’abuso di denunce per diffamazione contro i giornalisti e l’escalation di intimidazioni fisiche da parte del crimine organizzato. Intanto giovedì il Committee to Protect Journalists, un’organizzazione non-profit che lavora per salvaguardare la libertà di stampa nel mondo, ha pubblicato la top ten dei peggiori Paesi al mondo per i blogger. La Birmania guida la lista, seguita da Iran, Siria, Cuba e Arabia Saudita. Sesto il Vietnam, seguito a ruota da Tunisia, Cina, Turkmenistan ed Egitto.

Alessandra Farkas
30 aprile 2009


°°° E’ terribile, amici. Ma questi non querelano per diffamazione (che non esiste) soltantoi i giornalisti, ma se la prendono anche con noi comici e con i vignettisti: vedete il mio processo di due giorni fa intentato da un certo Carta o l’allontanamento sospensivo di Vauro. Siamo in pieno regime. RESISTERE! RESISTERE! RESISTERE!

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GRAZIE!

L’impegno delle toghe rosse: «Difenderemo la Costituzione»
di Claudia Fusani

«Resistere» e soprattutto «reagire agli attacchi che da tempo e in forma sempre più grave sono in corso all’assetto costituzionale dello stato repubblicano». La difesa dei diritti e dei più deboli, dunque, come sempre al primo posto, utilizzando però «la massima professionalità ed efficienza» e abbandonando una volta per tutte «la difesa corporativa».

Sono le linee guida principali con cui faticosamente, dopo quattro giorni di confronti duri, a un passo dalla spaccatura interna, Magistratura democratica chiude a Modena il congresso forse più difficile dei suoi 45 anni di vita. Una vita per scelta in prima fila e impegnata politicamente e da quindici anni vera ossessione del premier Berlusconi che ancora indica le toghe rosse («l’armata rossa») come uno dei mali supremi, e quindi da debellare.

Il dibattito congressuale e della vigilia aveva due anime contrapposte. Da una parte quella più identitaria e schierata che dice basta al compromesso politico («il dialogo con Mastella ha solo prodotto guai») e predica la «schiena dritta in un momento di crisi che è economica ma ancora prima culturale» e che per sintesi fa riferimento a Livio Pepino, uno dei padri fondatori di Md e attuale membro del Csm. Dall’altra quella più pragmatica, che ha ben chiaro il codice genetico di Md – rifiuto del conformismo e della passività culturale e difesa dei diritti – ma al tempo stesso sa anche che è necessaria l’autocritica, riformarsi, dialogare di volta in volta sui vari punti con l’interlocutore del momento. È la linea che ha prevalso in questi mesi nell’Anm – con la segreteria di Giuseppe Cascini anche lui iscritto a Md – un po’ meno nel Csm (il vicepresidente Mancino non è venuto al congresso, segno di forti tensioni)e coltivata da alcune delle menti più brillanti di Md, da Nello Rossi a Claudio Castelli, da Donatella Donati a Anna Canepa per finire con il presidente uscente Edmondo Bruti Liberati che dopo anni ringrazia, a sua volta è ringraziato con standing ovation, ma lascia ogni incarico.

I diritti dei clandestini
La divisione ha fatto sì che per la prima volta dagli anni settanta la corrente di sinistra della magistratura sia andata al rinnovo delle cariche in ordine sparso, senza un’indicazione di voto precisa. Quasi en plein di voti per Rita Sanlorenzo (400 su 506 votanti), segretario uscente, seguita da Donatella Donati e Claudio Castelli (250) candidato alla presidenza. Se i numeri sembrano premiare la linea più radicale, va detto che Sanlorenzo ha puntato nel suo intervento alla mediazione tra le varie sensibilità e che il distacco nei confronti di Castelli-Canepa-Donati non è così marcato. «Un risultato unitario e non di spaccatura» dichiara Cascini. Unità che si ritrova nel documento finale, miracolo di mediazione e tessitura di Vittorio Borraccetti e invocato dal palco da Beniamino Deidda, il procuratore generale di Firenze che ha declinato l’invito a fare il presidente.

Gravissimi attacchi alla Carta
Il futuro e l’azione di Md vanno quindi ricercate nelle sette pagine del documento che scandiscono le linee guida della corrente. La premessa è un manifesto politico: «Nel nostro paese sono in corso da tempo e in forma sempre più grave attacchi all’assetto costituzionale dello stato repubblicano». Seguono gli esempi: «Il disegno di legge sul testamento biologico è in aperta violazione dei principi universali della libertà personale e dell’autodeterminazione dell’individuo»; il progetto di riforma delle intercettazioni «pregiudica l’efficacia dell’azione investigativa e mette in discussione la libertà dell’informazione»; le norme sui clandestini «espellono dalla moderna concezione di cittadinanza il diritto primario e universale alla salute, ad avere un’identità e ad essere titolare di diritti». Vengono messi in discussione il diritto allo sciopero e il sistema della contrattazione collettiva, «tutela inderogabile delle condizioni del lavoratore». Mentre, si legge ancora, «lo spazio privatissimo del corpo umano viene pubblicizzato, lo spazio pubblico viene all’inverso privatizzato destinandosi la tutela della sicurezza all’opera dei volontari delle ronde». Poi l’accusa, netta, senza ombre, «alla politica di maggioranza che promuove momenti di rottura della legalità costituzionale».

Un manifesto molto chiaro. Politico oltre che giudiziario. Lontanissimo da quello pronunciato da Berlusconi nel giorno in cui è diventato re del suo popolo.

legge

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