5 domande a Berlusconi

La petizione de l’Unità: 5 domande a Berlusconi sul caso Mills

E’ arrivata a oltre 600 firme la petizione volontaria aperta sul nostro sito da un lettore padovano, Giuliano Bastianello, su Berlusconi e il caso Mills. Una petizione semplice ma molto popolare, che chiede ai parlamentari, all’informazione libera, alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, di fare cinque semplici domande al presidente del consiglio Silvio Berlusconi (nella foto, scattata durante un diverbio con una giornalista de l’Unità che lo incalzava proprio sul caso Mills) su una vicenda che non può essere protetta dalla privacy.

Ecco le cinque domande:

1) Onorevole Berlusconi è vero, o no, che l’avvocato Mills ha lavorato per Fininvest e per la sua famiglia per oltre dieci anni con il preciso incarico di creare e gestire società off shore sulle quali veicolare i proventi di diritti televisivi ed effettuare altre ingenti operazioni finanziarie?

2) E’ vero, o no, che la galassia delle società facenti capo a All Iberian veniva alimentata dalla Principal Finance Limited, che era una emanazione della Silvio Berlusconi finanziaria?

3) E’ vero o no che i due conti Century One e Universal One, creati da Mills presso la BSI di Lugano, erano intestati, per sua disposizione, ai suoi figli Marina e PierSilvio?

4) Chi ha dato l’ordine a Salvatore Sciascia di consegnare somme di denaro al maresciallo Francesco Nanocchio della Guardia di Finanza affinchè “non usasse la mano pesante” nelle ispezioni per l’accertamento della vera proprietà di Tele+ ?

5) E’ vero o no che la Fininvest ha conferito all’avvocato Mills l’incarico di costituire in Lussemburgo una società a lui intestata chiamata Horizon, il cui scopo era quello di occultare la vera proprietà ed il controllo di Tele+ che facevano capo alla Fininvest, in violazione della legge Mammì?

«Il Paese ha diritto di sapere se chi guida il governo ha usato i paradisi fiscali per evadere le tasse», chiosa il primo firmatario della petizione, accessibile all’indirizzo http://petizioni.unita.it/.

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IL REGIME A UN PASSO DAL BARATRO

Il premier e i consigli per gli acquisti
di MASSIMO GIANNINI

“Non date pubblicità ai media che cantano ogni giorno la canzone del pessimismo”. Questa, dunque, è la “dottrina Berlusconi” sul libero mercato. Questi sono i “consigli per gli acquisti” che l’Imprenditore d’Italia impartisce ai suoi “colleghi”. L’uomo che sognava di essere la Thatcher, che si celebrava come “l’unico alfiere dell’economia liberale” nel ’94 e come “il vero missionario della tv commerciale in Europa” nel ’96, oggi concepisce così i rapporti tra produttori, clienti ed utenti. Non un contratto. Neanche un baratto. Piuttosto un ricatto.

Le parole pronunciate dal presidente del Consiglio dal palco confindustriale di Santa Margherita Ligure sono un ulteriore, drammatico esempio dei tanti “virus letali” che si stanno inoculando nelle vene di questo Paese. è un problema gigantesco, che chiama in causa sia chi produce quei virus (il presidente del Consiglio) sia chi li subisce (l’establishment politico-economico).
L’infezione promana direttamente dal capo del governo, dalla sua visione del potere, dalla concezione tecnicamente “totalitaria” delle sue funzioni. Proprio lui, che dovrebbe essere il primo a conoscere e difendere le ragioni del mercato, le umilia e le distrugge in nome di un interesse politico superiore: il suo. Il ragionamento fatto ai giovani industriali è agghiacciante: “Bisognerebbe non avere ogni giorno una sinistra e dei media che cantano la canzone del pessimismo. Anche voi dovreste fare di più: non dovreste dare pubblicità a chi adotta questi comportamenti”. Nell’ottica distorta del Cavaliere, la pubblicità non è più uno strumento da impiegare liberamente nella competizione economica: non si distribuisce più in base all’utilità del mezzo, all’efficacia del messaggio e alla profittabilità dell’investimento. Diventa invece un’arma da usare selettivamente nella battaglia politica: si distribuisce, a prescindere dall’efficacia del messaggio e dalla profittabilità dell’investimento, solo in base alla “fedeltà” del mezzo. Il presidente del Consiglio chiede agli imprenditori una sostanziale alterazione delle regole del mercato, con l’unico scopo di punire chi non è d’accordo con la politica del suo governo.

Il paradosso è che a sostenere questa tesi sia il capo del governo, che è al tempo stesso proprietario di Mediaset (e dunque di una delle maggiori concessionarie italiane) e azionista (attraverso il Tesoro) delle principali aziende pubbliche o semi-pubbliche del Paese. Come si regoleranno i dirigenti di Publitalia, nel distribuire le campagne pubblicitarie sulle radio e le televisioni? E come si regoleranno i manager di Eni, Enel, Finmeccanica, Poste, nel distribuire le loro campagne pubblicitarie sui quotidiani e i settimanali? Sarà interessante verificarlo, di qui ai prossimi mesi.

L’infezione inquina progressivamente il corpo della società italiana, delle classi dirigenti, delle istituzioni di garanzia. Una parola sugli imprenditori, innanzi tutto. Ancora una volta, bisogna constatare con rammarico che quando il Cavaliere ha lanciato il suo ennesimo anatema, dai giovani e dagli “anziani” di Confindustria non solo non si sono levate proteste, ma viceversa sono arrivati addirittura gli applausi. Eppure, per chi fa impresa e combatte ogni giorno sui fronti più esposti della concorrenza, le aberrazioni berlusconiane non dovrebbero trovare diritto di cittadinanza, in un convegno della più importante associazione della cosiddetta “borghesia produttiva”.

Se esistesse davvero, una classe dirigente responsabile e consapevole del suo ruolo dovrebbe reagire, cacciando il mercante dal tempio. Invece tace, o addirittura condivide. E non solo nei saloni di Santa Margherita Ligure. Poche ore più tardi, nella notte di Portofino, il Cavaliere ha cenato con due alti esponenti del gotha confindustriale. Marco Tronchetti Provera (presidente di Pirelli ed ex azionista di riferimento di Telecom) e Roberto Poli (presidente dell’Eni) erano al suo fianco, mentre il premier smentiva la smentita dei suoi uffici di Palazzo Chigi, e confermava che con quell’intemerata sulla pubblicità ce l’aveva proprio con i giornali “nemici”, e in particolare con “Repubblica”.
Ebbene, anche in quella occasione nessun distinguo, nessuna presa di distanza da parte di chi dovrebbe preferire le leggi mercatiste di Schumpeter a quelle caudilliste di Berlusconi.

Ma una parola va spesa anche sulle cosiddette Autorità amministrative indipendenti, chiamate a tutelare la concorrenza, e sulla cosiddetta libera stampa, chiamata a difendere il diritto all’informazione. Solo in un Paese in cui si stanno pericolosamente snaturando i meccanismi di “check and balance” può accadere che di fronte a certe nefandezze ideologiche non ci siano organi di vigilanza capaci di fare semplicemente il proprio dovere. L’Antitrust non ha nulla da dire, sulla pretesa berlusconiana di riscrivere le regole del mercato pubblicitario con criteri di pura convenienza politica? E il giornale edito dalla Confindustria non ha nulla da dire, sul tentativo berlusconiano di condizionare le scelte commerciali dei suoi azionisti?
Domina il silenzio-assenso, nell’Italia berlusconizzata. Tutto si accetta, tutto si tollera. Anche un mercato schiaffeggiato dalla mano pesante del Cavaliere, invece che regolato dalla mano invisibile di Adam Smith.

°°° Orripilante. Abbiamo una classe industriale di incapaci, di servi, ladri ed evasori fiscali. A queste merdine va benissimo un bandito al potere: ruba lui, rubiamo tutti. Alè!

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LE PERICOLOSE EVOLUZIONI DI MAFIOLO

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Volgare propaganda

«Utilizzano i nostri figli morti sotto le macerie a scopo elettoralistico»
di Mariagrazia Gerina

«Mio figlio era uno studente universitario ed è morto sotto le macerie, cosa c’entra questo con la campagna elettorale?», si ribella Paolo Colonna all’idea della cerimonia già apparecchiata per domani mattina. Quando il presidente del Consiglio sarà per l’ennesima volta a l’Aquila per consegnare alle famiglie degli studenti morti sotto le macerie una laurea honoris causa.

Quella onorificenza il signor Paolo Colonna non la vuole. E tanto meno la vorrebbe dalle mani del presidente del Consiglio. «Cosa c’entra? Stanno utilizzando i nostri figli a scopi elettoralistici. Non posso accettarlo. Stiamo parlando di ragazzi di vent’anni morti perché facevano il loro dovere di studenti. Come si fa a utilizzarli per prendere qualche voto in più?», ripete con rabbia il signor Paolo Colonna. Tanto più ora che ha saputo che a quella cerimonia parteciperà anche Berlusconi. Nessuno glielo aveva detto.

All’invito del rettore lui e le famiglie di altri sette studenti morti nel terremoto avevano già risposto di no. Il perché lo spiegano in una lettera al rettore firmata con i nomi dei loro figli. «Quella laurea – scrivono – è solo un blando tentativo di chiudere una tragica parentesi che ha sconvolto la nostra esistenza».

Secondo un rapporto della Protezione civile che risale al 2006 – scrivono Paolo e gli altri genitori degli studenti vittime del terremoto – molti edifici pubblici e tutte le facoltà universitarie avevano gravi problemi strutturali e avevano bisogno di essere ristrutturate. «Quegli studi sono stati fatti nel 2006 e sono rimasti nei cassetti dell’amministrazione», denuncia con rabbia il signor Colonna: «Tutti sapevano, solo noi non sapevamo. Se lo sapevamo i nostri figlio li tenevamo a casa».

Suo figlio, Tonino, studiava ingegneria. Non abitava nella casa dello studente, ma in una delle palazzine di via Luigi Sturzo. Nel fine settimana era stato a casa, dai suoi, a Torre de’ Passeri, un paesino dell’Abruzzo. Ma lunedì mattina aveva lezione presto. Perciò la domenica è tornato e il terremoto l’ha sorpreso a l’Aquila nel suo appartamento di studente.

«Siamo stati noi a tirarli fuori dalle macerie», racconta il padre, che, quando ha cominciato a intuire cosa poteva essere accaduto a l’Aquila è corso da Torre de’ Passeri: «Sul posto c’erano dei ragazzi che scavavano, non c’era la Protezione civile, non c’era nessuno, loro sono arrivati solo diverse ore dopo».

Da quel momento in poi per il signor Colonna è tutto un percorso a ritroso, a cercare le responasbilità, quello che poteva essere fatto e non è stato fatto. Trasportato all’ospedale San Camillo di Roma, Tonino non ce l’ha fatta. «È stato il terremoto ad ucciderli», ha spiegato alla famiglia il preside della facoltà di Ingegneria quando ha chiamato a casa per invitarli alla cerimonia di domani. «Ma i nostri figli sono morti perché facevano il loro dovere di studenti, ma il proprio dovere qualcuno non l’ha fatto», insiste il signor Colonna: «Le scosse erano iniziate a ottobre e il 30 marzo alle tre e mezzo c’era stata una scossa del quarto grado: i ragazzi stavano facendo lezione e sono usciti all’aperto. Perché non hanno deciso allora di chiudere l’università?». «Quando ho chiesto al preside della facoltà di mio figlio se poteva dirmi che i nostri figli andavano a lezione in strutture sicure non mi ha replicato nulla».

Ecco è per questo che ora Paolo e gli altri genitori dei ragazzi morti sotto le macerie come suo figlio non vogliono quella laurea honoris causa. Tanto più ora che hanno saputo che, a una settimana dalle elezioni europee, sarà il presidente del Consiglio a consegnarla personalmente ai presenti. «Vuol dire che moralmente abbiamo proprio toccato il fondo e io non ci sto», dice Paolo, che però se riuscirà, proverà lo stesso domani con le altre famiglie “ribelli” a intervenire per spiegare le sue ragioni anche durante la cerimonia. «So già che non mi faranno entrare, ma se ci saranno anche gli altri ci proverò lo stesso».

°°° Siamo oltre ogni limite del cinismo del signor (scusate la volgarità) silvio berlusconi. Ma pare che finalmente i cittadini non siano né beoti né entusiasti.

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Ancora Maroni

Migranti, l’ira della Chiesa
“L’Italia ci preoccupa”

Per l’Osservatore Romano e il Pontificio Consiglio per i Migranti , il rimpatrio dei clandestini (video) “ha violato le norme sui diritti dei rifugiati”. La Cei: “A rischio diritti fondamentali”. Fini contro il leghista Salvini: “Metro’ ai milanesi? Offende la Costituzione e la dignità”

°°° Amici miei, cosa dobbiamo vedere?! Fini che difende le cose più elementari. Dopo aver servito il padrone e aver votato qualunque legge porcata, ora ha un soprassalto di lucidità? Ma la chiesa ipocrita NON mi stupisce: questi, lo sappiamo, predicano bene e razzolano male. Si fottono l’88% dei miliardi destinati ai poveri, si trombano i ragazzini, però si scandalizzano (apparentemente) per chi va contro i dettami della chiesa. Non del vangelo, badate bene. Sapete l’ultima? Mentre fanno tanto le signorine “non mi tocchetti ché mi caghetti” stanno organizzando la grande rentrée di Mafiolo sotto le possenti ali della grande chioccia chiesa. In vista delle europee, stanno organizzando uno spottone con silvio che farà FINALMENTE la comunione. I giornalacci e i tg del mafionano stanno già conservando copertine e prime serate per il grande evento. Lo scopo? La fede? Machecazzo! I voti delle bigotte e delle suore.

L’IPOCRISIA DELLA CHIESA

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