Tv, Mediaset fa shopping in Spagna: Telecinco acquista il canale «Cuatro»°°° Da dove arrivano quei soldi?

Sappiamo per certo che merdaset, pur essendo stata fondata con capitali mafiosi ed essendo entrata in borsa coi falsi in bilancio a manetta…  è in perdita!  Sappiamo anche  che merdaset sfrutta gli autori e gli attori, ruba i format, e non paga i diritti Siae né quelli Imaie… Dunque? Da dove arrivano tutti questi soldi per fare nuovi acquisti in Libia e in Spagna?

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Minca, al Pais si stanno davvero cagando

Un uomo solo al telecomando

MARCO TRAVAGLIO 06/06/2009

Silvio Berlusconi ha annunciato nel programma “Matrix”, trasmesso dall’emittente di sua proprietà Canale5, condotto da un suo dipendente: “Nei prossimi giorni farò un’azione mediatica per mostrare alla stampa straniera la vera situazione in Italia… La stampa americana ha fece bene a fare una campagna contro Bill Clinton: lui aveva mentito. Io no. Contro di me sono state dette solo calunnie e falsità”.

Il guaio è che Berlusconi, come diceva Indro Montanelli, il più grande giornalista che lo conosceva bene, “è un bugiardo sincero: crede alle bugie che racconta”. Ma questa volta ha fatto male i suoi conti, perché nell’ultimo mese ha mentito ripetutamente non solo alla stampa e alla tv italiane, ma anche a quelle straniere. Che, diversamente dalla gran parte di quelle italiane, non sono di sua proprietà. Dunque non sono abituate a prendere per buone le sue bugie. Per questo il Cavaliere è tanto nervoso: nelle ultime settimane la realtà che lo insegue da trent’anni minacciando il suo mondo virtuale, il suo Truman Show, gli si è pericolosamente avvicinata. E molte delle bugie su cui aveva edificato il suo successo imprenditoriale e politico sono andate in frantumi.

L’inizio della frana è iniziato con la sentenza di condanna in primo grado a 4 anni e 6 mesi dell’avvocato inglese David Mills, giudicato dal Tribunale di Milano colpevole di essersi fatto corrompere da Berlusconi con 600 mila dollari in cambio delle sue false testimonianze in due processi a carico del Cavaliere alla fine degli anni 90: quello per le tangenti pagate alla Guardia di Finanza che ispezionava alcune aziende del gruppo Berlusconi e quello per i fondi neri accumulati sulle società off-shore (64 in tutto, secondo la società di revisione Kpmg) create dallo stesso Mills, dislocate nei paradisi fiscali, occultate nei bilanci del gruppo e utilizzate per varie operazioni illecite.

Quella sentenza, che non ha potuto condannare Berlusconi come corruttore di Mills perché lo stesso Cavaliere ha sospeso i suoi processi per legge, è una “summa” della sua carriera imprenditoriale. E smentisce platealmente la sua immagine di self made man, di grande tycoon che si è “fatto da sé”. In realtà -secondo i giudici- Berlusconi pagò il silenzio di Mills per nascondere le illegalità con cui era diventato il padrone dell’editoria e della tv commerciale negli anni 80.

Tramite le società off-shore del comparto occulto All Iberian infatti, secondo i giudici, il Cavaliere pagò 23 miliardi all’allora premier socialista Bettino Craxi, autore di varie leggi su misura per legittimare il monopolio incostituzionale berlusconiano sulle tv private; finanziò prestanomi per controllare occultamente i pacchetti azionari di una pay tv italiana (Telepiù) e un’emittente spagnola (Telecinco) aggirando le leggi antitrust; versò svariati miliardi in nero al suo avvocato Cesare Previti, che li usava anche per corrompere giudici (compreso il giudice Vittorio Metta, autore di una sentenza comprata che nel 1990 sottrasse la Mondadori, il primo gruppo editoriale italiano, al suo legittimo proprietario, Carlo De Benedetti, per girarlo a Berlusconi);e così via.

Se Mills avesse detto tutta la verità, Berlusconi avrebbe rischiato una pesante condanna nel processo Guardia di Finanza, che si chiuse invece con la condanna dei manager berlusconiani Salvatore Sciascia (per corruzione) e Massimo Maria Berruti (per favoreggiamento), ma con l’assoluzione del Cavaliere per “insufficienza di prove”. Sciascia e Berruti, oggi, sono deputati nel partito di Berlusconi.

Non bastasse la sentenza Mills, ecco le inquietanti dichiarazioni di un’altra persona che il Cavaliere lo conosce bene, avendo vissuto con lui per ben 29 anni: la sua seconda moglie Veronica Lario, che ha annunciato il divorzio perché il marito-premier “frequenta minorenni” e “non sta bene”.

L’equilibrio mentale e le frequentazioni di un capo di governo sono fatti pubblici, non “gossip” come il Cavaliere e i suoi dipendenti sparsi nelle tv e nei giornali hanno tentato di qualificarli.

Tantopiù se il protagonista ha sempre mescolato la sua vita privata e quella pubblica per accreditarsi come marito esemplare con una famiglia modello, distribuendo addirittura fotoromanzi patinati ai suoi elettori. Tantopiù se è solito recarsi in udienza dal Papa, baciargli devotamente l’anello e proclamarsi “difensore della famiglia tradizionale di santa Romana Chiesa”. Professioni che mal si conciliano con le fotografie che lo ritraggono nella sua villa in Sardegna in compagnia di ragazze allegre e senza veli, per giunta aviotrasportate su aerei di Stato a spese dei contribuenti.

Lo stesso Berlusconi ha scelto di rispondere pubblicamente alle accuse della moglie, prima su Rai1, poi a France2, infine alla Cnn. Lì ha fabbricato varie versioni dei suoi rapporti con una ragazza napoletana, Noemi Letizia, che lo chiama “papi” e al cui 18° compleanno lui stesso ha preso parte a fine aprile. Ha raccontato di essere amico del padre della ragazza, Elio Letizia, messo comunale, perché “era l’autista di Craxi”. Falso: Letizia non è mai stato l’autista di Craxi. Ha raccontato di aver “visto Noemi tre o quattro volte, sempre in presenza dei genitori”. Falso: Noemi era con lui senza i genitori nel novembre scorso, a una cena ufficiale a Roma; ed era di nuovo con lui fra Natale e Capodanno, senza i genitori ma con un’amica, anch’essa minorenne, a Villa Certosa in Sardegna. Ha raccontato di aver conosciuto papà Letizia “oltre dieci anni fa”, cioè intorno al 1997-98 e Noemi “durante una sfilata di moda”: ma nel 1997-98 la ragazza aveva 6 o 7 anni e, per quanto precoce, difficilmente si esibiva in sfilate di moda.

Oltretutto Elio Letizia fa risalire l’amicizia al 2001, cioè a 8 anni fa, mentre l’ex fidanzato della ragazza giura che il Cavaliere non conosceva Elio, ma telefonò direttamente a Noemi per la prima volta nell’ottobre-novembre 2008, dopo averla vista in un book fotografico in abiti succinti. Resta da capire perché Berlusconi e Letizia non si decidano a dire la verità e, dunque, quale segreto nascondano.

Intanto si sgonfiano l’una dopo l’altra tutte le altre balle che hanno contribuito a consolidare il consenso berlusconiano. L’incauta promessa dell’immediata ricostruzione (“entro settembre”) della città dell’Aquila devastata dal terremoto si sbriciola contro la scarsità di denaro pubblico a disposizione e suscita le ire dei terremotati, rinchiusi nelle tendopoli sotto il caldo torrido. E l’idea di trasferire il G8 all’Aquila rischia di trasformarsi in un boomerang, con scene di protesta in mondovisione.

Anche la brillante soluzione dell’emergenza-rifiuti a Napoli si sta rivelando un bluff: i rifiuti sono accumulati, tali e quali, senz’alcun trattamento, in alcune discariche ormai esaurite, mentre il famoso inceneritore di Acerra (che non potrebbe comunque bruciare tutto), inaugurato in pompa magna nel mese di marzo, non è ancora funzionante. Intanto la magistratura indaga sui responsabili governativi dello smaltimento rifiuti per truffa allo Stato.

Le promesse di maggior sicurezza contro la criminalità sbattono contro la triste realtà del paese dell’impunità. Gli sbarchi dei clandestini dall’Africa, da quando Berlusconi è tornato al potere, sono triplicati. Il governo ha fatto ricorso a brutali respingimenti in alto mare, scontrandosi con l’Onu e col mondo cattolico.

Qualche giorno fa, la questura di Roma ha tentato di nascondere due stupri avvenuti in poche ore nella Capitale (ora governata dal centrodestra): solo quando i giornalisti, informati da fonti ufficiose, han cominciato a tempestare la questura, hanno avuto finalmente conferma dei due fattacci, con 40 ore di ritardo.

Intanto Berlusconi, che aveva annunciato per metà giugno una visita alla Casa Bianca su invito di Barack Obama, fingeva di “rinviare” la spedizione: in realtà non c’era alcun invito.

Stessa tecnica menzognera è stata adottata per la cessione del campione brasiliano del Milan, Kakà, al Real Madrid: tutti ne parlano da settimane, ma il Cavaliere (padrone del Milan) preferisce prendere tempo, per annunciare la notizia solo dopo le elezioni, temendo la reazione degli elettori milanisti.

Se i contraccolpi delle balle sgonfiate non si faranno sentire già alle elezioni europee, è solo perché l’informazione – salvo rare eccezioni – è saldamente nelle mani di Berlusconi. “Un uomo solo al telecomando” lo definiva Enzo Biagi, altro grande giornalista.

Negli ultimi giorni il premier ha imperversato sui teleschermi con decine di monologhi negli studi di emittenti pubbliche e private, violando le regole della par condicio, perlopiù intervistato da suoi dipendenti genuflessi.

Uno di questi, nel programma Mattino Cinque (su Canale5), l’ha addirittura ringraziato “per aver accettato di farsi intervistare”. Poi gli ha servito alcuni assist facili facili: “Perché la attaccano sul privato e la demonizzano?”, “perché il Times la attacca?”, “ci spieghi che cos’ha fatto il suo governo”. Il conduttore di Porta a Porta, su Rai1, in due ore di finta intervista senza domande, gli ha domandato mellifluo: “Presidente, perché secondo lei la sua vicenda privata ha influenzato in modo così anomalo la campagna elettorale?”.

Poi ha trasmesso un servizio sulla sua visita a Bari, un bagno di folla “quasi imbarazzante, il miglior antidoto ai veleni della politica”, con un “indice di popolarità oltre il 70%” che consente al premier di “buttarsi alle spalle le vicende personale e tuffarsi tra la gente, deciso a non mollare”. La direttrice dei servizi parlamentari della Rai, cioè del servizio pubblico, Giuliana Del Bufalo, al termine di un’intervista al premier, l’ha avvertito: “Ci resta un minuto, non c’è più tempo per altre domande”. E Berlusconi: “Posso sfruttarlo io?”. E la giornalista: “Si figuri, lei è il padrone di casa…”.

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Bandito corruttore, DIMETTITI!!!

Un leader in fuga dalla verità
di GIUSEPPE D’AVANZO

È giusto ricordare che, se Silvio Berlusconi non si fosse fabbricato l’immunità con la “legge Alfano”, sarebbe stato condannato come corruttore di un testimone che ha protetto dinanzi ai giudici le illegalità del patron della Fininvest. Condizione non nuova per Berlusconi, salvato in altre occasioni da norme che egli stesso si è fatto approvare da un parlamento gregario.

Le leggi ad personam, è vero, sono un lacerto dell’anomalia italiana che trova il suo perno nel conflitto di interessi, ma la legislazione immunitaria del premier è soltanto un segmento della questione che oggi l’Italia e l’Europa hanno davanti agli occhi. Le ragioni della condanna di David Mills (il testimone corrotto dal capo del governo) chiamano in causa anche altro, come ha sempre avuto chiaro anche il presidente del consiglio. Nel corso del tempo, il premier ha affrontato il caso “All Iberian/Mills” con parole definitive, con impegni che, se fosse coerente, oggi appaiono temerari: “Ho dichiarato pubblicamente, nella mia qualità di leader politico responsabile quindi di fronte agli elettori, che di questa All Iberian non conoscevo neppure l’esistenza. Sfido chiunque a dimostrare il contrario” (Ansa, 23 novembre 1999, ore 15,17). Nove anni dopo, Berlusconi è a Bruxelles, al vertice europeo dei capi di Stato e di governo. Ripete: “Non conoscevo Mills, lo giuro sui miei cinque figli. Se fosse vero, mi ritirerei dalla vita politica, lascerei l’Italia” (Il sole24ore. com; Ansa, 20 giugno 2008, ore 15,47). È stato lo stesso Berlusconi a intrecciare consapevolmente in un unico destino il suo futuro di leader politico, “responsabile di fronte agli elettori”, e il suo passato di imprenditore di successo. Quindi, ancora una volta, creando un confine indefinibile tra pubblico e privato. Se ne comprende il motivo perché, nell’ideologia del premier, il suo successo personale è insieme la promessa di sviluppo del Paese. I suoi soldi sono la garanzia della sua politica; sono il canone ineliminabile della “società dell’incanto” che lo beatifica; quasi la condizione necessaria della continua performance spettacolare che sovrappone ricchezza e infallibilità.

Otto anni fa questo giornale, dando conto di un documento di una società internazionale di revisione contabile (Kpmg) che svelava l’esistenza di un “comparto estero riservato della Fininvest”, chiedeva al premier di rispondere a qualche domanda “non giudiziaria, tanto meno penale, neppure contabile: soltanto di buon senso. Perché questi segreti, e questi misteri? Perché questo traffico riservato e nascosto? Perché questo muoversi nell’ombra? Il vero nucleo politico, ma prima ancora culturale, della questione sta qui perché l’imprenditorialità, l’efficienza, l’homo faber, la costruzione dell’impero ? in una parola, i soldi ? sono il corpo mistico dell’ideologia berlusconiana” (Repubblica, 11 aprile 2001). Berlusconi se la cavò come sempre dandosi alla fuga. Andò a farsi intervistare senza contraddittorio a Porta a porta per dire: “All Iberian? Galassia off-shore della Fininvest? Assolute falsità”.

La scena oggi è mutata in modo radicale. Se il processo “All Iberian” (condanna e poi prescrizione) aveva concluso in Cassazione che “non emerge negli atti processuali l’estraneità dell’imputato”, le motivazioni della sentenza che ha condannato David Mills ci raccontano il coinvolgimento “diretto e personale” di Silvio Berlusconi nella creazione e nella gestione di “64 società estere offshore del group B very discreet della Fininvest”. Le creò David Mills per conto e nell’interesse di Berlusconi e, in due occasioni (processi a Craxi e alle “fiamme gialle” corrotte), Mills mentì in aula per tener lontano Berlusconi dai guai, da quella galassia di cui l’avvocato inglese si attribuì la paternità ricevendone in cambio “enormi somme di denaro, estranee alle sue parcelle professionali”, come si legge nella sentenza.

È la conclusione che ha reso necessaria l’immunità. Berlusconi temeva questo esito perché, una volta dimostrato il suo governo personale sulle 64 società off-shore, si può oggi dare risposta alle domande di otto anni fa, luce a quasi tutti i misteri della sua avventura imprenditoriale. Si può comprendere come è nato l’impero del Biscione e con quali pratiche. Lungo i sentieri del “group B very discreet della Fininvest” sono transitati quasi mille miliardi di lire di fondi neri; i 21 miliardi che hanno ricompensato Bettino Craxi per l’approvazione della legge Mammì; i 91 miliardi (trasformati in Cct) destinati non si sa a chi (se non si vuole dar credito a un testimone che ha riferito come “i politici costano molto? ed è in discussione la legge Mammì”). E ancora, il finanziamento estero su estero a favore di Giulio Malgara, presidente dell’Upa (l’associazione che raccoglie gli inserzionisti pubblicitari) e dell’Auditel (la società che rileva gli ascolti televisivi); la proprietà abusiva di Tele+ (violava le norme antitrust italiane, per nasconderla furono corrotte le “fiamme gialle”); il controllo illegale dell’86 per cento di Telecinco (in disprezzo delle leggi spagnole); l’acquisto fittizio di azioni per conto del tycoon Leo Kirch contrario alle leggi antitrust tedesche; la risorse destinate poi da Cesare Previti alla corruzione dei giudici di Roma; gli acquisti di pacchetti azionari che, in violazione delle regole di mercato, favorirono le scalate a Standa, Mondadori, Rinascente. Sono le connessioni e la memoria che sbriciolano il “corpo mistico” dell’ideologia berlusconiana: al fondo della fortuna del premier, ci sono evasione fiscale e bilanci taroccati, c’è la corruzione della politica, delle burocrazie della sicurezza, di giudici e testimoni; la manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio in Italia e in Europa.

Questo è il quadro che dovrebbe convincere Berlusconi ad affrontare con coraggio, in pubblico e in parlamento, la sua crisi di credibilità, la decadenza anche internazionale della sua reputazione. Magari con un colpo d’ala rinunciando all’impunità e accettando un processo rapido. Non accadrà. Il premier non sembra comprendere una necessità che interpella il suo privato e il suo ufficio pubblico, l’immagine stessa del Paese dinanzi al mondo. Prigioniero di un ostinato narcisismo e convinto della sua invincibilità, pensa che un bluff o qualche favola o una nuova nebbia mediatica possano salvarlo ancora una volta. Dice che non si farà processare da questi giudici e sa che non saranno “questi giudici” a processarlo. Sa che non ci sarà, per lui, alcun processo perché l’immunità lo protegge. Come sa che, se la Corte Costituzionale dovesse cancellare per incostituzionalità lo scudo immunitario, le norme sulla prescrizione che si è approvato uccideranno nella culla il processo. Promette che in parlamento “dirà finalmente quel che pensa di certa magistratura”, come se non conoscessimo la litania da quindici anni. Finge di non sapere che ci si attende da lui non uno “spettacolo”, ma una risposta per le sue manovre corruttive, i metodi delle sue imprese, i sistemi del suo governo autoreferenziale e privatistico. S’aggrappa al solito refrain, “gli italiani sono con me”, come se il consenso lo liberasse da ogni vincolo, da ogni dovere, da ogni onere. Soltanto un potere che si ritiene “irresponsabile” può continuare a tacere. Quel che si scorge in Italia oggi ? e non soltanto in Italia ? è un leader in fuga dalla sua storia, dal suo presente, dalle sue responsabilità. Un leader che non vuole rispondere perché, semplicemente, non può farlo.

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Da Josto

Questa me l’ero persa, ma in questi giorni sono abbastanza incasinato per la sopravvivenza… Ecco il pezzo segnalato da Josto:


I giochetti da mafioso di Silvio Berlusconi

Articolo di Personaggi d’Italia, pubblicato lunedì 27 aprile 2009 in Venezuela.

[TeleSURtv]

I mafiosi hanno la necessità di esibire l’autorità, il potere, la forza virile. Ed è per questo che è meglio dare la sensazione di assolvere alla buona funzione di macho. Le donne italiane si vergognano delle uscite del loro primo ministro quando deve affrontare temi riferiti alle pari opportunità o alla sicurezza personale: “Gli stupri? Sarebbe comunque impossibile evitarli”.

Quando Berlusconi ha definito Obama “bello, giovane e anche abbronzato”, nel mondo si sono susseguite reazioni di tutti i tipi ma soprattutto legate al carattere razzista del commento. Il cavaliere si è difeso ripetendo che i suoi critici non hanno senso dell’umorismo e “che è meglio che Dio ci liberi da loro”. Questa giustificazione con tanto di supplica ci riporta ai modi in cui la mafia risolve i suoi problemi. Mafia a cui Berlusconi non è nuovo, ma piuttosto uno dei suoi discepoli più promettenti e prestigiosi.

I quotidiani dell’epoca, 1982, scrivono in modo semplice e meccanico che un uomo, identificato con il nome di Roberto Calvi, fu trovato impiccato (suicida) sotto il ponte dei “Frati Neri” che attraversa il Tamigi, con tanto di mattoni nelle tasche e circa 15.000 dollari in contanti. Calvi era il presidente del Banco Ambrosiano a sua volta legato alla banca vaticana, motivo per il quale era conosciuto come il “banchiere di Dio”. Perciò il suicidio trovava spiegazione nei suoi errori di gestione e nella rassegnazione di fronte alla bancarotta. Ma in seguito si seppe che c’erano motivi per credere che ci si trovava di fronte ad un omicidio che aveva le sue origini nelle viscere della mafia italiana. È da lì che riecheggia il nome di Licio Gelli il “reverendo” che guidò la società segreta Propaganda 2, la Loggia P2. In seguito si successero una serie di omicidi e “suicidi” in stile mafioso che ripulirono di testimoni e coinvolti nei fatti, l’oscuro cammino della la loggia P2. È il caso di Michele Sindona (banchiere del Vaticano), avvelenato in carcere.

Ma la storia ha altri precedenti. Nel 1978 si verifica l’assassinio di Aldo Moro e la morte (delitto?) di Giovanni Paolo I, Albino Luciani, il Papa del sorriso. In questi due episodi c’è la mano della P2. Questo è molto ben documentato da David Yallop nel libro “In nome di Dio”.

Quindi la P2 riuscì a penetrare nella vita politica, sociale, economica, militare e culturale dell’Italia. Non ci troviamo di fronte al progetto regionale o limitato della mafia siciliana. Negli archivi di Licio Gelli venne rinvenuta una lista di mille personaggi che conferma la conquista dello Stato da parte dell’organizzazione mafiosa. In tale mosaico ha un ruolo di spicco Silvio Berlusconi. Questo è risaputo in buona parte del mondo e in tutta Italia, ciononostante il cavaliere ottiene la fiducia della gente e riesce a convertirsi nel protagonista attuale della politica della penisola.

Per questo quando Berlusconi durante la campagna elettorale a Cagliari parlò delle atrocità della dittatura argentina sostenendo che “erano belle giornate, li facevano scendere dagli aerei”, quando i torturatori lanciavano in mare le vittime vive dagli aerei, non lo disse solo per fare una battuta, forse, nel subconscio si riferiva al suo omologo Emilio Massera che, giunto con altri esaltati della milizia, oppresse gli argentini. Come si riferiva a José López Rega, ministro di Juan Domingo Perón, cofondatore della Tripla A, Alleanza Anticomunista Argentina. E ad altri personaggi illustri che all’epoca delle dittature in America Meridionale attuarono il Piano Condor non solo in Argentina ma anche in Cile, Uruguay, Paraguay e Brasile. Tutti loro e molti altri che godono dell’anonimato, furono reclutati dalla mafia che ha appoggiato Berlusconi. La P2, alimentata dalla CIA, aveva tentacoli molto lunghi.

Così in Sudamerica i mafiosi del narcotraffico vengono estradati nella UE e in Europa i loro pari finiscono a governare, questi mantengono in comune la “narcocultura”, un modo di comportarsi, vestirsi, divertirsi e mostrare un potere che supera gli oceani, i continenti, le razze, le lingue, le classi sociali.

La mafia in America, al pari di quella in Italia si è dedicata a rafforzare il potere della destra. Sia a livello di logistica o, quando le condizioni lo richiedono, gestendo il potere direttamente. Oggigiorno non si sa chi ha più potere di corrompere, se alcuni “uomini di Stato” o i capimafia. Di sicuro da poco in Colombia un capo ‘para’ del traffico di droga si lamentava di come “gli affari e i conti andavano bene fino a quando non sono comparsi nelle nostre riunioni i dottori…I politici sono arrivati e hanno cominciato a corrompere le nostre organizzazioni”. Ma come?

In questo senso Berlusconi, divide inoltre, con i capi di casa nostra, la sua mania di comprare tutto, fare vita sociale e quell’ossessione di mostrare la virilità collezionando donne del mondo dello spettacolo. I mafiosi hanno l’esigenza di mostrare il comando, il potere la forza virile. È per questo che è meglio dare la sensazione di assolvere alla buona funzione di macho. Le donne italiane provano vergogna per le uscite del loro primo ministro quando si tratta di parlare di temi che si riferiscono alla parità tra sessi e all’insicurezza personale: “Gli stupri? Possono succedere in ogni caso. In Italia dovremmo avere un soldato per ogni bella ragazza, credo che non ci riusciremo mai”. O il caso della giovane disoccupata: il capo del governo non ebbe vergogna a raccomandarle di trovarsi un fidanzato milionario: “Se vuole le presento mio figlio”, le disse. Pablo Escobar avrebbe detto lo stesso.

È normale che un uomo come Berlusconi professi idee di destra, la sua formazione e il compromesso mafioso con la P2 non dà luogo ad altra possibilità. Infatti l’esistenza della P2 è stata sempre considerata dalla CIA un mezzo per contenere l’influenza del Partito Comunista in Italia e di conseguenza in Europa. Una delle molte vie che la mafia e la CIA hanno percorso e conquistato con successo, è il controllo dei mezzi di comunicazione di massa. È su questo terreno che si è mosso come imbroglio strumentale Berlusconi.

Il documento di Gelli denominato Piano di Rinascita Democratica, si proponeva di spaccare il movimento sindacale italiano e rilanciare una visione apertamente anticomunista di fronte all’avanzare delle forze progressiste. La P2 è stata coinvolta nella strage di Bologna come sviluppo della “strategia della tensione”, opera della struttura clandestina Gladio, una formazione paramilitare della NATO che operò in piena guerra fredda. La CIA e la P2 tornano in azione di comune accordo nel caso Irangate. Questo fatto lo si conosce nel dettaglio, prodotto dallo scambio di recriminazioni pubbliche tra il presidente Francesco Cossiga e il ministro Giulio Andreotti.

La cospirazione e le società segrete entrano molto presto nella vita di Berlusconi. Suo padre Luigi lavorava nella Banca Rasini, un braccio finanziario della mafia siciliana. Lo stesso, nel 1974 assume la proprietà di Telemilano. Quattro anno dopo lancia a livello nazionale Canale 5. Finisce l’opera acquisendo il monopolio della TV di stato e orgoglio dell’Italia: la RAI.

Successivamente salta in Francia (La Cinq, Chain e Cinema 5). Subito dopo passa alla Spagna con Telecinco. Attualmente possiede in mezzi di comunicazione la più importante azienda di pubblicità italiana e Endemol che crea i format di tutti i tipi di programmi televisivi che vengono poi “nazionalizzati” in qualsiasi paese. Per quanto riguarda la stampa, possiede il controllo de Il Giornale, La Repubblica, L’Espresso, Epoca e una lunga lista. Nel mondo editoriale, Mondadori; nell’industria dell’intrattenimento, anche se tutto in Berlusconi lo è, possiede Blockbuster e un’infinità di società che ampliano il suo potere mediatico.

Per finire ha comprato il paese includendo il suo controllo statale. La televisione è un modo di ostentare la sua importanza. Controlla i canali privati come imprenditore e quelli pubblici come capo del governo, il 90% degli schermi e il 100% delle reti. Sarà possibile vincere una competizione elettorale in maniera civile contro di lui? Ciononostante l’Italia è un modello di democrazia del primo mondo. Le repubblichette controllate dai mafiosi corrispondono alle regioni sottosviluppate del pianeta e per loro c’è tutta la pena e la considerazione del mondo libero.

Oh l’Italia del rinascimento, dell’antropocentrismo, quella di Leonardo e Michelangelo, di Dante e Petrarca! In mano di chi sta? Non può essere che con tanti lumi e intelligenze, orgoglio dell’umanità, si ritrovi offuscata dalla fioca luce di Machiavelli.

[Articolo originale “Los chistecitos mafiosos de Silvio Berlusconi” di Mario López ]

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