Come il mafioso diversamente alto ha distrutto la Rai e si è rubato i nostri soldi

di Franz Baraggino

Rai, Cusani “legge” i bilanci di viale Mazzini
“Dovrebbe dichiarare lo stato di crisi”

Ad analizzare lo stato di salute di viale Mazzini il consulente finanziario Sergio Cusani che ha curato per la Cgil un’analisi dei conti. Gli introiti del canone superano quelli pubblicitari. Cresce l’indebitamento verso le banche. E l’esternalizzazione è esasperata. È il prezzo della cosiddetta ‘struttura delta’, quella che favoriva gli interessi di Berlusconi

Sergio Cusani

Gli introiti del canone superano quelli pubblicitari, ormai irrisori; l’indebitamento crescente nei confronti delle banche e l’esternalizzazione esasperata. I bilanci della Rai parlano chiaro, e la situazione è allarmante. È il prezzo, tra l’altro, della cosiddetta ‘struttura delta’, quella che favoriva gli interessi economici e politici di Silvio Berlusconi. “La Rai non può più attendere, c’è bisogno di una ristrutturazione totale, dovrebbe dichiarare lo stato di crisi”. Ad analizzare lo stato di salute di viale Mazzini è il consulente finanziario Sergio Cusani che ha curato per la Cgil un’analisi dei bilanci Rai dal 2006 al 2010.

“I dati parlano chiaro”, afferma il consulente nel corso dell’incontro “C’è un futuro per la Rai” organizzato dalla scuola di politica Democratica a Milano, lunedì sera. “C’è una tendenza a perdite sempre più massicce, e un indebitamento che cresce a fronte di costi operativi tutti rivolti all’esterno. È giusto esternalizzare”, spiega Cusani, “ma lasciare a braccia incrociate le tante professionalità interne è folle, perché è ovvio che il patrimonio si depaupera”. Cusani paragona la Rai a uno speculatore finanziario: “Paradossalmente la televisione pubblica agisce come un broker. I soldi entrano, escono, e alla fine rimangono delle perdite”.

Secondo Cusani, per comprendere il modo in cui la Rai si è mossa negli ultimi anni è sufficiente analizzare i costi operativi del bilancio 2009. Dei 1530 milioni spesi, ben 1416 sono destinati a servizi esterni e al godimento di beni di terzi. Questo tipo di scelte, sempre secondo l’analisi di Sergio Cusani, sarebbe alla base di una “dequalificazione tecnologica e professionale” del patrimonio interno all’azienda, sul quale non rimane nulla da investire.

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