Dove li hanno visti all’opera questi cialtroni incapaci e collusi e votati dalle mafie non li ha votati quasi nessuno:

Effetto Raggi. Alle elezioni regionali il M5S crolla a Roma superato dal Pd. L’analisi

6 marzo 2018
 

Non sentirete mai lo straccio di un’autocritica, continuerete a ricevere aggiornamenti su Facebook e Twitter all’insegna di entusiasmo smodato e ridicolo e, come al solito, tante e tantissime bugie veicolate con strategie da social media marketing esemplari.
Il punto di vista del cittadino medio, che si abbevera alle tv e ai quotidiani di Urbano Cairo e su Facebook, non cambierà minimamente. Per tacere di tutti gli altri organi d’informazione abituatissimi a saltare sul carro del vincitore. Già, il vincitore… Se è difficile individuare vincitori, nella città di Roma è facilissimo per chi voglia vedere la realtà capire chi sia il perdente. E questo risponde al nome di Virginia Raggi.

Invece di farsi un esamino di coscienza sul suo raccapricciante stile di governo, sull’atteggiamento del suo imbarazzante giglio magico (e si lamentano dell’arroganza di Renzi, capito!?), sui disastri inanellati, Raggi sta procedendo all’ennesimo rimpasto puntando a far saltare l’ennesimo – oramai si è perduto il conto – assessore della giunta. E’ il turno di Adriano Meloni, colpevole di essersi frapposto con una certa efficacia alle lobbies che hanno permesso a Giggino Di Maio di (non)trionfare domenica nelle urne: ogni riferimento agli ambulanti è puramente voluto.

Perché Raggi si comporta come avesse vinto quando in realtà ha perso e pure male? E soprattutto: in che termini si può dire che ha perso? Naturalmente l’impatto elettorale dell’effetto-Raggi non ha gran rilevanza sulle elezioni politiche nazionali. Lì ha valso il voto d’opinione e non ha senso fare raffronti sebbene il M5S sia calato, che invece hanno molto senso sulle elezioni amministrative. Amministrative contro amministrative. Regionali contro Comunali. Comune di Roma paragonato con Comune di Roma. 2016 contro 2018. Ebbene, che succede?

Succede che il Movimento 5 Stelle crolla nei consensi. Nel 2018 si assesta ad un 22% per quanto riguarda il voto di lista. Attenzione: il PD sta al 22,51. Significa che in città il Movimento che governa Roma NON è più il primo partito, significa che la legittimazione a governare viene innegabilmente meno, significa che 78 romani su cento non hanno nessuna intenzione di dimostrare la propria vicinanza alla sindaca in carica, significa che di questo passo il Movimento di proprieta’ di Davide Casaleggio finisce nella Capitale presto sotto il venti. Significa che un sacco di gente è perfino (diciamo perfino perché come è noto il partito si trova nel suo momento più difficile) tornata a votare il PD che infatti passa dal 17% del 2013 al 22,5% di oggi. Merito del PD? Zero ovviamente, qui tutti i meriti vanno alla Raggi…

Come dite? È colpa della Lombardi che era un candidato sbagliato? Ma neanche per sogno: la Lombardi è radicatissima a Roma, non è una grillina parvenue come tanti o una ne carne ne pesce come la Raggi da una parte stagista da Previti e dall’altra movimentista da gruppi d’acquisto solidale negli spazi illegalmente okkupati del Santa Maria della Pietà. La Faraona è di altra pasta, una grillina col pedigree. E infatti ha preso molti più voti dell’unica lista che la sosteneva.
 
Ma gli indizi per parlare di un inizio di calo pentastellato per quanto riguarda le amministrazioni non finiscono qui. Se il MoVimento vola a livello nazionale sulle ali di un voto di opinione, in parte di protesta e di convenienza quando non addirittura di scambio consociativo e clientelare, bisogna rilevare come a livello locale gli iniziali successi stiano rinculando alla grande: si pensi a Parma, si pensi all’inesistenza del M5S in una competizione cruciale come quella per la Regione Lombaria, si pensi alle percentuali da prefisso telefonico nella città di Milano, si pensi ai fatti di Parma giù giù fino alle recenti elezioni siciliane e ai risultati di queste Politiche a Torino e Livorno fino ad arrivare a Roma.
Guarda caso se poi metti il capo fuori dallo sconfinato territorio comunale governato coi piedi da Virginia Raggi, hai risultati diversi. Nel Comune di Fiumicino, che praticamente è Roma, i pentastellati hanno il 28%, qualcosa come 12 punti abbondanti più del PD. Questo che significa? Forse che chi ha gia’ provato le amministrazioni a Cinque Stelle ne sta cautamente alla larga quando si tratta di scegliere amministratori locali? Sicuramente sì, ma non solo: nel Comune di Pomezia, che praticamente è Roma, dove da tempo c’è una amministrazione a Cinque Stelle, la lista di appoggio alla Lombardi ha totalizzato qualcosa come il 36%: 14 punti in più che a Roma! E nella destrorsa Guidonia anche lei pentecatto-amministrata? Il M5S è il primissimo partito con il 26,4% e il PD è ben sotto col 19, un dato vicinissimo al risultato nazionale dei democrats. Insomma: dove si tratta di dare responsabilità amministrative i cittadini stanno iniziando a schifare gli incapaci grillini, fatti salvi quei comuni dove i grillini governano bene, anche se sono vicinissimi ad un comune, come Roma, governato molto male dallo stesso identico partito.
Dati chiarissimi, al di la delle ormai consuete e quotidiane menzognedi Raggi su Facebook, che significano una cosa sola: l’effetto Raggi c’è, è leggibilissimo dai dati, ha contribuito probabilmente in maniera decisiva a far perdere le elezioni a Roberta Lombardi in Regione Lazio.
Ultimo indizio? Ma riguarda il Collegio 10 dell’uninominale alla Camera (Gianicolense, Monteverde, Trullo…) naturalmente dove Riccardo Magi ha stracciato la destra e, dato ancor più significativo, ha fatto finire terza la iena (in tutti i sensi) che si era candidata col Movimento 5 Stelle.
Perché è così importante la vittoria del segretario dei Radicali? Non solo perché la sua presenza a Montecitorio è una buona notizia in quanto tale, ma anche perché Magi è il promotore del referendum sulla liberalizzazione di Atac, colui che ha raccolto le firme e che ha dato l’unica scossa politica alla città da anni a questa parte. Quel referendum e la data in cui si terrà, il 3 giugno, sono fondamentali per il futuro di Roma. La spallata all’imbarazzante malgoverno della Raggi potrebbe trovare quel giorno il suo compimento: la sindaca a giugno dovrà perdere il referendum e straperdere i due municipi (l’ottavo e il terzo) che in questi due anni sono indegnamente crollati sotto la montagna di insipienza pentastellata. E a quel punto si ri-inizia a ragionare.
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