E LO SPUTTANAMENTOOO… OH OH!

Segreti di Pulcinella.
Il rinvio a giudizio di Delmastro non cambia nulla, perché l’intero governo ha già confessato.

Di Francesco Cundari


Il centrodestra, che da sempre accusa la sinistra di utilizzare le intercettazioni per attaccare gli avversari, continua a rivendicare il proprio attacco all’opposizione sulla base di un’«informativa» della polizia penitenziaria. E questi sarebbero i garantisti.
Non è facile afferrare il punto di tutto il dibattito politico e giornalistico seguito alla notizia del rinvio a giudizio di Andrea Delmastro. Il sottosegretario alla giustizia di Fratelli d’Italia, come è noto, è accusato di avere spifferato al collega di partito Giovanni Donzelli il contenuto di un’informativa della polizia penitenziaria su alcune conversazioni avvenute in carcere tra l’anarchico Alfredo Cospito e altri detenuti condannati per mafia. Notizie che il suo collega (nonché storico coinquilino) ha utilizzato per attaccare l’opposizione in parlamento, in diretta televisiva, in un intervento doppiamente vergognoso.

Brevissima spiegazione dell’ovvio: l’attacco di Donzelli era vergognoso prima di tutto nel merito, perché accusava i parlamentari del Partito democratico di stare dalla parte dei terroristi e della mafia per il semplice fatto di avere esercitato la loro prerogativa di visitare in carcere un detenuto in sciopero della fame (Cospito); ma era altrettanto vergognoso per il metodo, cioè l’utilizzo di conversazioni intercettate dall’amministrazione penitenziaria e finite nella suddetta informativa (ovviamente da lui disinvoltamente piegate allo scopo di insinuare l’idea di una sostanziale collaborazione tra Pd, mafia e terroristi).

La distinzione di lana caprina tra intercettazioni propriamente dette, captazioni, origliamenti, conversazioni ascoltate e sintetizzate più o meno liberamente nel documento la lascio a Delmastro e ai suoi avvocati, perché qui non ha alcun rilievo (ammesso che ce l’abbia da altre parti). L’unica cosa che dovrebbe rilevare qui è che i fatti, nudi e crudi, per come li ho sommariamente riportati, nessuno li ha contestati. Tutta la difesa di Del Mastro ruota infatti attorno alla questione della classificazione formale del documento, in quanto segreto, riservato o a «limitata divulgazione», e dunque sulla liceità o meno del comportamento del sottosegretario. Il fatto che sia stato lui a dare quelle informazioni a Donzelli non solo non è contestato, ma è addirittura rivendicato. Vale dunque la pena di fermarsi un attimo e unire pazientemente i puntini. Procediamo con ordine.

Quel centrodestra che da trent’anni accusa la sinistra di utilizzare le inchieste, i verbali delle procure e in particolare le intercettazioni per attaccare gli avversari politici, attacca in parlamento il Pd utilizzando un’informativa della polizia penitenziaria riguardante le chiacchierate di un detenuto con altri detenuti.

Quel ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che da trent’anni passa per fior di garantista, e che in nome di tale trentennale battaglia vorrebbe riformare l’intero sistema giudiziario, non solo non ci trova nulla da ridire, ma si arrampica sugli specchi per difendere il suo sottosegretario, distinguendo speciosamente tra documenti segreti, riservati e a limitata divulgazione, avallando così la bizzarra teoria secondo cui se in un documento è scritto «a limitata divulgazione» non significa che il suo contenuto non possa essere declamato pubblicamente in parlamento, per giunta in diretta tv.

Quello stesso governo che ogni due giorni denuncia complotti della magistratura per farlo cadere – da ultimo con il ministro della Difesa, Guido Crosetto – difende e rivendica l’utilizzo di simili strumenti per colpire i suoi avversari.

Questi sono i fatti, non controversi e non contestati da nessuno. Fatti che a me paiono peraltro assai gravi, perché indicano una spregiudicata inclinazione a utilizzare nella lotta politica tutti gli strumenti disponibili, mettendo a rischio la terzietà delle istituzioni e la divisione dei poteri.

Come tutto questo possa cambiare di una virgola perché un gup ieri o un collegio giudicante domani dice che in italiano «a limitata divulgazione» significa da non divulgare, o invece da affiggere ai muri, sinceramente fatico a capirlo.

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