GIORNALISTI CHE CREDONO AI GIORNALASTRI E AI SONDAGGI DELIRANTI IMPOSTI DALLA MAFIA RUSSA. E SE RENZI NON FOSSE AL 3% MA GIA’ AL 13% DI VOTI VERI ALLE URNE? POI, “SENZA TRUPPE” LO DITE VOI. NOI VEDIAMO SEMPRE UN MARE DI CITTADINI AD OGNI SUA APPARIZIONE IN PUBBLICO E SAPPIAMO DEI PUNTI DI SHARE IN PIU’ CHE PORTA ALLA POCHE TRASMISSIONI TV CUI PARTECIPA. QUINDI: CALMA E GESSO. (L.S.)

Così Renzi usa la leva della giustizia

di Stefano Folli

Un’opposizione fatta di precisi rilievi e di proposte alternative può essere efficace anche se a scendere in campo è un singolo uomo senza truppe al seguito. (MA DOVE? MA QUANDO?)

Come è noto, Matteo Renzi è un personaggio totalmente inviso a sinistra, in particolare all’attuale gruppo dirigente del Pd. I suoi errori sono stati rilevanti e gli precludono qualsiasi via di ritorno nell’alveo di uno schieramento che nel frattempo si è radicalizzato.

L’idea riformista che alimenta ancora i laburisti inglesi, prossimi alla vittoria contro i conservatori, non ha insegnato granché all’asse Pd-5S-SI-Verdi.

Si preferisce l’intransigenza e talvolta la retorica che infiamma i militanti, ma non si sa quanto seduca un elettorato più ampio, bisognoso di risposte chiare e di un progetto per la società di domani.

Quindi Renzi con il suo 3 per cento si direbbe del tutto fuori gioco e probabilmente lo è. Del velleitario “terzo polo” sono rimaste le macerie e Calenda segue la sua strada con l’obiettivo di essere l’ala destra della sinistra. Renzi ovviamente no. Non crede più che questa sinistra abbia un futuro se non in chiave estremista.

Certo, il salario minimo è una proposta popolare, se si dimentica che non è stato approvato quando i progressisti erano al governo. Oggi è soprattutto una bandiera da sventolare in faccia al destra-centro.

Tuttavia fare l’opposizione in modo coerente è più complicato, richiede una duttilità e una capacità di cogliere i punti deboli dell’avversario che l’attuale Pd sembra non possedere. O magari non è interessato.

Chi conosce le tattiche e le astuzie dell’opposizione è invece Renzi. Con il suo partitino personale, che al momento non raggiungerebbe nemmeno il quorum alle elezioni europee, si è messo in cammino per destabilizzare la maggioranza.

Si dirà che è una missione impossibile, data l’esiguità delle forze. Ma un tattico astuto sfrutta le fragilità della controparte, si trasforma all’occorrenza nella zanzara che infastidisce l’elefante.

È l’arte in cui Renzi eccelle, trovando nella premier una figura con cui ama duellare. Giorni fa in Senato ha ricevuto una risposta sarcastica dalla presidente del Consiglio («ne parli con il suo amico Bin Salman»), ma solo perché l’aveva messa in difficoltà sulle promesse non mantenute. Promesse specifiche, per esempio abbassare le accise sulla benzina e quindi il prezzo.

L’aveva fatto il governo Tambroni nel ‘60, ma allora non si chiamava populismo. Sta di fatto che Meloni ha risposto d’impeto: «Io non ho la bacchetta magica», per sottolineare che i Paesi produttori si fanno pagare caro il petrolio.

L’episodio è secondario, ma serve a ricordare due punti. Il primo è che la premier è molto sensibile alle accuse d’incoerenza, se sono ben circostanziate.

Il secondo è che la frase: «Io non ho la bacchetta magica» equivale a un altro passo nel mondo del realismo. Lo stesso realismo per cui non era possibile attendersi una vittoria di Roma nel concorso per l’Expo 2030.

Ma per tornare a Renzi, un’opposizione fatta di precisi rilievi e di proposte alternative può essere efficace anche se a scendere in campo è un singolo uomo senza truppe al seguito.

Perché parla all’opinione pubblica più che ai parlamentari. E sembra ingiusta l’accusa all’ex premier di voler banalmente puntellare il destra-centro per poi essere invitato a bordo.

Al contrario, lui ha l’ambizione, forse velleitaria, di far deragliare il trenino. Per questo ha scelto il tema della giustizia, lo stesso a cui si aggrappa Forza Italia.

E per questo appoggia Nordio e la sua riforma liberale, insabbiata al momento da Palazzo Chigi nel punto cruciale: la separazione delle carriere. Anzi, arriva a giustificare Crosetto per la sua mini-crociata contro i magistrati faziosi.

In sostanza usa la giustizia come leva per incrinare le certezze di un governo che ha abbandonato l’enfasi sulla riforme (salvo il “premierato”) tipica dell’atmosfera in cui nacque l’esecutivo Meloni.

RICORDIAMOCI SEMPRE LE ANALISI DEL SAGGIO PIU’ LUCIDO D’ITALIA:

Condividi
  • Facebook
  • Digg
  • Google Bookmarks
  • Live
  • YahooMyWeb
  • LinkedIn
  • StumbleUpon
  • Twitter